N. 528 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 1998

                                N. 528
 Ordinanza  emessa  il  17 aprile 1998 dalla Corte dei conti - sezione
 giurisdizionale  per   la   regione   siciliana   nel   giudizio   di
 responsabilita'  promosso  dal  procuratore  regionale  nei confronti
 dell'Ente per la formazione e l'addestramento dei lavoratori.
 Corte dei conti - Impugnazioni avverso le  decisioni  -  Giudizio  di
 appello - Previsione, secondo il "diritto vivente", che il giudice di
 secondo  grado possa pronunciarsi anche solo su una parte del merito,
 rinviando gli atti alla sezione giurisdizionale,  che  ha  emesso  la
 sentenza  di primo grado, per l'applicazione del principio di diritto
 da esso affermato e la decisione della restante parte della domanda -
 Violazione del principio della liberta' ed indipendenza del giudice.
 (R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 105).
 (Cost., art. 101, secondo comma).
(GU n.29 del 22-7-1998 )
 LA CORTE DEI CONTI
   Ha emesso la seguente ordinanza n. 42/98 ord./resp. nel giudizio di
 responsabilita', iscritto al n.  3869  del  registro  di  segreteria,
 promosso   dal   procuratore   regionale,  in  favore  della  regione
 siciliana,   nei   confronti   dell'Ente   per   la   formazione    e
 l'addestramento  dei lavoratori (E.F.A.L.) di Palermo, in persona del
 suo  legale  rappresentante  pro-tempore,  rappresentato   e   difeso
 dall'avv. Francesco Paolo Gullo, presso il cui studio in Palermo, via
 Siracusa n. 38 e' elettivamente domiciliato.
   Sentiti  alla  pubblica  udienza  del  17  aprile 1998 il relatore,
 consigliere dott. Giuseppe Aloisio ed  il  pubblico  ministero  nella
 persona del vice procuratore generale dott. Antonio Dagnino.
   Esaminati gli atti ed i documenti del giudizio.
                               F a t t o
   Con  atto  di  citazione,  depositato  in  data 11 gennaio 1992, il
 procuratore  regionale  ha  convenuto  in  giudizio  l'Ente  per   la
 formazione  e  l'addestramento dei lavoratori (E.F.A.L.), con sede in
 Palermo,  in  persona  del  suo  legale  rappresentante  pro-tempore,
 chiedendone  la  condanna  al  pagamento,  in  favore  della  regione
 siciliana, di L. 75.168.287, somma  facente  parte  di  finanziamenti
 concessi  dall'assessorato  regionale  al lavoro all'ente convenuto e
 risultata  a  debito  a  seguito  della  revisione   definitiva   dei
 rendiconti di spesa.
   Con  sentenza n. 82/95 del 9 marzo 1995, la sezione giurisdizionale
 per la  regione  siciliana  assolveva  l'Ente  per  la  formazione  e
 l'addestramento dei lavoratori dall'addebito contestatogli.
   Avverso  la  suddetta  sentenza,  il procuratore generale proponeva
 atto di appello innanzi alla Sezione prima  giurisdizionale  centrale
 per  i giudizi di appello che, con sentenza n. 213/97 del 14 novembre
 1997,  accoglieva    l'impugnazione  del  procuratore  regionale;  in
 particolare  il  giudice  d'appello, nel sindacare sostanzialmente il
 mancato esercizio del potere sindacatorio da parte di questa  sezione
 (in  quanto,  nella  fattispecie in esame, si sarebbe "... ben potuto
 fare uso del proprio potere di ordinarza al fine di colmare eventuali
 lacune ..."), annullava la  sentenza impugnata, rimettendo gli atti a
 questo giudice, ai sensi dell'art. 105 del regolamento di  procedura,
 rilevando  che  "...  i  vari  motivi  dell'omesso  discarico  (sono)
 elencati nella nota documentata n.  30018  esplicitamente  richiamata
 nell'atto  di  citazione  e, quindi, fatti propri dalla parte attrice
 ...".
   Con atto di riassunzione  del  10  dicembre  1997,  il  procuratore
 regionale  chiedeva  la  fissazione  dell'udienza  di discussione del
 giudizio, confermando la domanda di condanna formulata con l'atto  di
 citazione;
   Richiesta ribadita dal pubblico ministero all'udienza odierna.
                             D i r i t t o
   L'art.  105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla
 Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038,  dispone
 che  "Quando  in  prima istanza la competente sezione giurisdizionale
 sia sia pronunciata soltanto su questioni di carattere pregiudiziale,
 su  queste  esclusivamente  si  pronunciano  in  appello  le  sezioni
 riunite.     Quando  invece  in  prima  istanza  la  sezione  si  sia
 pronunciata anche sul merito, le sezioni riunite possono conoscere di
 questo, oppure rinviare la causa al primo giudice".
   La costante interpretazione della norma  predetta  da  parte  della
 giurisprudenza  di  questa  Corte  consente  al  giudice  di appello,
 diversamente da quanto prevedono gli  artt.  353  e  354  del  c.p.c.
 (applicabili - ex art. 26 del r.d. n. 1038 del 1933 - nel caso in cui
 venisse   accolta   la   questione  di  legittimita'  costituzionale,
 sollevata  con  la  presente  ordinanza),  di  limitare  la   propria
 pronuncia  alle  questioni  pregiudiziali,  di  definire  il giudizio
 pronunciandosi anche nel merito,  di  trattare  solo  una  parte  del
 merito  -  a prescindere dall'esistenza di questioni pregiudiziali -,
 rinviando gli atti al giudice di primo grado per la  definizione  del
 giudizio, in applicazione di quanto  statuito in sede di appello.
   Nella   fattispecie   odierna,  la  Sezione  prima  giurisdizionale
 centrale per i giudizi di appello ha annullato la sentenza impugnata,
 rimettendo ai sensi dell'art. 105 del regolamento  di  procedura  gli
 atti a questo giudice per la definizione del giudizio, considerata la
 validita'  delle contestazioni formulate dal procuratore regionale, i
 cui  motivi  erano  elencati  in   una   nota   dell'amministrazione,
 espressamente   richiamata   nell'atto   di  citazione  in  giudizio,
 censurando altresi' il mancato esercizio del potere  sindacatorio  da
 parte della sezione.
   Il  collegio,  nel  riproporre  l'dentica questione di legittimita'
 costituzionale sollevata da questa sezione con  ordinanza  n.  129/98
 dell'8  ottobre  1997,  ritiene necessario sottoporre la questione al
 giudice delle leggi per un ulteriore accertamento  sulla  conformita'
 ai principi costituzionali dell'art. 105 del r.d. del 13 agosto 1933,
 n. 1038.
   Sulla  ammissibilita'  della  dedotta  questione, nel confermare le
 argomentazioni gia' esposte nella citat ordinanza  n.  129/98  e  con
 riferimento  a quanto gia' statuito dalla Corte costituzionale (sent.
 21 luglio 1995, n. 345), si  osserva  che  l'intervento  della  Corte
 costituzionale  e'  consentito  anche  nella  ipotesi di una verifica
 della costituzionalita' di un indirizzo interpretativo consolidato di
 una norma, che costituisce diritto vivente.
   Il collegio, in particolare, ritiene l'art. 105 del r.d. 13  agosto
 1933,  n.  1038,  in  contrasto  con l'art. 101, secondo comma, della
 Costituzione che, nel vincolare  l'attivita'  dei  giudici  "soltanto
 alla  legge",  afferma  il  principio    inderogabile  di liberta' ed
 indipendenza della magistratura,  sotto  il  profilo  della  garanzia
 personale  di  obiettivita'  ed  imparzialita'  del  giudice  e della
 garanzia organica,
  concernente  i  rapporti  tra  l'ufficio  del  giudice  e  le  altre
 autorita',  ponendo  altresi' una riserva di giurisdizione, in quanto
 la funzione del giudice di  applicare  la  legge    non  puo'  essere
 limitata  o  condizionata da alcun atto autoritativo (in tal senso la
 consolidata giurisprudenza
  costituzionale).
   L'applicazione dell'art. 105 del regolamento  di  procedura  per  i
 giudizi  innanzi alla Corte dei conti, nella interpretazione costante
 della  giurisprudenza  di  questa  Corte,  determina  -  come   nella
 fattispecie  oggetto  dell'odierno  giudizio - un assoggettamento del
 giudice di primo grado alle statuizioni del giudice di appello, tanto
 marcato  da  limitare  la  formazione  e  l'espressione  del   libero
 convincimento   del   giudice   per   la   definizione  della  causa,
 affidandogli  in  definitiva  il  compito  di  dare  attuazione  alla
 decisione di un altro giudice, con la manifesta lesione del principio
 sancito dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione.
   Peraltro, appare opportuno osservare - per completezza espositiva -
 come  la  sezione d'appello abbia annullato con rinvio la sentenza di
 primo grado contestando a questo giudice di non avere fatto "...  uso
 del  proprio potere di ordinanza al fine di colmare eventuali  lacune
 ...".
   Sul  punto  si  rileva come la c.d. sindacatorieta' della Corte dei
 conti  (che,  per  parte  della  dottrina  e  della    giurisprudenza
 tradizionale,  consiste  nel  potere del giudice di "ricerca autonoma
 delle fonti materiali di prova") non  possa  supplire  del  tutto  le
 lacune   dell'impianto   accusatorio   del   procuratore   regionale,
 soprattutto  nel  mutato  quadro  normativo  che   -   ampliando   la
 consistenza  dei poteri istruttori del p.m. presso la Corte dei conti
 e prevedendo l'istituto dell'invito a dedurre e  della  presentazione
 dei  documenti  (artt. 5, commi 1 e 6, e 2, comma 4, del d.-l. n. 453
 del  1993)  -  consente  all'attore  di  instaurare  il  giudizio  di
 responsabilita'  precisando  compiutamente il contenuto della domanda
 (nel rispetto dell'art. 163 del codice di procedura civile).
   Quindi l'esercizio del potere sindacatorio  da  parte  del  giudice
 determinerebbe  essenzialmente la sua sostituzione ad una delle parti
 processuali, con la conseguenza che la sezione dovrebbe - come  nella
 fattispecie  in  esame  - farsi carico di un attivita' preliminare di
 "interpretazione" della  domanda  del  p.m.,  di  inviduazione  degli
 elementi  sui  quali  essa  si  fonda,  di  ricerca delle prove sulla
 sussistenza di danno e colpa grave (o dolo) del  convenuto.
   In  definitiva,  ad  avviso  del  collegio,  la  esasperazione  del
 concetto di sindacatorieta' si porrebbe in contrasto con il principio
 della  terzieta'  ed imparzialita' del giudice, nonche' con la tutela
 sostanziale delle parti processuali, causando una rilevante  modifica
 della realta' processuale.
   Sotto  il  profilo  della  rilevanza della prospettata questione di
 legittimita' costituzionale, il collegio rileva che soltanto  il  suo
 accoglimento  consentirebbe  la  libera  espressione del principio di
 liberta' ed indipendenza di questo giudice.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.   105  del  regolamento  di
 procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti,  approvato  con
 r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, nei termini di cui in motivazione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, sospendendo il processo sino all'esito  del  giudizio
 incidentale di costituzionalita'.
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria della sezione, la presente
 ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 alle  parti  in  causa,  e  comunicata ai Presidenti della Camera dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio  del  17  aprile
 1998.
 Il presidente: Cozzo
 98C0821