N. 336 SENTENZA 14 - 24 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte  in  genere  -  Contribuente  che  richieda alla commissione
 tributaria competente la sospensione cautelare dell'atto -  Validita'
 del   deposito   della   copia   del  ricorso  ed  instaurazione  del
 contraddittorio  prima  della  scadenza  del  termine  semestrale   -
 Preclusione  - Erroneita' dei presupposti interpretativi da parte del
 giudice rimettente Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione.
 
 (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 456, artt. 20 e 47; d.P.R.  28  novembre
 1980, n. 787, art. 10).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.35 del 2-9-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici: prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli artt. 20 e 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546
 (Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
 Governo contenuta nell'art. 30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.
 413),  e  10  del  d.P.R.  28  novembre  1980,  n.  787  (Norme sulle
 competenze, sulle attribuzioni e sul personale dei centri di servizio
 del Ministero delle finanze e disposizioni integrative  e  correttive
 dei  decreti del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636,
 29 settembre 1973, numeri 600 e 602), promosso con  ordinanza  emessa
 il  26  ottobre  1996  dalla  Commissione  tributaria  provinciale di
 Novara, sul ricorso proposto dalla Fondazione OMAR contro  il  Centro
 di  servizio  delle imposte dirette di Torino, iscritta al n. 550 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  3  giugno  1998  il  giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio, su ricorso proposto dalla Fondazione
 Omar,  notificato  il  27 luglio 1996 a mezzo del servizio postale al
 Centro  di  servizio  delle  imposte  dirette  di   Torino,   avverso
 l'iscrizione  nei  ruoli  per  IRPEG  a  saldo,  oltre soprattasse ed
 interessi - emessi  a  seguito  dell'esame  della  dichiarazione  dei
 redditi   dell'anno   1991   e  contestati  per  asserita  tardivita'
 dell'iscrizione medesima, nonche' erroneita' dei  calcoli  effettuati
 per  la  liquidazione  del  tributo,  con richiesta contestuale della
 sospensione dell'esecuzione - la Commissione  tributaria  provinciale
 di  Novara, con ordinanza del 26 ottobre 1996 (r.o. n. 550 del 1997),
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale  del  combinato
 disposto  degli  artt.  20  e  47 del decreto legislativo 31 dicembre
 1992, n. 546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione
 della  delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30  della  legge 30
 dicembre 1991, n. 413), nonche' dell'art. 10 del d.P.R.  28  novembre
 1980,  n.  787  (Norme  sulle  competenze,  sulle  attribuzioni e sul
 personale dei centri  di  servizio  del  Ministero  delle  finanze  e
 disposizioni  integrative  e  correttive  dei  decreti del Presidente
 della  Repubblica  26 ottobre 1972, n. 636, 29 settembre 1973, numeri
 600 e 602), "nella parte in cui non  consentono,  neppure  quando  il
 contribuente  richieda  alla  commissione  tributaria  competente  la
 sospensione cautelare dell'atto, di depositare validamente  la  copia
 del  ricorso  e di instaurare il contraddittorio prima della scadenza
 del  termine  semestrale  di  cui  al  menzionato  art.   10".   Onde
 l'impossibilita'    per    l'interessato,   di   ottenere   in   sede
 giurisdizionale,  durante  tale  periodo  di  tempo,  la  sospensione
 cautelare dell'atto.
   2.  -  Il giudice rimettente - premesso che il ricorso in questione
 era stato depositato presso la segreteria della commissione adita  il
 7  agosto  1996,  prima,  quindi,  che maturasse il termine dilatorio
 semestrale, alla scadenza del quale l'art. 10 citato, tuttora vigente
 per espressa riserva formulata nell'art. 21 (recte: art.  20),  comma
 3,   del   decreto   legislativo   n.  546  del  1992,  subordina  la
 ricevibilita' dei ricorsi giurisdizionali avverso i ruoli dei  centri
 di  servizio  e  le  relative cartelle di pagamento - rileva che, nel
 caso di specie,  il  Collegio  dovrebbe  dichiarare  irricevibile  il
 ricorso e al tempo stesso improcedibile l'istanza di sospensione.
   E  cio' in quanto la disciplina vigente condiziona la esperibilita'
 del procedimento cautelare di cui all'art. 47 del decreto legislativo
 n. 546 del 1992 "ad  una  valida  instaurazione  del  contraddittorio
 relativo  al procedimento sul merito dell'atto del quale si invoca la
 sospensione", come si  desume  dal  citato  art.  47,  comma  1,  che
 richiede  l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 22, dettate
 in materia di costituzione in giudizio del ricorrente.  Ne',  d'altro
 canto, potrebbe consentirsi a quest'ultimo di ottenere la sospensione
 dell'atto  prima  di  una  efficace costituzione in giudizio, pena la
 vanificazione  dell'esplicita  disposizione  del  sesto   comma   del
 ripetuto  art.  47,  per  il quale, nei casi di sospensione dell'atto
 impugnato, la trattazione deve essere fissata entro  novanta  giorni;
 con  il rischio, inoltre, che, ove la costituzione per il giudizio di
 merito venga ritardata o del tutto  omessa,  l'atto  rimanga  sospeso
 cautelarmente sine die.
   3.  -  Ritiene,  tuttavia,  il  giudice  a  quo  che  la menzionata
 normativa  violi  l'art.  3  della   Costituzione,   posto   che   le
 disposizioni  vigenti  riconoscono,  in  via  generale,  per tutte le
 materie  riservate  alla  giurisdizione  tributaria,  l'esperibilita'
 immediata   della   richiesta   di  sospensione  cautelare,  in  sede
 giurisdizionale, dell'atto impugnato, impraticabile solo nel caso  di
 iscrizione a ruolo disposta dai centri di servizio, nei cui confronti
 la  parte,  per tutto il periodo di pendenza del termine dilatorio in
 questione, non puo' instaurare  un  valido  rapporto  processuale  di
 impugnazione,  depositando presso la Commissione tributaria copia del
 ricorso presentato all'ufficio.
   Secondo  l'ordinanza  una   tale   discriminazione   (rilevante   a
 prescindere  dall'entita'  della  somma  in  contestazione  nel  caso
 concreto) sarebbe assolutamente irrazionale e contraria al  principio
 di  uguaglianza,  risultando  tanto piu' inaccettabile in una materia
 cosi'  delicata,  come  quella  della  tutela  giurisdizionale  delle
 posizioni  giuridiche  soggettive direttamente garantite dall'art. 24
 della Costituzione, posto che, nel caso dei ruoli emessi  dai  centri
 di  servizio  con  la procedura ex art. 7 del d.P.R. n. 787 del 1980,
 non  sussiste  alcuna  particolare  motivazione  che  giustifichi  un
 trattamento  diverso  da  quello  generalmente  previsto per tutte la
 altre imposte ed anche per le stesse imposte dirette, nel caso in cui
 l'accertamento sia compiuto  dal  competente  ufficio  delle  imposte
 anziche' dal centro di servizio.
   4.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
 concluso per la non fondatezza della questione.
   La  difesa  erariale  osserva  che,  come si desume dal terzo comma
 dell'art. 20 del d.P.R. n. 546 del 1992, la proposizione del  ricorso
 avverso  i  ruoli di riscossione formati dal centro di servizio delle
 imposte  dirette,  in  esito  alla  liquidazione  dei  tributi  e  al
 controllo  dei versamenti effettuati, resta disciplinata, pur dopo la
 piu' recente riforma del contenzioso  tributario,  dall'art.  10  del
 d.P.R.  28  novembre  1980,  n.  787,  che  delinea  un  procedimento
 speciale, essenzialmente preordinato (in particolare,  attraverso  la
 prescritta  moratoria  per  il  deposito  del  ricorso  e la connessa
 dilazione  della  incardinazione  del  giudizio)  ad  attribuire   al
 suddetto  centro  un  congruo  spazio  temporale per l'esame - in via
 amministrativa - della fondatezza delle doglianze del ricorrente,  il
 rimborso  di  quanto  eventualmente  pagato  o - come ulteriore esito
 possibile - la sospensione della riscossione.
   L'Avvocatura ritiene, pertanto, non fondata la censura di  asserita
 disparita' di trattamento, tenuto conto della palese diversita' delle
 situazioni  a confronto, con particolare riferimento alla circostanza
 che la pretesa creditoria del fisco, oltre a concernere, per  solito,
 somme di modesto importo, rispetto alle quali sarebbe oltremodo arduo
 configurare  il  pericolo  del  "danno  grave ed irreparabile" di cui
 all'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992,  si  basa  sulla
 stessa dichiarazione del contribuente, sia pure emendata dagli errori
 materiali e dai vizi.
                         Considerato in diritto
   1.   -  Con  l'ordinanza  in  epigrafe  la  Commissione  tributaria
 provinciale  di  Novara  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
 costituzionale del combinato disposto degli artt. 20 e 47 del decreto
 legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni sul processo
 tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
 30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413), nonche' dell'art. 10 del
 d.P.R. 28 novembre  1980,  n.  787  (Norme  sulle  competenze,  sulle
 attribuzioni  e  sul  personale  dei centri di servizio del Ministero
 delle finanze e disposizioni integrative e correttive dei decreti del
 Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,  n.  636,  29  settembre
 1973,  numeri  600 e 602), nella parte in cui non consentono, neppure
 quando  il  contribuente   richieda   alla   commissione   tributaria
 competente   la   sospensione   cautelare   dell'atto  impugnato,  di
 depositare validamente la copia del ricorso avverso le  iscrizioni  a
 ruolo  operate  dal  centro  di  servizio,  instaurando  il  rapporto
 processuale prima della scadenza del termine semestrale,  di  cui  al
 menzionato  art. 10 del predetto d.P.R. n. 787 del 1980.  Disciplina,
 questa, che impedisce all'interessato, durante tale periodo di tempo,
 di  ottenere  in  sede  giurisdizionale  la   sospensione   cautelare
 dell'atto.
   L'ordinanza,  nel rilevare che le disposizioni vigenti contemplano,
 in via generale, per tutte le materie  riservate  alla  giurisdizione
 tributaria,  l'esperibilita'  immediata, in sede giurisdizionale, del
 rimedio  della  sospensione  dell'atto  impugnato,  ritiene  che   le
 denunciate  norme contrastino con l'art. 3 della Costituzione, per la
 discriminazione assolutamente irrazionale che pongono in  essere  sul
 piano  dell'uguaglianza, e che appare tanto piu' inaccettabile in una
 materia come quella  della  tutela  giurisdizionale  delle  posizioni
 giuridiche  soggettive,  direttamente  garantita  dall'art.  24 della
 medesima Costituzione.
   2. - La questione non e' fondata, nei sensi di cui appresso.
   3. - Al fine di delineare il  contesto  normativo  nell'ambito  del
 quale  essa  si  colloca, va rilevato che, nella nuova disciplina del
 processo tributario, contenuta nel decreto  legislativo  31  dicembre
 1992,  n.  546,  il  giudizio  innanzi alle commissioni tributarie si
 instaura  attraverso  la   notifica   dell'atto   introduttivo   alla
 controparte,  rappresentata  dall'amministrazione  finanziaria  (art.
 20); notifica che deve essere seguita, entro trenta giorni, a pena di
 inammissibilita',  dalla  costituzione  del   ricorrente   ai   sensi
 dell'art. 22 del medesimo testo legislativo.
   Rilevante innovazione di tale piu' recente normativa processuale e'
 la  introdotta  facolta'  di  richiedere,  al  giudice tributario, la
 sospensione dell'atto impugnato, con istanza motivata  "proposta  nel
 ricorso o con atto separato", sempreche' - dispone il gia' menzionato
 art. 47 - siano osservate le modalita' previste dall'art. 22, e cioe'
 avvenga  la  costituzione  in  giudizio  del  ricorrente,  al fine di
 evitare  che,  una  volta  ottenuta  la  sospensione,   il   processo
 tributario resti pendente sine die.
   Quanto,  invece,  ai  rimedi  avverso  le  iscrizioni a ruolo delle
 imposte liquidate dal centro  di  servizio,  e'  rimasta  ferma,  per
 effetto  dell'espressa  previsione dell'art. 20, comma 3, del decreto
 legislativo n. 546 del 1992, la disciplina dell'art. 10 del d.P.R. 28
 novembre 1980, n. 787, secondo il quale il ricorso e' proposto con la
 spedizione dell'originale al centro stesso a  mezzo  posta  nel  modo
 indicato  dall'art.    17  del  d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e con
 successivo deposito, da eseguirsi decorsi almeno sei mesi e non oltre
 due anni dalla data di invio  dell'originale  mediante  spedizione  o
 consegna  nei  modi indicati dal predetto art. 17, di altro esemplare
 in carta libera alla segreteria della commissione tributaria adita.
   4. - Con riferimento alla sopra rammentata disciplina,  il  giudice
 rimettente  muove  dall'assunto  che la disposizione dell'art. 10 del
 d.P.R. n. 787 del  1980,  prevedendo  un  termine  dilatorio  per  la
 instaurazione  del  rapporto processuale, renda impraticabile, in via
 immediata, la tutela cautelare, non potendo soddisfarsi la condizione
 stabilita dall'art. 47 del  decreto  legislativo  n.  546  del  1992.
 Senonche', tale tesi non puo' essere condivisa, dovendosi tener conto
 dei  riflessi che le nuove regole del processo tributario non possono
 non avere sulla fattispecie  all'esame  del  giudice  a  quo  la  cui
 disciplina   va   necessariamente  coordinata  e  raccordata  con  le
 innovazioni introdotte dalla riforma del rito tributario del 1992. La
 circostanza che il legislatore non abbia modificato la  procedura  di
 impugnazione  dei ruoli emessi dai centri di servizio, riconfermando,
 anzi, espressamente, per le modalita' di proposizione del ricorso, la
 vigenza dell'art.   10 del d.P.R. n.  787  del  1980,  non  consente,
 invero, di trarre alcun argomento a favore della tesi dell'esclusione
 della facolta' di attivare il potere cautelare del giudice durante il
 termine   dilatorio   semestrale,   ove,   tra   le  varie  possibili
 interpretazioni  delle norme censurate, si adotti, alla stregua di un
 canone piu'  volte  indicato  da  questa  Corte,  quella  che  appaia
 maggiormente aderente ai principi costituzionali.
   Vero  e'  che,  in  passato,  la  giurisprudenza  costituzionale ha
 ritenuto che  l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  per  il
 contribuente  si  realizza essenzialmente con la pronunzia emessa dal
 giudice tributario,  alla  quale  l'amministrazione  finanziaria,  se
 soccombente,   e'   tenuta  a  dare  esecuzione  mediante  la  pronta
 restituzione della somma riscossa e non dovuta (sentenza  n.  63  del
 1982).
   Ma  tale  orientamento, espresso quando ancora la tutela interinale
 del contribuente stesso era  affidata,  in  via  immediata,  al  solo
 potere  di  sospensiva  dell'Intendente  di  finanza  (ex art. 39 del
 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), non  appare  atto  a  definire  la
 questione  cosi'  come  sollevata  dal  rimettente. Questi, infatti -
 introdotta per effetto dell'art. 47 del decreto  legislativo  n.  546
 del  1992,  la  possibilita'  per  l'interessato  di  richiedere alla
 commissione tributaria la sospensione dell'atto impugnato  -  segnala
 un   problema  che  concerne  la  mancanza  di  analogo  rimedio  per
 l'impugnazione degli atti emessi dai centri di servizio.
   Di fronte a tale  prospettazione,  che  attiene  essenzialmente  al
 principio  di  uguaglianza,  giova  ricordare come la Corte, in altra
 occasione - nel rilevare  il  carattere  strumentale  della  funzione
 cautelare  rispetto alla effettivita' della tutela innanzi al giudice
 - abbia posto in risalto  l'importanza  di  discipline  uniformi,  in
 grado  di  assicurare  il  rispetto  dei requisiti propri (e minimi),
 imposti al modello processuale  dalle  garanzie  di  cui  al  sistema
 costituito  dagli  artt.  3  e  24  della  Costituzione  in  tema  di
 contraddittorio  e,  piu'  in  generale,  di  posizione  delle  parti
 nell'esercizio  dei  rispettivi  diritti  (cfr.  sentenza  n. 253 del
 1994).
   Orbene, proprio alla stregua di tali principi e  dell'esigenza,  in
 definitiva,  di  una lettura delle disposizioni denunciate conforme a
 Costituzione,  e'  da  ritenere  che  la  normativa  impugnata,   nel
 coordinamento  che  va  necessariamente  operato  tra il precedente e
 l'attuale  rito   del   processo   tributario,   non   impedisca   al
 contribuente,  che  ricorre avverso la iscrizione a ruolo operata dal
 centro di servizio e chiede la sospensione dell'esecuzione  dell'atto
 impugnato,  di  depositare,  presso  la  segreteria della commissione
 tributaria, l'altro esemplare del ricorso, senza attendere il decorso
 del termine previsto nell'art.  10 del d.P.R. n.  787  del  1980.  Si
 soddisfa,  in  tal  modo,  secondo  le  regole  e  le  forme  tuttora
 applicabili  ai  ricorsi  avverso  le  iscrizioni  a   ruolo,   anche
 l'esigenza  alla  quale  ha  voluto  ovviare  l'art.  47  del decreto
 legislativo n. 546 del 1992, richiedendo e ponendo come condizione di
 ammissibilita' per l'istanza cautelare la costituzione in giudizio.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt.  20
 e 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546  (Disposizioni
 sul  processo  tributario  in  attuazione  della  delega  al  Governo
 contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonche'
 dell'art.   10 del d.P.R. 28  novembre  1980,  n.  787  (Norme  sulle
 competenze, sulle attribuzioni e sul personale dei centri di servizio
 del  Ministero  delle finanze e disposizioni integrative e correttive
 dei decreti del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  636,
 29  settembre 1973, numeri 600 e 602), sollevata, in riferimento agli
 artt.  3  e  24  della  Costituzione,  dalla  Commissione  tributaria
 provinciale di Novara, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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