N. 518 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 1998
N. 518 Ordinanza emessa l'11 maggio 1998 dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Pistoia nel procedimento penale a carico di Stefanelli Eros Processo penale - Procedimento per decreto - Condizioni di ammissibilita' - Esclusione "nel caso in cui risulti la volonta' della persona offesa dal reato di costituirsi parte civile" - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa della persona offesa dal reato. (C.P.P. 1988, art. 459, ultimo comma). (Cost., art. 24, secondo comma).(GU n.29 del 22-7-1998 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza per questione di legittimita' costituzionale, artt. 23 e segg., legge cost. 11 marzo 1953, n. 87. Letti gli atti del procedimento penale sopraindicato; Esaminata la richiesta del p.m., pervenuta in data 9 aprile 1998, di emissione di decreto penale di condanna per il reato di cui all'art. 515 c.p. commesso in Montecatini Terme il 28 maggio 1996 a carico dell'indagato Stefanelli Eros in atti generalizzato; Rilevato che la richiesta in esame e' relativa ad un accertamento eseguito in data 28 maggio 1996 da personale della stazione CC di Montecatini Terme unitamente all'ispettore Santino Sulas dell'istituto per la tutela della proprieta' industriale con sede in Milano; Che, in particolare, nel corso dell'accertamento eseguito in data 28 maggio 1996 nei confronti dell'indagato e' emersa la violazione della norma citata in quanto l'indagato su precisa richiesta dell'ispettore Sulas di "un etto di prosciutto crudo di Parma" ha servito un etto di prosciutto crudo non di Parma; Rilevato, quindi, che il p.m. ha chiesto l'emissione di decreto penale di condanna per il reato de quo, sussistendo tutte le condizioni di legge per l'emissione del provvedimento richiesto ed indicate dall'art. 459 c.p.p.; Rilevato, peraltro, che con atto depositato in data 7 ottobre 1996, il presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante del "Consorzio del prosciutto di Parma" corrente in Parma, via Marco dell'Arpa n. 8/b (quale Organismo deputato - ex lege n. 26, del 13 dicembre 1990, decreto ministeriale 15 febbraio 1993, n. 253, e decreto ministeriale 12 aprile 1994 - all'attivita' di vigilanza sulla corretta osservanza delle norme di tutela del "prosciutto di Parma" oltre che agente in rappresentanza di tutti gli associati ai sensi dell'art. 4, lett. b), dello statuto consortile) a mezzo di difensore di fiducia ha dichiarato che intende esercitare il diritto di costituzione di parte civile nel procedimento sopraindicato, chiedendo altresi' di essere informato ex art. 408 c.p.p. dell'eventuale richiesta di archiviazione "e di ricevere tutti gli avvisi espressamente previsti dalla legge con riferimento alla persona offesa dal reato"; Ritenuto che l'adozioine del provvedimento richiesto dal p.m. pregiudicherebbe il legittimo diritto della p.o. a costituirsi parte civile nel processo penale, diritto riconosciuto dagli artt. 74/82 c.p.p., con conseguente violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost. a mente del quale "La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento"; Ritenuto che tale situazione processuale determina l'insorgere di una sospetta incostituzionalita' dell'art. 459, unico comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che il procedimento per decreto non e ammesso "quando la volonta' della persona offesa dal reato di costituirse parte civile nel processo penale"; O s s e r v a Il rito differenziato denominato dal c.p.p. vigente nel titolo V "procedimento per decreto" artt. 459/464 c.p.p.) costituisce uno strumento privilegiato di definizione anticipata del procedimento frutto di una linea di tendenza normativa tesa ad allargare l'ambito di operativita' di riti che semplifichino massimamente lo svolgimento dell'attivita' procedimentale, linea di tendenza che ha raggiunto la sua espressione tipica del nuovo codice di rito con l'introduzione del c.d. "patteggiamento", del rito abbreviato e del rito immediato. Rispetto al cessato codice di rito ove l'istituto del procedimento per decreto era gia' conosciuto, peraltro, il legislatore del 1988 ha inteso estenderne l'ambito di operativita' e le condizioni di applicabilita' attraverso alcuni correttivi particolarmente significativi (estensioni ai reati di competenza del tribunale; previsione di alcune prospettive premiali, quali la possibilita' per il p.m. di ridurre la pena sino alla meta' del minimo della pena edittale, la restituzione degli atti al p.m. quando non e' possibile notificare il d.p. all'imputato al fine di consentire allo stesso organo dell'accusa di indirizzare il procedimento penale verso altri riti semplificati e piu' celeri rispetto alla richiesta di citazione a giudizio, la possibilita' di proporre l'opposizione anche da parte del difensore dell'imputato), il tutto al fine specifico di disincentivare la prassi dilatoria e proceduralmente dispendiosa dell'opposizione da parte del destinatario del decreto penale, garantendo nel contempo sia la pronta definizione del procedimento penale sia la posizione soggettiva extrapenale dell'imputato attraverso l'apposita previsione normativa indicata nell'art. 460, unico comma, c.p.p. che statuisce in fatti "Il decreto penale di condanna anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo", in deroga alla previsione normativa di cui all'art. 651 c.p.p. Tale esclusione, in particolare, si giustifica nell'ottica legislativa con l'esigenza di porre al riparo il destinatario del provvedimento emesso inaudita altera parte dalle possibili conseguenze civlistiche che l'intervenuta esecutivita' del decreto penale potrebbe determinare qualora trovasse applicazione la norma generale di cui all'art. 651 c.p.p., in definitiva vedendo pregiudicata la propria posizione processuale in un giudizio non penale nel quale lo stesso vedrebbe compromessa la possibilita' di difendersi di fronte ad un provvedimento avente valenza di res iudicata destinato a far stato nella causa civile promossa dalla persona offesa/danneggiato dal reato. La previsione dell'esclusione di tale efficacia extrapenale del decreto penale esecutivo, quindi, tutela il destinatario del provvedimento giudiziario emesso ex art. 459 c.p.p., crando tuttavia una situazione processuale singolare in quanto lascia priva di una qualsiasi tutela penale nel procedimento previsto dagli artt. 459/464 c.p.p. proprio la persona offesa dal reato. Ed invero, l'importanza che nel procedimento penale assume tale parte privata (e, quindi, l'esigenza che la posizione della stessa p.o. sia garantita e tutelata nell'ambito del "procedimento penale" stricto sensu inteso) emerge con chiarezza dalla disposizione dell'art. 101 c.p.p. che, infatti, stabilisce che "La persona offesa dal reato per l'esercizio dei diritti e delle facolta' ad essa attribuiti, puo' nominare un difensore nelle forme previste dall'art. 96, comma 2, c.p.p." norma, questa, che ha rappresentato una importante innovazione, nell'ambito del nuovo codice di rito e della quale si lamentava l'assenza nel cessato c.p.p. del 1930 (v., in tal senso, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 185 c.p.p. prescrivendo a pena di nullita' insanabile e rilevabile ex officio, in ogni stato e grado del procedimento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato, lascia sprovvisto di analoga tutela il diritto di difesa della parte civile, del querelante e dell'offeso dal reato: cass. pen., sez. sesta, 6 giugno 1972, n. 3970, imp. Martone). La rilevanza che il codice di rito attribuisce alla persona offesa dal reato, peraltro, si desume dall'ampiezza dei diritti e facolta' alla stessa attribuiti e di cui v'e' specifica previsione dell'art. 90 c.p.p. e richiamati in piu' articoli del codice vigente. Tuttavia, osserva il decidente manca nel procedimento per decreto un'analoga previsione normativa che consenta alla persona offesa (si sottolinea, gia' deliberatamente intenzionata a promuovere l'azione civile nel processo penale) di far valere la propria posizione soggettiva e processuale quale danneggiata dal reato accertato e procedibile ex officio (tutela che, evidentemente, si giustifica soltanto in ipotesi di procedibilita' ex officio del reato in questione, essendo evidente che in ipotesi di procedibilita' a querela di parte, il problema non potrebbe nemmeno porsi stante la preclusione al rito che la norma dell'art. 459, comma 1, c.p.p. prevede). D'altronde, osserva il pretore, la inesistente tutela della persona offesa/danneggiata dal reato (che abbia manifestato inequivocamente l'intento di costituirsi parte civile nel promuovendo processo penale) nell'ambito del procedimento per decreto, oltre a privarla del suo diritto di promuovere l'azione civile nel processo penale obbligandola ad agire giudizialmente (ed esclusivamente) in sede civile - in definitiva, quindi, ledendone la posizione soggettiva processuale che, invece, ben potrebbe essere garantita nel processo penale dibattimentale o negli altri riti alternativi previsti dal vigente codice di rito -, e' vieppiu' aggravata dalla previsione normativa di cui all'art. 460, unico comma, c.p.p., impedendo alla stessa p.o. di poter trarre qualsiasi vantaggio dall'eventuale esecutivita' del decreto penale. Rileva, infatti, il decidente come questa situazione processuale incida anche in materia consistente sulla discrezionalita' giudiziale del g.i.p. chiamato a decidere sulla richiesta del p.m. di emissione del decreto penale di condanna. In tal senso, infatti, l'art. 460, comma 2, c.p.p. attribuisce al giudice la facolta' di concedere "la sospensione condizionale della pena", sospensione condizionale della pena che a norma dell'art. 165 c.p. "puo' essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo del risarcimento del danno, etc.", possiblita' che non e' ancorata alla sussistenza di una costituzione di parte civile nello specifico processo (cass. pen., sezione sesta, ced 172180/86) possibilita' che, pero', non e' consentito al giudice penale di vagliare e di esercitare nel procedimento per decreto difettando una qualsiasi pronuncia "civile" al cui adempimento subordinare la concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p. (sulla funzione di tutela del diritto alla restituzione o al risarcimento del danno in favore della persona danneggiata dal reato che assolve la costituzione di parte civile, attesoche' puo' intervenire tempestivamente sulle questioni che formano oggetto delle valutazioni del giudice, quali la congruita' o la sospensione condizionale della pena v., in materia di riti alternativi: cass. pen., sezione quarta, 13 marzo 1992, n. 2684, imp. p.c. in proc. Di Maulo). E', dunque, di palmare evidenza come la posizione processuale della persona offesa dal reato nell'ambito del procedimento per decreto (costituenda parte civile) sia del tutto priva di tutela processuale, in quanto la stessa viene ad essere privata della possibilita' di difendersi adeguatamente nell'ambito del procedimento in questione non soltanto perche' nulla e' previsto normativamente in ordine all'onere di informazione del p.m. circa la scelta di tale rito ma anche, e soprattutto, perche' nella scelta del rito in questione massima e' la discrezionalita' dell'organo inquirente (beninteso nel ricorso delle condizioni di legge, senza alcun dubbio esistenti nel caso sottoposto al vaglio di questo decidente), discrezionalita' purtuttavia lesiva del diritto di difesa della persona offesa dal reato (costituenda parte civile) che si vede preclusa qualsiasi possibilita' di fare valere le proprie pretese risarcitorie civilistiche in sede penale nemmeno traendo alcun vantaggio dalla eventuale esecutivita' del decreto penale, stante l'esclusione dell'effetto estensivo della res iudicata previsto dall'art. 460, unico comma, c.p.p. in sede civile ed amministrativa. Ritenuto, infine, che la questione sollevata ex officio non sia manifestamente infondata e che la richiesta di emissione di decreto penale di condanna non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale in quanto l'accoglimento della stessa imporrebbe al decidente di respingere la richiesta di emissione del decreto penale di condanna restituendo agli atti al p.m. per indirizzare la scelta processuale verso riti alternativi diversi da quello per decreto ovvero il dibattimento, sedi nelle quali piu' garantita risulterebbe la posizione della persona offesa dal reato (costituenda parte civile). Visti gli artt. 23 e segg., legge cost. 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Solleva d'ufficio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 459, unico comma, c.p.p., per violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che il procedimento per decreto non e' ammesso "quando risulta la volonta' della persona offesa dal reato di costituirsi parte civile nel processo penale"; Ordina, per l'effetto, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina, infine, che il presente provvedimento a cura della cancelleria sia comunicato al p.m. e notificato alle parti interessate (per la p.o. al domicilio eletto ex art. 33 disp. att. c.p.p. presso il difensore di fiducia avv. G. Abrati del foro di Parma) nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pistoia, addi' 11 maggio 1998 Il giudice per le indagini preliminari: Scarcella 98C0797