N. 543 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1998

                                N. 543
  Ordinanza emessa il 21 gennaio  1998  dalla  Commissione  tributaria
 regionale  di Firenze sul ricorso proposto da Casanuova Maria Augusta
 contro la D.R.E.  Toscana
 Imposte  e  tasse  -  Indennita'  di  esproprio   -   Previsione   di
    tassabilita',  in  ordine  a  terreni  siti  in  determinata zona,
    indicata in decreto-legge piu' volte reiterato e  infine  decaduto
    per  mancata conversione - Salvezza degli effetti prodotti da tali
    provvedimenti  -  Irrazionalita'  -  Lesione  del   principio   di
    eguaglianza - Incidenza sul principio della capacita' contributiva
    -  Violazione  dei limiti posti per l'esercizio della decretazione
    d'urgenza.
 (Legge 24 marzo 1993, n. 75, art. 1, comma 2).
 (Cost., artt. 3, 53 e 77).
(GU n.34 del 26-8-1998 )
                  LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello r.g.  appelli  1082/96
 depositato  il  22  settembre 1995, avverso la sentenza n. 104/11/95,
 emessa  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Firenze   da
 Casanuova Maria Augusta, residente a Firenze, in via Mattonaia n. 21,
 difesa  dall'avv.  Colombo  Carlo,  residente  a  Firenze,  in piazza
 Goldoni n.   2; controparti:  D.R.E.  Toscana  (sez.  Firenze),  atti
 impugnati 6/rif su I. rimb - Irpef, 1991.
   Con  ricorso  presentato alla commissione tributaria di primo grado
 di Firenze il 28 ottobre 1994  la  signora  Maria  Augusta  Casanuova
 chiedeva  la  condanna  della pubblica ammnistrazione a restituire la
 somma di lire 15 milioni pagata a titolo di imposta, che asseriva non
 dovuta, con interessi legali; cio'  a  seguito  del  silenzio-rifiuto
 avverso  la  richiesta  di  rimborso  da  lei  avanzata  in  sede non
 contenziosa.
   Esponeva la ricorrente di avere ricevuto dal comune di  Firenze  in
 data  29 dicembre 1989 la somma di lire 150 milioni per indennita' di
 espropriazione e interessi a fronte di una procedura di esproprio  di
 terreno  destinato ad opera pubblica e sito in zona omogenea F di cui
 al d.m. 2 aprile 1968 (G.U. n. 97 del 16 aprile 1968); che in data 30
 giugno  1992   essa ricorrente aveva effettuato il versamento di lire
 15 milioni, pari alla meta' dell'imposta sostitutiva dovuta; assumeva
 che, a seguito della mancata conversione  in  legge  del  d.-l.    28
 febbraio  1992,  n.  174  e  successive  reiterazioni - non essendo i
 terreni siti in zona omogenea   F  piu'  compresi  quali  oggetto  di
 imposizione ai fini dell'imposta sostitutiva in questione - l'imposta
 versata risultava non dovuta.
   La  D.R.E.  della  Toscana,  con  nota  depositata il 24 marzo 1995
 chiedeva il rigetto del ricorso per inammissibilita' ex art.  15  del
 d.P.R.  n. 636/1972.
   Con decisione n. 104 del 6 aprile 1995 depositata il 1 giugno 1995,
 e  notificata  alle parti il 6 giugno 1995, la Commissione tributaria
 di primo grado di Firenze, sezione 11, respingeva il ricorso a motivo
 del fatto che l'art. 1 della legge 24 marzo 1993, n. 75, aveva sanato
 gli effetti prodotti dai decreti-legge nn. 174, 269 e 319 del 1992.
   Parte contribuente ha ritualmente appellato, cosi' motivando:
     A) la norma di cui all'art. 1 della legge n. 75/9 va interpretata
 in senso favorevole al contribuente, e deve escludere  dall'efficacia
 delle  norme  nel  tempo  di  vita dei decreti-legge non convertiti e
 decaduti la nuova imposta poi scomparsa nel d.-l. n. 16/1993 e  nella
 sua  legge di conversione; cio' ad evitare l'irrazionalita' della sua
 disciplina legale;
     B) se cosi' non fosse, se cioe' la  legge  in  questione  andasse
 intepretrata  nel  senso  che  essa  non consente tale esclusione, ne
 emergerebbe un evidente contrasto con gli artt.  3,  53  e  77  della
 Costituzione.
   Concludeva  per  la riforma della decisione appellata e la condanna
 della p.a. a restituire la somma di lire 15  milioni  versata  e  non
 dovuta, con interessi legali.
   La  D.R.E  per  la  Toscana,  con memoria depositata il 23 dicembre
 1997, eccepiva:
     a)  in  via  pregiudiziale  l'inammissibilita'  dell'appello  per
 mancata  sottoscrizione  della  copia  destinata  all'amministrazione
 finanziaria;
     b) nel merito, che la vigente normativa  e'  stata  correttamente
 applicata  dai  primi giudici in quanto anche la Corte costituzionale
 ha  affermato  fra  l'altro  la  tassabilita'  delle  indennita'   di
 esproprio;  che  la  stessa  Corte  ha  inoltre  sottolineato  con le
 sentenze nn. 14 e 410 del 1995 l'infondatezza della  questione  della
 decorrenza,   e   la   discrezionalita'   spettante   nel  merito  al
 legislatore.
   Chiedeva in  via  pregiudiziale  declaratoria  di  inammissibilita'
 dell'appello;  in subordine la conferma della decisione appellata, in
 linea di diritto e di merito, con vittoria di spese e onorari.
   Parte  appellante  con  memoria  del  10  gennaio  1998   sosteneva
 l'ammissibilita'  dell'appelio in quanto la previgente disciplina del
 contenzioso tributario consentiva l'invio dell'atto  di  appello  con
 allegata  copia  in  carta semplice non firmata, citando in proposito
 giurisprudenza favorevole al proprio assunto ed insistendo  sui  temi
 trattati in appello.
   Nell'odierna  udienza  tenutasi in forma pubblica, le parti si sono
 riportate alle rispettive difese.
   Questa Commissione, visti gli atti e udite le parti,
                             O s s e r v a
   La questione pregiudiziale posta  dall'amministrazione  finanziaria
 sulla  inammissibilita'  dell'appello  di  parte contribuente risulta
 inconsistente; infatti, sia la previgente normativa  sul  contenzioso
 tributario  che  la  costante  interpretazione in proposito esistente
 escludevano l'obbligo della firma  sulla  copia  dell'atto  destinata
 all'ufficio.
   Nel  merito,  appare opportuno preliminarmente riassumere i termini
 della questione.
   La tassabilita' dell'indennita' di esproprio  era  stata  prevista,
 per  la  prima  volta,  dall'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n.
 413, con efficacia retroattiva dal 1 gennaio  1989;    esso  tuttavia
 concerneva i terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture
 urbane  all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D, di cui al
 d.m. 2 aprile 1968. Successivamente il d.-l. n. 174 del  28  febbraio
 1992,  modificava  il  citato  art.  11 estendendo la tassazione alle
 indennita' di esproprio concernenti i terreni di cui alla  lettera  F
 del citato d.m.
   Il contribuente aveva quindi effettuato il primo pagamento previsto
 dalla  norma  (il  d.-l.  n.  174)  che veniva a modificare una norma
 retroagente  al  1  gennaio  1989,  e  che  pertanto  sottoponeva   a
 tassazione   i  terreni  della  zona  F  prima  esclusi  dalla  norma
 modificata (legge n. 413/1991).
   Due decreti-legge consecutivi, il n. 269 del 27 aprile 1992 e il n.
 319 del 25 giugno 1992, reiteravano il citato d.-l.  n.  174;  ma  la
 norma  veniva  poi  a  decadere  a causa della mancata conversione in
 legge del terzo decreto citato.
   In data 23 gennaio 1993 veniva emanato un  quarto  decreto,  il  n.
 16,  convertito  con legge 24 marzo 1993, n. 75, che  non recava piu'
 la norma in questione. Tuttavia la legge di conversione provvedeva  a
 disciplinare   anche   gli   effetti   giuridici   prodotti  dai  tre
 decreti-legge decaduti, disponendo in tal senso con l'art.  1,  comma
 2.
   In  sostanza,  la  legge  n.  413/1991 escludeva dalla tassazione i
 terreni  della  zona  omogenea  F;    tre  decreti   consecutivi   la
 introducevano,  ma  venivano  a  decadere per mancata conversione; il
 successivo decreto n. 16/1993 non reiterava piu' tale  norma,  ma  la
 legge di conversione salvava gli effetti della norma cosi' scomparsa.
   La  mancanza  di  coerenza  di  un tale modo di operare e' di tutta
 evidenza; verrebbe quindi da pensare che la legge di conversione, nel
 fare salvi gli effetti dei  decreti  decaduti,  intendesse  riferirsi
 solo  a  quelli prodotti dalle disposizioni in materia di definizione
 di pendenze tributarie e di versamenti connessi che  costituivano  il
 nerbo  del  loro  contenuto;  anche  perche'  la  norma relativa alla
 tassazione delle indennita' di esproprio dei  terreni  inclusi  nella
 zona  F e' norma di carattere sostanziale, diversa quindi dalle altre
 che fissavano nuovi e  diversi  termini  per  le  dichiarazioni  e  i
 versamenti   dell'imposta.  In  tale  ipotesi  apparirebbe  logico  e
 razionale  l'aver  fatto  salvi   esclusivamente   gli   effetti   di
 dichiarazioni  e  versamenti di imposte mantenute in vigore anche per
 il futuro. Tuttavia, la lettura dell'art. 1, comma 2, della legge  n.
 75/1993, non lascia spazio per una interpretazione di questo tipo, ed
 in  tal  senso  si  sono orientati i primi giudici; appare peraltro a
 questo Collegio che siano da formulare dubbi sulla legittimita' della
 disciplina prevista da tale articolo in rapporto agli artt. 3,  53  e
 77 della Costituzione.
   Il  primo  aspetto da esaminare e quello della violazione dell'art.
 53 della Costituzione sotto il profilo  della  non  attualita'  della
 capacita' contributiva in relazione alla retroattivita' della norma.
   Si  osserva  subito  che la disciplina dettata dall'art. 1, comma 2
 della legge n. 75/1993 ha natura retroattiva, in  quanto  regola  gli
 effetti  dei  tre  decreti-legge decaduti di cui innanzi, perche' non
 convertiti. Orbene, sul punto la Corte ha piu' volte chiarito che per
 determinare se una legge retroattiva sia  o  meno  costituzionale  e'
 necessario  vedere  di  volta in volta se nel tempo intercorso fra il
 momento di riferimento patrimoniale e l'emanazione si sia  modificata
 la  capacita'  contributiva del soggetto; in buona sostanza, la norma
 tributaria  retroattiva  si   puo'   considerare   costituzionalmente
 legittima  quando breve e' il tempo previsto fra l'emanazione e della
 norma e i suoi effetti, e se prevedibile tale norma risulta.
   Nel caso in esame, sono trascorsi  quattro  anni  dalla  percezione
 dell'indennita'  di  esproprio (1989) e l'anno (1993) in cui la legge
 n. 71 ha fatto salvi gli effetti della tassazione. Non appare  quindi
 esistente  il  requisito della brevita'. Non si puo' nemmeno ritenere
 tale tassazione prevedibile, dal momento che la  legge  n.  413/1991,
 con effetto del 1989, aveva escluso la tassabilita' della fattispecie
 considerata; esclusione del resto confermata con l'emanazione del
  d.-l.  16/1993  e  della  legge  di  conversione  n. 75/1993 che non
 prevedevano piu' la tassazione delle indennita' per i terreni in zona
 omogenea F.  Tale  tassazione,  come  si  e'  visto,  successivamente
 abbandonata,  costituisce  per  la  natura  dei  terreni che ne erano
 oggetto, una deroga ai principi  ispiratori  della  tassazione  delle
 altre  aree  A,  B,  C,  D; come tale non poteva quindi prevedersi da
 parte del soggetto.
   La Corte costituzionale si e' piu' volte riservato  il  diritto  di
 censurare  la  discrezionalita'  di  cui  gode il legislatore fiscale
 quando essa porta a scelte irrazionali o arbitrarie; cio'  anche  se,
 in  un  caso analogo concernente una disposizione legislativa con cui
 si facevano salvi  gli  effetti  prodotti  da  un  decreto-legge  non
 convertito, la stessa Corte ha respinto la censura di irrazionalita',
 sostenendo  la  razionalita'  della  norma  in  quanto  essa mirava a
 regolare i rapporti sorti in base al decreto non convertito; in  tale
 caso pero' la disposizione di legge aveva si' fatti salvi gli effetti
 del  decreto  non  convertito,  ma  ne  aveva anche recepito l'intera
 disciplina. Nel caso in esame, invece, si  verifica  un  fatto  molto
 diverso:  la  tassazione  e' stata prima esclusa, poi prevista in tre
 decreti-legge consecutivi, poi decaduti; infine  nuovamente  esclusa,
 facendo  pero'  salvi i rapporti giuridici sorti in base ad una norma
 decaduta  con  l'ultimo  dei  tre  decreti-legge  reiterati   e   non
 rinnovati.   Questo   procedimento   a  dir  poco  contradditorio  ha
 certamente determinato ingiustificate disparita' di  trattamento,  la
 cui sostanza ben puo' opporsi alla considerazione che essa disparita'
 e'  un  effetto  connaturato  alla successione delle leggi nel tempo.
 Infatti qui la disciplina impositiva non si  giustifica  nel  sistema
 normativo  cui  i decreti-legge fatti salvi facevano riferimento.  Da
 qui l'ipotesi di violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione per
 irrazionalita'  della  norma  e  per la disparita' di trattamento dei
 soggetti.
   Un ulteriore vizio potrebbe  ravvisarsi  in  rapporto  all'art.  77
 della  Costituzione  ponendo  mente al fatto che i tre decreti-legge,
 poi  decaduti,  erano  relativi  quasi  del  tutto  a   scadenza   di
 dichiarazioni  e  versamenti  di  imposta  per  le quali potevano si'
 ravvisarsi quei presupposti straordinari di "necessita'  ed  urgenza"
 che   invece   non   trovavano   la   loro   minima   giustificazione
 nell'introduzione di nuova materia imponibile; cio' e' tanto vero che
 il nuovo oggetto di tassazione fu successivamente abbandonato.
   Orbene, questo vizio dei decreti-legge non puo'  non  investire  la
 legge  che sana i loro effetti; come anche la Corte costituzionale ha
 recentemente dichiarato, la mancanza di  un  requisito  di  validita'
 costituzionale   di   un   decreto-legge   comporta   un   vizio   di
 illegittimita' costituzionale anche della  legge  di  conversione;  e
 questa  interpretazione puo' bene estendersi alla legge n. 75/1993 il
 cui art. 1, comma 2, ha sanato gli effetti dei decreti non convertiti
 ex art. 77, terzo comma, ultimo periodo della Costituzione.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  dichiara  non
 manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale
 dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n.75, nella parte in
 cui  fa  salvi  gli  effetti  prodottisi e i rapporti giuridici sorti
 sulla base dell'art. 3, comma 1, lettera  a),  dei  decreti-legge  28
 febbraio  1992,  n.  174, 27 aprile 1992, n. 269 e 25 giugno 1992, n.
 319, per contrasto con gli artt. 3, 53 e 77 della Costituzione.
   Sospende il procedimento e ordina la trasmissione degli  atti  alla
 Corte costituzionale;
   Dispone  altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza
 sia  notificata  alle  parti  in  causa  nonche'  al  Presidente  del
 Consiglio  del Ministri, e che sia comunicata ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento.
     Firenze, addi' 21 gennaio 1998
                        Il presidente: Corsaro
                                                  Il relatore: Binagli
 98C0853