N. 852 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 1998
N. 852 Ordinanza emessa il 2 ottobre 1998 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra amministrazione finanziaria dello Stato e Pazzini Palmira ed altre, n.q. Processo civile - Procedimento d'appello - Citazione e costituzione delle parti - Parte deceduta dopo l'udienza di discussione davanti al collegio di primo grado, senza che l'evento emergesse dalla sentenza o dalla sua notificazione rituale - Costituzione in giudizio degli eredi - Sanatoria ex tunc della nullita' della citazione d'appello avvenuta oltre i termini stabiliti - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa. (C.P.C., artt. 359, combinato disposto, 163, comma 2, n. 2, e 164, comma 2). (Cost., art. 24).(GU n.47 del 25-11-1998 )
LA CORTE D'APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 759/1996 degl affari contenzioni civili e vertente, tra l'amministrazione finanziaria dello Stato in persona del Ministro, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura dello Stato di Firenze, presso cui domicilia in via degli Arazzieri n. 4, appellante e Pazzini Palmira, Ghezzani Maria e Ghezzani Rosanna nella loro qualita' di eredi di Pazzini Emilio, elettivamente domiciliati in Firenze alla via Jacopo Nardi n. 2, presso e nello studio dell'avv. Antonio Ricci Armani che li rappresenta e difende unitamente all'avv. Valeriano Vasari del Foro di Pisa, appellati, all'udienza collegiale del 25 settembre 1998; La presente causa e' stata introdotta davanti al tribunale i Firenze, foro erariale, da Pazzini Emilio (difeso dall'avv. Antonio Ricci Armani) con citazione notificata il 1 febbraio 1984 per ottenere sentenza dichiarativa dell'acquisto per usucapione di un terreno in S. Giovanni alla Vena (foglio 25, part. 16 del N.C.E.U. comune di Vicopisano) proveniente dal patrimonio del P.N.F. La causa venne discussa e trattenuta in decisione dal collegio all'udienza 14 ottobre 1992. La sentenza - di accoglimento - fu pubblicata soltanto il 7 ottobre 1995. La sua notifica alla soccombente amministrazione delle finanze avvenne il 15 maggio 1996 "a richiesta come in atti". Il 10 ottobre 1996 l'amministrazione notifico' il suo appello "a Pazzini Emilio nel domicilio eletto per il giudizio c/o lo studio del procuratore avv. Antonio Ricci Armani in Firenze", secondo quanto risultava dalla sentenza notificata. Alla prima udienza 21 ottobre 1996 l'apellato non si costituiva. Solo in data 28 gennaio 1997 si costituivano in cancelleria quali eredi dell'appellato Pazzini Palmira, Ghezzani Maria Pia, Ghezzani Rosanna (a mezzo dell'avv. Antonio Ricci Armani) e deducevano: "In rito. Si eccepisce la inammissibilita' e, comunque, la nullita' dell'appello perche' proposto contro persona deceduta e non contro i di lei eredi e perche' notificato al domicilio eletto, non piu' operante, e non al domicilio reale dei convenuti. In data 28 agosto 1994 e' venuto a morte il sig. Pazzini Emilio ... quando la causa era gia', sin dall'udienza collegiale, in decisione ... la legittimazione passiva ... si e' trasferita agli eredi e di conseguenza il luogo per la notifica della impugnazione e' divenuto il loro domicilio reale. L'amministrazione finanziaria, controparte in questo processo, era ben a conoscenza sia dell'avvenuto decesso del Pazzini sia dei nomi e degli indirizzi degli eredi. Infatti essa ha notificato l'avviso di liquidazione della sentenza al Pazzini stesso al suo domicilio in S. Giovanni alla Vena (Pisa) ove la notifica fu ricevuta dalla sig.ra Pazzini Palmira qualificatasi come sorella erede. Per procedere alla tassazione della sentenza, l'amministrazione appellante ha poi preteso non solo che gli eredi presentassero denunzia ai fini Invim ma anche una dichiarazione di valore. La controparte quindi era stata portata a ufficiale conoscenza sia dell'evento interruttivo sia dei nomi cognomi e residenza degli eredi del Pazzini. Avrebbe dunque dovuto proporre l'appello nei loro confronti notificandolo al domicilio reale o, almeno, all'ultimo domicilio del defunto. Tra l'altro, ed a prescindere dal luogo della notifica, l'appello non avrebbe comunque potuto essere proposto contro persona che, ormai deceduta, aveva ovviamente perduto la qualita' di parte processuale. Al massimo, in considerazione che nella notifica della sentenza non venivano specificati i nomi degli eredi richiedenti (per altro, come sopra visto gia' noti alla controparte) la notifica era inidonea a far decorrere il termine breve. Non legittimava comunque mai la notifica alla parte deceduta. Da cio' deriva che la Costituzione potrebbe forse sanare la nullita', ma sicuramente con effetto ex nunc. Poiche' pero', i termini per l'impugnazione, sia quello breve che quello lungo, all'atto della costituzione erano ampiamente decorsi, la sentenza ha acquistato efficacia di cosa giudicata. L'appello dovra' quindi essere dichiarato nullo ed inammissibile la costituzione inidonea a sanare la nullita' per aver acquistato la sentenza efficacia di giudicato ...". Cio' posto, questo collegio rileva come il merito della impugnazione non possa essere esaminato senza prima risolvere la questione processuale sollevata dagli eredi di Pazzini Emilio. Rileva che la giurisprudenza consolidata esclude possa essersi maturato il termine breve per appellare (artt. 325 e 326 c.p.c.) perche' la notificazione ad opera del procuratore (l'avvocato Antonio Ricci Armani, ora difensore anche degli eredi) della parte morta (il 28 agosto 1994) dopo la pubblicazione della sentenza - o, come nel nostro caso, tra l'udienza di discussione davanti al collegio e la pubblicazione della sentenza - e' avvenuta (il 15 maggio 1996) senza che chiarisse che la notificazione era fatta in nome degli eredi (la dizione "a richiesta come in atti", anzi, lo escludeva, perche' la sentenza era pronunciata nei confronti del vittorioso Pazzi Emilio) o fornisse indicazioni tali da consentire alla controparte la proposizione dell'impugnazione nei loro confronti (v. la conclusiva Cass. s.u. 19 dicembre 1996, n. 11394, alla luce del cui insegnamento complessivo e' assunto il presente provvedimento). E' da sottolineare che in questo caso opera (ex art. 359 c.p.c.) il vecchio testo degli artt. 163 e 164 c.p.c., trattandosi di causa gia' pendente al 30 aprile 1995 (art. 98 d.-l. n. 432/1995 convertito nella legge n. 534/1995) sicche' non sarebbe stata possibile la salvezza degli effetti sostanziali e processuali per rinnovazione della citazione d'appello affetta da vizio attinente alla individuazione dei soggetti dell'impugnazione (diretta come e' verso il defunto Pazzini e non verso i suoi eredi); e la costituzione in giudizio degli appellati, avvenuta il 28 gennaio 1997 (ossia dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, e del periodo di sospensione annuale dei termini - art. 327 c.p.c. e legge n. 742/1969 -: 21 novembre 1996). Orbene, come suggerisce la citata sentenza n. 11394/1996, cio' fa pensare che la normativa processuale esaminata possa essere in contrasto coi principi costituzionali (art. 24 Cost.) perche' non consente rimedio all'errore incolpevole commesso dall'amministrazione finanziaria nel ritenere ancora in vita il Pazzini al momento della citazione d'appello. Anche ad ammettere che le richieste dell'ufficio del registro di Pisa in ordine agli oneri fiscali di pubblicazione della sentenza potessero davvero mettere in condizione il Ministero di conoscere la reale situazione per essere avvenuta (il 9 aprile 1996) la notifica dell'avviso di liquidazione nelle mani di Pazzini Palmira (qualificatasi "sorella erede" del destinatario Pazzini Emilio) - e se ne puo' ragionevolmente dubitare, visto che nessun contatto vi poteva essere coll'Avvocatura dello Stato costituita in giudizio -; anche in questo caso ci si dovrebbe domandare se sia o meno compatibile colle garanzie costituzionali del diritto di difesa il termine di salvezza scaduto (il 21 novembre 1996) ben prima di un anno e quarantacinque giorni da tale momento (vale a dire, prima del 24 maggio 1997). Ritiene pertanto il collegio di rimettere la questione al giudice delle leggi.
P. Q. M. La Corte, visto l'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87, solleva d'ufficio questione di legittimia' costituzionale del combinato disposto tra gli artt. 163, comma 2, e 164, comma 2, c.p.c. vecchio testo, e art. 359 c.p.c. per violazione del diritto di difesa nel processo garantito in ogni stato e grado del procedimento dall'art. 24 della Costituzione, in quanto non prevede che la costituzione in giudizio degli eredi determini la sanatoria ex tunc della citazione d'appello anche quando sia avvenuta oltre l'anno - ed il periodo feriale - dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, quando la parte originaria della controversia sia deceduta dopo l'udienza di discussione davanti al collegio di primo grado, senza che l'evento emergesse dalla sentenza o dalla sua notificazione rituale; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sospendendo il giudizio fino alla sua decisione; Ordina che la presente ordinanza sia a cura della cancelleria notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata dal cancelliere anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Firenze, addi' 2 ottobre 1998 Il presidente: Massetani 98C1292