N. 30 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 giugno 1998

                                 N. 30
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria  il  25  giugno  1998  (del gruppo linguistico ladino del
 Consiglio regionale della regione autonoma Trentino-Alto Adige)
 Elezioni - Determinazione di una soglia di sbarramento per  le  liste
 elettorali  del  5  per  cento  dei  voti validi, per la provincia di
 Trento, e del quoziente naturale (calcolato dividendo il  totale  dei
 voti  validi  riportati  da tutte le liste nel collegio per il numero
 dei consiglieri da  eleggere  nello  stesso),  per  la  provincia  di
 Bolzano    -   In   via   subordinata:   Mancata   previsione   della
 inapplicabilita'  della  soglia   di   sbarramento   alla   minoranza
 linguistica  -  Violazione del principio della tutela della minoranza
 linguistica ladina.
 (Legge regione Trentino-Alto Adige 15 maggio  1998,  n.  5,  art.  1,
 commi 1, 2 e 3).
 (Statuto  Trentino-Alto Adige artt. 2, 4, 25, 56, 62, 84 e 92; Cost.,
 artt. 2, 3, 6, 48 e 49).
(GU n.29 del 22-7-1998 )
   Ricorso del dott. Carlo Willeit, nella qualita' di componente unico
 del gruppo linguistico ladino del consiglio regionale  della  regione
 autonoma  Trentino-Alto Adige, rappresentato e difeso, giusto mandato
 a margine del presente atto, dall'avv. prof. Massimo Luciani,  presso
 il  cui  studio  in  Roma,  lungotevere  delle  Navi  n.  30,  elegge
 domicilio.
   Contro  la  regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige, in persona del
 presidente della giunta regionale pro-tempore, il consiglio regionale
 della regione autonoma Trentino-Alto Adige, in persona del presidente
 del consiglio regionale pro-tempore;
   E nei confronti della provincia autonoma di Bolzano, in persona del
 presidente della  giunta  provinciale  pro-tempore,  della  provincia
 autonoma   di   Trento,   in  persona  del  presidente  della  giunta
 provinciale pro-tempore, dello Stato, e per esso del  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri pro-tempore;
   Per  la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
 regionale della regione autonoma Trentino-Alto Adige 15 maggio  1998,
 n.   5,  "Modifica  della  legge  regionale  8  agosto  1983,  n.  7,
 concernente  l'elezione  del  consiglio  regionale",  pubblicata  nel
 bollettino  ufficiale della regione Trentino-Alto Adige, n. 22 del 26
 maggio 1998, nella  sua  interezza,  ed  in  particolare  per  quanto
 riguarda l'art. 1, comma 1, nella parte in cui introduce un comma 01,
 primo  periodo, prima dell'art. 61, comma 1, della legge regionale n.
 7 del 1983; l'art.  1, comma 1, nella parte in cui introduce un comma
 01, secondo  periodo,  prima  dell'art.  61,  comma  1,  della  legge
 regionale n. 7 del 1983; l'art. 1, comma 2; l'art. 1, comma 3.
                               F a t t o
   1.  -  L'art.  1,  comma  1,  della  legge  della  regione autonoma
 Trentino-Alto Adige 15 maggio 1998, n. 5,  recante  "Modifi'ca  della
 legge  regionale  8  agosto  1983,  n.  7, concernente l'elezione del
 consiglio regionale", ha inserito, prima del primo  comma,  dell'art.
 61,  della stessa legge regionale n. 7 del 1983, un comma 01, a tenor
 del quale "Nel collegio provinciale di  Trento,  alle  operazioni  di
 ripartizione  dei  seggi partecipano solo le liste che hanno ottenuto
 un numero di voti validi pari almeno al 5 per cento  del  totale  dei
 voti  validi  riportati  da  tutte le liste nel collegio; l'eventuale
 parte frazionaria si trascura.  Nel collegio provinciale di  Bolzano,
 alle  operazioni  di ripartizione dei seggi partecipano solo le liste
 che hanno ottenuto un numero di voti validi pari almeno al  quoziente
 naturale,  calcolato dividendo il totale dei voti validi riportati da
 tutte le liste nel collegio per il numero dei consiglieri da eleggere
 nel  medesimo;  si  trascura  l'eventuale   parte   frazionaria   del
 quoziente".
   Il  comma  2,  dello  stesso art. 1 (unico articolo, del resto, nel
 quale la legge in epigrafe si  ripartisce),  dispone  che  nel  primo
 comma  dell'art.  61,  della legge regionale n. 7 del 1983, le parole
 "riportati da tutte le liste" sono sostituite dalle parole "riportati
 dalle liste che hanno superato la soglia di cui al comma 01".
   Il comma 3, infine, dispone che nel secondo comma dello stesso art.
 61, della legge n. 7 del 1983, le parole "voti residui  di  tutte  le
 liste"  sono  sostituite  dalle  parole  "voti  residui  delle  liste
 ammesse", e che le parole "A queste operazioni partecipano  anche  le
 liste  che non abbiano raggiunto il quoziente elettorale intero" sono
 soppresse.
   Ancorche'  intitolata  ad  una  generica  "modifica"  della   legge
 regionale  n.  7  del 1983, la legge in epigrafe si limita a compiere
 l'operazione disvelata dalla rubrica del  suo  art.  1,  e  cioe'  ad
 introdurre  una  (duplice)  "soglia  elettorale"  (Sperrklausel), e a
 modificare i criteri per  la  "determinazione  del  numero  di  seggi
 spettanti  a  ciascuna lista".   Cosi' facendo, essa produce un grave
 pregiudizio per i diritti della minoranza ladina, riconosciuti  dalla
 Costituzione e dallo statuto di autonomia della regione Trentino-Alto
 Adige.  Per  questo,  a  norma  dell'art.  56,  comma 1, del medesimo
 statuto, il gruppo linguistico ladino  del  consiglio  regionale,  in
 persona  del  suo  componente  unico dott. Carlo Willeit, ha chiesto,
 nella seduta n. 150 del  24  marzo  1998,  la  votazione  per  gruppi
 linguistici.
   Detta  richiesta  di  votazione per gruppi linguistici non e' stata
 accolta dal consiglio  regionale,  e  la  votazione  finale  ha  dato
 risultato  favorevole  all'approvazione  della  legge, onde il gruppo
 linguistico ladino, avvalendosi della facolta'  attribuita  dall'art.
 56,  comma  2,  dello statuto, impugna la legge in epigrafe innanzi a
 codesta ecc.ma Corte costituzionale.
   Detta legge e' costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi
 di
                             D i r i t t o
   1.  -  Violazione  da  parte  della  legge  impugnata,  nella   sua
 interezza,  degli  artt.  2 e 56 dello statuto della regione autonoma
 Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n.  670),  in  riferimento
 agli  artt.  4, 25, 62, 84 e 92 dello stesso statuto, e agli artt. 2,
 3, 6, 48 e 49 della Costituzione. Si deve  premettere  che  la  legge
 impugnata,  costituita  da  un  articolo  unico avente non meno unica
 finalita' (chiarita, come appresso  si  dira',  dalla  sua  rubrica),
 presenta  un contenuto normativo unitario, che la rende impugnabile -
 giusta costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte  -  nella  sua
 interezza.
   Come  appresso  si  vedra', illegittime, comunque, risultano le sue
 singole prescrizioni, ancorche' assunte nella loro singola  (sebbene,
 si ripete, inautonoma) individualita'.
   Quanto  al  quadro  di  riferimento  normativo  nel  quale la legge
 impugnata si inserisce, si deve ricordare che l'art. 25 dello statuto
 Trentino-Alto Adige dispone che "Il consiglio regionale e' eletto con
 sistema proporzionale...    secondo  le  norme  stabilite  con  legge
 regionale".  Da  tale  previsione,  sistematicamente interpretata, si
 evince che:
      a) spetta al legislatore regionale definire piu' puntualmente le
 disposizioni destinate  a  regolare  la  competizione  elettorale  in
 Trentino-Alto Adige;
     b)   il   legislatore   regionale,  tuttavia,  non  gode  di  una
 discrezionalita' illimitata, in quanto e' tenuto a  rispettare:
      b1) la specifica previsione dello statuto che opta  direttamente
 in favore del principio elettorale proporzionale;
      b2) le altre previsioni dello statuto;
      b3) i principi fondamentali della Costituzione.
   Nessuno  di  questi  limiti  e'  stato  rispettato  dalla legge qui
 impugnata, ed in particolare  non  sono  stati  rispettati  i  limiti
 fissati  dagli  artt.  2  e  56  dello  statuto  (in una con le altre
 disposizioni statutarie e  costituzionali  in  epigrafe  indicate)  a
 presidio  dell'identita'  e dell'autonomia dei gruppi linguistici (in
 particolare di quello ladino).
   Che cosa, in effetti, e' accaduto? E' accaduto, semplicemente,  che
 il  legislatore  regionale  ha fissato una vera e propria clausola di
 sbarramento (diversamente articolata per il collegio di Trento e  per
 quello  di  Bolzano)  in  danno  delle  piccole  liste presentate per
 l'elezione del consiglio regionale del Trentino-Alto Adige. Ancorche'
 il  testo  italiano  utilizzi  il  piu' inoffensivo termine "soglia",
 quello  tedesco  -  piu'  esplicito,  come  sovente  accade  -  parla
 apertamente   di  Sperrklusel,  e  cioe',  appunto,  di  clausola  di
 sbarramento.
   Una clausola di sbarramento ha la precipua e specifica funzione  di
 impedire   l'accesso   alla   rappresentanza   alle  liste  di  minor
 consistenza  numerica,   e   cioe'   ai   c.d.   "partiti   scheggia"
 (Splitterparteien).    Questo,  onde  assicurare  la  "garanzia della
 rappresentanza della volonta' popolare" (per utilizzare  una  formula
 cara  alla  giurisprudenza  costituzionale  tedesca).  Ebbene: questa
 finalita' (e  quindi  una  clausola  di  sbarramento)  e'  del  tutto
 incompatibile  con  la ratio dell'art. 25 dello statuto Trentino-Alto
 Adige che  -  come  detto  -  fissa  il  principio  della  necessaria
 proporzionalita'  del sistema elettorale per l'elezione del consiglio
 regionale.
   E' noto che il principio proporzionalistico  e'  stato  accolto  in
 vario  modo da molte Costituzioni contemporanee (cfr. ad esempio, per
 limitarsi ai soli Paesi europei, l'Olanda, l'Irlanda,  la  Finlandia,
 la  Danimarca, l'Austria, il Portogallo, il Lussemburgo, la Svizzera,
 il  Belgio,  Malta,  la  Spagna,   la   Norvegia,   la   Svezia,   il
 Liechtenstein,
  l'Estonia,  la  Lettonia).  In alcuni casi e' la stessa Costituzione
 che indica il tipo  di  sistema  elettorale  proporzionale  che  deve
 essere adottato; in altri questo tipo deve essere ricostruito in base
 alla  ratio  sottesa  alla  scelta  di  fondo in favore del principio
 proporzionalistico.  E' quanto si deve fare, qui, di fronte  all'art.
 25, statuto Trentino-Alto Adige.
   Ebbene, la ratio dell'art. 25 si comprende appieno se tale articolo
 si  mette  in  relazione  proprio con il precedente art. 2 (articolo,
 questo,  al  cui  rispetto  e'  preordinato  proprio  il  modello  di
 impugnativa  di  cui  all'art.  56,  del quale il presente ricorso e'
 manifestazione), a tenor del quale  "Nella  regione  e'  riconosciuta
 parita'  di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico
 al  quale  appartengono,   e   sono   salvaguardate   le   rispettive
 caratteristiche    etniche   e   culturali".      Il   principio   di
 proporzionalita' del sistema elettorale,  invero,  e'  dallo  statuto
 ritenuto funzionale alla salvaguardia delle caratteristiche etniche e
 culturali  dei  gruppi  linguistici, nell'esatto presupposto che tale
 salvaguardia  abbia  senso  solo  se  di  quelle  caratteristiche  si
 assicura  la  proiezione  sul piano "alto" della rappresentanza.  Per
 questo, la scelta del legislatore regionale in favore di una clausola
 di sbarramento e' in se' illegittima, sia in riferimento al  collegio
 provinciale  di Bolzano, sia a quello di Trento. Essa, infatti, oltre
 a costringere i gruppi linguistici piu' piccoli ad essere -  come  si
 dimostrera'  -  subalterni  nei  confronti  di  quelli  piu'  grandi,
 costringe,  piu'  in  generale,  le   varie   liste   ad   innaturali
 accorpamenti   al  fine  di  superare  lo  sbarramento,  perdendo  le
 identita' politiche che, in una logica  pluralistica,  sono  elemento
 connotativo   delle   identita'   linguistiche,   nella   loro  varia
 articolazione. Una soglia di sbarramento elettorale,  dunque,  e'  di
 per  se'  illegittima,  e  la scelta in suo favore rende radicalmente
 illegittima anche tutta la legge qui impugnata.
   Non  basta.  La  previsione di una clausola di sbarramento e' ancor
 piu' illegittima in quanto, in una realta' come quella della  regione
 autonoma Trentino-Alto Adige, tra le piccole formazioni alle quali si
 vorrebbe  sbarrare  il  passo  si  trovano  liste  rappresentative di
 minoranze    meritevoli    di    tutela    costituzionale    (sicche'
 l'illegittimita'  della  legge  impugnata si dimostra ulteriormente).
 Non varrebbe replicare che ogni sistema elettorale proporzionale cela
 una qualche soglia per l'accesso alla rappresentanza: il problema sta
 infatti in cio'  che  la  soglia  si  puo'  introdurre  solo  quando,
 nonostante  la  sua  presenza,  il sistema elettorale "si comporta in
 modo neutrale nei  confronti  della  competizione  elettorale  fra  i
 partiti" (e' di nuovo preziosa la lezione del diritto comparato: cfr.
 la  sent.  del  Bundesverfossungsgericht  del  29  settembre 1990, in
 riferimento alle prime elezioni dopo la "riunificazione"). In  questo
 caso, e' precisamente la neutralita' del sistema elettorale (imposta,
 nel  nostro ordinamento, dagli artt.  3, 48 e 49 Cost.) che e' venuta
 meno, poiche' la clausola di sbarramento si dirige in  astratto  alla
 platea  delle  liste competitrici, ma colpisce concretamente le liste
 espressive di gruppi linguistici minoritari, in particolare di quella
 espressione del gruppo ladino, alla quale viene  sottratta  qualunque
 chance di ottenere rappresentanza.
   Parlano,  invero,  le cifre. Come appresso vedremo, il rapporto fra
 elettorato  ladino  e  totale  dell'elettorato  e'  tale  (sia  nella
 provincia  di  Bolzano  che  in  quella di Trento) che l'applicazione
 dello sbarramento imposto dalla  legge  impugnata  elimina  qualunque
 possibilita'  di  una  rappresentanza  ladina  selezionata attraverso
 un'apposita lista (tanto nel collegio di  Trento  che  in  quello  di
 Bolzano). Cio' e' in radicale contrasto con le garanzie statutarie di
 rappresentanza   dei  gruppi  linguistici  nel  consiglio  regionale.
 Invero, l'art. 25 intende  assicurare  tramite  la  proporzionale  ai
 gruppi  linguistici,  attraverso  il libero giuoco della competizione
 elettorale, una rappresentanza nel consiglio  regionale.  Un  sistema
 non    proporzionale,    ovvero    un   sistema   proporzionale   non
 sufficientemente fotografico, impedirebbero tale  rappresentanza  dei
 gruppi,  e  questo  e'  cio' che l'art. 25 vuole appunto evitare.  La
 rappresentanza in consiglio, a sua volta, e' - ripetiamo - essenziale
 per quella salvaguardia delle "rispettive caratteristiche  etniche  e
 culturali"  che e' imposta dall'art. 2: lo statuto - certo - vuole la
 pacifica e collaborativa convivenza fra i vari gruppi linguistici, ma
 respinge l'integrazione di quelli minoritari in quello maggioritario,
 e per raggiungere questo  risultato  e'  indispensabile  che  ciascun
 gruppo  abbia  accesso  alla  rappresentanza  consiliare  (solo cosi'
 l'"essenziale valore riconosciuto alle minoranze linguistiche locali"
 di cui parla la sent. n. 261 del 1995 - punto 5  del  Considerato  in
 diritto - puo' trovare effettiva protezione).
   Si   badi:   la   rappresentanza  che  si  richiede  e'  proprio  e
 specificamente quella del gruppo: lo stesso art. 62 dello statuto, in
 specifico  riferimento  al  gruppo  linguistico  ladino,  impone   la
 rappresentanza  del  gruppo.  Solo in sede di legislazione elettorale
 regionale si e' disposto che la diretta rappresentanza del gruppo sia
 surrogabile dalla presenza di un consigliere, appartenente al gruppo,
 eppero' eventualmente non scelto direttamente dal  gruppo  (art.  63,
 legge  regionale n. 7 del 1983), ma (a prescindere dalla legittimita'
 di tale scelta normativa, che qui  non  puo'  porsi  in  discussione)
 questa  eventualita'  rappresenta  -  come  appresso  si  dira' - una
 garanzia  meramente  sussidiaria  di  quella ben piu' incisiva che e'
 apprestata dallo stesso statuto. Come e' stato  esattamente  rilevato
 in  dottrina,  l'art.  25  vuole  dare  ai  gruppi  linguistici  pari
 opportunita'  di  accedere   al   consiglio   regionale,   "assumendo
 implicitamente  che  gli  elettori  regionali  esprimeranno  un  voto
 coerente con la propria  appartenenza  linguistica  si'  che  ciascun
 gruppo  linguistico,  avendo  presentato propri candidati, risultera'
 rappresentato  negli  organi  consiliari"  (R.  Toniatti,  Identita',
 eguaglianza  e azioni positive: profili e limiti costituzionali della
 rappresentanza politica preferenziale, in Le pari opportunita'  nella
 rappresentanza  politica  e  nell'accesso  al  lavoro,  a  cura di S.
 Scarponi, Trento, 1997, 87). Tanto, e'  essenziale  aggiungere,  "sul
 presupposto   dell'esistenza   di  una  rispettiva  lista  elettorale
 propria" (ivi, 94).
   Lo  statuto,  dunque,  radica   il   principio   proporzionalistico
 nell'esigenza  di  salvaguardia  delle  caratteristiche  culturali di
 ciascun gruppo linguistico, e cosi' facendo muove da una  premessa  e
 si  apre  ad  alcune  logiche conseguenze. La premessa - come abbiamo
 visto - e' che il sistema elettorale deve consentire a ciascun gruppo
 linguistico di presentare una propria lista, e non gia' di  vedere  i
 propri  candidati  costretti, quanto meno, a rifluire nelle liste che
 fanno capo ad altri gruppi. Per quanto  riguarda  in  particolare  il
 caso   dei  ladini:     se  non  si  offre  la  possibilita'  di  una
 rappresentanza diretta di una lista ladina, la presenza (almeno³)  di
 un  ladino  e'  possibile solo a condizione che i candidati ladini si
 pieghino a farsi "ospitare" da  liste  espressione  di  altri  gruppi
 linguistici,  nonche'  a  condizione  che queste siano disponibili ad
 accoglierli, il che lascia - inaccettabile paradosso - la tutela  del
 gruppo...   nelle  mani  degli  altri  gruppi³  Le  conseguenze  sono
 esplicitate dagli  artt.  56  e  92,  che  confidano  ai  consiglieri
 regionali  di ciascun gruppo il potere (funzionalizzato) di impugnare
 le leggi o - rispettivamente - gli  atti  amministrativi  lesivi  dei
 diritti dei gruppi linguistici, nonche' dall'art. 84 (che - comma 2 -
 impone la votazione dei capitoli di bilancio, a richiesta, per gruppi
 linguistici).    Tali   meccanismi   garantistici   hanno   senso   -
 evidentemente - solo se  i  gruppi  possono  organizzare  la  propria
 rappresentanza  attraverso  liste  proprie, senza essere costretti ad
 andare "a rimorchio" di altri gruppi per vedere un loro  appartenente
 eletto in consiglio regionale.
   Solo  in  via  strettamente  subordinata puo' scattare - per quanto
 concerne specificamente il gruppo  ladino  -  il  meccanismo  di  cui
 all'art.  63, della legge regionale n. 7 del 1983, a tenor del quale,
 faute  de  mieux,  un rappresentante del gruppo linguistico ladino e'
 comunque chiamato in consiglio, quale che sia la lista in cui  si  e'
 candidato  (e',  questa,  una  forma  di  rappresentanza che potremmo
 definire "indiretta").   Questo pero',  come  si  vede,  e'  un  mero
 paracadute,  destinato  ad  aprirsi  solo nell'eventualita' in cui il
 meccanismo proporzionale non abbia prodotto i risultati preventivati,
 eppercio' conferma l'ispirazione di fondo dell'art. 25, che impone al
 legislatore regionale di disegnare un sistema elettorale che consenta
 a ciascun gruppo linguistico (ivi  compresi,  a  maggior  ragione,  i
 ladini)  di  presentare  una  propria  lista.  Tale "paracadute", per
 giunta, e' previsto pel solo collegio di Bolzano (cfr. sent.  n.  233
 del  1994),  e  cio'  significa  che  per i ladini della provincia di
 Trento  l'introduzione  di  una  clausola di sbarramento (del 5%³) si
 risolve non gia' nella possibilita' (che lo stesso statuto  tollera),
 ma  nella  certezza  di  non  avere  rappresentanza  (ne' diretta ne'
 indiretta) in consiglio regionale.
   La situazione e' ben diversa da quella, ad esempio,  dell'art.  80,
 secondo  comma,  della Costituzione slovena, a tenor del quale "Nella
 Camera dello Stato viene eletto sempre un deputato appartenente  alle
 comunita'  nazionali  italiana  e  magiara": qui, ci si accontenta di
 avere un deputato "appartenente" alla  comunita'  minoritaria;  nello
 statuto Trentino-Alto Adige si vuole che sia il gruppo linguistico ad
 avere  la facolta' di presentare una propria lista, restando arbitro,
 da se', della propria rappresentanza, senza dover contare sull'altrui
 "ospitalita'" o "tutela".
   Sinora, il legislatore regionale aveva mostrato di intender bene la
 ratio dell'art.  25  dello  statuto,  ed  anzi  -  adottando  per  la
 distribuzione  dei  seggi  il  sistema  del quoziente corretto (+2) e
 sostituendo, per l'assegnazione dei seggi  residui,  il  sistema  del
 divisore  (d'Hondt)  con  quello dei piu' alti resti - aveva palesato
 una "tendenza evolutiva...  nel senso del  piu'  rigoroso  garantismo
 delle  minoranze"  (cosi'  A.   Cerri, Il diritto elettorale e la sua
 storia nel Trentino-Alto Adige  con  riferimento  alla  tutela  delle
 minoranze,  in  Le  Regioni  1997,  314). La legge impugnata sovverte
 questa  tendenza,  e  sconvolge  sin  dalle  fondamenta  il   disegno
 statutario. Cio' che la legge impugnata mira a fare, in realta', e' -
 puramente  e  semplicemente  - estromettere la diretta rappresentanza
 ladina dal consiglio regionale, rendendo indispensabile l'apertura di
 quel "paracadute" offerto dall'art.  63, della legge regionale  n.  7
 del   1983   (rappresentanza   indiretta),  che  come  abbiamo  visto
 costituisce una garanzia solo subordinata, eventuale e aleatoria  per
 la   minoranza   ladina.  Che  di  mero  "paracadute"  si  tratti  e'
 consapevole lo stesso legislatore statale: alla Camera e' attualmente
 in discussione una proposta di legge costituzionale (relatore   l'on.
 Maselli)  volta  a  rafforzare  le  garanzie  per la minoranza ladina
 (specie  nella  provincia  di  Trento),  nella   consapevolezza   che
 l'elezione  di  un  ladino  solo  attraverso  il  ripescaggio  di  un
 appartenente a tale gruppo linguistico in una delle "altre" liste "ha
 comportato  sempre  una  condizione  di  sudditanza  della  minoranza
 ladina,  con  grave pregiudizio purtroppo anche per la sua autonomia"
 (cosi' l'intervento dell'on. Mitolo alla seduta del 25 maggio  1998).
 La  cosa  del  resto e' tanto evidente che non eget probatione: quale
 mai puo' essere l'autonomia del consigliere ladino  eletto,  poniamo,
 nelle liste della SVP, quando gli interessi del gruppo linguistico di
 appartenenza entrano in conflitto con quelli della forza politica che
 lo  ha  presentato  candidato  (e  puo'  confermare  o  meno  la  sua
 candidatura per un successivo mandato)? E' chiaro che solo la chance,
 per i ladini, di ottenere rappresentanza con una loro lista  soddisfa
 le  esigenze  di  autonomia,  rappresentativita',  salvaguardia delle
 identita' culturali, che sono al centro  della  problematica  che  ne
 occupa.
   La  violazione  delle  disposizioni  statutarie  sopra  indicate e'
 dunque evidente. Violato e' l'art. 2, che impone  al  legislatore  la
 salvaguardia   delle  identita'  culturali  dei  gruppi  linguistici,
 laddove la legge impugnata sottrae al gruppo ladino la tribuna che e'
 indispensabile  per  dare  corpo  e  strumenti  politici   a   quella
 salvaguardia.  Violate,  pero',  sono  anche  le  altre  disposizioni
 statutarie che all'art. 2 si ricollegano. In particolare, violato  e'
 l'art.  4,  che qualifica come di "interesse nazionale" la protezione
 delle minoranze linguistiche locali, che  il  legislatore  regionale,
 invece,  ha  qui  gravemente  danneggiato.   Violato e' l'art. 25, in
 quanto il principio proporzionalistico, formalmente rispettato, viene
 in realta' leso nella  sua  piu'  profonda  (eppero'  chiara)  ratio.
 Violato  e'  l'art. 62, che vuole che la rappresentanza dei ladini si
 riferisca al  gruppo,  prima  ancora  che  al  singolo  appartenente.
 Violati  sono  gli artt. 56 e 92, che istituiscono una corrispondenza
 biunivoca fra garanzia  della  rappresentanza  del  gruppo  e  azione
 giudiziaria  in  difesa  delle  prerogative  dello stesso. Violato e'
 l'art.  84,  che  rende  i  gruppi  linguistici,  in   quanto   tali,
 protagonisti  della  votazione  del  bilancio.  Violato,  infine,  e'
 ovviamente il combinato disposto di tali previsioni  statutarie,  che
 entrano  a  comporre  un sistema di garanzie forti e articolate della
 rappresentanza ladina, che il legislatore ha letteralmente stravolto.
   Violate,  peraltro,  sono  anche  le  sopra  indicate  disposizioni
 costituzionali  (esse  pure direttamente o indirettamente preordinate
 alla garanzia dei gruppi linguistici). Violato e' l'art. 2, in quanto
 agli elettori ladini si impedisce, per un verso, il libero  esercizio
 di  un  diritto  individuale  inviolabile  come quello di voto, e per
 l'altro si frappongono invalicabili ostacoli al  godimento  dei  loro
 diritti  entro  la  formazione  sociale  di  riferimento  (il  gruppo
 linguistico e la sua espressione  politica).  Violato  e'  l'art.  3,
 poiche'  la  legge impugnata persegue irragionevolmente una finalita'
 costituzionalmente  inaccettabile  (lo  sbarramento  alle  liste  dei
 gruppi  linguistici  minoritari). Nella misura in cui, poi, dietro la
 legge   impugnata   si    potesse    intravvedere    una    finalita'
 costituzionalmente   apprezzabile  (la  semplificazione  del  sistema
 partitico a fini di governabilita'), l'irragionevolezza  della  legge
 impugnata non verrebbe meno, in quanto essa si disinteressa del tutto
 della  peculiarita'  costituita  dalle  liste  espressive  di  gruppi
 linguistici minoritari, assoggettando alla  clausola  di  sbarramento
 anche  queste.  Vi  e',  poi,  anche una irrazionalita' interna della
 legge  impugnata,  che,  nel  mentre   introduce   la   clausola   di
 sbarramento,  incongruamente mantiene, per la distribuzione dei seggi
 fra le liste "salvatesi" dallo sbarramento, il criterio del quoziente
 corretto con il metodo Imperiali,  nonche'  quello  dell'assegnazione
 dei  seggi  residui  con  il  sistema  dei piu' alti resti. Tecniche,
 queste,  che  favoriscono   l'accesso   alla   rappresentanza   delle
 formazioni  piu' piccole, e quindi mal si conciliano con l'intento di
 semplificazione perseguito dal legislatore regionale.
   Violato, poi, e' l'art. 6, atteso che  il  principio  della  tutela
 delle   minoranze   linguistiche,   ivi   fissato   ed  ulteriormente
 specificato nello statuto, viene vanificato, in particolare sbarrando
 l'accesso alla rappresentanza alla  lista  espressiva  di  un  gruppo
 linguistico  di  straordinaria  importanza  storica  e culturale come
 quello ladino.
   Violati, altresi', sono gli artt. 3, 48 e  49  della  Costituzione,
 atteso  che la dimostrata non-neutralita' del sistema elettorale, per
 come modificato  dalla  legge  impugnata,  pregiudica  la  libera  ed
 egualitaria  competizione  fra  i  partiti,  e  - parallelamente - il
 libero ed egualitario esercizio del diritto di voto.
   L'esigenza  di  una  declaratoria  di illegittimita' costituzionale
 discende pianamente da  tutte  queste  considerazioni.  Non  varrebbe
 obiettare   che  tale  declaratoria  di  incostituzionalita'  sarebbe
 preclusa  dall'esistenza  di  un   margine   di   apprezzamento   del
 legislatore   regionale,  al  quale  il  giudice  costituzionale  non
 potrebbe sostituirsi. Il caso,  invero,  e'  ben  diverso  da  quello
 risolto  da  codesta  ecc.ma Corte costituzionale con la sent. n. 438
 del  1993.  In  quella  occasione,  infatti,   la   declaratoria   di
 inammissibilita'  venne motivata rilevando che non vi era, "di fronte
 ad  una  ipotetica  illegittimita'  costituzionale,   una   soluzione
 obbligata  ma una pluralita' di soluzioni", il che impediva a codesta
 ecc.ma Corte di "sostituirsi al  legislatore  in  una  scelta  a  lui
 riservata".  Con  tutta  evidenza (lo si e' notato anche in dottrina:
 cfr. S. Bartole, Ancora un caso di "inquietante inammissibilita'", in
 Giur. cost. 1994, 424), il presupposto di  tale  declaratoria  e'  da
 rintracciare nel tipo di pronuncia di incostituzionalita' che avrebbe
 dovuto  essere  emessa:  ipotizzandosi  di  dover  ricorrere  ad  una
 pronuncia additiva, si ritenne di non  avere  a  disposizione  quella
 soluzione  "a  rime  obbligate" che avrebbe potuto giustificarla, e -
 constatata l'esistenza di una pluralita' di soluzioni (che lo  stesso
 ricorrente prospettava: cfr. la parte in fatto del ricorso, ad finem)
 -  ci si arresto' dinanzi al confine che delimita la discrezionalita'
 del legislatore.
   Neppure  una  declaratoria  di  incostituzionalita'  "secca",  poi,
 avrebbe  potuto  essere  soddisfacente.  Il  ricorso introduttivo del
 giudizio definito con la sent. n. 438 del 1993, infatti,  prospettava
 l'illegittimita' costituzionale degli interi artt. 1 e 5, della legge
 4  agosto  1993,  n.  277,  e  l'eventuale accoglimento delle censure
 avrebbe determinato la sostanziale inoperativita' dell'intero sistema
 elettorale  per  come  "amputato"  delle  disposizioni   illegittime.
 L'esigenza  di  assicurare  la  piena  funzionalita'  delle assemblee
 rappresentative  precludeva  dunque  anche  questa  strada  (analoghe
 osservazioni in S. Bartole, Op. cit., 427 sg.).
   Nessun  ostacolo  di  tal  genere  si frappone all'accoglimento del
 presente ricorso. Nel caso  che  ne  occupa,  invero,  il  ricorrente
 chiede,  in  via  principale,  la declaratoria di incostituzionalita'
 "secca"  della   legge   impugnata,   in   ragione   della   radicale
 illegittimita'    di   una   clausola   di   sbarramento   (ancorche'
 differenziata per i due collegi di Trento e di Bolzano) per l'accesso
 al consiglio regionale della regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige,
 sicche'  non  sussistono i limiti che si rinvengono, invece, nel caso
 delle    sentenze    additive.    L'auspicata     declaratoria     di
 incostituzionalita',  poi,  non  determinerebbe  l'inoperativita' del
 sistema elettorale  per  l'elezione  del  consiglio  regionale  della
 regione   Trentino-Alto   Adige.   La  cosa  e'  di  piana  evidenza:
 trattandosi di disposizioni che introducono una novella ad una  legge
 precedente, e che - inoltre - prevedono gli "aggiustamenti" del testo
 della legge vecchia opportuni per dar seguito alla novella introdotta
 dalla   legge   nuova,  la  loro  incostituzionalita'  determinerebbe
 l'applicabilita', alle prossime consultazioni elettorali, della legge
 regionale n.   7 del 1983, nel  testo  antecedente  alle  illegittime
 modificazioni  introdotte  dalla  legge impugnata. L'operativita' del
 sistema sarebbe dunque in re ipsa, poiche' il sistema  da  applicarsi
 non   sarebbe   altro  che  quello  -  gia'  collaudato  -  anteriore
 all'illegittima riforma.
   Solo  in  via  strettamente  subordinata,  e  non  alternativa,  il
 ricorrente censura la legge impugnata nella parte in cui  questa  non
 prevede   la  propria  inapplicabilita'  alle  liste  espressione  di
 minoranze linguistiche in generale,  e  a  quelle  espressione  della
 minoranza  linguistica  ladina in particolare. Nella denegata ipotesi
 in cui, invero, codesta ecc.ma Corte costituzionale non ritenesse  di
 dichiarare   l'illegittimita'   "secca"  della  legge  impugnata,  la
 pronuncia   manipolativa   in   stretto   subordine   richiesta   non
 incontrerebbe  la  stessa preclusione fatta valere dalla sent. n. 438
 del 1993 per il diverso caso precedentemente ricordato.
   Si deve invero  considerare  che  la  questione  allora  scrutinata
 riguardava   la   disciplina   (statale)   delle  elezioni  politiche
 nazionali, laddove oggi si controverte sulla  disciplina  (regionale)
 delle   elezioni  del  consiglio  regionale  della  regione  autonoma
 Trentino-Alto  Adige.  La  normativa  di  rango   costituzionale   di
 riferimento  e',  dunque, parzialmente diversa, atteso che si applica
 qui il principio di cui all'art. 25 dello  statuto  di  autonomia,  a
 tenor  del  quale  il sistema elettorale per l'elezione del consiglio
 regionale deve essere proporzionale.   Rettamente interpretato,  come
 abbiamo  visto,  in  una  con  l'art. 2 dello statuto, tale principio
 comporta  la  necessita'  dell'apprestamento  di  una   garanzia   di
 rappresentanza   per  i  gruppi  linguistici,  in  particolare  (come
 conferma l'art. 62 dello stesso statuto)  in  riferimento  al  gruppo
 linguistico  ladino.  La  sottrazione delle liste espressione di tale
 gruppo   all'applicazione   della   legge   impugnata   e',   dunque,
 costituzionalmente necessitata (a "rime obbligate").
   Non  varrebbe,  a  questo  punto,  ribattere che l'esistenza di una
 censura   subordinata   dimostrerebbe   la   sussistenza    di    una
 discrezionalita'  legislativa (potendosi l'incostituzionalita' sanare
 o con la declaratoria di illegittimita' dell'intera legge, o  con  la
 prospettata  pronuncia  additiva).  E'  chiaro,  infatti,  che le due
 soluzioni non sono in alternativa ma  in  sequenza:  la  seconda  (la
 pronuncia  additiva)  ha  spazio  solo nel caso in cui codesta ecc.ma
 Corte  costituzionale  (e  non   certo   il   legislatore³)   ritenga
 insussistente   il  vizio  radicale  affliggente  la  legge  -  sopra
 evidenziato  -  e  constati  il   solo   vizio   parziale   derivante
 dall'applicabilita'  della  stessa  alle  minoranze linguistiche (e a
 quella ladina in particolare). Conseguentemente, ad una pronuncia  di
 merito e', qui, impossibile non arrivare.
   2.  -  Violazione,  da  parte  dell'art.  1,  comma  1, della legge
 impugnata, nella parte in cui introduce un comma 01,  primo  periodo,
 prima  dell'art.    61, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1983,
 degli artt. 2 e 56 dello statuto della regione autonoma Trentino-Alto
 Adige (d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670), in riferimento agli artt.  4,
 25,  62,  84 e 92 dello stesso statuto, e agli artt. 2, 3, 6, 48 e 49
 della Costituzione.  La legge impugnata, si  e'  visto,  prevede  uno
 sbarramento  diversamente  articolato  per  il collegio elettorale di
 Trento  e  per  quello  di   Bolzano.      Come   si   e'   ricordato
 nell'esposizione  dei fatti di causa, l'art.  1, comma 1, della legge
 impugnata, introducendo un comma 01, primo periodo,  prima  dell'art.
 61,  comma  1,  della legge regionale n. 7 del 1983, dispone che "Nel
 collegio provinciale di Trento, alle operazioni di  ripartizione  dei
 seggi  partecipano solo le liste che hanno ottenuto un numero di voti
 validi  pari  almeno  al  5  per  cento  del  totale  dei voti validi
 riportati  da  tutte  le  liste  nel  collegio;   l'eventuale   parte
 frazionaria si trascura".
   Tale  specifica previsione e' illegittima per le stesse ragioni che
 determinano la generale illegittimita' della  legge  impugnata.    Si
 deve  peraltro rilevare, in particolare riferimento a tale previsione
 e ai suoi specifici effetti sul gruppo  linguistico  ladino,  che  la
 popolazione  complessiva della provincia di Trento, al censimento del
 1991, risultava di 449.852  unita'.  A  fronte  di  tale  popolazione
 complessiva, il numero dei ladini dei sette comuni della Val di Fassa
 (nei  quali  tale  gruppo  linguistico,  in  provincia  di Trento, si
 concentra) risultava essere (dati 1995)  di  7.729  unita',  per  una
 percentuale  sul  totale  della  popolazione dell' 1,7%. Poiche' alle
 elezioni regionali del 21 novembre 1993  i  voti  validi  sono  stati
 308.382,  ponendo  che i voti validi espressi dai ladini siano stati,
 in  termini  percentuali,  corrispondenti  alla  popolazione   ladina
 residente  nella provincia di Trento, avremmo 5.242 voti ladini, pari
 appunto all' 1,7% del totale di 308.382. Poiche'  la  soglia  del  5%
 sarebbe  stata  pari  a 15.419 voti, noi avremmo avuto, applicando il
 sistema  ora  introdotto  dalla  legge  impugnata,   che   la   lista
 espressione  del  gruppo linguistico ladino avrebbe dovuto ottenere -
 per avere rappresentanza - circa il  300%  dei  voti  espressi  dagli
 appartenenti  al  gruppo.  L'enormita' della pretesa introdotta dalla
 legge impugnata disvela - anche qui - la sua illegittimita',  poiche'
 presuppone  una  monoliticita'  del  gruppo  linguistico  che  non e'
 realistica,  in  lesione  della  parita'  di   chances   fra   gruppi
 linguistici,   e  della  liberta'  di  voto  di  chi  a  tali  gruppi
 appartiene.
   E'  evidente  invero  che,  con  lo   sbarramento   imposto   dalla
 disposizione  censurata,  le  popolazioni  ladine  della provincia di
 Trento avrebbero chances ancor piu' ridotte delle attuali di  vedersi
 rappresentate   da   consiglieri  direttamente  espressi  dal  gruppo
 linguistico,  in   violazione   delle   disposizioni   statutarie   e
 costituzionali   in  epigrafe  indicate,  delle  quali  si  e'  sopra
 prospettata la doverosa interpretazione.    Non  varrebbe  opporre  -
 eventualmente  ricordando la sent. n. 233 del 1994 - che per i ladini
 della provincia di Trento non valgono le stesse garanzie speciali che
 lo statuto prevede per i ladini della provincia di Bolzano. Un conto,
 infatti, e' disporre con legge regionale garanzie ulteriori  rispetto
 a   quelle  statutarie,  un  altro  -  sempre  con  legge  regionale,
 peggiorare il trattamento sinora praticato alla popolazione ladina di
 quella provincia. Ostano a tale scelta, infatti, gli  artt.  2  e  25
 dello  statuto,  per  come sopra interpretati anche in relazione alle
 altre  disposizioni  costituzionali  e  statutarie,  che  determinano
 l'illegittimita'  costituzionale  di  una clausola di sbarramento per
 l'accesso al consiglio regionale della regione autonoma Trentino-Alto
 Adige. Tanto, oltretutto, e' in rotta di collisione con  la  tendenza
 che  si  sta  maturando  in  ambito nazionale, dove - come si e' gia'
 ricordato - e'  in  corso  di  approvazione  una  proposta  di  legge
 costituzionale  intenzionata  proprio  ad  aumentare  il  livello  di
 protezione dei ladini della provincia di Trento.
   Anche   qui,   il   ricorrente   auspica   una   declaratoria    di
 incostituzionalita' della disposizione censurata nella sua totalita',
 e  in via solo strettamente subordinata ne prospetta l'illegittimita'
 nella parte in cui questa non  prevede  la  propria  inapplicabilita'
 alle  liste  espressione  di  minoranze linguistiche in generale, e a
 quelle espressione della minoranza linguistica ladina in particolare.
   3. - Violazione,  da  parte  dell'art.  1,  comma  1,  della  legge
 impugnata, nella parte in cui introduce un comma 01, secondo periodo,
 prima  dell'art.  61,  comma  1, della legge regionale n. 7 del 1983,
 degli artt. 2 e 56 dello statuto della regione autonoma Trentino-Alto
 Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in riferimento agli  artt.  4,
 25,  62,  84 e 92 dello stesso statuto, e agli artt. 2, 3, 6, 48 e 49
 della Costituzione. Come si e' ricordato nell'esposizione  dei  fatti
 di  causa,  l'art. 1, comma 1, della legge impugnata, introducendo un
 comma 01, secondo periodo, prima dell'art. 61, comma 1,  della  legge
 regionale  n.  7  del  1983, dispone che "Nel collegio provinciale di
 Bolzano, alle operazioni di ripartizione dei seggi  partecipano  solo
 le  liste  che hanno ottenuto un numero di voti validi pari almeno al
 quoziente naturale, calcolato dividendo il  totale  dei  voti  validi
 riportati   da  tutte  le  liste  nel  collegio  per  il  numero  dei
 consiglieri da eleggere nel medesimo; si trascura  l'eventuale  parte
 frazionaria del quoziente". Anche qui siamo di fronte ad una clausola
 di  sbarramento:  che si tratti del quoziente "naturale" non cambia i
 termini della realta', e lo stesso legislatore  regionale  tratta  lo
 sbarramento  nel  collegio  di Bolzano appunto come tale (v. anche la
 lettera del comma 2), e quindi nello  stesso  identico  modo  in  cui
 tratta lo sbarramento nel collegio di Trento.
   Tale  specifica previsione e' illegittima per le stesse ragioni che
 determinano la generale illegittimita' della legge impugnata.
   Si deve  peraltro  rilevare,  in  particolare  riferimento  a  tale
 previsione e ai suoi specifici effetti sul gruppo linguistico ladino,
 che  la  popolazione  complessiva  della  provincia  di  Bolzano,  al
 censimento del 1991, risultava di 440.508 unita'. A  fronte  di  tale
 popolazione   complessiva  (per  il  67,99%  appartenente  al  gruppo
 tedesco, per il 27,64% appartenente al gruppo  italiano),  il  numero
 dei ladini risultava essere di 18.434 unita', per una percentuale sul
 totale  della  popolazione del 4,36%. Poiche' alle elezioni regionali
 del 21 novembre 1993 i voti validi sono stati 307.838, ponendo che  i
 voti  validi espressi dai ladini siano stati, in termini percentuali,
 corrispondenti alla popolazione ladina residente nella  provincia  di
 Bolzano, avremmo 13.421 voti ladini, pari appunto al 4,36% del totale
 di  307.838.    Poiche'  il  quoziente naturale era pari a 8.804 voti
 (307.838 voti diviso 35 seggi),  noi  avremmo  avuto,  applicando  il
 sistema   ora   introdotto   dalla  legge  impugnata,  che  la  lista
 espressione del gruppo linguistico ladino avrebbe dovuto  ottenere  -
 per  avere  rappresentanza  -  ben  il  66%  dei  voti espressi dagli
 appartenenti al gruppo. L'enormita' della  pretesa  introdotta  dalla
 legge  impugnata disvela - anche qui - la sua illegittimita', poiche'
 - si ripete - presuppone una monoliticita' del gruppo linguistico che
 non e' realistica  e  non  puo'  legittimamente  essere  pretesa,  in
 lesione  della  parita'  di  chances  fra gruppi linguistici, e della
 liberta' di voto di chi a tali gruppi appartiene.
   Nella provincia di Bolzano, poi, vale la  peculiare  posizione  del
 gruppo  linguistico  ladino  garantita dallo statuto (art. 62, per la
 cui interpretazione v. sent. n. 233 del  1994),  onde  i  profili  di
 illegittimita' gia' esaminati in riferimento alla previsione relativa
 alla provincia di Trento ne escono ulteriormente rafforzati.
   Anche    qui,   il   ricorrente   auspica   una   declaratoria   di
 incostituzionalita' della disposizione censurata nella sua totalita',
 e in via solo strettamente subordinata ne prospetta  l'illegittimita'
 nella  parte  in  cui  questa non prevede la propria inapplicabilita'
 alle liste espressione di minoranze linguistiche  in  generale,  e  a
 quelle espressione della minoranza linguistica ladina in particolare.
   4.  -  Violazione,  da  parte dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge
 impugnata, degli artt. 2 e 56 dello statuto  della  regione  autonoma
 Trentino-Alto  Adige  (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in riferimento
 agli artt. 4, 25, 62, 84 e 92 dello stesso statuto, e agli artt.   2,
 3,   6,   48   e   49   della  Costituzione.  Come  si  e'  ricordato
 nell'esposizione dei fatti di causa, la legge impugnata  dispone,  al
 comma  2, dell'art.  1, che nel primo comma dell'art. 61, della legge
 regionale n. 7 del 1983, le parole "riportati da tutte le liste" sono
 sostituite dalle parole "riportati dalle liste che hanno superato  la
 soglia  di  cui  al  comma  01". Al comma 3 dello stesso art. 1, poi,
 dispone che nel secondo comma dello stesso art. 61, della legge n.  7
 del  1983, le parole "voti residui di tutte le liste" sono sostituite
 dalle parole "voti residui delle liste ammesse", e che le  parole  "A
 queste   operazioni  partecipano  anche  le  liste  che  non  abbiano
 raggiunto il  quoziente  elettorale  interno"  sono  soppresse.  Tali
 previsioni  sono,  con piana evidenza, consequenziali a quelle di cui
 al comma 1, e sono pertanto affette dai medesimi vizi, che  tutte  le
 travolgono,  valgono,  pertanto, le considerazioni sopra sviluppate a
 dimostrazione della loro illegittimita' costituzionale.
   Anche   qui,   il   ricorrente   auspica   una   declaratoria    di
 incostituzionalita' della disposizione censurata nella sua totalita',
 e  in via solo strettamente subordinata ne prospetta l'illegittimita'
 nella parte in cui questa non  prevede  la  propria  inapplicabilita'
 alle  liste  espressione  di  minoranze linguistiche in generale, e a
 quelle espressione della minoranza linguistica ladina in particolare.
                               P. Q. M.
   Si chiede  che  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia,  in
 accoglimento   del   presente  ricorso,  dichiarare  l'illegittimita'
 costituzionale  della  legge   regionale   della   regione   autonoma
 Trentino-Alto  Adige  15  maggio  1998,  n.  5, "Modifica della legge
 regionale 8 agosto 1983, n. 7, concernente l'elezione  del  consiglio
 regionale",   pubblicata   nel  bollettino  ufficiale  della  regione
 Trentino-Alto Adige n. 22 del 26 maggio 1998, nella sua interezza, ed
 in particolare per quanto riguarda l'art. 1, comma 1, nella parte  in
 cui  introduce  un comma 01, primo periodo, prima dell'art. 61, comma
 1, della legge regionale n. 7 del 1983;  l'art.  1,  comma  1,  nella
 parte  in cui introduce un comma 01, secondo periodo, prima dell'art.
 61, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1983; l'art. 1, comma  2;
 l'art.  1,  comma  3; in via subordinata, dichiarare l'illegittimita'
 costituzionale della legge ovvero delle  singole  disposizioni  sopra
 indicate,   nella   parte   in   cui   non   prevedono   la   propria
 inapplicabilita' alle liste espressione di minoranze linguistiche  in
 generale,  e  a quelle espressione della minoranza linguistica ladina
 in particolare.
   Si  allegano  al  presente  ricorso  certificazione  relativa  alla
 richiesta  di  votazione  per  gruppi  in linguistici sul testo della
 legge impugnata e dichiarazione sulla composizione del gruppo  ladino
 nel consiglio regionale delle regione autonoma Trentino-Alto Adige.
     Roma, addi' 15 giugno 1998
 Prof. avv. Massimo Luciani
 98C0793