N. 697 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 1998

                                N. 697
 Ordinanza emessa il 26 febbraio 1998 e 26 marzo 1998 dalla commisione
 tributaria regionale per l'Emilia Romagna  sul  ricorso  proposto  da
 Vigilante Domenico contro l'Ufficio ii.dd. di Bologna
 Imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche  (I.R.PE.F.) - Redditi
    derivanti da  operazioni  speculative  -  Acquisto  e  vendita  di
    immobile  abitatativo  effettuati entro cinque anni (nella specie:
    per l'impossibilita' di adibire lo stesso ad abitazione personale,
    a   causa   delle   ripetute   proroghe   di   sfratto    ottenute
    dall'affittuario) - Presunzione assoluta circa il fine speculativo
    e   conseguente   tassazione   della  "plusvalenza"  conseguita  -
    Irragionevolezza  -  Violazione  del  principio  della  "capacita'
    contributiva"  -  Richiamo,  in  particolare,  alla sentenza della
    Corte costituzionale n. 131/1991.
 (D.P.R. 29 giugno 1973, n. 597, art. 76, terzo comma, n. 2).
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.40 del 7-10-1998 )
                  LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  sul  ricorso  in  appello  n.
 1083/1994, proposto dal sig. Vigilante  Domenico;
   Contro  il  1 ufficio imposte dirette di Bologna, non costituito in
 giudizio, per l'annullamento della decisione n. 800/7957,  emessa  in
 data  11  luglio 1988 dalla I sezione della Commissione tributaria di
 primo grado di Bologna, che ha  rigettato  il  ricorso  n.  701/1983,
 proposto dal ricorrente medesimo;
   Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
   Udito  alla  camera  di  consiglio del 26 febbraio 1998 il relatore
 designato dott. Raniero Dardari;
   Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
                               F a t t o
   Il ricorrente ha adito la Commissione tributaria di primo grado  di
 Bologna,  avverso  il silenzio rifiuto  dell'intendenza di finanza di
 Bologna alla quale aveva presentato  istanza  di  rimborso  d'imposta
 parziale Irpef L. 6.274.000 per il proprio reddito e per quello della
 moglie,  indicati  nei quadri L del modello 740/1981, (redditi 1980).
 ll reddito per il quale venne pagato il tributo era sorto in  seguito
 alla  vendita,  effettuata in data 4 novembre 1980 di un appartamento
 sito in Bologna, acquistato dallo stesso ricorrente  il  10  febbraio
 1977,  non  utilizzato  direttamente  e  pertanto  ritenuto, ai sensi
 dell'art.  76.3 punto 2) del d.P.R. n. 597/1973, reddito derivante da
 operazione speculativa, senza possibilita'  di  prova  contraria.  Il
 ricorrente  sollevava  anche questione di legittimita' costituzionale
 per pretesa violazione del cit. art. 76.3  punto  2)  del  d.P.R.  n.
 597/1973,  degli  artt.  3  e  53  della Costituzione. La Commissione
 tributaria di primo grado, richiamata la costante  giurisprudenza  in
 materia,  con  decisione  n.  800/7957  del  giorno  11  luglio  1988
 rigettava il ricorso. Avverso questa decisione il  ricorrente  si  e'
 appellato,  riproponendo  eccezione  di illegittimita' costituzionale
 dell'art. 76.3 punto 2 del d.P.R.  n. 597/1973 per  violazione  degli
 artt.  3  e  53  della  Costituzione  (anche  se  l'art.  53 e' stato
 erroneamente indicato nell'atto di appello come art. 35).
                             D i r i t t o
   Con il presente atto di appello il  ricorrente  chiede  la  riforma
 della  decisione  di  primo  grado,  previa  trasmissione  alla Corte
 costituzionale degli atti per illegittimita' dell'art. 76, d.P.R.  n.
 597/1973  terzo  comma,  punto  2,  per violazione degli artt. 3 e 53
 della Costituzione, vista la rilevanza e  la  pregiudizialita'  della
 suddetta questione ai fini del presente giudizio.
   Il  ricorrente,  infatti, acquistato l'immobile de quo occupato per
 abitarlo,  lo  aveva  poi  rivenduto  occupato  sempre  dallo  stesso
 inquilino,  prima  che  fossero  trascorsi  cinque  anni  dal  giorno
 dell'acquisto, vista l'impossibilita' di  abitarlo  per  le  proroghe
 ottenute dall'inquilino nella fase esecutiva dello sfratto.
   Non  vi  sarebbe  stato, pertanto, alcun intento speculativo, anche
 perche' la plusvalenza ricavata dalla vendita sarebbe  stata  causata
 solamente dall'inflazione.
   Il  piu'  volte richiamato art. 76 del d.P.R. n. 597/1973 (che, tra
 l'altro, non prevede nemmeno detrazioni che fungano da correttivo per
 il tasso di svalutazione, aumentando cosi' fittiziamente la capacita'
 contributiva del ricorrente), prevede invece, senza  ammettere  prova
 contraria,   che  la  plusvalenza  ricavata  dalla  rivendita  di  un
 appartamento, non utilizzato direttamente dal proprietario, prima che
 siano  trascorsi  cinque  anni  dall'acquisto   costituisca   reddito
 derivante  da  operazione  speculativa  e  pertanto tassabile ai fini
 Irpef.
   La Corte costituzionale, piu' volte investita  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  di  detta  disposizione (art. 76, terzo
 comma, punto 2  del  d.P.R.  n.  597/1973  ),  ha  sempre  dichiarato
 insussistente  il  contrasto con i parametri costituzionali indicati,
 perche'  il  potere  conferito  al  legislatore delegato comprende la
 possibilita' di regolare l'intera materia delle imposte  sul  reddito
 secondo  ampia  discrezionalita' e perche' la qualificazione del fine
 speculativo delle  plusvalenze  conseguite  mediante  operazioni  non
 rientranti  nei  redditi  d'impresa  trova  la  sua non irragionevole
 giustificazione nella realta' socio-economica  (Corte  costituzionale
 n. 298/1988 e n. 528/1989).
   Ma  con  la sentenza n. 131 del 18 marzo 1991 e con una motivazione
 che bene  illumina  l'attenzione  della  Corte  alla  massima  tutela
 possibile  dei  principi  scaturenti  dall'art. 3 della Costituzione,
 esaminando una questione sempre relativa all'art. 76 cit, per preteso
 contrasto con gli artt. 3 e 24  Cost.,  la  Corte  costituzionale  ha
 cosi'  statuito  "...  non  ha  senso denunciare quale violazione del
 diritto di difesa  l'esclusione  della  prova  diretta  a  dimostrare
 l'assenza, nel caso concreto, dell'intento speculativo. Tipizzazioni,
 qualiticazioni,  valutazioni  legali  come  quelle suindicate possono
 bensi'  essere  censurate  sotto  il  profilo   della   mancanza   di
 ragionevolezza,  contestandosi  che  esse  trovino  rispondenza nella
 situazione socio-economica in riferimento alla quale  sono  formulate
 ai fini perseguiti dalla legge, o che esse, o le misure sulla base di
 esse adottate, siano congrue rispetto a tali fini ...".
   Sotto  il  profilo  della  non ragionevolezza, pertanto, le censure
 sollevate  dal  contribuente  con  il  richiamo  all'art.   3   della
 Costituzione,  in  ordine  alla effettiva ricorrenza della situazione
 socio-economica e sull'incongruita' delle misure della legge rispetto
 ai fini della legge stessa, non appaiono manifestamente infondate.
   La realta' socio-economica, infatti, non rappresenta una situazione
 statica e pertanto oggettivamente valutabile ma, al  contrario,  essa
 e'  una  realta'  dinamica  e  mutevole  nel  tempo  e  nello spazio,
 influenzata da  molti  fattori  quali,  la  composizione  dei  nuclei
 familiari,  il  loro  reddito,  la  crescita o il calo demografico, i
 movimenti migratori, i tempi  tecnici  e  burocratici  necessari  per
 costruire  nuove  abitazioni,  i  tassi  di  interesse  dei mutui, la
 normativa sulle locazioni, ecc.; tutto cio'  provoca  sfasamenti  tra
 domanda  e offerta nel mercato immobiliare, diversi da luogo a luogo,
 che certamente possono anche innescare fenomeni speculativi.
   Se il fine della legge  e'  quello  di  colpire  con  lo  strumento
 fiscale  le  operazioni  speculative (non essendo ipotizzabile che si
 voglia colpire la speculazione immobiliare solo per  trarne  maggiori
 entrate  tributarie  poiche', in tal caso, sarebbe quantomeno violato
 l'art.  2 della Costituzione), appare evidente l'irrazionalita' della
 norma che ritiene, il semplice fluire di un  determinato  periodo  di
 tempo  (5 anni), unico criterio per individuare oggettivamente, senza
 ammettere prova contraria, una attivita' speculativa, omettendo cosi'
 di valutarne l'effettiva ricorrenza nella situazione  socio-economica
 di riferimento.
   Le  misure della legge appaiono poi incongrue e inadeguate rispetto
 anche ai fini  che  la  legge  stessa  intende  perseguire;  il  vero
 speculatore,  infatti,  e'  una  persona accorta con una approfondita
 conoscenza del mercato e della specifica normativa, anche  fiscale  e
 pertanto  sa  benissimo  che  la  norma in argomento nella pratica si
 elude, semplicemente formalizzando l'atto di vendita trascorsi cinque
 anni dall'acquisto.
   Pertanto,  quanto  disposto  dall'art. 76, terzo comma, n. 2 d.P.R.
 n. 597, difficilmente ha colpito attivita' speculative, ma ha  finito
 coll'incidere,  irrazionalmente e pesantemente, sui contribuenti meno
 smaliziati, costretti, loro malgrado, come nel caso del ricorrente, a
 rivendere l'appartamento che avevano acquistato per  abitare  ma  che
 non   avevano   poi   potuto   utilizzare  direttamente,  per  motivi
 indipendenti dalla loro volonta'.
   La mancanza di correttivi che tengano conto della  svalutazione  ha
 poi  snaturato  ratio  e  lettera  dell'art.  53  della Costituzione,
 ponendo a base  del  calcolo  progressivo  dell'Irpef,  nell'anno  di
 rivendita dell'immobile, un irrazionale maggiore base imponibile, che
 non tiene conto della effettiva situazione economica di riferimento.
   Per  le  suesposte  ragioni, il Collegio ritiene giustificato e non
 manifestamente infondato il dubbio sulla legittimita'  costituzionale
 dell'art.  76, terzo comma, punto 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
 597, per violazione degli  artt. 3 e 53 della Costituzione.
   La rilevanza e la pregiudizialita' della suddetta questione ai fini
 della definizione del presente giudizio, e'  gia'  stata  dimostrata,
 risultando peraltro, di assoluta evidenza.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 11;
   Ritenuta  la rilevanza e la pregiudizialita' della sopra illustrata
 questione di legittimita' costituzionale;
   Dichiara non manifestamente  infondata,  nel  giudizio  promosso  a
 seguito  del  ricorso  in  epigrafe,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  76,  terzo  comma,  n.  2,  del  d.P.R.  29
 settembre  1973,  n.    597 (Istituzione e disciplina dell'Irpef), in
 relazione agli artt.  3 e 53 della Costituzione;
   Mantiene sospeso il presente giudizio e si riserva  ogni  ulteriore
 pronuncia    all'esito    della    risoluzione    dell'incidente   di
 costituzionalita';
   Ordina che a cura della segreteria siano trasmessi alla cancelleria
 della Corte costituzionale gli atti relativi al ricorso, ai sensi del
 suddetto art. 23 della legge n. 87/1953, e che la presente  ordinanza
 sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
   Cosi'  deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 26 febbraio
 1998 e, in prosieguo, in quella del  26 marzo 1998.
                         Il presidente: Proto
                                                  Il relatore: Dardari
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