N. 850 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio - 9 novembre 1998
N. 850 Ordinanza emessa il 4 maggio 1998 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 novembre 1998) dalla commissione tributaria provinciale di Torino sul ricorso proposto da O. Facco Pubblicita' S.r.l. contro il comune di Torino Contenzioso tributario - Giudizio innanzi alle commissioni tributarie - Prova testimoniale - Divieto - Lesione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 4). (Cost., artt. 3, primo e secondo comma, e 24).(GU n.47 del 25-11-1998 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 9304/1996 depositato il 30 dicembre 1996, avverso accertamento n. 23529, Pubblicita', 95, contro il comune di Torino da O. Facco Pubblicita' - S.r.l., leg. rappres. dott. O. Facco Marcello, residente a Padova in str. Altichiero, 40, difeso da Bertero Roberto, residente a Torino in corso Galileo Ferraris, 135, e Godoli Maria Silvia, residente a Torino in corso Galileo Ferraris, 135; F a t t o La "O. Facco Pubblicita'" S.r.l. difesa dagli avv.ti Maria Silvia Godoli e Roberto Bertero ricorreva con atto spedito il 6 dicembre 1996 avverso avviso di accertamento n. 23529 notificato il 21 ottobre 1996 per imposta pubblicita' 1995 del comune di Torino. Il ricorrente chiedeva la sospensione dell'atto impugnato, concessa provvisoriamente dal presidente della sezione con decreto 14 luglio 1997. Sosteneva non essere dovuta la pubblicita' per il periodo 1 luglio 1995 e 31 dicembre 1995 in quanto l'insegna "Nissan", posizionata in corso Giulio Cesare, era stata smontata in data 13 gennaio 1995, e la relativa denuncia di cessazione presentata il 15 gennaio 1995 nel rispetto dei termini di cui all'art. 8, punto 3 u.c. d.lgs. n. 507/1993. Il comune di Torino si costituiva in termini ribadendo la legittimita' del proprio operato ed in particolare che da sopralluogo del nucleo di Polizia municipale tale insegna risultava sussistere in data 14 marzo 1995, chiedeva il rigetto del ricorso e la condanna alle spese di giudizio. Alla pubblica udienza del 29 settembre 1997 le parti ribadivano ed illustravano quanto agli atti. La commissione confermava la sospensione stante la sussistenza dei requisiti di legge e con ordinanza istruttoria chiedeva alle parti idonea documentazione comprovante la cessazione o permanenza in loco dell'insegna, il contratto stipulato con il condominio, copia dell'ordine di servizio agli agenti, con rinvio al 17 novembre 1997. A tale udienza il comune ribadiva le proprie determinazioni, mentre il contribuente chiedeva un rinvio atteso che solo in giornata aveva avuto ulteriori informazioni; il comune non si opponeva e la commissione rinviava all'udienza del 9 febbraio 1998. A tale udienza la "O. Facco Pubblicita'" consegna copia della dichiarazione della I.G.S. locataria del terrazzo condominiale su cui era posta la pannellatura di fondo dell'insegna, ulteriore documentazione e' richiesta al ricorrente con rinvio all'udienza del 4 maggio 1998. Sono tempestivamente depositate copie di fatture delle ditte occupatesi a vario titolo dello smontaggio dell'insegna. Il comune nell'ulteriore memoria depositata ed in udienza ribadisce che il 14 marzo 1995 l'ufficiale di Polizia urbana Badino con un collaboratore accertarono che a quella data sussisteva l'impianto pubblicitario de quo e pertanto il correlativo diritto dell'ente locale di richiedere il pagamento dell'imposta per l'intero anno 1995, nella fattispecie 2 semestre 1995 oltre sopratassa, ai sensi art. 23, d.lgs. n. 507/1993. Il ricorrente pur consegnando fatture e documenti non puo' dare prova testimoniale dello smontaggio del cartellone nel gennaio 1995 stante il divieto di cui al comma 4, art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Attesto che la questione verte su una mera questione di fatto e cioe' sulla permanenza o meno dell'insegna ad una certa data, che le fatture ed i documenti prodotti non sono sufficienti a dare data certa, stante il divieto legislativo di ricorrere a prove testimoniali per dimostrare quanto assunto nel ricorso, che ai fini della decisione occorre consentire prove testimoniali come richiesto dal ricorrente, e pertanto la norma sopra citata comma 4, art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e' applicabile al caso de quo, si solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3, commi 1 e 2 e art. 24 della Costituzione del comma 4, art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Mentre in altri procedimenti giurisdizionali (civile, penale) la parte puo' normalmente ricorrere a prove testimoniali, il divieto assoluto della norma di cui sopra risulta irragionevole, non sussistendo alcuna ragione di fatto e/o di diritto che giustifichi tale diversita' di previsione normativa a seconda del tipo di contenzioso instaurato, e comporta pertanto violazione del principio di uguaglianza. E' ben vero che secondo codesta Corte "Non esiste un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformita' di regole processuali tra i diversi tipi del processo; rispettivamente davanti alla giurisdizione amministrativa o davanti alle giurisdizioni speciali sopravvissute, potendo i rispettivi ordinamenti processuali differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina ed alle tradizioni storiche di ciascun procedimento ... "(Corte cost., 19 marzo 1996, n. 82). Ma nel processo tributario - come nel caso de quo - le questioni di fatto o di conoscenza di elementi materiali possono essere il necessario presupposto della sussistenza o meno della pretesa tributaria della p.a. Il suddetto divieto lede sia il principio di uguaglianza che il diritto alla difesa poiche' il diritto del contribuente ad esplicare appieno la propria attivita' difensiva e' limitato dall'impossibilita' giuridica di apportare elementi probatori quali testimonianze su questioni di fatto che possono invece essere rilevanti ai fini della controversia. Peraltro la norma di recente introduzione avrebbe dovuto recepire le istanze, costituzionalmente garantite, della difesa ad un processo equo senza limitazione alcuna dei propri diritti, compromessi e sminuiti invece dal divieto sunnominato che non consente al ricorrente di dare prova testimoniale di situazioni materiali. Mentre il legislatore avrebbe razionalmente potuto porre limitazioni o attribuire un diverso valore alla prova testimoniale rispetto ad altre prove, il divieto assoluto nelle fattispecie in cui ai fini della decisione occorra conoscere e/o accertare la sussistenza o meno di fatti e elementi materiali, risulta irrazionale, illogico, incoerente e discriminatorio. Risultando la norma (comma 4, art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) applicabile al ricorso in epigrafe, stante che la questione di legittimita' non e' manifestamente infondata in ordine al divieto indiscriminato ed assoluto di ammissibilita' delle prove testimoniali la Commissione.
P. Q. M. Ordina: la sospensione del processo; la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la notifica a cura della segreteria alle parti ("O. Facco Pubblicita'" S.r.l. e comune di Torino), al Presidente del Consiglio, al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato. Torino, addi' 4 maggio 1998 Il presidente: Cervetti Il relatore: Bolla 98C1290