N. 634 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio - 11 agosto 1998

                                N. 634
 Ordinanza  emessa  il  14  gennaio   1998   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale   l'11   agosto  1998)  dal  tribunale  di  Monza  nel
 procedimento penale a carico di Arrighetti Ferdinando ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Esame di  coimputato  o  di  persona
    imputata  in  procedimento  connesso - Esercizio della facolta' di
    non rispondere - Lettura dei verbali contenenti  le  dichiarazioni
    rese  da  dette  persone  nel  corso  delle indagini preliminari -
    Preclusione per il giudice salvo l'accordo delle parti  -  Lesione
    del   "principio  di  conservazione  delle  prove"  -  Elencazione
    meramente numerica dei parametri costituzionali invocati.
 Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove -  Modifiche
    normative   -  Disciplina  transitoria  -  Inapplicabilita'  della
    disciplina previgente ai processi in cui sia stato gia' emesso  il
    decreto  che  dispone  il  giudizio alla data di entrata in vigore
    della novella - Lesione  del  "principio  di  conservazione  delle
    prove"    -   Elencazione   meramente   numerica   dei   parametri
    costituzionali invocati.
 (C.P.P. 1998, art. 513, commi 1 e 2, modificato dalla legge 7  agosto
    1997, n. 267, artt. 1 e 6).
 (Cost., artt. 3, 25, 101, 111 e 112).
(GU n.38 del 23-9-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Sentiti il p.m. e i difensori degli imputati;
   Letti gli atti dibattimentali finora acquisiti;
                             O s s e r v a
   Il  p.m.  aveva  indicato  nella  lista  ex  art. 468 c.p.p. alcune
 persone da escutere ai sensi dell'art. 210  c.p.p.  e,  citatele  nel
 presente  dibattimento,  intendeva  interrogarle  in  ordine ai fatti
 narrati nelle dichiarazioni da loro rese  nel  corso  delle  indagini
 preliminari,  ritenute rilevanti in ordine alla posizione processuale
 degli attuali imputati.
   Tali imputati di reati od in procedimenti  connessi,  pero',  hanno
 deciso  di  avvalersi  della facolta' di non rispondere e i difensori
 degli imputati qui giudicati  non  hanno  acconsentito  alla  lettura
 delle   dichiarazioni  da  costoro  rese  nel  corso  delle  indagini
 preliminari.
   Ci si riferisce, in particolare, alle dichiarazioni rese nel  corso
 delle  indagini  preliminari e poi non ripetute da Gerasolo Giuseppe,
 escusso ai sensi dell'art. 210 c.p.p., ed a quelle rese nella  stessa
 fase  dagli  attuali  imputati,  a  carico  di  coimputati, risultate
 inutilizzabili nei confronti di questi ultimi, stante la mancanza  di
 consenso  alla  loro  utilizzazione  da  parte  dei  difensori  degli
 accusati.
   Osserva, ora, il p.m. che la impossibilita' di acquisire agli  atti
 le  dichiarazioni  rese  da  costoro  priva  il  p.m.  stesso,  e  di
 conseguenza il giudice, di elementi  importanti  su  cui  fondare  la
 decisione   del  processo,  per  le  posizioni  di  taluni  imputati,
 specificamente raggiunti  da  accuse  originariamente  formulate  dai
 collaboranti,   e   comunque  di  tutti  gli  accusati,  giacche'  le
 ammissioni di taluni  collaboranti,  accusati  di  reati  connessi  a
 quelli sub iudice, dimostrerebbero la attendibilita' degli altri.
   Ritiene,   di   conseguenza,  la  incostituzionalita'  della  norma
 contenuta nell'art. 513, comma 1 e  2,  c.p.p.,  come  modificata  da
 ultimo  con  l'art. 1, legge n. 267/1997, per contrasto con gli artt.
 3, 25, 101, 111 e 112 della Costituzione.
   Osserva, di contro, la  difesa,  che  la  prova  deve  formarsi  in
 dibattimento,  in  contraddittorio  fra  le  parti, come riconosciuto
 anche dalla Convenzione  europea  sui  diritti  dell'uomo  e  chiede,
 percio'  la  reiezione  dell'eccezione  formulata  dal  p.m.,  pur se
 formalmente si rimette alla decisione del tribunale.
   Ritiene  il  collegio  che  non  possa  disattendersi  tout   court
 l'eccezione   proposta  dal  p.m.,  che  puo'  anche  integrarsi  con
 riferimento alla parte attinente  alla  disciplina  transitoria,  non
 prevedendo  l'art.    6,  legge n. 267/1997 che la vecchia disciplina
 continui ad aver vigore nei processi rispetto ai quali  il  p.m.  non
 aveva piu' la possibilita' di promuovere incidente probatorio.
   Gia'  diverse  aa.gg.  hanno  ritenuto  di dover investire la Corte
 costituzionale del problema innanzi evidenziato.
   Fra gli altri, si possono citare, ad esempio, i  provvedimenti  del
 tribunale  di  Milano - sezioni III e IV penale del 24 ottobre 1997 e
 di questo tribunale del 12 novembre 1997 e del 19 dicembre 1997.
   Nel presente processo, peraltro, va osservato che  da  un  lato  la
 mancata  acquisizione  delle  dichiarazioni  delle persone sentite ai
 sensi dell'art. 210 c.p.p., fa venir meno elementi  di  giudizio  che
 potrebbero permettere al collegio di farsi una idea piu' precisa (non
 importa,  in  questo  momento,  se  in  positivo o in negativo) circa
 l'attendibilita' delle  dichiarazioni  dei  principali  collaboranti,
 dall'altro,  poiche'  la  modifica  legislativa  e'  intervenuta dopo
 l'emissione del decreto ex art. 429 c.p.p.,  e'  stata  sottratta  al
 p.m.  la  possibilita'  di promuovere l'incidente probatorio e di far
 entrare  a  pieno  titolo  nel  fascicolo  per  il  dibattimento   le
 dichiarazioni  di  collaboranti  e  comunque di persone da sentire ai
 sensi dell'art. 210 c.p.p., o, almeno,  gli  e'  stata  sottratta  la
 possibilita'  di  valutazioni in ordine alla strategia processuale da
 seguire.
   Viene,  in  questo  modo,  eluso  il  principio,  fondamentale   in
 qualsiasi  ordinamento ed in particolare nel nostro, di conservazione
 delle prove, meritoriamente affermato dalla Corte costituzionale  con
 le  sentenze  n.  254/1992,  n.  255/1992  e  n. 179/1994, rimettendo
 all'arbitrio di un qualunque soggetto a conoscenza di un certo  fatto
 di manifestarlo e farlo, quindi, entrare nel processo, o di tacerlo e
 di  sottrarlo  alla  legittima  e  doverosa  conoscenza  del giudice,
 incaricato di accertare la verita' in quel certo processo.
   Cio' con la logica conseguenza che  l'arbitrio  di  un  singolo  si
 riverbera  a  vantaggio  o  svantaggio  del  cittadino  sottoposto al
 procedimento penale.
   Puo', alla stregua delle suesposte considerazioni, dubitarsi  della
 legittimita'  costituzionale dell'art. 513, comma 1 e 2, c.p.p., come
 modificato con l'art. 1,  legge  n.  267/1997,  nella  parte  in  cui
 subordina  all'accordo  delle  parti  la  lettura  dei  verbali delle
 dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dall'imputato
 di reato connesso o dall'imputato  nei  confronti  di  coimputati,  e
 dell'art.    6, legge n. 267/1997, nella parte in cui non prevede che
 nei processi in cui sia stato gia' emesso il decreto di cui  all'art.
 429  c.p.p.    alla  data  di  entrata in vigore della legge medesima
 continui  a  trovare  applicazione  la  disciplina  previgente,   che
 prescindeva dal consenso di cui innanzi.
   Cio'  con  riferimento a tutte le norme costituzionali indicate dal
 p.m.
   La questione appare rilevante nel presente processo, atteso che  le
 dichiarazioni  delle  persone  sentite  ai sensi dell'art. 210 c.p.p.
 attengono certamente ai  fatti  ed  alle  imputazioni  ascritti  agli
 imputati  qui  giudicati,  potendosi trarre da esse elementi utili ai
 fini del presente giudizio, come innanzi evidenziato.
   La rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  determina  ex
 lege la sospensione del giudizio in corso.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23, ss., legge n. 87/1953;
   Ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente infondata, in relazione
 agli artt. 3, 25, 101, 111 e 112 della Costituzione, la questione  di
 legittimta' costituzionale degli artt. 513, comma 1 e 2, c.p.p., come
 modificato  dall'art.  1,  legge  n.  267/1997,  nella  parte  in cui
 subordina all'accordo delle parti la lettura delle dichiarazioni rese
 nella  fase  delle  indagini  preliminari  dagli  imputati  che   nel
 dibattimento  si  avvalgano  della facolta' di non rispondere e dalle
 persone esaminate ai sensi dell'art. 210 c.p.p., e dell'art. 6, legge
 n.  267/1997,  nella  parte  in  cui  non  continua   a   prescindere
 dall'accordo   delle   parti   circa   la   lettura   delle  suddette
 dichiarazioni nei processi nei quali il decreto di cui  all'art.  429
 c.p.p.  sia  stato  emesso  prima  dell'entrata in vigore della legge
 medesima;
   Ordina:
     che a cura della cancelleria gli atti del presente processo siano
 trasmessi alla Corte costituzionale per la soluzione della  questione
 come sopra sollevata;
     che,  a  cura  della  cancelleria  il  presente provvedimento sia
 notificato al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicato
 ai sigg.  Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica;
   Sospende  il  presente  processo  fino   all'esito   del   giudizio
 incidentale di legittimita' costituzionale;
   Manda alla cancelleria per ogni altro adempimento di rito.
     Monza, addi' 14 gennaio 1998
                        Il presidente: De Lillo
                                           I giudici: Fontana - Dorigo
 98C1032