N. 266 ORDINANZA 15 luglio 1998

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato.
 
 Costituzione della Repubblica italiana - Presidenza del Consiglio dei
 Ministri  e procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna -
 Funzionari del Sisde e della Polizia di  Stato  -  Atti  di  indagine
 compiuti ai fini del promovimento dell'azione penale - Fonti di prova
 coperte dal segreto di Stato - Legittimazione delle parti a sollevare
 il conflitto - Ammissibilita'.
 
(GU n.29 del 22-7-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici: prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.    Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo MEZZANOTTE, avv.
 Fernanda CONTRI, prof.   Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  sull'ammissibilita'  del conflitto di attribuzione tra
 poteri  dello  Stato  sollevato  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  nei  confronti  del  Procuratore della Repubblica presso il
 tribunale di Bologna -  in  relazione  alla  richiesta  di  rinvio  a
 giudizio  avanzata  in data 5 maggio 1998 nei confronti di funzionari
 del  SISDE  e  di  funzionari  di  polizia  che  con   essi   avevano
 collaborato,  e  basata su fonti di prova incise dal segreto di Stato
 opposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri ex  art.  12  della
 legge  24  ottobre 1977, n. 801 - con ricorso depositato il 14 luglio
 1998 ed iscritto al n. 96 del registro ammissibilita' conflitti.
   Udito nella camera di consiglio  del  15  luglio  1998  il  giudice
 relatore Fernanda Contri.
   Ritenuto  che  con  ricorso  del  10  luglio 1998, depositato il 14
 luglio 1998 il Presidente del Consiglio dei  Ministri  ha  sollevato,
 previa la necessaria deliberazione del Consiglio dei Ministri assunta
 in  data  26  giugno 1998, conflitto di attribuzione tra poteri dello
 Stato  nei  confronti  del  pubblico  ministero,   in   persona   del
 Procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale  di Bologna, in
 relazione alla richiesta di rinvio a  giudizio  avanzata  in  data  5
 maggio  1998 nei confronti di funzionari del SISDE e di funzionari di
 polizia che con essi avevano collaborato, e che si assume  basata  su
 fonti di prova incise dal segreto di Stato opposto dal Presidente del
 Consiglio dei Ministri ex art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801
 (Istituzione  e  ordinamento  dei  servizi  per  le informazioni e la
 sicurezza e disciplina del segreto di Stato);
     che il ricorrente premette di aver gia'  sollevato,  con  ricorso
 del  25  novembre  1997, depositato il 26 novembre 1997, conflitto di
 attribuzione tra  poteri  dello  Stato  nei  confronti  del  pubblico
 ministero,  in  persona  del  Procuratore  della Repubblica presso il
 Tribunale di Bologna, in relazione ad  attivita'  istruttoria  svolta
 nei  confronti  di  funzionari  del  SISDE e di polizia, e diretta ad
 acquisire elementi di conoscenza su circostanze incise dal segreto di
 Stato ritualmente opposto dal Presidente del Consiglio dei  Ministri,
 ex art. 12 della legge n. 801 del 1977;
     che  la Procura - sosteneva il ricorrente - nonostante il segreto
 opposto e successivamente confermato dal Presidente del Consiglio dei
 Ministri, aveva all'epoca proseguito nelle indagini;
     che il ricorrente Presidente del Consiglio si  doleva  del  fatto
 che  l'attivita'  svolta  dalla  Procura  di Bologna avesse eluso gli
 effetti della conferma del segreto di Stato opposto gia' in  sede  di
 interrogatorio, ricercando e ottenendo "proprio quelle notizie che si
 erano  volute  segretare",  e ancora che la divulgazione dei dettagli
 tecnico-operativi  dell'operazione  antiterrorismo  de  qua   avrebbe
 potuto   esporre   i   Servizi  italiani  al  rischio  di  ostracismo
 "informativo" da parte degli omologhi servizi stranieri interessati a
 problematiche comuni;
     che  il  Presidente  del  Consiglio,  ritenendo  che  l'attivita'
 istruttoria  svolta  dalla  Procura della Repubblica di Bologna e gli
 atti istruttori adottati esorbitassero  dal  potere  di  indagine  in
 presenza  dell'opposizione  del  segreto di Stato, aveva lamentato la
 lesione della propria sfera di attribuzioni,  come  delimitata  dagli
 artt.  1,  5, 52, 87, 94, 95 e 126 della Costituzione, e con riguardo
 agli artt. 12 e 16 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonche'  agli
 artt. 202, 256 e 362 del codice di procedura penale;
     che  la Corte costituzionale, con ordinanza n. 426 del 1997 aveva
 dichiarato ammissibile il conflitto proposto;
     che, successivamente, con sentenza n. 110 del 1998,  la  medesima
 Corte aveva dichiarato non spettare al pubblico ministero, in persona
 del  Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bologna, ne'
 acquisire,  ne'  utilizzare,  sotto  alcun  profilo,  direttamente  o
 indirettamente,  atti  o  documenti  sui  quali  era stato legalmente
 opposto e confermato dal Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  il
 segreto  di  Stato, ne' trarne comunque occasione di indagine ai fini
 del  promovimento  dell'azione  penale,  e   conseguentemente   aveva
 annullato  gli atti di indagine compiuti sulla base di fonti di prova
 coperte dal segreto di Stato, nonche' la  sopravvenuta  richiesta  di
 rinvio a giudizio;
     che  a  seguito di tale sentenza, il Procuratore della Repubblica
 presso il tribunale  di  Bologna,  al  quale  gli  atti  erano  stati
 restituiti  dal  giudice  per  le  indagini preliminari, reiterava la
 richiesta di rinvio a giudizio;
     che,  secondo  quanto  si  afferma  dall'odierno  ricorrente,  il
 Procuratore  della  Repubblica  di  Bologna  si  sarebbe  limitato ad
 eliminare dalla richiesta stessa di rinvio a giudizio  i  riferimenti
 ai documenti trasmessi dalla questura di Bologna;
     che  tale  nuova richiesta di rinvio a giudizio, non ottemperando
 alla  sentenza  della  Corte  ed   anzi   eludendone   il   disposto,
 riproporrebbe  l'esorbitanza  dai poteri propri del Procuratore della
 Repubblica gia' censurata;
     che, appunto in relazione a cio', il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, previa la prescritta deliberazione  assunta  il  26  giugno
 1998  dal  Consiglio  dei  Ministri,  ha  proposto nuovo conflitto di
 attribuzione, deducendo violazione degli artt. 1, 5, 52, 87, 94, 95 e
 126 della Costituzione, con riguardo agli artt. 12 e 16  della  legge
 24 ottobre 1977, n. 801, nonche' agli artt. 202, 256 e 362 del codice
 di  procedura  penale,  per  sentire  dichiarare  che  non  spetta al
 pubblico ministero  di  avvalersi  per  una  richiesta  di  rinvio  a
 giudizio  di  atti  di indagine compiuti sulla base di fonti di prova
 coperte dal segreto di Stato e comunque gia' annullati  dalla  Corte,
 con  il conseguente annullamento della richiesta di rinvio a giudizio
 del 5 maggio 1998.
   Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.  37,
 terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1953,  n.  87,  la  Corte
 costituzionale  e'  chiamata  a  deliberare  senza contraddittorio in
 ordine all'ammissibilita' del conflitto  di  attribuzione,  sotto  il
 profilo  della  sussistenza  della  "materia  di  un conflitto la cui
 risoluzione spetti alla sua competenza", restando impregiudicata ogni
 ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita';
     che, come gia' affermato  nell'ordinanza  n.  426  del  1997,  il
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri e' legittimato a sollevare il
 conflitto, in quanto organo competente a  dichiarare  definitivamente
 la  volonta'  del  potere  cui  appartiene  in  ordine  alla  tutela,
 apposizione, opposizione  e  conferma  del  segreto  di  Stato,  alla
 stregua  delle norme costituzionali che ne delimitano le attribuzioni
 (sentenza n. 86 del 1977);
     che anche la  legittimazione  del  Procuratore  della  Repubblica
 presso  il tribunale di Bologna a resistere nel conflitto deve essere
 riconosciuta, in conformita' alla giurisprudenza di questa Corte  che
 riconosce  al pubblico ministero la legittimazione ad essere parte di
 conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto, ai sensi
 dell'art. 112 della Costituzione, e' il titolare diretto ed esclusivo
 dell'attivita' di  indagine  finalizzata  all'esercizio  obbligatorio
 dell'azione  penale  (ordinanza  n. 269 del 1996; sentenze n. 420 del
 1995, e nn. 464, 463 e 462 del 1993);
     che,  quanto al profilo oggettivo del conflitto, e' lamentata dal
 ricorrente la lesione di  attribuzioni  costituzionalmente  garantite
 (v. sentenza n. 86 del 1977);
     che  dal  ricorso  possono ricavarsi "le ragioni del conflitto" e
 "le norme costituzionali che regolano  la  materia",  come  richiesto
 dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile,  ai  sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del
 Consiglio dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
   Dispone:
     a)  che  la  cancelleria  della  Corte  dia  comunicazione  della
 presente   ordinanza   al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 ricorrente;
     b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza
 siano notificati al Procuratore della Repubblica presso il  Tribunale
 di Bologna, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione.
     Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1998.
 Il Presidente: Granata
 Il redattore: Contri
 Il cancelliere: Fruscella
 Depositata in cancelleria il 15 luglio 1998.
 Il cancelliere: Fruscella
 98C0868