N. 338 SENTENZA 14 - 24 luglio 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Impiego  pubblico  -  Regione  Sicilia  -   Personale   dirigenziale
 dipendente  - Nomine - Indennita' e permessi - Commissione paritetica
 -  Intervenuta  promulgazione  parziale  della  legge   impugnata   -
 Impossibilita'   di   autonoma   e   successiva  promulgazione  delle
 disposizioni censurate - Cessazione della materia del contendere.
 
 (Legge regione Sicilia 11 giugno 1997).
 
(GU n.35 del 2-9-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici: prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della  legge
 approvata   dall'Assemblea  regionale  siciliana  l'11  giugno  1997,
 recante "Criteri per le nomine e designazioni di competenza regionale
 di cui all'art. 1  della  legge  regionale  28  marzo  1995,  n.  22.
 Funzionamento della Commissione paritetica (articolo 43 dello Statuto
 siciliano).   Prima applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
 Disposizioni in materia di indennita' e permessi negli  enti  locali.
 Modifiche  alla  legge  regionale 20 marzo 1951, n. 29", promosso con
 ricorso  del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana,
 notificato  il  19  giugno  1997,  depositato  in  Cancelleria  il 26
 successivo ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 1997.
   Udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1998 il giudice  relatore
 Fernanda Contri;
   Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  del  19  giugno 1997, ritualmente notificato e
 depositato, il Commissario dello Stato per la  Regione  Siciliana  ha
 impugnato  - per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, e
 con l'art.  2, comma 1, lettera g), numeri  1  e  4  della  legge  23
 ottobre 1992, n. 421, in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello
 statuto  speciale  -  l'art.  11 della legge approvata dall'Assemblea
 regionale siciliana l'11 giugno 1997, recante "Criteri per le  nomine
 e  designazioni di competenza regionale di cui all'art. 1 della legge
 regionale 28 marzo  1995,  n.  22.  Funzionamento  della  Commissione
 paritetica  (articolo 43 dello Statuto siciliano). Prima applicazione
 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421.  Disposizioni  in  materia  di
 indennita'  e  permessi  negli  enti  locali.  Modifiche  alla  legge
 regionale 20 marzo 1951, n. 29".
   Il  Commissario  dello  Stato  censura  l'art.  11  -  di contenuto
 eterogeneo rispetto alle  altre  disposizioni  della  predetta  legge
 regionale  - osservando che il legislatore regionale, in virtu' della
 potesta' esclusiva riconosciutagli dallo statuto, ha  introdotto  "ex
 abrupto  una  prima asserita applicazione dei principi della legge n.
 421 del 1992, senza considerare che non sono ancora state emanate  le
 norme di raccordo necessarie per consentire un passaggio graduale dal
 vecchio al nuovo regime".
   Nel   ricorso   si  sottolinea  la  peculiarita'  della  disciplina
 siciliana del pubblico impiego, ed  in  particolare  della  dirigenza
 pubblica,   che   la   legge   impugnata   si  propone  di  riformare
 radicalmente. Al riguardo, si rileva che da un esame comparato  delle
 varie   figure   professionali   -   dell'ordinamento   regionale   e
 dell'amministrazione statale  -  "emerge  inequivocabilmente  che  le
 funzioni  svolte  dai  "dirigenti"  e  dai  "dirigenti superiori", ai
 sensi, rispettivamente, degli artt. 13 della legge regionale n. 7 del
 1971  e  9  della  legge  regionale  n.  41  del  1985,  non  possono
 considerarsi  dirigenziali,  essendo piuttosto riconducibili a quelle
 proprie dei funzionari amministrativi di  8  e  di  9  livello  dello
 Stato".  Richiamando  la  sentenza di questa Corte n. 12 del 1980, il
 ricorrente rileva inoltre - sempre con riferimento all'assetto  della
 dirigenza  che  la  denunciata disposizione si propone di riformare -
 che   anche   le   attribuzioni    dei    funzionari    di    vertice
 dell'amministrazione  regionale  e  i direttori preposti alle singole
 direzioni  regionali  istituite   presso   ogni   assessorato   "sono
 notevolmente  diverse  ed  inferiori  rispetto  a  quelle proprie dei
 dirigenti generali dell'amministrazione  statale,  i  quali  assumono
 anche la qualita' di organi esterni dell'amministrazione medesima".
   Tutto  cio'  premesso  sull'attuale  ordinamento degli uffici della
 Regione Siciliana, il Commissario dello Stato prospetta nei confronti
 della disciplina impugnata le seguenti censure.
   Dall'esame del denunciato art. 11 - si legge nel ricorso  -  emerge
 l'intento  del  legislatore  regionale di "effettuare ope legis e per
 relationem una generalizzata equiparazione dei propri dipendenti,  in
 atto con funzioni riconducibili a quelle della carriera direttiva, ai
 dirigenti   previsti   dalla  normativa  statale,  in  assenza  della
 prescritta  e  necessaria  selezione   con   criteri   obiettivi   di
 valutazione".  Qualora  dovesse  darsi  applicazione  alla previsione
 dell'art. 11 - si paventa nel ricorso - l'effetto  immediato  sarebbe
 quello di una proliferazione - seppure di carattere nominalistico, in
 mancanza  della  contestuale definizione dei compiti - dei dirigenti,
 il cui  numero  potrebbe  ulteriormente  aumentare  in  virtu'  della
 previsione  del  comma  2,  il quale, premesso che "ai dirigenti sono
 attribuite le funzioni di studio, programmazione e  controllo,  o  le
 funzioni  dirigenziali",  proibisce "la contemporanea assegnazione di
 piu' funzioni equiparate".
   Il legislatore  regionale,  osserva  il  ricorrente,  "in  evidente
 dissonanza  con  i  principi  della normativa statale di riferimento,
 scinde nell'ambito delle funzioni dirigenziali, che per  loro  natura
 non  possono  che  essere  un  unicum  composito,  quelle  di studio,
 programmazione e  controllo  da  quelle  propriamente  dirigenziali",
 consistenti  "nell'emanazione  ed  attuazione  degli  atti aventi per
 oggetto singoli provvedimenti, ivi inclusi quelli riguardanti impegni
 di somme" (art. 11, comma 1). Aggiunge il Commissario dello Stato che
 "siffatta   artificiosa  distinzione  ...  dovrebbe  essere  posta  a
 fondamento della rideterminazione delle piante  organiche  (comma  3)
 causando   inevitabilmente  un  incremento,  se  non  addirittura  il
 raddoppio, del numero dei  dirigenti,  cosi'  vanificando  uno  degli
 obiettivi primari della legge n. 421 del 1992".
   Il  Commissario  dello  Stato  censura  la  stessa  distinzione tra
 funzioni dell'assessore regionale e funzioni dei dirigenti  delineata
 dal  comma  1  dell'art. 11 - secondo il quale "l'Assessore regionale
 esercita le sue  funzioni  di  capo  dell'Amministrazione  attraverso
 l'emanazione  di  atti  generali", mentre "l'emanazione ed attuazione
 degli atti aventi per  oggetto  singoli  provvedimenti,  ivi  inclusi
 quelli   riguardanti  impegni  di  somme,  compete  ai  dirigenti  in
 relazione alle funzioni ad essi attribuite" - ritenendola inidonea  a
 realizzare gli obiettivi fissati dal legislatore nazionale, in ordine
 alla  separazione  tra  i  compiti  di direzione politica e quelli di
 direzione amministrativa, all'art. 2, comma 1, lettera g)  numero  1,
 della legge n. 421 del 1992.
   La  disciplina  impugnata,  in  conclusione,  appare  al ricorrente
 intrinsecamente   contraddittoria   ed   irragionevole,   oltre   che
 gravemente pregiudizievole per il buon andamento dell'amministrazione
 regionale.
   2.  - In data 20 giugno 1997, il Presidente regionale ha promulgato
 parzialmente la legge impugnata (pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
 della  Regione  Siciliana del 21 giugno 1997, n. 30), con l'omissione
 dell'art. 11, censurato dal Commissario dello Stato  con  il  ricorso
 introduttivo del presente giudizio costituzionale.
   3.  -  Non si e' costituita nel presente giudizio costituzionale la
 Regione Sicilia.
   4. - In prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura generale dello Stato
 ha  depositato  -  per  il  Commissario  dello  Stato  della  Regione
 Siciliana  - una memoria per dedurre che, in se'guito all'intervenuta
 promulgazione parziale della legge impugnata, e' divenuta impossibile
 un'autonoma, successiva, promulgazione delle disposizioni  censurate,
 e  per  chiedere,  conseguentemente,  che  sia  dichiarata cessata la
 materia del contendere.
                         Considerato in diritto
   1. - Il  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana  ha
 sollevato  in via principale questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.    11  della  legge  approvata   dall'Assemblea   regionale
 siciliana   l'11  giugno  1997  recante  "Criteri  per  le  nomine  e
 designazioni di competenza regionale di cui all'art.  1  della  legge
 regionale  28  marzo  1995,  n.  22.  Funzionamento della Commissione
 paritetica (articolo 43 dello statuto siciliano). Prima  applicazione
 della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421. Disposizioni in materia di
 indennita'  e  permessi  negli  enti  locali.  Modifiche  alla  legge
 regionale  20  marzo 1951, n. 29", per contrasto con gli artt. 3 e 97
 della Costituzione, nonche' con l'art.  2, comma 1, lettera g), punti
 1 e 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421,  in  relazione  ai  limiti
 posti  dall'art.  14  dello  statuto  della  Regione  Siciliana  alla
 potesta' legislativa dell'Assemblea regionale siciliana.
   2. - Dopo l'instaurazione del presente giudizio costituzionale,  la
 legge  impugnata - come anticipato nelle premesse in fatto - e' stata
 promulgata come legge 20 giugno 1997, n. 19, con integrale  omissione
 dell'art. 11, censurato dal Commissario dello Stato.
   Indipendentemente  da  ogni  questione prospettabile in merito alla
 legittimita'  della  promulgazione  parziale  delle  leggi  regionali
 siciliane  in  pendenza del giudizio di costituzionalita' promosso in
 via principale dal Commissario dello Stato, con omissione delle parti
 oggetto di impugnazione, secondo la costante giurisprudenza di questa
 Corte (ex plurimis, sentenze n. 216 del 1998, nn. 306 e 205 del 1996,
 nn.  493, 395 e 64 del 1995) deve ritenersi cessata  la  materia  del
 contendere,   in   quanto   l'intervenuto   esaurimento   del  potere
 promulgativo, che si esercita  necessariamente  in  modo  unitario  e
 contestuale  rispetto  al  testo deliberato dall'Assemblea regionale,
 preclude definitivamente la possibilita' che  le  parti  della  legge
 impugnate  ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino
 una  qualsiasi  efficacia,  privando  di  oggetto  il   giudizio   di
 legittimita' costituzionale.
                            Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.
                       Il cancelliere: Fruscella
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