N. 874 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 ottobre 1998
N. 874 Ordinanza emessa il 12 ottobre 1998 dal pretore di Ancona sezione distaccata di Fabriano nel procedimento penale a carico di Franceschetti Mario Reato in genere - Reato di appropriazione indebita - Procedibilita' di ufficio nel caso di ricorrenza dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 11 cod. pen. (abuso di prestazione d'opera) - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto per le altre situazioni che possono costituire aggravante. In subordine: Reato in genere - Reato di appropriazione indebita - Giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 cod. pen. (abuso di prestazione d'opera) ai fini della esclusione della procedibilita' di ufficio - Mancata previsione - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe. (C.P., art. 646, ultimo comma). (Cost., art. 3).(GU n.50 del 16-12-1998 )
IL VICE PRETORE Letti gli atti del procedimento penale r.g. n. 30041/1998, r.g.n.r. n. 402/1994 a carico di Franceschetti Mario, trasmessi a questo ufficio per un nuovo giudizio dopo la pronuncia della Corte di cassazione, sezione seconda penale, resa in camera di consiglio con sentenza n. 6498 con cui annullava con rinvio l'impugnata sentenza n. 39 del 17 febbraio 1997 del pretore di Fabriano, pronuncia la seguente ordinanza; Premesso: che il Franceschetti veniva tratto a giudizio per il reato di cui agli artt. 61 n. 11 e 646 ult. comma c.p., poiche', abusando della sua qualita' di collaboratore-rappresentante della ditta Nuovo Argento si appropriava del campionario in argento, costituito da sei portafoto, otto bomboniere e quattro articoli da regalo appartenente alla predetta Nuova Argento, alla quale ometteva di restituirlo all'interruzione del rapporto di collaborazione; che in data 1 gennaio 1996 veniva rimessa la querela con accettazione della stessa in data 9 luglio 1996 e che il pretore di Fabriano emetteva sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, ritenendo non applicarsi l'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 c.p.; che, a seguito di impugnazione del sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona, la Corte di cassazione riteneva fondato l'assunto del ricorrente con la conseguenza che il reato era procedibile d'ufficio ai sensi degli artt. 646 c.p. e 61 n. 11 c.p., e che quindi il pretore non avrebbe dovuto emettere l'impugnata sentenza di procedibilita' nei confronti dell'imputato in ordine al reato di appropriazione indebita semplice, cosi' erroneamente qualificato il fatto, essendo il reato estinto a seguito di remissione di querela; che tuttavia questo v. pretore, tanto premesso, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 646, ultimo comma c.p. o puramente e semplicemente ovvero, nel caso in cui la Corte costituzionale ritenga non fondato il dubbio di costituzionalita' cosi' come appena prospettato dell'art. 646, ultimo comma c.p., limitatamente all'omessa previsione del giudizio di equivalenza o prevalenza delle circostanze attenuanti rispetto all'aggravante di cui all'art. 61, n.11 c.p. ai fini di escludere la procedibilita' d'ufficio. In punto di rilevanza sul presente procedimento, va osservato che l'applicazione o meno della norma di cui sopra risulta decisiva, in quanto nel caso di totale abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 646 c.p., per incostituzionalita', al pretore, salvo il caso di assoluzione nel merito, che allo stato non risulta in alcun modo dagli atti e che comunque appartiene ad una fase successiva di decisione la quale presuppone l'aver risolto in un senso o nell'altro la prospettata questione, non rimarrebbe che dichiarare l'estinzione del reato. Nel caso di incostituzionalita' solo parziale, cosi' come subordinatamente prospettato, va osservato che la merce oggetto del contestato reato appare di valore modesto e d'altro canto l'imputato ha solo un lieve precedente, risalente al 1988, per emissione di assegni a vuoto (lire centomila di multa irrogate) e pertanto ben difficilmente potrebbe in ipotesi negarsi la concedibilita' delle circostanze attenuanti generiche con giudizio quantomeno di equivalenza sull'aggravante contestata. Venendo ora ad esaminare nello specifico le due distinte questioni di legittimita' costituzionale, va osservato in ordine alla prima che costituisce insegnamento piu' volte ribadito dalla stessa Corte che il legislatore, nel prevedere la perseguibilita' o meno a querela di una faffispecie di reato, svolge una valutazione che appartiene all'ambito che gli e' proprio e che pertanto non puo' formare oggetto di censura: in maniera non dissimile e' stato argomentato quando la perseguibilita' o meno e' legata alla sussistenza di un'aggravante, posto che numerose sono le ipotesi normativamente previste in cui la perseguibilita' d'ufficio e' collegata proprio alla sussistenza di un'aggravante. Tuttavia e' stato sempre sottolineato il limite a tale discrezionalita' del legislatore, che e' quello della ragionevolezza. Orbene, non appare in alcun modo ragionevole il privilegiare solamente il rapporto fiduciario a tutela del quale e' posto l'art. 61 n. 11 c.p., rispetto a tutte le altre situazioni che possono costituire aggravante e che non hanno lo stesso trattamento normativo. Ad esempio, il danno patrimoniale di rilevante entita' di cui all'art. 61 n. 7) puo' provocare un grave allarme sociale, quando le persone offese siano numerose o quando la persona offesa, benche' unica, rivesta una particolare qualita', tale che il danno nascente da reato possa ripercuotersi in una vasta sfera di soggetti (come nel caso che l'approprizione indebita, di rilevante entita', sia in danno di un istituto bancario). Ma anche per le altre aggravanti si potrebbero fare esempi di disvalore del fatto, i quali non meriterebbero in alcun modo di essere pretermessi rispetto all'aggravante di cui all'art. 61, n. 11 c.p.. Se poi si volesse porre l'accento sul particolare collegamento tra il tipo di reato e l'aggravante privilegiata (appropriazione indebita-rapporto fiduciario), va osservato che l'ambito dei casi concreti entro il quale puo' sempre ritenersi sussistente la predetta aggravante e' eccessivamente eterogeneo, di talche' il rapporto preso in esame dall'aggravante stessa ha una valenza del tutto generica ed inidonea a fondare il collegamento ipotizzato. In ogni caso, sarebbe razionale il prospettare una perseguibilita' d'ufficio quando la particolare debolezza della persona offesa dal reato farebbe logicamente presumere la possibilita' di pressioni in relazione alla proposizione o la remissione della querela, ma l'aggravante viene in rilievo anche se l'approfittamento del rapporto avviene per quel soggetto in posizione piu' debole. Si pensi ad un rapporto di lavoro di qualsiasi tipo e anche subordinato o di c.d. parasubordinazione (com'e' nella fattispecie in esame) in cui il reato sia commesso dal prestatore d'opera. Circa la seconda questione, avanzata in via subordinata, questo giudice prende le mosse dell'orientamento assolutamente dominante, secondo il quale, qualora la perseguibilita' o meno d'ufficio dipenda dalla sussistenza di un'aggravante, il giudice non puo' procedere al giudizio di prevalenza o equivalenza di eventuali circostanze attenuanti rispetto all'aggravante per escludere la procedibilita'. Anche in questo caso, come in quello sopra esaminato, abbiamo una circostanza che fa irragionevolmente aggio su altre, ma in questo caso non sulle altre aggravanti bensi sulle attenuanti che potrebbero essere oggetto del giudizio di comparizione. Non sembra decisiva, sotto quest'ultimo profilo, la considerazione che la condizione di procedibilita' attiene al rito, laddove il giudizio di comparizione tra le circostanze attiene alla valutazione del merito della fattispecie. Infatti, se la valutazione circa la sussistenza o meno dell'aggravante, rilevante ai fini della procedibilita', puo' appartenere a qualsiasi fase del procedimento penale (ed essere sicuramente oggetto di valutazione gia' da parte del p.m. che procede), non si vede perche' tale valutazione debbe essere preclusa in relazione alla comparizione delle circostanze, finalizzata a valutare se cio' abbia o meno incidenza sulla procedibilita' d'ufficio. D'altro canto, la circostanza del reato, per definizione, sussiste sempre se ed in quanto esiste il reato stesso, e va valutata in relazione ad esso, cosicche' non esiste mai una valutazione autonoma della circostanza in se' e per se' considerata. Di conseguenza, sarebbe artificioso il voler ipotizzare, strutturalmente, la necessita' di tale autonoma valutazione in riferimento alla sola questione di procedibilita'. Va osservato, in merito, che il legislatore stesso si e' preoccupato di escludere il giudizio di comparizione tra le circostanze proprio in relazione a cause dl estinzione del reato (cfr. art. 4, d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75) laddove questo e' stato il suo preciso intento. Mentre, per converso, e sempre in relazione ad una causa estintiva, la comparizione e' stata ammessa esplicitamente dall'art. 157, comma 3, c.p. Cio' significa che, dal punto di vista teorico, comparizione tra le circostanze e pronunce giurisdizionali a carattere preliminare, e non di merito, sono perfettamente compatibili. Pertanto, entrambe le questioni prospettate risultano attinenti ad una violazione dell'art. 3 Cost., costituendo la normativa denunciata, per le ragioni esposte, una violazione del principio dl ragionevolezza e di uguaglianza, configurando la necessita' di una sanzione penale rispetto ad ipotesi che ricevono un trattamento del tutto sproporzionato rispetto al livello di disvalore obiettivamente rinvenibile in esse nonche' comparabile con quello di altre fattispecie.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 646, ultimo comma c.p., per contrasto con l'art. 3 Cost.; In subordine, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 646 ultimo comma c.p., nella parte in cui esclude la possibilita' di comparare circostanze attenuanti con l'aggravante di cui all'art. 61, n. 11, c.p., per escludere la procedibilita' d'ufficio, per contrasto con l'art. 3 Cost; Sospende il procedimento ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti, al difensore dell'imputato, al p.m. ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere. Fabriano, addi' 12 dicembre 1998 Il v. pretore: (firma illeggibile) 98C1344