N. 398 SENTENZA 10 - 11 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Agricoltura  -  Regioni  Lombardia,  Veneto,  Friuli-Venezia  Giulia,
 Emilia-Romagna,  Liguria,  Molise,  province  autonome  di  Trento  e
 Bolzano e regione Trentino-Alto Adige - Quote latte  -  Disciplina  -
 Criteri  di  effettuazione  della  compensazione  nazionale  senza la
 preventiva acquisizione del parere delle  regioni  e  delle  province
 autonome  - Adozione di un piano di abbandono totale o parziale della
 produzione lattiera senza la preventiva acquisizione del parere delle
 regioni  e  delle  province  autonome  -  Attribuzione   all'A.I.M.A.
 anziche'  alle  regioni  e  alle  province  autonome  del  compito di
 provvedere alla riassegnazione  in  ambito  regionale  e  provinciale
 delle quote latte abbandonate - Criteri di riassegnazione delle quote
 -  Differimento dei termini previsto senza la preventiva acquisizione
 del parere delle regioni e delle province autonome - Violazione delle
 competenze regionali e provinciali in materia di programmazione e  di
 sviluppo   dell'agricoltura  -  Violazione  del  principio  di  leale
 collaborazione tra Stato e regione e tra Stato e province autonome  -
 Illegittimita'   costituzionale   -   Appartenenza   allo   Stato  la
 definizione legislativa dei tipi di contratto da ricomprendere  nella
 generica   formulazione   di   "cessione"  che  compare  nella  norma
 comunitaria  -  Esigenza  di  una   regolamentazione   uniforme   sul
 territorio nazionale - Non fondatezza - Inammissibilita' - Cessazione
 della materia del contendere.
 
 (Legge  23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 168; d.-l. 23 ottobre
 1996, n. 552, art. 3, quarto comma,  convertito,  con  modificazioni,
 dalla  legge 20 dicembre 1996, n. 642; d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552,
 art.  3,  commi  5  e   5-bis,   primo   periodo,   convertito,   con
 modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642; d.-l. 23 ottobre
 1996,  n.  552,  art. 3 comma 5-bis, secondo periodo, convertito, con
 modificazioni, dalla  legge  20  dicembre  1996,  n.  642;  legge  23
 dicembre  1996,  n.  662,  art. 2, comma 173, sostitutivo del comma 6
 dell'art. 10 della legge 26 novembre 1992, n. 468;  decreti-legge  16
 maggio  1996,  n.  260, 6 settembre 1996, n. 463, 23 ottobre 1996, n.
 542, e 23 ottobre 1996, n. 552; leggi 23 dicembre 1996,  n.  649,  20
 dicembre  1996,  n. 642, e 23 dicembre 1996, n. 662; art. 1 del d.-l.
 15 marzo 1996, n. 124; art. 1, del d.-l. 16 maggio 1996, n. 260; art.
 2 del d.-l. 8 luglio 1996, n. 353; art. 2 del d.-l. 6 settembre 1996,
 n. 463; art. 2 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552; legge  20  dicembre
 1996,  n.  642,  nella  parte  in  cui converte l'art. 2 del d.-l. 23
 ottobre 1996, n. 552; art. 2, commi 2 e 171, della legge 23  dicembre
 1996,  n.  662;  art.  2, comma 172, della legge 23 dicembre 1996, n.
 662; art. 3, commi 1 e 3, del d.-l. 8 luglio 1996, n.  353;  art.  3,
 commi 1 e 3, del d.-l. 6 settembre 1996, n. 463; art. 3, commi 1 e 3,
 del  d.-l.  23  ottobre  1996, n. 552, convertito, con modificazioni,
 dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642,  e  art.  1,  comma  5,  stessa
 legge;  art. 11 del d.-l. 8 agosto 1996, n. 440; art. 11 del d.-l. 23
 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla  legge  23
 dicembre  1996,  n.  649,  e  art. 1, comma 2, stessa legge; legge 23
 dicembre 1996, n. 662, art. 2, commi 169 e 170, nonche' commi  166  e
 167;  d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552, art. 3, comma 2, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642; d.-l.  8  luglio
 1996,  n.  353,  art. 3, commi 4 e 5; d.-l. 6 settembre 1996, n. 463,
 art. 3, commi 4 e 5; legge 20 dicembre 1996, n. 642, art. 1, comma 5;
 legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 174).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 5, 11, 18, 24, 41, 72, 77, 97, 113, 116, 117, 118
 e 136; statuto Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 2, 8 e 44;  statuto
 Trentino-Alto  Adige,  artt.  8,  n.  21,  16  e 52, quarto comma, in
 relazione agli artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto stesso; d.P.R.    1
 febbraio 1973, n. 49, art. 19).
 
(GU n.50 del 16-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dei decreti-legge 15 marzo
 1996,  n.  124,  e  16  maggio  1996,  n.  260 (Regime comunitario di
 produzione lattiera); degli artt. 2 e 3 dei  decreti-legge  8  luglio
 1996,  n.    353,  6  settembre 1996, n. 463, 23 ottobre 1996, n. 552
 (Interventi urgenti nei settori  agricoli  e  fermo  biologico  della
 pesca  per  il  1996)  e  dell'art. 1, commi 1, 3 e 5, della legge 23
 dicembre 1996, n. 642 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del
 d.-l.  23  ottobre  1996,  n. 552, concernente interventi urgenti nei
 settori  agricoli  e  fermo  biologico  della  pesca  per  il  1996);
 dell'art.  11  dei  decreti-legge 8 agosto 1996, n. 440, e 23 ottobre
 1996, n.  542  (Differimento  di  termini  previsti  da  disposizioni
 legislative  in materia di interventi in campo economico e sociale) e
 dell'art. 1, commi 1 e 2,  della  legge  23  dicembre  1996,  n.  649
 (Conversione  in legge, con modificazioni, del d.-l. 23 ottobre 1996,
 n. 542, recante differimento  di  termini  previsti  da  disposizioni
 legislative  in  materia di interventi in campo economico e sociale);
 dell'art. 2, commi 166, 167, 168, 169, 170,  171,  172,  173  e  174,
 della  legge  23  dicembre  1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
 della finanza pubblica), promossi con ricorsi della Regione Lombardia
 notificati il 15 aprile, il 15 giugno e il  31  luglio  1996,  il  20
 gennaio (n. 2 ricorsi) e 27 gennaio 1997, depositati il 22 aprile, il
 21  giugno  e  il  9 agosto 1996, il 29 gennaio e il 3 febbraio 1997,
 rispettivamente iscritti ai nn. 18, 27 e 32 del registro ricorsi 1996
 ed ai nn. 12, 14 e 20 del registro ricorsi 1997; della Regione Veneto
 notificati il 15 aprile, il 15 giugno, il 2 agosto, il 25  settembre,
 il 7 ottobre e il 21 novembre 1996, il 20 gennaio (n. 2 ricorsi) e 27
 gennaio  1997, depositati il 22 aprile, il 21 giugno, il 9 agosto, il
 2 e il 14 ottobre e il 27  novembre  1996,  il  29  gennaio  e  il  3
 febbraio  1997,  rispettivamente iscritti ai nn. 19, 28, 33, 38, 41 e
 47 del registro ricorsi 1996 ed ai nn.   13, 15  e  21  del  registro
 ricorsi  1997;  della  Regione  FriuliVenezia Giulia notificati il 14
 giugno, il 4 ottobre e il 21 novembre (n.   2 ricorsi)  1996,  il  18
 gennaio (n. 2 ricorsi) e il 24 gennaio 1997, depositati il 17 giugno,
 l'8  ottobre  e  il  25  novembre  1996,  il 24 e il 29 gennaio 1997,
 rispettivamente iscritti ai nn. 25, 40, 45 e 46 del registro  ricorsi
 1996  ed  ai  nn.  3, 4 ed 8 del registro ricorsi 1997; della Regione
 EmiliaRomagna  notificato  il  6  agosto  1996,  depositato   il   14
 successivo  ed  iscritto  al  n.  34 del registro ricorsi 1996; della
 Regione Lazio, notificato il  25  settembre  1996,  depositato  il  1
 ottobre  1996  ed  iscritto al n. 37 del registro ricorsi 1996; della
 Regione Basilicata, notificati il 23 settembre e il 21 novembre 1996,
 depositati il 2 ottobre e il 28 novembre 1996, iscritti ai nn.  39  e
 48  del  registro ricorsi 1996; della Regione Molise notificato il 15
 ottobre 1996, depositato il 23 successivo ed iscritto al n.   42  del
 registro  ricorsi  1996;  della  Regione  Liguria  notificato  il  22
 novembre 1996, depositato il 2 dicembre 1996 ed iscritto al  n.    49
 del  registro  ricorsi  1996;  della  provincia  autonoma  di Bolzano
 notificati il 20, il 22 ed il  27  gennaio  1997,  depositati  il  29
 successivo ed iscritti ai nn. 9, 10 e 11 del registro ricorsi 1997.
   Visti  gli  atti  di  costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella udienza  pubblica  del  10  novembre  1998  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Uditi  gli  avvocati  Massimo  Luciani  per  le  Regioni  Veneto  e
 Lombardia,  Renato  Fusco  per  la  Regione  Friuli-Venezia   Giulia,
 Salvatore  Di  Mattia  per  la  Regione  Emilia-Romagna, Roland Riz e
 Sergio  Panunzio  per  la  provincia  autonoma  di  Bolzano,  Achille
 Chiappetti  per  la  Regione  Lazio  e  l'Avvocato  dello Stato Oscar
 Fiumara per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con due distinti ricorsi, notificati  il  15  aprile  1996  e
 depositati   il  22  aprile  1996,  le  Regioni  Lombardia  e  Veneto
 sollevano, in riferimento agli artt. 3, 5, 11, 24, 41, 77, 113, 117 e
 118   della   Costituzione   numerose   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  nei confronti del d.-l. 15 marzo 1996, n. 124 (Regime
 comunitario  di  produzione  lattiera),  nel  suo  complesso  e   nei
 confronti delle disposizioni contenute nell'art. 1.
   Il  d.-l.  15  marzo  1996, n. 124, stabilisce che: a) l'Azienda di
 Stato per gli interventi nel mercato agricolo  (AIMA),  entro  il  31
 marzo  1996,  deve  provvedere  alla  pubblicazione  di bollettini di
 aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota latte  e
 dei  quantitativi  loro  spettanti  nel  periodo  di applicazione del
 regime comunitario delle quote latte 1995-1996 (art. 1, comma 1);  b)
 ai  fini della trattenuta e del versamento del prelievo supplementare
 per il 1995-1996, gli acquirenti  sono  tenuti  all'osservanza  delle
 risultanze  dei  predetti  bollettini di aggiornamento (art. 1, comma
 4); c) resta sospesa, sino al 31 marzo  1997,  l'efficacia  dell'art.
 2-bis  del  d.-l.  23  dicembre 1994, n. 727 (Norme per l'avvio degli
 interventi  programmati  in  agricoltura  e  per  il  rientro   della
 produzione  lattiera nella quota comunitaria), convertito dalla legge
 24 febbraio  1995,  n.  46,  che  ha  introdotto,  in  ogni  caso  di
 contenzioso e nelle more dell'accertamento definitivo delle posizioni
 individuali,  la  possibilita' di autocertificare la produzione (art.
 1, comma  2);  d)  l'eventuale  ricorso  in  opposizione  avverso  le
 determinazioni contenute nei bollettini deve pervenire all'AIMA entro
 il  termine  perentorio  di  quindici  giorni dalla pubblicazione dei
 bollettini stessi da parte delle Regioni; l'AIMA si deve  pronunciare
 su  tale  ricorso entro il termine di trenta giorni, decorsi i quali,
 senza che sia intervenuta alcuna pronuncia,  il  ricorso  si  intende
 respinto  a tutti gli effetti e contro il provvedimento cosi' formato
 e'  esperibile  il  ricorso   giurisdizionale   ovvero   il   ricorso
 straordinario   al  Capo  dello  Stato  (art.  1,  comma  3);  e)  la
 compensazione della produzione lattiera eccedentaria di cui  all'art.
 5  della  legge  26 novembre 1992, n. 468 (Misure urgenti nel settore
 lattiero-caseario), deve essere effettuata,  a  partire  dal  periodo
 1995-1996,  seguendo  specifici criteri di priorita' tra i produttori
 (art. 2, comma 1).
   Le Regioni ricorrenti,  premesso  che  la  normativa  incide  sulla
 materia   dell'agricoltura   e  quindi  sulle  competenze  regionali,
 deducono, innanzitutto, la illegittimita' costituzionale  dell'intero
 d.-l.  per  violazione  degli artt. 77, 117 e 118 della Costituzione,
 dal momento che il decreto stesso sarebbe privo del  requisito  della
 straordinaria necessita' ed urgenza.
   Le  ricorrenti eccepiscono poi la illegittimita' dell'art. 1, commi
 1 e 4, del decreto, per violazione degli artt.  11,  41,  117  e  118
 della  Costituzione, dal momento che esso introdurrebbe, sia pure per
 il solo periodo  1995-1996,  una  categoria  del  tutto  speciale  di
 bollettini,  i  cui effetti sul governo del settore lattiero-caseario
 sarebbero  devastanti  per  le  Regioni:  tali  bollettini,  infatti,
 avrebbero  valore  definitivo  e  sostitutivo di qualsiasi precedente
 determinazione, con riferimento ad una campagna  che,  in  base  alla
 normativa  comunitaria finalizzata a consentire una gestione corretta
 e  programmata  della  produzione  lattiera,  dovrebbe   considerarsi
 conclusa,  posto  che  essa ha ad oggetto il periodo 1 aprile 1995-31
 marzo 1996. La retroattivita' della disciplina comporterebbe anche la
 violazione dell'art. 41 della Costituzione: non a caso, del resto, in
 base  alla  normativa  previgente,  i  bollettini   dovevano   essere
 pubblicati  dall'AIMA  entro  il  31  gennaio  di  ciascun  anno, con
 l'indicazione dei quantitativi spettanti ai  singoli  produttori  nel
 periodo  avente  inizio  il  1  aprile  successivo.   Ad avviso delle
 ricorrenti, sarebbero violati  ancora  gli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione, dal momento che nessuna partecipazione delle Regioni e'
 prevista nella adozione dei nuovi bollettini.
   Le   Regioni   contestano   anche  la  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  1, comma 3, del d.-l. n. 124 del 1996, ritenendolo  lesivo
 degli  artt.  3, 24 e 113 della Costituzione, in relazione agli artt.
 117 e 118 della stessa Costituzione. Gli effetti pregiudizievoli  per
 i  produttori,  derivanti  dalla normativa impugnata, non potrebbero,
 infatti, non  ripercuotersi  anche  sull'esercizio  delle  competenze
 delle  Regioni in materia, dal momento che le stesse, gia' private di
 qualsiasi possibilita'  di  intervento,  sia  pure  solo  consultivo,
 sarebbero   poste   nell'impossibilita'   di   governare,  sul  piano
 programmatorio, un comparto della politica agraria,  percorso  da  un
 contenzioso capillare e diffuso.
   Da  ultimo,  le  Regioni  ricorrenti contestano la violazione degli
 artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, perche' il bollettino  di  cui
 all'art.  1 del d.-l. n. 124 rappresenterebbe uno strumento nuovo, in
 relazione  al  quale  il  Governo  avrebbe  dovuto   rinnovare,   con
 riferimento  al  procedimento  da seguire per la sua approvazione, la
 previsione della partecipazione  delle  Regioni,  quanto  meno  nella
 forma del parere.
   Una   censura   particolare  e'  posta,  poi,  dalla  sola  Regione
 Lombardia, la quale, sul  presupposto  che  la  disciplina  impugnata
 presupporrebbe  necessariamente  il richiamo alla normativa contenuta
 nell'art. 2, comma 1, del d.-l. n. 727  del  1994,  convertito  dalla
 legge n. 46 del 1995, anche se calata nel peculiare bollettino di cui
 all'art.  1 del d.-l. in esame, ritiene che di questa dovrebbe essere
 nuovamente  valutata  la  legittimita'  costituzionale in riferimento
 agli artt.  11, 5, 117 e 118 della Costituzione, in  quanto  verrebbe
 ad  essere attribuito un premio alle Regioni che hanno adottato piani
 di  produzione  lattiera  in  aumento,   nonostante   le   conosciute
 necessita' di riduzione.  Ma risulterebbero violati anche gli artt. 3
 e 41 della Costituzione, per la discriminatoria quanto ingiustificata
 penalizzazione degli operatori agricoli del settore lattiero-caseario
 della  Lombardia,  e  di  riflesso  della effettivita' della funzione
 legislativa e amministrativa regionale.
   2.1. - Con ricorso notificato il 14 giugno 1996 e depositato il  17
 giugno  1996,  la  Regione Friuli-Venezia Giulia solleva questione di
 legittimita' costituzionale nei confronti del d.-l. 16  maggio  1996,
 n.  260  (Regime  comunitario  di  produzione lattiera), che reitera,
 senza modificazioni, il  d.-l.  n.  124  del  1996,  non  convertito,
 chiedendone  la  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale per
 violazione degli artt. 3 e 77 della Costituzione  e  degli  artt.  4,
 numero 2, 8 e 44 del proprio statuto speciale.
   La  ricorrente  prospetta  innanzitutto  la violazione dell'art. 44
 dello statuto,  dal  momento  che  il  Governo  non  ha  invitato  il
 presidente  della  Giunta a partecipare alla seduta del Consiglio dei
 ministri nella quale il decreto e' stato adottato. La Regione deduce,
 poi, la violazione del principio di leale collaborazione, perche'  il
 Governo avrebbe adottato il decreto senza alcuna previa consultazione
 con le Regioni e con la Regione Friuli-Venezia Giulia in particolare.
   Lo  stesso  decreto sarebbe, altresi', illegittimo, ad avviso della
 ricorrente, perche' emanato in mancanza dei presupposti di necessita'
 ed  urgenza  che,  in  base  all'art.  77  della   Costituzione,   ne
 legittimano l'adozione, e perche' reitererebbe un precedente decreto.
   Quanto   al   contenuto   della  normativa  censurata,  la  Regione
 Friuli-Venezia Giulia eccepisce la illegittimita' dell'art. 1,  comma
 1,   del   decreto   impugnato,  per  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione, dal momento che la previsione della  pubblicazione,  ad
 opera dell'AIMA, dei nuovi bollettini entro il 31 marzo 1996, sarebbe
 illogica  e  irragionevole,  essendo,  alla  data  di  emanazione del
 decreto, gia' scaduto da tempo tale termine.
   Sotto altro profilo, la previsione sarebbe  incongrua,  poiche'  la
 stessa  impone  la  pubblicazione  di un bollettino in relazione alla
 annata 1995-1996, quindi a campagna lattiera gia' terminata.
   Anche l'art. 1, comma 3, del d.-l. sarebbe infine illegittimo,  dal
 momento  che  irragionevolmente  non  consentirebbe la impugnabilita'
 immediata  del  provvedimento   dell'AIMA   di   determinazione   dei
 quantitativi.
   2.2.  -  Avverso  il  d.-l. n. 260 del 1996 hanno proposto ricorso,
 notificato il 15 giugno 1996 e depositato il 21 giugno 1996, anche le
 Regioni Lombardia e Veneto, le quali, sottolineando come  il  Governo
 non   abbia   neanche  provveduto  alla  consultazione  del  Comitato
 permanente per le  politiche  agroalimentari  e  forestali,  comunque
 inidoneo  ad  assicurare  il  rispetto della partecipazione regionale
 alle scelte in materia di  quote  latte  imposto  dalla  sentenza  di
 questa Corte n. 520 del 1995, hanno prospettato le medesime questioni
 gia'  sollevate  in  riferimento  al  d.-l.  n.  124 del 1996 e hanno
 chiesto l'estensione della impugnativa sia alla eventuale  sanatoria,
 sia  all'eventuale  d.-l.  che dovesse reiterare quello impugnato, in
 caso di mancata conversione di questo, in base ai principi  enunciati
 ancora da questa Corte nella sentenza n. 84 del 1996.
   3.1.  -  Con  ricorsi,  notificati rispettivamente il 31 luglio e 2
 agosto 1996 e depositati il 9 agosto 1996,  le  Regioni  Lombardia  e
 Veneto   sollevano   questioni  di  legittimita'  costituzionale  nei
 confronti del d.-l. 8 luglio 1996, n.  353  (Interventi  urgenti  nei
 settori  agricoli  e fermo biologico della pesca per il 1996), che ha
 reiterato, apportando alcune innovazioni, il d.-l. n. 260  del  1996,
 non convertito.
   L'art.  2,  che riproduce l'art. 1 dei precedenti decreti, al comma
 1, prevede che nel procedimento di riduzione delle quote latte  venga
 acquisito   il  parere  del  Comitato  permanente  per  le  politiche
 agroalimentari e forestali. L'art. 3, al comma 2, introduce il  comma
 12-bis nell'art.  5 della legge n. 468 del 1992, il quale dispone che
 la  compensazione nazionale della produzione eccedentaria deve essere
 effettuata entro il 31 agosto  di  ciascun  anno,  sulla  base  delle
 dichiarazioni  che  gli acquirenti sono tenuti a trasmettere entro il
 15  maggio.  Il  comma  3  del  medesimo  articolo  stabilisce   che,
 limitatamente  al  periodo 1995-1996, gli acquirenti versano entro il
 30 settembre 1996 il prelievo supplementare sulla  base  di  appositi
 elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale. Ai
 commi  4  e  5,  l'art.  3  prevede  che  l'AIMA  adotti un programma
 volontario di abbandono totale o parziale della produzione  lattiera,
 previa  corresponsione  di una indennita' a ciascun produttore per la
 cessione delle quote latte di cui e' titolare, che confluiscono nella
 riserva nazionale, e che l'AIMA provveda  alla  riassegnazione  delle
 quote  ai  produttori  che  ne  facciano richiesta, ad un prezzo pari
 all'indennita' versata, in base ad alcuni criteri  di  priorita'  ivi
 espressamente indicati.
   L'art.  4,  infine,  dispone che per l'anno 1995 e' differito al 31
 dicembre il termine del 30 novembre stabilito nell'art. 10, comma  6,
 della  legge  26  novembre  1992, n. 468, per la cessione delle quote
 latte. L'affitto di quote latte,  previsto  dall'art.  10,  comma  2,
 della stessa legge, e' invece consentito esclusivamente per la durata
 di un intero periodo lattiero e puo' essere rinnovato solo due volte.
   Le    ricorrenti   chiedono,   innanzitutto,   l'estensione   della
 impugnativa sia alla eventuale sanatoria, sia all'eventuale d.-l. che
 dovesse reiterare quello impugnato.
    Nel merito, le ricorrenti, oltre a proporre  le  medesime  censure
 gia' sollevate nei confronti dei decreti non convertiti, rilevano che
 il  parere  introdotto  dall'art.  2,  comma  1, non sarebbe idoneo a
 realizzare il  principio  di  leale  collaborazione  in  materia.  Si
 tratterebbe, infatti, di una previsione, oltre che tardiva, in quanto
 il  nuovo  bollettino e' stato gia' pubblicato, del tutto inidonea ad
 assicurare il rispetto delle competenze regionali.
   Oggetto di una nuova censura e', invece,  la  disposizione  di  cui
 all'art.  3,  comma  3,  del  d.-l. n. 353. A giudizio di entrambe le
 ricorrenti,  la  sovrapposizione  di  un  livello  di   compensazione
 nazionale   a  quello  provinciale  gestito  dalle  associazioni  dei
 produttori di latte (APL), aggraverebbe i guasti gia' prodotti  dalle
 quote  e  dai loro meccanismi applicativi a seguito della legge n. 46
 del 1995, di conversione del d.-l. n. 727 del 1994.    Le  ricorrenti
 censurano,   infine,   adducendo   le   medesime  argomentazioni,  la
 disposizione  dell'art.  3,  comma  5,  perche'   consentirebbe   una
 riassegnazione  di  quote sulla base di priorita' penalizzanti per le
 Regioni  Lombardia e Veneto e per i loro produttori.  3.2. - Anche la
 Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il  6  agosto  1996  e
 depositato  il  14  agosto  1996, impugna il d.-l.   n. 353 del 1996,
 censurando, in particolare, le disposizioni  di  cui  agli  artt.  2,
 commi  1  e 4 (disciplina dei bollettini AIMA e relativi ricorsi), 3,
 comma 1 (fissazione dei criteri da adottare nella compensazione della
 produzione eccedentaria, con conferma, relativamente agli adempimenti
 concernenti il periodo 1995-1996, della perequazione delle consegne a
 livello di associazioni di produttori), e 3, commi 4 e  5  (programma
 per  l'abbandono  della produzione lattiero-casearia), per violazione
 degli artt. 11,  41,  117  e  118  della  Costituzione,  nonche'  del
 principio   di   leale  collaborazione,  precisando  che  la  propria
 impugnazione dovra' ritenersi estesa alla legge di conversione  o  al
 decreto  che eventualmente dovesse reiterare quello impugnato in caso
 di mancata conversione dello stesso.  La ricorrente deduce  in  primo
 luogo   la  compressione  delle  funzioni  regionali  in  materia  di
 agricoltura  e,  in  particolare,  la  vanificazione  del  ruolo   di
 vigilanza  attribuito  alle Regioni nella esecuzione del programma di
 rientro  delle   eccedenze   lattiero-casearie   e   di   quello   di
 rappresentazione  degli interessi della produzione coincidente con il
 territorio regionale. Dalla applicazione dei criteri in base ai quali
 deve essere effettuata la compensazione, ferma restando la  procedura
 di   compensazione   a   livello   di   associazioni  di  produttori,
 deriverebbero, poi, per i produttori delle Regioni padane,  ulteriori
 svantaggi,  in  quanto  verrebbe accollato loro un onere che dovrebbe
 invece  essere  piu'  equamente  ripartito  su  base  nazionale.   Il
 mantenimento  della  compensazione  a  livello  di  associazioni  dei
 produttori  contrasterebbe  con  il  regolamento   comunitario   che,
 consentendo la compensazione delle consegne a livello di acquirente o
 a  livello  nazionale,  escluderebbe  dalle  funzioni attribuite alle
 associazioni stesse l'intervento nella compensazione  delle  consegne
 del latte; da qui la violazione dell'art.  11 della Costituzione.  Le
 disposizioni dell'art. 3 del decreto-legge, concernenti gli incentivi
 all'abbandono della produzione lattiera, sarebbero poi illegittime in
 quanto  non  prevederebbero  alcuna  forma  di intervento regionale e
 quindi non consentirebbero di tenere conto, nel  momento  in  cui  si
 impongono sacrifici, delle scelte di politica economica e di aderenza
 alle  realta' locali in cui si sostanzia, ad avviso della ricorrente,
 l'esistenza stessa delle Regioni.
   4.1. - Con ricorso notificato il 25 settembre 1996 e depositato  il
 1  ottobre  1996,  la Regione Lazio solleva questione di legittimita'
 costituzionale nei confronti dell'art. 11 del d.-l. 8 agosto 1996, n.
 440 (Differimento di termini previsti da disposizioni legislative  in
 materia  di  interventi in campo economico e sociale), per violazione
 degli artt. 3, 5, 11, 97, 116,  117  e  118  della  Costituzione,  in
 relazione   agli  artt.  12  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400
 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
 del Consiglio dei ministri), 3 e 50 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
 (Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1 della legge 22 luglio
 1975, n. 382) e 3 della legge 8  giugno  1990,  n.  142  (Ordinamento
 delle  autonomie locali).   L'art. 11 del decreto impugnato, al comma
 1,  stabilisce  che   "Con   effetto   dal   periodo   1995-1996   di
 regolamentazione  della  produzione  lattiera,  cessa  l'applicazione
 della procedura di compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7,
 8  e  9, della legge 26 novembre 1992, n. 468, e gli adempimenti gia'
 svolti ai sensi delle predette disposizioni non  hanno  effetto".  Il
 comma  2  dispone  che  i  versamenti  e  le restituzioni delle somme
 trattenute dagli  acquirenti  a  titolo  di  prelievo  supplementare,
 previsti  dalla  legge  26  novembre  1992, n. 468, sono effettuati a
 seguito dell'espletamento delle procedure di compensazione  nazionale
 da  parte dell'AIMA e che sulle somme residue spettanti ai produttori
 sono dovuti gli interessi calcolati al  tasso  legale.  Il  comma  3,
 infine,  si  riferisce  agli  acquirenti  che  hanno gia' disposto la
 restituzione delle somme ai produttori, ai sensi dell'art.  5,  comma
 8, della legge n. 468 del 1992, prevedendo che gli stessi procedano a
 nuove  trattenute nei confronti dei produttori interessati, in misura
 pari all'ammontare delle somme restituite e che,  ove  cio'  non  sia
 possibile,  si  applichino  le  disposizioni  di cui all'art. 7 della
 stessa legge n. 468.  La ricorrente, pur dando atto che nei confronti
 dell'Italia era stata avviata una procedura comunitaria di infrazione
 a causa del mantenimento del sistema di compensazione  a  livello  di
 associazioni  di  produttori,  sostiene che lo Stato italiano avrebbe
 potuto contrastare nelle sedi opportune la procedura avviata nei suoi
 confronti  anziche'  eliminare  quel  livello  di  compensazione.  Le
 disposizioni   impugnate   sarebbero,  quindi,  illegittime  sia  per
 violazione del principio di leale  collaborazione,  perche'  adottate
 senza  alcun coinvolgimento delle Regioni singolarmente interessate o
 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le  Regioni
 e  le  Province  autonome,  sia  perche'  la compensazione effettuata
 dall'AIMA a livello nazionale penalizzerebbe illogicamente le Regioni
 piu' meritevoli - che nell'esercizio delle  loro  attribuzioni  hanno
 svolto  programmi  di  razionalizzazione  e di ristrutturazione delle
 aziende del settore - ripartendo con esse, e  con  i  produttori  che
 operano  sul loro territorio, il surplus causato da altre Regioni. La
 scelta del Governo italiano, peraltro, non rispetterebbe  neanche  la
 normativa comunitaria, la quale avrebbe sempre ritenuto preferenziale
 la  valorizzazione  della  dimensione regionale come unita' operativa
 degli interventi dettati dallo Stato nello  specifico  settore.    La
 medesima  disciplina  sarebbe poi lesiva degli artt. 3, 97, 117 e 118
 della Costituzione, in quanto  la  sua  portata  retroattiva  sarebbe
 irrazionale,  perche'  danneggerebbe  le  posizioni  consolidate  dei
 produttori nella campagna 1995-1996, ormai conclusa, e vanificherebbe
 ad un tempo la programmazione regionale nel settore.  L'art. 3  della
 Costituzione  sarebbe  violato anche sotto il profilo dell'eccesso di
 potere legislativo, della irrazionalita' e della  incongruita'  delle
 disposizioni  impugnate  rispetto  ai  fini  perseguiti,  in  quanto,
 risalendo la violazione della normativa comunitaria al 1 marzo  1993,
 l'intervento sarebbe comunque tardivo.
   4.2.  -  Anche  la  Regione  Veneto,  con  ricorso notificato il 25
 settembre 1996 e depositato il 2 ottobre 1996, impugna l'art. 11  del
 d.-l.    n.  440 del 1996, deducendo, innanzitutto, la illegittimita'
 delle disposizioni contenute nel d.-l. per contrasto  con  l'art.  77
 della   Costituzione,  in  riferimento  agli  artt.  5,  117  e  118,
 difettando, nel caso, ad avviso della ricorrente,  i  requisti  della
 decretazione  d'urgenza.   Quanto al merito, la Regione rileva che la
 soppressione del livello provinciale di compensazione delle eccedenze
 lattiere, non sostituito  da  alcuna  partecipazione  delle  Regioni,
 lederebbe  le  competenze programmatorie delle Regioni stesse, mentre
 l'efficacia  interamente retroattiva determinerebbe la violazione non
 solo degli artt. 117 e 118, ma anche dell'art. 11 (sotto  il  profilo
 che   la   scansione   temporale   della   campagna   di   produzione
 lattiero-casearia e' stabilita da norme comunitarie) e  dell'art.  41
 della Costituzione (sotto il profilo che le posizioni individuali dei
 singoli  produttori sarebbero alterate retroattivamente, in contrasto
 anche con la normativa  comunitaria,  che,  viceversa,  richiede  una
 gestione corretta e programmata della produzione lattiera).
   4.3.  - Con ricorso notificato il 23 settembre 1996 e depositato il
 2 ottobre 1996, la Regione Basilicata censura a sua volta l'art.   11
 del   d.-l.  n.  440  del  1996,  eccependone,  in  primo  luogo,  la
 illegittimita'  per  violazione  degli  artt.  5,  117  e  118  della
 Costituzione,  in riferimento all'art. 12 della legge 23 agosto 1988,
 n. 400, in quanto lo stesso decreto e' stato  adottato  senza  alcuna
 preventiva  consultazione  della Conferenza Stato-Regioni.  Lo stesso
 articolo sarebbe poi illegittimo per violazione degli artt. 3,  18  e
 41  della  Costituzione,  dal  momento  che con efficacia retroattiva
 verrebbero messi irragionevolmente nel  nulla  gli  adempimenti  gia'
 svolti  in  base  alla  normativa previgente e perche' risulterebbero
 lese  sia  la  liberta'  di  iniziativa  economica  che   quella   di
 associazione;   quest'ultima   violata   dalla   soppressione   della
 compensazione per associazioni di produttori.
   4.4. - Con ricorso notificato il 15 ottobre 1996 e depositato il 23
 ottobre 1996,  la  Regione  Molise  contesta  la  legittimita'  della
 retroattiva  disciplina  introdotta dall'art. 11 del d.-l. n. 440 del
 1996, in relazione all'art. 77 della Costituzione, essendo dubbia  la
 sussistenza  dei  presupposti di necessita' e urgenza, e in relazione
 all'art. 41 della Costituzione, per il fatto  che  alcuni  produttori
 della   Regione   rischierebbero   di   dover   versare  un  prelievo
 supplementare,  mentre  la  minor  produzione  complessiva  regionale
 potrebbe  andare  a  favorire  altre  Regioni  che  globalmente hanno
 prodotto in  eccesso.    Ma,  secondo  la  ricorrente,  la  normativa
 impugnata  contrasterebbe  anche  con  gli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione, perche'  e'  stata  adottata  senza  alcuna  preventiva
 consultazione  delle  Regioni  e  senza l'acquisizione del necessario
 parere della Conferenza Stato-Regioni.   Illegittimo,  per  contrasto
 con  gli  artt.  3  e  97 della Costituzione sarebbe, poi, l'art. 11,
 comma 3, in quanto violerebbe i principi di buona  amministrazione  e
 di  ragionevolezza  riconoscere, da un lato, l'impossibilita' per gli
 acquirenti  di  operare  il  recupero  del  prelievo  restituito  nei
 confronti  di  taluni produttori e, dall'altro, imporre alle Regioni,
 ai sensi dell'art. 7 della legge  n.  468  del  1992,  di  recuperare
 coattivamente  somme non piu' in possesso degli acquirenti stessi per
 avere questi ottemperato a norme preesistenti.
   5.1. - Con ricorso notificato il 4 ottobre 1996  e  depositato  l'8
 ottobre  1996,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  solleva numerose
 questioni di legittimita' costituzionale nei confronti  del  d.-l.  6
 settembre  1996,  n.  463  (Interventi urgenti nei settori agricoli e
 fermo biologico della pesca per il 1996), adottato  a  seguito  della
 mancata conversione del precedente decreto n. 353 del 1996.  Il d.-l.
 n. 463 reitera le disposizioni del precedente decreto gia' oggetto di
 impugnazione   da   parte  di  alcune  Regioni,  introducendo  alcune
 modificazioni.  In particolare, l'art. 2, comma 1, prescrive  che  il
 parere  del  Comitato  permanente  delle  politiche  agroalimentari e
 forestali  abbia  ad  oggetto  i criteri per la riduzione delle quote
 individuali previsti dall'art. 2, comma 1,  della  legge  n.  46  del
 1995,  di  conversione  del d.-l. n. 727 del 1994; l'art. 2, comma 2,
 abroga l'art. 2-bis del d.-l. 23 dicembre 1994,  n.  727,  convertito
 dalla legge n. 46 del 1995, definitivamente e a decorrere dal periodo
 1995-1996 (in precedenza, della applicazione di tale disposizione era
 prevista solo la sospensione); l'art. 3, comma 1, non prevede piu' la
 compensazione  per  APL  e stabilisce che l'AIMA, per la gestione del
 meccanismo di compensazione nazionale, puo' avvalersi, attraverso  la
 stipulazione  di  apposita  convenzione, della collaborazione di enti
 pubblici  o  di  organismi  privati,  alla  stregua  di  criteri  ivi
 specificati;  l'art.  3, comma 2, introduce il comma 12-bis nell'art.
 5 della legge n.   468 del 1992,  il  quale  al  fine  di  consentire
 l'eventuale  restituzione  ai  produttori  di  somme trattenute dagli
 acquirenti, conferma in capo all'AIMA il potere di operare, entro  il
 31  luglio  di  ciascun  anno,  la compensazione nazionale sulla base
 delle dichiarazioni degli acquirenti stessi e dei dati relativi  alle
 situazioni  mensili  che  essi sono tenuti a trasmettere alle Regioni
 mensilmente   per    consentire    il    monitoraggio    del    latte
 commercializzato; l'art. 3, comma 3, ribadisce la disciplina speciale
 una  tantum  gia'  contenuta  nei  precedenti  decreti  e impone agli
 acquirenti di operare il versamento del prelievo supplementare  entro
 il  30  settembre  1996,  sulla  base  di elenchi redatti dall'AIMA a
 seguito di compensazione nazionale  operata  entro  il  25  settembre
 1996,  con riferimento ai bollettini di aggiornamento di cui all'art.
 2, comma 1.  La Regione Friuli-Venezia Giulia  deduce,  innanzitutto,
 la  illegittimita'  degli  artt.  2  e  3  del  d.-l.  impugnato  per
 violazione degli artt.  4, 8 e 44 dello statuto di autonomia, nonche'
 del principio di leale collaborazione, in quanto il  decreto  avrebbe
 dovuto  essere  adottato  previa  consultazione  delle  Regioni  e il
 presidente della Giunta avrebbe dovuto essere invitato a  partecipare
 alla  seduta  del  Consiglio  dei ministri. Ne' di tale consultazione
 potrebbe ritenersi idonea realizzazione  la  preventiva  acquisizione
 del  parere  del Comitato permanente delle politiche agroalimentari e
 forestali, previsto per la prima volta dal d.-l. 8  luglio  1996,  n.
 353,   in   relazione  ad  un'attivita'  che  avrebbe  dovuto  essere
 completata entro il 31 marzo 1996.    La  ricorrente  deduce  poi  la
 violazione   dell'art.  77  della  Costituzione,  in  relazione  alle
 competenze  regionali  in  materia,   sia   per   insussistenza   dei
 presupposti  di  straordinaria  necessita'  ed  urgenza,  sia  per il
 carattere reiterativo di precedenti decreti.  Quanto al merito  delle
 disposizioni  impugnate, la ricorrente, oltre a riproporre le censure
 gia'  svolte  in  relazione  alla  disciplina   dei   bollettini   di
 aggiornamento dell'AIMA, deduce la illegittimita' costituzionale, per
 violazione  delle  competenze  regionali  in materia di agricoltura e
 zootecnia e del principio di leale collaborazione,  dell'art.  3  del
 d.-l. n. 463 del 1996. In particolare, la indicazione del criterio di
 cui  alla  lettera  c)  per  l'abbandono  della  produzione  lattiera
 (priorita' per i produttori  ubicati  nelle  zone  svantaggiate)  non
 potrebbe  trovare  applicazione  nella Regione e si tradurrebbe in un
 ingiustificato vantaggio per altre  aree  geografiche.  Ma  anche  la
 previsione che la compensazione avvenga, retroattivamente, sulla base
 di  bollettini notoriamente pieni di errori, appare irragionevole, in
 considerazione della scansione temporale  ipotizzata,  che  non  puo'
 essere rispettata.  Quanto alle disposizioni relative ai programmi di
 abbandono, la ricorrente deduce la illegittimita' della previsione di
 una  riserva  nazionale,  introdotta senza alcuna consultazione delle
 Regioni, nonche' della  previsione  della  riattribuzione  in  ambito
 regionale  solo  del  cinquanta  per  cento  delle  quote  oggetto di
 abbandono,  e  cio'  tanto  piu'  in  quanto   i   criteri   per   la
 riassegnazione   avrebbero   dovuto   essere   stabiliti,  in  ambito
 regionale, dalle singole Regioni.
   5.2. - Anche la Regione Veneto, con ricorso notificato il 7 ottobre
 1996 e depositato  il  14  ottobre  1996,  contesta  la  legittimita'
 costituzionale degli artt. 2 e 3 del d.-l. n. 463 del 1996, deducendo
 innanzitutto   la   violazione  degli  artt.  77,  117  e  118  della
 Costituzione sia per  la  mancanza  dei  requisiti  di  necessita'  e
 urgenza, sia per l'incidenza su materie di competenza regionale senza
 alcuna  preventiva  consultazione  della  Conferenza Stato-Regioni, e
 comunque senza prevedere  tale  intervento  o  quello  delle  singole
 Regioni  nel procedimento per la riduzione delle quote latte.  Quanto
 al merito  delle  disposizioni  impugnate,  la  ricorrente  riproduce
 sostanzialmente le censure gia' proposte nei confronti dei precedenti
 decreti,  sottolineando  i  problemi  posti  dalla sovrapposizione di
 interventi normativi non adeguatamente coordinati.  Mentre,  infatti,
 l'art. 3, comma 1, sembrerebbe ipotizzare una compensazione nazionale
 meramente  eventuale,  il  d.-l.  n.  440  del  1996  dispone  che la
 compensazione debba avvenire unicamente a livello nazionale.
   6.1. - Con ricorso notificato il 21 novembre 1996 e  depositato  il
 25  novembre  1996,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  contesta la
 legittimita' costituzionale dell'art. 11 del d.-l. 23  ottobre  1996,
 n.  542 (Differimento di termini previsti da disposizioni legislative
 in materia di interventi  in  campo  economico  e  sociale),  che  ha
 reiterato  senza modificazioni le disposizioni contenute nell'art. 11
 del d.-l.   n. 440  del  1996.    La  Regione  Friuli  ripropone  nei
 confronti  del  d.-l.  n.  542  tutte  le  censure  gia' proposte nei
 confronti del decreto n. 440 del 1996,  sottolineando  la  violazione
 dell'art.  77  della Costituzione ad opera di un atto iterativo di un
 decreto non convertito, e quindi illegittimo secondo quanto  ritenuto
 da questa Corte nella sentenza n. 360 del 1996.
   6.2.  -  Il d.-l. n. 542 e' impugnato, con ricorso notificato il 21
 novembre 1996 e depositato il 28 novembre 1996, anche  dalla  Regione
 Basilicata,  la  quale,  peraltro,  si  limita a ripetere le medesime
 censure gia' sollevate nei confronti dell'art. 11 del d.-l. n. 440.
   6.3. - Con ricorso notificato il 22 novembre 1996 e depositato il 2
 dicembre 1996, la Regione Liguria solleva questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  11  del  d.-l.  6  settembre 1996, n. 542,
 deducendo la violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e
 del principio di leale cooperazione,  perche'  il  decreto  e'  stato
 adottato senza la preventiva acquisizione del parere della Conferenza
 Stato-Regioni.    L'art.  11 violerebbe poi gli artt. 117 e 118 della
 Costituzione, in relazione agli artt. 3 e 97,  dal  momento  che:  la
 disciplina   impugnata   comporterebbe  la  compressione  del  potere
 legislativo  e   di   programmazione   delle   Regioni;   l'efficacia
 retroattiva vanificherebbe, senza alcuna ragione giustificatrice, gli
 atti  gia'  adottati  dalle Regioni in materia e ne determinerebbe ex
 post  la  caducazione  degli  effetti;   la   stessa   procedura   di
 compensazione  nazionale irrazionalmente anteporrebbe, nei criteri di
 preferenza,  i produttori titolari di quota A e B ai produttori delle
 zone svantaggiate, di cui alla direttiva CEE 75/268.
   7.1. - Con ricorso notificato il 21 novembre 1996 e  depositato  il
 25  novembre  1996, la Regione Friuli-Venezia Giulia censura il d.-l.
 23 ottobre 1996, n. 552 (Interventi urgenti nei  settori  agricoli  e
 fermo  biologico  della pesca per il 1996), che reitera il precedente
 decreto n. 463, non convertito, proponendo le medesime questioni gia'
 sollevate nei confronti di quest'ultimo.
   7.2. - Anche la  Regione  Veneto,  con  ricorso  notificato  il  21
 novembre  1996  e  depositato  il  27  novembre  1996,  ripropone nei
 confronti del d.-l. n.  552  tutte  le  censure  gia'  sollevate  nei
 confronti  del decreto n. 463 del 1996, eccependo anche la violazione
 dell'art. 77 della Costituzione, in relazione agli artt. 117  e  118,
 alla  luce  di quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 360
 del 1996.
   8.1. - Con ricorso notificato il 18 gennaio 1997 e depositato il 24
 gennaio 1997, la Regione Friuli-Venezia Giulia solleva  questione  di
 legittimita'  costituzionale  nei  confronti  della legge 23 dicembre
 1996, n. 649, con la quale e' stato convertito, senza  modificazioni,
 l'art.  11  del  d.-l.  n.  542  del  1996.    La ricorrente, oltre a
 riproporre tutte le censure gia' avanzate nei confronti del d.-l.  n.
 542,   e,  in  particolare,  quanto  alla  sua  adozione,  quella  di
 violazione dell'art. 44 dello statuto di autonomia,  sottolinea  come
 la  illegittimita' dello stesso, derivante dalla violazione dell'art.
 77 della Costituzione, a causa della reiterazione  e  della  mancanza
 dei   presupposti   di  necessita'  e  urgenza  e  della  conseguente
 violazione delle norme costituzionali attributive di competenza  alla
 Regione,  si  estenda anche alla legge di conversione, secondo quanto
 affermato da questa Corte nella sentenza n. 29 del 1995.
   8.2. - Con ricorso notificato il 22 gennaio 1997 e depositato il 29
 gennaio 1997, la Provincia autonoma di Bolzano,  premesso  di  essere
 titolare   di  competenza  esclusiva  in  materia  di  agricoltura  e
 patrimonio zootecnico ai sensi dell'art. 8, numero 21, e dell'art. 16
 dello statuto di autonomia e del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279  (Norme
 di  attuazione  dello  statuto  speciale per la Regione Trentino-Alto
 Adige in materia di minime  proprieta'  culturali,  caccia  e  pesca,
 agricoltura e foreste), denuncia la violazione, da parte dell'art. 11
 del  d.-l.    n. 542 e della legge di conversione dello stesso, delle
 competenze  suddette,   nonche'   dei   principi   della   disciplina
 comunitaria  in  materia  di  compensazione  delle  quote  latte, del
 principio di leale  cooperazione  fra  Stato  e  Regioni  e  Province
 autonome,  e  degli  artt.  3,  11,  41 e 97 della Costituzione.   La
 disciplina impugnata, considerata congiuntamente a  quella  contenuta
 nel  d.-l.  n.  552  del  1996, infatti, eliminando il livello locale
 della compensazione, senza  inserire  alcuna  istanza  provinciale  o
 regionale,  non  consentirebbe  piu'  che le eccedenze dei produttori
 possano trovare aggiustamento in ambito  provinciale,  attraverso  la
 utilizzazione   di  produzioni  sottoquota  di  altri  produttori,  e
 renderebbe cosi'  impossibile  l'efficace  esercizio  dei  poteri  di
 programmazione,  di governo e di controllo del settore spettanti alla
 Provincia  ricorrente.      Le   disposizioni   impugnate,   inoltre,
 violerebbero  anche la disciplina comunitaria, la quale richiederebbe
 che la compensazione sia effettuata, prima che a livello nazionale, a
 livello  locale.     La   illegittimita'   della   disciplina   della
 compensazione  risulterebbe  ancor  piu'  evidente,  ad  avviso della
 ricorrente, se si considera che, in base al coevo  d.-l.  n.  552,  i
 criteri   che   l'AIMA   deve   seguire   nella  effettuazione  della
 compensazione sarebbero stati stabiliti senza che la Provincia  abbia
 avuto in alcun modo la possibilita' di esprimersi, e che nella stessa
 procedura  di  compensazione  non  sarebbe  previsto alcun intervento
 delle Regioni o delle Province  interessate,  anche  se  titolari  di
 competenza   esclusiva.    Oltre  che  dei  principi  suindicati,  le
 disposizioni impugnate sarebbero lesive, ad  avviso  della  Provincia
 autonoma,  anche  del principio di irretroattivita' dei provvedimenti
 delle autorita' nazionali incidenti sulle imprese e del principio  di
 certezza  del  diritto.  La  pretesa  retroattivita' della disciplina
 impugnata contrasterebbe poi con la  normativa  comunitaria  in  base
 alla  quale  il  periodo  di produzione lattiero-casearia inizia il 1
 aprile e termina il 31 marzo dell'anno  successivo.    La  ricorrente
 prospetta  ancora  la  sussistenza di vizi formali:   innanzitutto la
 violazione dell'art. 52, quarto comma, dello statuto e dell'art.  19,
 secondo  comma,  del  d.P.R.  di attuazione n. 49 del 1 febbraio 1973
 (Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige:  organi  della  regione e delle province di Trento e Bolzano e
 funzioni regionali), in base ai  quali  il  presidente  della  Giunta
 provinciale  interviene alle sedute del Consiglio dei ministri quando
 si trattano questioni che riguardano la Provincia. In  secondo  luogo
 la  ricorrente  deduce  la  violazione  delle  proprie  competenze in
 relazione all'art. 77 della Costituzione, dal momento  che  il  d.-l.
 n.  542 e' stato adottato in mancanza dei presupposti di necessita' e
 urgenza e dal momento che esso reitera illegittimamente il precedente
 d.-l. n. 440.
   8.3. - Con due distinti ricorsi, di analogo  contenuto,  notificati
 il  20  gennaio  1997  e  depositati  il  29 gennaio 1997, le Regioni
 Lombardia  e  Veneto   chiedono   anch'esse   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale della legge n. 649 del 1996, sia nella
 parte in cui converte l'art.  11 del d.-l. n. 542, sia nella parte in
 cui fa salvi gli effetti e gli atti prodotti sulla base del d.-l.  n.
 440, non convertito.  Le ricorrenti ribadiscono le censure gia' fatte
 valere nei confronti del d.-l. n. 542, lamentando la violazione degli
 artt.  3, 5, 11, 41, 77, 117 e 118 della Costituzione ad opera di una
 disciplina adottata con un  d.-l.  reiterato  e  che,  con  efficacia
 totalmente  retroattiva,  incide  su  una campagna gia' conclusa.  Le
 Regioni rilevano poi l'anomalia costituita dal  fatto  che,  dopo  la
 conversione del d.-l. n. 542 e' stata promulgata la legge 23 dicembre
 1996,  n.  662, la quale, all'art. 2, commi 166, 167 e 169, riproduce
 testualmente le  disposizioni  dell'art.  11  del  d.-l.  n.  542,  e
 all'art.    2,  comma  172,  prevede  la salvezza degli effetti dello
 stesso d.-l.  n. 542, oltre che del d.-l. n. 440, ancorche' il  d.-l.
 n.  542  sia stato convertito dalla legge n. 649 del 1996. Ed ancora,
 le ricorrenti rappresentano che con il d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669
 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e  contabile
 a  completamento  della  manovra di finanza pubblica per il 1997), e'
 stata disposta la soppressione dell'art. 2, comma 172, della legge n.
 662 del 1996.  Tale soppressione, se da un  lato  potrebbe  ritenersi
 anche giustificabile, dal momento che elimina la clausola di salvezza
 degli  effetti  di  un  decreto  convertito,  dall'altro  apparirebbe
 sintomatica  della  confusione  determinata  dalla  legislazione  per
 decreti-legge  e censurabile in quanto il Governo sarebbe intervenuto
 con un d.-l. sulla scelta parlamentare di salvare o meno gli  effetti
 di precedenti e diversi decreti-legge.
   9.1. - Con ricorso notificato il 18 gennaio 1997 e depositato il 24
 gennaio  1997,  la Regione Friuli-Venezia Giulia solleva questione di
 legittimita' costituzionale della legge 20 dicembre 1996, n. 642,  di
 conversione,  con  modificazioni,  del  d.-l.  n.  552 del 1996.   Le
 modificazioni, per quel che qui rileva, concernono unicamente  l'art.
 3. In particolare, nel comma 4 si precisa che il programma volontario
 di  abbandono  totale  o  parziale  della  produzione  lattiera,  ivi
 previsto, deve essere adottato dall'AIMA  a  partire  dal  1  gennaio
 1997. Nel comma 5 si dispone che la riassegnazione delle quote di cui
 al comma 4 (cioe' delle quote abbandonate) e' effettuata dall'AIMA in
 modo   tale   da  assicurare  che  i  quantitativi  siano  totalmente
 riattribuiti nella Regione o nella Provincia autonoma di provenienza,
 e si prevede, alla lettera c-bis), un nuovo criterio in base al quale
 deve avvenire la riassegnazione. Viene poi introdotto un comma  5-bis
 del  seguente  tenore:  "La  riassegnazione delle quote e' effettuata
 dall'AIMA nelle Regioni o  nelle  Province  autonome  di  provenienza
 prevedendo  un  periodo non inferiore a tre mesi per la presentazione
 delle domande. Ove in tali Regioni o Province  autonome  non  vengano
 presentate  domande  o  vengano  presentate  domande per un ammontare
 inferiore alle disponibilita', l'AIMA provvede ad attribuire le quote
 non assegnate su base nazionale".  La ricorrente, in via preliminare,
 rileva che l'art. 1 della legge impugnata, ai commi 2 e  5,  contiene
 una   clausola   di  salvezza  degli  effetti,  tra  gli  altri,  dei
 decreti-legge  nn.  260  e  463  del  1996,  oggetto   di   specifica
 impugnazione; la Regione chiede pertanto che le impugnazioni proposte
 avverso  i decreti non convertiti vengano estese alle disposizioni di
 sanatoria.  La Regione, quindi, sottolineando come gli artt.  2  e  3
 del  decreto n. 552 abbiano riprodotto disposizioni gia' contenute in
 precedenti decreti non convertiti, svolge anche con riferimento  alla
 legge n.  642 del 1996 censure analoghe a quelle gia' proposte contro
 la legge n. 649 dello stesso anno.
   9.2. - Con ricorso notificato il 20 gennaio 1997 e depositato il 29
 gennaio  1997  la  Provincia autonoma di Bolzano svolge, in relazione
 alla legge n. 642 e al decreto n. 552 del 1996,  censure  analoghe  a
 quelle  indirizzate  alla legge n. 649 dello stesso anno, quanto alle
 violazioni dell'art. 52 dello statuto di autonomia e  dell'art.    19
 delle  norme  di  attuazione di cui al d.P.R. n. 49 del 1973, nonche'
 dell'art. 77 della Costituzione direttamente incidente sulle  proprie
 competenze  esclusive  in materia di agricoltura e zootecnia.  Quanto
 al merito, la Provincia deduce la violazione, da parte dell'art.    2
 del  d.-l. n. 552, delle competenze provinciali di cui agli artt.  8,
 numero 21, e 16 dello statuto di autonomia e delle relative norme  di
 attuazione (d.P.R. n. 279 del 1974), la violazione degli artt.  3, 5,
 11  e  41  della  Costituzione, dei principi comunitari del legittimo
 affidamento,  della  certezza  del   diritto   e   della   necessaria
 irretroattivita'   degli  interventi  incidenti  sulle  imprese,  del
 principio di leale collaborazione tra  Stato  e  Regioni  e  Province
 autonome.    Tali  violazioni  discenderebbero, in primo luogo, dalla
 retroattivita' della disciplina  introdotta  dall'art.  2,  il  quale
 regola il procedimento di determinazione delle quote spettanti per il
 periodo  1995-1996  e il connesso regime delle impugnative.  Per quel
 che  piu' specificamente riguarda l'art. 2, commi 1 e 4, la Provincia
 ne contesta  la  legittimita'  in  relazione  ai  medesimi  parametri
 statutari  e  agli  artt. 5 e 116 della Costituzione. I bollettini di
 cui al comma 1 sarebbero poi provvedimenti individuali che, incidendo
 sul  governo  del  settore  agricolo  di  competenza  provinciale  ed
 involgendo   valutazioni   spettanti  agli  organi  provinciali,  non
 potrebbero  non  conformarsi  al  rispetto  del  principio  di  leale
 cooperazione.  Quanto all'art. 2, comma 3, la Provincia ricorrente ne
 deduce  la illegittimita' per violazione delle competenze statutarie,
 nonche' degli artt. 3, 24 e 113 della  Costituzione.  Il  regime  dei
 ricorsi  in  esso  previsto, infatti, sarebbe irrazionale, vessatorio
 per  i  produttori,  e  aggraverebbe  la  lesione  delle   competenze
 provinciali.    Le  disposizioni dell'art. 3, a loro volta, sarebbero
 illegittime, oltre che per contrasto con  i  parametri  indicati  per
 l'art. 2, anche per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
 la  disciplina  della  compensazione nazionale posta dal d.-l. n. 552
 andrebbe coordinata con quella posta dall'art. 11 del coevo d.-l.  n.
 542   del   1996   e  ne  riprodurrebbe  la  illegittimita'.  Rilievi
 particolari la ricorrente muove alla disciplina dell'art. 3, comma 3,
 sotto il profilo  della  irrazionalita'  dei  termini  ivi  previsti,
 soprattutto se considerati congiuntamente alla disciplina dei ricorsi
 ex  art.  2,  comma  3:  la compensazione 1995-1996 e' definita al 25
 settembre  1996  e  gli  acquirenti  devono   versare   il   prelievo
 supplementare,  a  seguito  della  compensazione, entro il 31 gennaio
 1997; ma la compensazione non si puo' effettuare fino a che non siano
 stati  definiti  i  ricorsi  dei  produttori.    Ed  ancora,  oggetto
 specifico  di  censura  e' la disposizione relativa alla adozione dei
 piani di abbandono totale o parziale della produzione lattiera (comma
 4), della quale la ricorrente deduce la illegittimita' per violazione
 delle competenze statutarie in materia  di  agricoltura  e  zootecnia
 nonche'  del  principio  di  leale  cooperazione.  Il  rispetto delle
 competenze provinciali, infatti, avrebbe richiesto che  il  programma
 di abbandono venisse elaborato dalla Provincia autonoma, che le quote
 liberate  confluissero  in una riserva provinciale e potessero essere
 riassegnate esclusivamente a produttori  della  stessa  Provincia,  e
 che,  in ogni caso, il potere di riassegnazione fosse attribuito alla
 Provincia autonoma.
   9.3. - Con due ricorsi  di  analogo  contenuto,  notificati  il  20
 gennaio  1997 e depositati il 29 gennaio 1997, le Regioni Lombardia e
 Veneto  sollevano  questione  di  legittimita'   costituzionale   nei
 confronti  della  legge  20 dicembre 1996, n. 642, in quanto converte
 gli artt.  2 e 3 del d.-l. n. 552 del 1996 e in quanto fa  salvi  gli
 effetti  prodotti  dai decreti-legge 15 marzo 1996, n. 124, 16 maggio
 1996, n. 260, 8 luglio 1996, n. 353, e 6 settembre 1996, n. 463.   Le
 ricorrenti  eccepiscono  in  primo  luogo la violazione dell'art.  77
 della Costituzione e, suo  tramite,  degli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione,  con  argomentazioni  sostanzialmente analoghe a quelle
 svolte nei ricorsi avverso la legge n. 649 del 1996,  di  conversione
 del  d.-l.  n.  542.    Quanto  al  merito, le Regioni ribadiscono le
 censure  gia'  fatte  valere  nei  confronti  del   d.-l.   n.   552,
 sottolineando  che,  in  sede  di  conversione, lo stesso legislatore
 sembra avere  riconosciuto  il  carattere  regionale  delle  esigenze
 coinvolte  nella  materia  delle  quote  latte,  dal  momento  che ha
 previsto, modificando la originaria formulazione,  che  le  quote  da
 ridistribuire a seguito dell'esecuzione dei piani di abbandono, siano
 riassegnate  non  piu'  nella  misura del cinquanta per cento, ma per
 intero,  nella  Regione  o  nella  Provincia  autonoma   interessata.
 Inoltre,  le  ricorrenti  censurano anche il comma 5-bis dell'art. 3,
 introdotto in sede di conversione, in  quanto  illegittimamente  esso
 rimetterebbe alle discrezionali decisioni dell'AIMA la determinazione
 delle  quote  latte  assegnate alla Regione.  Le Regioni, come detto,
 contestano altresi' la legittimita'  costituzionale,  per  violazione
 degli  artt.  3,  5,  11,  24,  41,  77,  97,  113,  117  e 118 della
 Costituzione, delle disposizioni contenute nell'art. 1, commi 3 e  5,
 le  quali  fanno  salvi,  rispettivamente,  gli  effetti prodotti dai
 decreti-legge nn. 124 e 260 e gli effetti dei decreti nn. 353 e  463.
 Si tratterebbe, infatti, ad avviso delle ricorrenti, di decreti-legge
 radicalmente  illegittimi,  i cui effetti non potrebbero essere fatti
 salvi dalla legge di conversione di un altro decreto.  Da ultimo,  le
 ricorrenti  rilevano che, dopo l'entrata in vigore della legge n. 642
 del 1996, il legislatore, all'art. 2, comma 168, della legge  n.  662
 del  23  dicembre  1996, ha ripetuto, eliminando il primo periodo, il
 contenuto dell'art. 3, comma 1, del d.-l. n.   552, convertito  dalla
 citata  legge  n.  642.  Nella stessa legge, all'art.   2, comma 170,
 inoltre, e' stato riprodotto in parte, eliminando il riferimento alla
 compensazione nazionale da parte dell'AIMA, il comma  3  dell'art.  3
 del d.-l. n. 552, si e' prorogato al 31 gennaio 1997 il termine entro
 il  quale gli acquirenti devono effettuare il versamento del prelievo
 supplementare e si e' aggiunta la previsione della trasmissione  alle
 Regioni  e  alle  Province autonome degli elenchi redatti dall'AIMA a
 seguito della compensazione nazionale.  Lo stesso art. 2 della  legge
 n.  662, al comma 172, ha poi fatto salvi gli effetti, tra gli altri,
 proprio del decreto n. 552, convertito dalla legge n. 642. Su  questo
 punto  e  sulla successiva abrogazione, da parte del d.-l. n. 669 del
 1996, del comma 172 dell'art. 2 della legge  n.  662,  le  ricorrenti
 svolgono  argomentazioni  sovrapponibili  a quelle svolte nei ricorsi
 contro la legge n. 649, di conversione del d.-l. n. 542.
   10.1. - Con ricorso notificato il 27 gennaio 1997 e  depositato  il
 29  gennaio  1997, la Provincia autonoma di Bolzano solleva questione
 di legittimita'  costituzionale  nei  confronti  dell'art.  2,  commi
 166-174,   della   legge   23   dicembre  1996,  n.  662  (Misure  di
 razionalizzazione della finanza pubblica).  In particolare,  i  commi
 166,  167 e 169 riproducono testualmente i tre commi dell'art. 11 del
 d.-l. n. 542, convertito dalla legge n. 649 del 1996;  il  comma  168
 riproduce  una  parte  dell'art. 3 del d.-l. n. 552, convertito dalla
 legge n. 642 del 1996, e precisamente quella che aveva sostituito  il
 comma  12  dell'art.  5  della  legge n.   468 del 1992, stabilendo i
 criteri in base ai quali deve essere effettuata la compensazione;  il
 comma  170  riproduce  sostanzialmente una parte (il secondo periodo)
 dell'art.  3,  comma  3,  del  d.-l.  n.   552   e   cosi'   dispone:
 "Limitatamente  al  periodo  1995-1996,  gli  acquirenti  versano  il
 prelievo supplementare entro  il  31  gennaio  1997,  sulla  base  di
 appositi   elenchi   redatti   dall'AIMA  a  seguito  della  suddetta
 compensazione nazionale e trasmessi  alle  Regioni  e  alle  Province
 autonome"; il comma 171 riproduce testualmente il comma 2 dell'art. 2
 del  d.-l.    n. 552 del 1996, convertito dalla legge n. 642 del 1996
 (abrogazione dell'art. 2-bis del d.-l. n. 727  del  1994,  convertito
 dalla  legge  n.  46  del 1995); il comma 172 dispone che "Sono fatti
 salvi  gli  effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base
 dell'art. 1 dei decreti-legge 8 agosto 1996,  n.  440  e  23  ottobre
 1996, n. 542, e degli artt. 2 e 3 dei decreti-legge 6 settembre 1996,
 n.  463  e  23  ottobre 1996, n. 552" (i decreti-legge nn. 542 e 552,
 peraltro, come si e' visto, sono stati convertiti rispettivamente con
 legge 23 dicembre 1996 n. 649 e 20 dicembre 1996, n. 642);  il  comma
 173  sostituisce il comma 6 dell'art. 10 della legge n. 468 del 1992,
 stabilendo che "La vendita e l'affitto di  cui  al  comma  2  possono
 avvenire  esclusivamente  entro il 31 dicembre di ciascun anno e sono
 comunicati, utilizzando gli appositi moduli AIMA, entro dieci  giorni
 con  lettera raccomandata all'AIMA e alle Regioni e Province autonome
 di Trento e di Bolzano.  I predetti atti hanno  efficacia  a  partire
 dal  periodo successivo a quello in cui e' avvenuta la stipulazione",
 e prevedendo una disciplina derogatoria per le vendite e gli  affitti
 stipulati entro il 31 dicembre 1996; il comma 174, infine, stabilisce
 che  "A decorrere dal periodo 1996-1997 l'acquisto di una quota latte
 da parte di un produttore non comporta alcuna riduzione  delle  quote
 precedentemente  spettanti  al produttore medesimo".   La ricorrente,
 sul presupposto che  le  disposizioni  contenute  nei  commi  166-171
 dell'art.  2  della  legge n. 662 del 1996 rendono ormai evidente che
 l'unica compensazione  possibile  e'  quella  che  deve  svolgersi  a
 livello  nazionale, ne deduce la illegittimita' costituzionale per la
 totale mancanza di un qualsiasi coinvolgimento delle Regioni e  delle
 Province autonome nella procedura di effettuazione, e ripropone tutte
 le   censure   gia'  prospettate  in  relazione  alle  corrispondenti
 disposizioni  contenute  nei  decreti-legge  nn.   542   e   552,   e
 precisamente:    violazione  delle  competenze  di  cui agli artt. 8,
 numero 21, e 16 dello statuto di autonomia, violazione  dei  principi
 della  disciplina  comunitaria  delle  quote,  del principio di leale
 cooperazione, nonche' degli artt. 3, 11, 41 e 97 della  Costituzione.
 Quanto  al  comma  172,  la  Provincia autonoma, oltre a rilevarne la
 irrazionalita', sottolinea che lo stesso, proprio il giorno della sua
 entrata in vigore, e' stato "soppresso" dall'art. 10 del  d.-l.    n.
 669  del  1996; cio' potrebbe far sorgere perplessita' sulla utilita'
 della impugnazione ad esso rivolta; tuttavia,  nel  dubbio  circa  la
 conversione del d.-l. n. 669, la ricorrente sollecita la declaratoria
 di  illegittimita' costituzionale del comma in questione, in quanto i
 decreti 542 e 552 sono gia' stati convertiti e  sono  stati  da  essa
 impugnati.  Proprio  la  pendenza  delle  questioni nei confronti dei
 decreti  i  cui  effetti  vengono  fatti  salvi,  peraltro,  pone  un
 ulteriore  problema  di costituzionalita', dal momento che la vigenza
 dell'art.  2, comma 172, potrebbe comportare  una  limitazione  degli
 effetti di una pronuncia della Corte che eventualmente accogliesse le
 questioni  stesse,  non  potendosi  ritenere  che la Corte debba, nel
 caso, fare applicazione dell'art. 27, quarto comma, della legge n. 87
 del 1953.  In questo senso, la  ricorrente  prospetta  la  violazione
 dell'art.    136  della  Costituzione  per la illegittima limitazione
 degli effetti di una sentenza della Corte.  La Provincia autonoma  di
 Bolzano  censura,  infine,  anche le disposizioni dei commi 173 e 174
 dell'art. 2 della legge n. 662, le quali disciplinano le modalita'  e
 gli  effetti  della  vendita  e  dell'affitto  delle  quote latte. Le
 disposizioni  impugnate,   infatti,   concentrando   nell'AIMA   ogni
 competenza  in  materia ed escludendo di converso qualsiasi possibile
 differente  regolamentazione  ad  opera  delle  Regioni  o   Province
 autonome,   relegate   ad  un  ruolo  meramente  notarile,  sarebbero
 costituzionalmente illegittime.  Da ultimo, la Provincia autonoma  di
 Bolzano  denuncia la illegittimita' delle disposizioni della legge n.
 662 qui considerate, per violazione dell'art. 52, quarto comma, dello
 statuto  di  autonomia,  in  quanto  il   presidente   della   Giunta
 provinciale  avrebbe dovuto essere invitato alla seduta del Consiglio
 dei ministri che ha approvato il d.-l.  n. 542, ovvero a  quella  che
 ha deliberato il disegno di legge poi divenuto legge n. 662 del 1996.
   10.2.  -  Con ricorso notificato il 24 gennaio 1997 e depositato il
 29 gennaio 1997, la Regione Friuli-Venezia Giulia  solleva  questione
 di  legittimita'  costituzionale  nei  confronti  dell'art.  2, commi
 166-170 e 172, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,  deducendone  la
 illegittimita'  per violazione degli artt. 3 e 77 della Costituzione,
 degli artt.   4, numero 2, e 8  dello  statuto  di  autonomia  e  del
 principio  di  leale collaborazione.   La Regione rileva innanzitutto
 che la sanatoria degli effetti dei decreti-legge n. 440 (art.  11)  e
 n.   463   (artt.   2  e  3)  del  1996,  era  gia'  stata  disposta,
 rispettivamente, dall'art. 1, comma 2, della legge n. 649 del 1996  e
 dall'art.  1,  comma  5, della legge n. 642 del 1996, e chiede che le
 questioni di legittimita' costituzionale  prospettate  nei  confronti
 dei   decreti  non  convertiti  vengano  estese  alle  corrispondenti
 disposizioni di sanatoria, secondo i  principi  affermati  da  questa
 Corte nella sentenza n. 84 del 1996.  La stessa Regione, in relazione
 alle   disposizioni  riproduttive  di  precedenti  disposizioni  gia'
 impugnate, prospetta comunque le medesime  questioni  gia'  sollevate
 nei  precedenti  ricorsi,  sottolineando che l'intervento legislativo
 contenuto nella  legge  n.  662,  successivo  di  pochi  giorni  alla
 conversione  dei  decreti-legge  n. 542 e n. 552, le cui disposizioni
 vengono in parte riprodotte,  appare  assolutamente  irrazionale  non
 solo  dal punto di vista sostanziale, ma anche da quello formale, dal
 momento che le disposizioni oggetto di impugnazione non sarebbero  in
 alcun  modo  collegate  e  coordinate con la disciplina previgente. A
 tale riproduzione non potrebbe attribuirsi, allora, altro significato
 che quello di vanificare i ricorsi pendenti dinanzi a questa Corte o,
 quanto meno, di paralizzare quelli fondati sulla violazione dell'art.
 77  della  Costituzione  e,  attraverso  questa,   delle   competenze
 regionali.
   10.3.  -  Con  due  ricorsi  di analogo contenuto, notificati il 27
 gennaio 1997 e depositati il 3 febbraio 1997, le Regioni Lombardia  e
 Veneto   sollevano   questione  di  legittimita'  costituzionale  nei
 confronti dell'art. 2, commi 166-174, della legge n.  662  del  1996,
 deducendo  la  violazione  degli artt. 3, 5, 11, 24, 41, 77, 97, 113,
 117 e 118 della Costituzione.   Le ricorrenti  rilevano  innanzitutto
 che  il  comma  172 fa salvi gli effetti di due decreti che gia' sono
 stati convertiti, anche se, a loro  avviso,  illegittimamente  per  i
 gia' prospettati vizi dai quali erano affetti. Benche' tale comma sia
 poi  stato  soppresso  dal  d.-l.    n. 669 del 1996, ad avviso delle
 Regioni,  sussisterebbe   comunque   l'interesse   a   chiederne   la
 declaratoria  di  illegittimita',  sia  perche'  quest'ultimo decreto
 potrebbe  non   essere   convertito,   sia   perche'   la   eventuale
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale delle disposizioni in
 esso contenute potrebbe essere limitata o paralizzata  proprio  dalla
 sanatoria degli effetti contenuta nel comma 172. Questa disposizione,
 inoltre,  sarebbe illegittima per le stesse ragioni gia' fatte valere
 nei  confronti  dei  decreti i cui effetti sono stati fatti salvi, in
 forza  dell'effetto  espansivo  dell'impugnazione  dal  decreto   non
 convertito  alla legge di sanatoria.  Le ricorrenti prospettano, poi,
 un ulteriore vizio delle disposizioni  impugnate,  consistente  nella
 violazione degli artt. 2, 3 e 72, primo comma, della Costituzione, il
 quale  ultimo dispone che i disegni di legge debbono essere approvati
 articolo per articolo e con votazione finale. La  legge  n.  662  del
 1996  si  compone  di  3  articoli,  i quali a loro volta contengono,
 rispettivamente, 277, 224 e 217 commi. In  tale  situazione,  sarebbe
 evidente  che  l'approvazione  articolo  per  articolo  e' stata solo
 formale e, nella sostanza, risulterebbe violato  l'indicato  precetto
 costituzionale.  Ma  la  stessa  esistenza  di  articoli  composti di
 centinaia di commi violerebbe, altresi', ad avviso delle Regioni,  il
 principio  fondamentale,  riconosciuto  anche  da questa Corte, della
 conoscibilita' delle leggi (sentenza n. 364 del 1988) e  con  esso  i
 principi  di  ragionevolezza  della  produzione normativa e di tutela
 della dignita' e della liberta' della persona umana.   I  commi  166,
 167  e  169  dell'art.  2 della legge n. 662 del 1996, soprattutto in
 considerazione della loro retroattivita', sarebbero, ad avviso  delle
 ricorrenti,  illegittimi per le ragioni gia' svolte in relazione alle
 corrispondenti  disposizioni  dei  decreti-legge  che  i   commi   in
 questione  riproducono  (violazione  degli artt. 3, 11, 41, 97, 117 e
 118  della  Costituzione).   Cosi'   come,   proprio   per   la   sua
 retroattivita',  sarebbe  illegittimo il comma 170, il quale rende le
 Regioni mere destinatarie degli elenchi redatti dall'AIMA.  Le stesse
 disposizioni, inoltre, sarebbero  illegittime  per  violazione  degli
 artt.  3,  97,  11,  41,  117  e  118  della  Costituzione, in quanto
 darebbero per scontato che  la  compensazione  debba  necessariamente
 avvenire  a  livello  nazionale;  il  che, pero', in base all'art. 3,
 comma 1, del decreto n. 552 del 1996, che ha sostituito il  comma  12
 dell'art.  5  della  legge  n.  468 del 1992, non potrebbe senz'altro
 affermarsi. La conclusione e', anche in questo caso, che  si  sarebbe
 determinata  una situazione di assoluta confusione, in violazione dei
 principi  di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione, nonche' delle competenze regionali nel settore, come
 gia'  rilevato in precedenti ricorsi.  Il comma 171 dell'art. 2 della
 legge n. 662 del 1996, che ribadisce la soppressione  del  regime  di
 autocertificazione  attraverso  l'abrogazione  dell'art.  2-bis della
 legge di conversione n. 46 del  1995,  sarebbe  poi  illegittimo,  ad
 avviso delle ricorrenti, per violazione degli artt. 3, 24 e 113 della
 Costituzione,  in  relazione  agli  artt.  117  e  118.   Illegittimi
 sarebbero, infine, anche i commi 173 e 174 dell'art.  2 della  stessa
 legge,  per  violazione degli artt. 41, 117 e 118 della Costituzione,
 in quanto il primo relegherebbe le Regioni, nel procedimento  per  la
 vendita e l'affitto delle quote, ad un ruolo meramente notarile, e il
 secondo  eliminerebbe qualsiasi discrezionalita' delle Regioni stesse
 in ordine alla definizione delle  conseguenze  degli  acquisti  delle
 quote, anche all'interno della stessa Regione di produzione.
   11.  -  Si  e'  costituito  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale dello Stato, il quale, riservandosi ogni deduzione e difesa,
 ha  chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili o infondati.
 La stessa Avvocatura ha  poi  depositato  una  memoria  nella  quale,
 sciogliendo  la  riserva formulata negli atti di costituzione, svolge
 le  proprie difese.  Dopo aver ricostruito la normativa comunitaria e
 quella interna, l'Avvocatura, prima di contestare nel merito tutte le
 questioni variamente prospettate  dalle  ricorrenti,  rileva  che  il
 d.-l.  n.  124  del 1996, sulla cui base l'AIMA ha emesso, in data 29
 marzo 1996, il bollettino n. 2/1995,  e  i  successivi  decreti-legge
 sarebbero  stati  resi  necessari  dalla esigenza di far rientrare la
 produzione lattiera nei quantitativi attribuiti  all'Italia  in  sede
 comunitaria.  Analogamente,  gli  interventi  normativi contenuti nel
 d.-l. n. 440 e nel d.-l. n. 542  del  1996,  quest'ultimo  convertito
 dalla legge n. 649 del 1996, avrebbero avuto la finalita' di adeguare
 il sistema di compensazione alla normativa comunitaria. In proposito,
 l'Avvocatura  precisa  che,  in  relazione  al  sistema  della doppia
 compensazione previsto dalla legge n. 468 del  1992,  la  Commissione
 delle  comunita'  europee,  con  lettera  in data 9 marzo 1995, aveva
 formulato rilievi e, con parere motivato del 20  maggio  1996,  aveva
 poi  avviato  la  procedura  di infrazione ai sensi dell'art. 169 del
 trattato, affermando  che  "la  Repubblica  italiana,  mantenendo  un
 sistema  di compensazione delle consegne a livello delle Associazioni
 di produttori invece di procedere  a  tale  compensazione  a  livello
 nazionale  o a livello degli acquirenti come previsto dal reg. CEE n.
 3950/1992  del  Consiglio,  e'  venuta  meno  agli  obblighi  che  le
 incombono  in  virtu' del suddetto regolamento, instaurando cosi' una
 situazione che comporta una discriminazione vietata dall'art. 4, par.
 3, del Trattato".  Il complesso intervento legislativo avrebbe  cosi'
 consentito,  secondo quanto affermato dall'Avvocatura dello Stato, di
 riportare  le  quote  individuali  di  riferimento  nel  limite   del
 quantitativo  globale  nazionale,  di adeguare la normativa interna a
 quella comunitaria, di porre il prelievo a carico dei produttori  che
 hanno  sforato la quota, di adottare programmi volontari di abbandono
 per tenere sotto controllo la produzione lattiera  e  di  gettare  le
 basi  per la messa a regime del sistema delle quote latte gia' per il
 periodo 1996-1997.    Tali  essendo  le  finalita'  degli  interventi
 legislativi   impugnati,   l'Avvocatura  contesta  tutte  le  censure
 prospettate dalle Regioni e  dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano,
 precisando   che,   a   seguito   della   conversione   degli  ultimi
 decreti-legge e del trasferimento delle  censure  dalle  disposizioni
 dei  decreti  non  convertiti  alle leggi di conversione, le norme da
 prendere  in   esame   sarebbero   proprio   quelle   contenute   nei
 decreti-legge  nn.  542  e  552  del  1996  e nelle relative leggi di
 conversione, mentre le norme contenute nell'art.    2,  commi  166  e
 seguenti,   della   legge   n.   662  del  1996  sarebbero  meramente
 "ripetitive" di quelle contenute nelle due leggi di conversione e non
 porrebbero problemi differenti da quelli che devono essere affrontati
 in relazione a  queste  ultime.    Venendo  quindi  al  merito  delle
 censure,  l'Avvocatura  rileva  innanzitutto  come non possano essere
 condivise quelle secondo cui i decreti-legge impugnati non  sarebbero
 stati  sorretti da idonei requisiti di necessita' ed urgenza, essendo
 del tutto evidente che, ove tali interventi non vi fossero stati,  le
 conseguenze sul piano dei rapporti con la comunita' europea sarebbero
 state  gravemente  pregiudizievoli  per  l'Italia.    Ne',  ad avviso
 dell'Avvocatura, puo' essere  condiviso  l'assunto  delle  ricorrenti
 secondo  cui  attraverso la scelta dello strumento della decretazione
 d'urgenza si sarebbero violate le competenze regionali e provinciali.
 Le quote latte, infatti, rappresentano,  ad  avviso  dell'Avvocatura,
 "un  aspetto essenziale della regolamentazione del mercato agricolo e
 l'intervento dello Stato - necessario e consequenziale agli  obblighi
 comunitari  -  si pone a tutela dell'interesse generale senza violare
 le competenze delle Regioni e  delle  Province  autonome"  (art.  71,
 lettera  b),  del d.P.R. n. 616 del 1977). Di cio' sembrerebbe essere
 conferma il fatto che la normativa comunitaria esige un intervento  a
 livello  nazionale,  mentre  i  poteri  di  controllo  regionali  non
 sarebbero  interessati  dalla  normativa  oggetto  di   impugnazione.
 Dall'accertata  sussistenza  dei  requisiti  di necessita' ed urgenza
 conseguirebbe  l'infondatezza  dei  dedotti  vizi  delle   leggi   di
 conversione  per rimbalzo su di esse dei vizi dei decreti convertiti.
 Infondate  sarebbero,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  anche  tutte  le
 censure    variamente   prospettate   a   proposito   della   mancata
 partecipazione regionale al procedimento di  formazione  dei  decreti
 impugnati.   Premesso,   infatti,   che   le  disposizioni  impugnate
 stabiliscono la previa  acquisizione,  da  parte  del  Ministro,  del
 parere  del  Comitato  permanente  delle  politiche  agroalimentari e
 forestali sui criteri  per  la  riduzione  delle  quote  individuali,
 l'Avvocatura  rileva  che  tale  Comitato e' stato interpellato nella
 seduta del 25 gennaio 1996 (al punto 6 dell'ordine del giorno vi era:
 "quote  latte:  adozione  del  parere  sulla  riduzione  delle  quote
 individuali - sentenza della Corte costituzionale n. 520/1995") ed in
 quella  del  15 febbraio 1996, e che pertanto, poiche' il Comitato e'
 l'organo competente, ai sensi della legge 4 dicembre 1993,  n.    491
 (Riordinamento  delle  competenze  regionali  e  statali  in  materia
 agricola e  forestale  e  istituzione  del  Ministero  delle  risorse
 agricole,  alimentari  e forestali. Ecologia), ad esprimere il parere
 su questioni quali quella della riduzione  delle  quote  individuali,
 dovrebbe   ritenersi   senz'altro  ottemperata  la  previsione  della
 partecipazione regionale e  provinciale  e  rispettato  il  principio
 della  leale cooperazione.  Per quel che riguarda le numerose censure
 prospettate nei confronti delle norme che disciplinano il  bollettino
 n.  2  dell'AIMA,  con  particolare  riferimento  alla  sua  presunta
 retroattivita',  l'Avvocatura  rileva   innanzitutto   che   la   sua
 definitivita'  dovrebbe  essere intesa nel senso che esso sostituisce
 tutti quelli precedenti e costituisce  la  base  per  quelli  futuri,
 ferma  restando  la  esperibilita'  nei suoi confronti da parte degli
 interessati di tutti  i  rimedi,  amministrativi  e  giurisdizionali,
 previsti  dall'ordinamento.    In secondo luogo, l'Avvocatura precisa
 che sarebbe improprio parlare, a proposito  di  tale  bollettino,  di
 retroattivita', in quanto, se e' vero che lo stesso e' stato emesso a
 fine  campagna  e  se  e'  vero  che  la  previa  determinazione  dei
 quantitativi  di  latte  assegnati  assolve  ad  innegabili  funzioni
 programmatorie  delle aziende (e non delle Regioni, che nessun potere
 avrebbero di influire  su  queste),  sarebbe  altresi'  vero  che  la
 titolarita'  della quota A e della quota B era pur sempre provvisoria
 e subordinata al  rispetto  del  contingente  comunitario  attribuito
 all'Italia. I produttori, quindi, sarebbero stati ben avvertiti della
 necessita'   di   apportare  riduzioni  alle  quote  per  il  periodo
 1995-1996, all'esito delle trattative con la  comunita'  europea.  In
 sostanza,  non  si  tratterebbe,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  di un
 intervento retroattivo, ma piuttosto di  un  progressivo  e  graduale
 aggiustamento  del  sistema,  che solo con le norme impugnate avrebbe
 trovato un suo definitivo assetto.  Quanto alle  censure  concernenti
 il   regime   dei   ricorsi   avverso  le  determinazioni  dell'AIMA,
 l'Avvocatura ne sostiene l'infondatezza, rilevando  come  il  sistema
 previsto  dall'art.  2,  comma 3, del d.-l.  n. 552 del 1996 non solo
 non sarebbe irrazionale, ma  avrebbe,  al  contrario,  consentito  ai
 produttori  di far valere, in tempi brevissimi e con costi contenuti,
 gli errori, peraltro assai numerosi, intervenuti nell'attribuzione  e
 nella  quantificazione  delle quote.  Del pari infondate sarebbero le
 censure di contrarieta'  a  norme  comunitarie  e  di  lesione  delle
 competenze regionali prospettate dalle Regioni Lombardia e Veneto, le
 quali,  non  avendo  adottato  alcun piano di sviluppo, hanno dedotto
 tali violazioni in riferimento alla normativa sui  tagli  produttivi,
 applicata  in collegamento con l'art. 2 della legge di conversione n.
 46 del 1995.  Le  determinazioni  in  ordine  ai  piani  di  sviluppo
 sarebbero  valutazioni  rimesse alla discrezionalita' del legislatore
 nazionale e nessuna legittima aspettativa potrebbero far  valere,  in
 forza  della  normativa  comunitaria,  i  produttori  che  li abbiano
 realizzati.  La ricostruzione del quadro normativo e delle  modalita'
 della  sua  attuazione  consente anche, ad avviso dell'Avvocatura, di
 affermare l'infondatezza delle questioni  concernenti  la  disciplina
 della  compensazione  a  livello  nazionale:  il  mantenimento  della
 compensazione a livello provinciale avrebbe infatti esposto  l'Italia
 a contestazioni in sede comunitaria, per contrasto con il regolamento
 CEE  n.  3950  del  Consiglio  del  28  dicembre 1992, che prevede la
 compensazione a livello degli acquirenti o a livello nazionale e  non
 consente piu' la compensazione a livello dei produttori.  Quanto alle
 censure  formulate  in relazione alla disciplina della riassegnazione
 delle quote liberate con  i  piani  di  abbandono  della  produzione,
 l'Avvocatura  rileva che la globalita' della misura non consentirebbe
 l'attuazione  di  interventi  che,  per  essere  effettuati  in  sede
 regionale  e  provinciale,  non potrebbero tenere adeguatamente conto
 del quadro nazionale.  Da ultimo, l'Avvocatura contesta la fondatezza
 delle censure proposte dalla Regione Friuli-Venezia  Giulia  e  dalla
 Provincia   autonoma   di   Bolzano   in   relazione   alla   mancata
 partecipazione dei rispettivi presidenti di Giunta  alle  sedute  del
 Consiglio  dei  ministri, rilevando come nel caso di specie non possa
 ritenersi sussistente il presupposto al  quale  e'  subordinata  tale
 partecipazione,   essendo   del  tutto  evidente  che  non  erano  in
 discussione problematiche specifiche e differenziate della Regione  e
 della Provincia autonoma.
   12.1.  -  In  prossimita'  dell'udienza, le Regioni Emilia-Romagna,
 Lazio, Liguria, Veneto, Lombardia e Molise e la Provincia autonoma di
 Bolzano,  hanno  depositato  memorie.  La   Regione   Emilia-Romagna,
 premesso  che  le questioni sollevate nei confronti del solo d.-l.  8
 luglio 1996, n. 353, devono ritenersi  ancora  scrutinabili,  perche'
 confermate in sede di definitivo provvedimento legislativo, (sentenza
 di  questa Corte n. 84 del 1996), ribadisce la violazione degli artt.
 11, 41, 117 e 118 della Costituzione,  con  particolare  riguardo  al
 mancato   rispetto   del   principio  di  leale  collaborazione,  che
 caratterizzerebbe tutta la produzione normativa attinente al caso  di
 specie.  L'intero  sistema  di  "rientro"  sollecitato  dagli  organi
 comunitari e  delineato  dal  legislatore  nazionale  sarebbe  stato,
 quindi,  attuato con modalita' prescrittive, assunte esclusivamente a
 livello centrale, senza alcuna garanzia di  partecipazione  regionale
 nel procedimento di riduzione delle quote individuali.
   12.2.  -  La Regione Lazio, con la sua memoria, dopo aver ricordato
 di aver proposto ricorso solo nei confronti dell'art.  11  del  d.-l.
 n.  440  del  1996, "reiterato e poi convertito con il collegato alla
 legge finanziaria", ribadisce che il Governo italiano avrebbe  potuto
 contrastare   la   procedura   di   infrazione  "innanzi  al  giudice
 comunitario o comunque nelle sedi comunitarie piu'  opportune  ovvero
 adeguarsi  alla  disciplina  comunitaria, ma soltanto per le campagne
 produttive future".  Il Governo avrebbe anche potuto  conferire  alla
 nuova  disciplina  del  prelievo  una  efficacia retroattiva, ma cio'
 soltanto a condizione di non contrastare l'azione regionale e di  non
 determinare  alcun  danno  all'economia  laziale  e  agli incolpevoli
 produttori.
   12.3. - La Regione Liguria  specifica  l'oggetto  del  suo  ricorso
 nella  "declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt.  11
 del d.-l. n. 542 del 1996 e 2, commi 166-174, della legge 23 dicembre
 1996, n. 662,  con  i  quali  e'  stata  ridisciplinata  con  effetto
 retroattivo  la materia dei prelievi supplementari per il superamento
 da parte dei produttori di latte delle quote loro attribuite".    Con
 le norme impugnate, e in particolare con la previsione del meccanismo
 della  fissazione  delle  quote  latte ex post rispetto all'attivita'
 produttiva, verrebbe di fatto azzerata ogni manifestazione dei poteri
 regionali di programmazione e controllo, con la  vanificazione  degli
 atti gia' adottati, al di fuori di ogni strumento che tenga conto del
 valore formale di tali atti.
   12.4.  -  Le  Regioni  Lombardia  e  Veneto, con identiche memorie,
 insistono  per  l'accoglimento  dei  numerosi   ricorsi   presentati,
 diffondendosi,  per completezza di quadro, sulla legislazione statale
 successivamente intervenuta e,  a  loro  avviso,  altrettanto  lesiva
 delle  competenze  regionali.  Le  Regioni  stesse  evidenziano anche
 l'intervento d'urgenza della magistratura ordinaria e  amministrativa
 nella  vicenda  in  questione,  cosi'  come  in  altre  analoghe, per
 violazione della normativa comunitaria.
   12.5. - La Regione Molise insiste nel proprio ricorso nei confronti
 dell'art. 11 del d.-l. n.  440  del  1996  e  ripercorre  le  vicende
 successive  a  tale normativa, chiedendo che la Corte si pronunci per
 essere stato l'art. 11 prima reiterato  senza  modificazioni,  quindi
 convertito  in  legge  e poi ancora riprodotto nella legge n. 662 del
 1996, collegata alla legge finanziaria.
   12.6. - La Provincia autonoma di Bolzano osserva, in  primo  luogo,
 che   nessuna   influenza  sulla  presente  controversia  puo'  avere
 l'entrata in  vigore  del  d.-l.  31  gennaio  1997,  n.  11  (Misure
 straordinarie  per  la  crisi  del settore lattiero-caseario ed altri
 interventi  urgenti  a  favore  dell'agricoltura),  convertito,   con
 modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 81.  Nella memoria si
 ribadisce che la disciplina legislativa oggetto di censura violerebbe
 competenze  legislative  ed  amministrative  provinciali di carattere
 primario (o esclusivo) in base all'art. 8, numero 21,  dello  statuto
 speciale,  evidenziando  inoltre  che  la  competenza  provinciale in
 materia di agricoltura e' strettamente intrecciata con quelle pure di
 tipo primario relative alle "minime proprieta' culturali" ed ai "masi
 chiusi", come testualmente confermato dall'art. 26 del d.P.R. n.  569
 del 1993, recante il regolamento di esecuzione della legge n. 468 del
 1992.    La Provincia autonoma di Bolzano ricorda di avere istituito,
 con deliberazione della Giunta n.  6974  dell'8  novembre  1993,  una
 "Commissione  di  controllo  per  la gestione delle quote latte" e di
 avere approvato, con successiva deliberazione della  Giunta  n.  6281
 del  24  ottobre  1994,  i  criteri di assegnazione delle quote della
 riserva provinciale, con cio' dando applicazione alla  legge  n.  468
 del  1992.    Le  modifiche  apportate  dalle  disposizioni censurate
 inciderebbero sulla precedente  disciplina  delle  riserve  di  quote
 originariamente  regionali e provinciali, ora assorbite dalla riserva
 nazionale: in tal modo sarebbe impedito  alla  Provincia  di  gestire
 l'assegnazione  delle  quote  latte  della  riserva  provinciale  con
 corrispondente lesione delle sue competenze in materia.
   13. - Il 16 dicembre  1997,  a  seguito  della  discussione,  nella
 pubblica  udienza  del  28  ottobre 1997, dei ricorsi delle Regioni e
 della Provincia autonoma di  Bolzano,  questa  Corte  ha  pronunciato
 ordinanza  istruttoria,  disponendo  l'acquisizione,  ad  opera della
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  delle  Regioni  e   della
 Provincia  autonoma  di Bolzano, di documenti necessari ai fini della
 decisione.
   14.1. - In prossimita' dell'udienza del  10  novembre  1998,  hanno
 presentato  memorie  le Regioni Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, la
 Provincia autonoma di Bolzano  e  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.   Le Regioni Veneto e Lombardia, con due memorie di analogo
 contenuto,  dopo  una  illustrazione  delle  informazioni  fornite  a
 seguito dell'ordinanza istruttoria di questa Corte, danno conto degli
 interventi  legislativi  e  regolamentari successivi ai provvedimenti
 impugnati con i ricorsi in discussione (in particolare:  il  d.-l.  1
 dicembre 1997, n. 411 (Misure urgenti per gli accertamenti in materia
 di   produzione  lattiera);  la  legge  27  gennaio  1998,  n.  5  di
 conversione,  con  modificazioni,  di  tale   decreto;   il   decreto
 ministeriale  16 gennaio 1998 del Ministro per le politiche agricole;
 il decreto ministeriale 17 febbraio 1998 dello  stesso  Ministro;  il
 d.-l.  15 giugno 1998, n. 182 (Modifiche alla normativa in materia di
 accertamenti sulla produzione lattiera,  e  disposizioni  sull'igiene
 dei  prodotti  alimentari);  la  legge  3  agosto  1998,  n.  276  di
 conversione, con modificazioni, di tale decreto).   Ad  avviso  delle
 due  Regioni,  tutti i summenzionati interventi normativi, cosi' come
 quelli adottati in precedenza nel corso del 1997, non comporterebbero
 la cessazione della materia del contendere in ordine  ai  ricorsi  in
 discussione.  Secondo  le  due ricorrenti, gli interventi legislativi
 confusamente succedutisi dopo quelli oggetto  del  presente  giudizio
 non avrebbero, infatti, determinato la retroattiva eliminazione degli
 effetti della disciplina impugnata, sicche' l'interesse delle Regioni
 ad  ottenere  da  questa  Corte una pronuncia nel merito risulterebbe
 confermato.  Le Regioni Veneto e Lombardia rilevano, poi,  che  anche
 la  procedura  di compensazione introdotta con la normativa impugnata
 non sarebbe stata modificata dai provvedimenti successivi al 1996. In
 particolare, la possibilita'  riconosciuta  in  capo  all'AIMA  dalla
 legge  di  conversione  n. 5 del 1998 di procedere al raffronto tra i
 dati della suddetta compensazione e  di  quella  antecedentemente  in
 vigore,  ai  fini  dell'applicazione  del prelievo supplementare meno
 oneroso nei confronti del produttore, non comportando  una  effettiva
 disapplicazione ne' tanto meno abrogazione della normativa contestata
 per   mezzo   dei  ricorsi  in  discussione,  non  determinerebbe  la
 cessazione della materia del contendere in ordine a disposizioni  che
 sarebbero  formalmente  in vigore ed i cui effetti potrebbero essere,
 in  via  puramente ipotetica, solo parzialmente eliminati ad opera di
 un'attivita' rimessa, in definitiva, ad una valutazione discrezionale
 dell'AIMA stessa.  In conclusione, le Regioni Lombardia e Veneto, per
 tutte le argomentazioni sopra svolte,  insistono  per  l'accoglimento
 delle richieste gia' formulate.
   14.2.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  rileva  che  l'operazione di
 rideterminazione delle quote e  del  conseguente  prelievo,  in  base
 all'"ultima  normativa  vigente"  (la  legge  di conversione n. 5 del
 1998), e' affidata all'AIMA "con un meccanismo intermedio  nel  quale
 sono  coinvolte  le  Regioni".    E',  infatti,  previsto  osserva la
 ricorrente  che,  contro  la  comunicazione  da  parte  dell'AIMA  ai
 produttori   dell'accertamento   dei   quantitativi   di  riferimento
 individuali  e  dei  quantitativi  di  latte  commercializzati,   gli
 interessati  possono  presentare  ricorso di riesame alle Regioni, le
 quali  in  sede  di  decisione  possono  rivedere  gli   accertamenti
 compiuti,  con  valore  di certificazione sulla quota prodotta (senza
 ulteriore intervento dell'AIMA); su tali dati dovrebbero  essere  poi
 compiute  le  successive  operazioni  di  attribuzione  del  prelievo
 supplementare e di compensazione a livello  nazionale.    Secondo  la
 Regione Emilia-Romagna, la nuova disciplina prevede un coinvolgimento
 piu'  serio  e  concreto  delle Regioni nei meccanismi di verifica in
 ordine alla determinazione delle quote latte da imputare  ai  singoli
 produttori;  tuttavia,  non essendo stato attuato alcun "abbuono" del
 taglio della quota  B,  avverso  il  quale  e'  pure  stato  proposto
 ricorso,  permarrebbe  l'interesse ad una pronuncia della Corte sulla
 illegittimita' costituzionale del  sistema  all'epoca  prescelto  dal
 Governo  e  contro  il quale tutte le Regioni hanno avanzato riserve.
 Quanto alla compensazione nazionale, la  ricorrente  rileva  che,  ai
 sensi  della  legge di conversione n. 5 del 1998, essa e' subordinata
 all'esito di tutti gli accertamenti precedenti e cioe' alla decisione
 dei ricorsi da parte delle Regioni e alla successiva rideterminazione
 delle quote effettivamente prodotte e  commercializzate  dai  singoli
 produttori.   In   relazione   alla  disciplina  della  compensazione
 sarebbero attuali, quindi, tutti i  rilievi  gia'  svolti,  anche  se
 dovessero  essere  rispettati i criteri di priorita' stabiliti per la
 compensazione.  La Regione rileva, infine, come dalla nota 25 gennaio
 1996 dell'AIMA al Ministero, prodotta in ottemperanza alla  ordinanza
 istruttoria di questa Corte, gia' emergerebbe la consapevolezza della
 stessa  AIMA  che il superprelievo era questione da affrontare con le
 risorse finanziarie dello Stato.
   14.3. - La Provincia autonoma di Bolzano prende in esame  il  d.-l.
 n.  411 del 1997, convertito, con modificazioni, nella legge n. 5 del
 1998, chiarendo che, a suo avviso, esso non incide  sulla  disciplina
 impugnata in modo tale da determinare il venir meno della materia del
 contendere   o  dell'interesse  al  suo  annullamento.    Secondo  la
 ricorrente, si tratterebbe di una normativa che integra la disciplina
 gia' oggetto di ricorso, senza sostituirla con efficacia retroattiva.
 Cio' varrebbe anche per le disposizioni che  fanno  riferimento  alla
 campagna  1995-1996,  e in particolare per l'art. 3 del d.-l.  n. 411
 del 1997, che dispone che l'AIMA, una volta esauriti gli accertamenti
 ed i ricorsi di  cui  all'art.  2,  effettui  le  "rettifiche"  della
 compensazione nazionale per il periodo 1995-1996. Tale disciplina, ad
 avviso  della  Provincia,  anziche'  sostituirla,  presupporrebbe  la
 persistente vigenza, e la permanenza degli effetti, della  disciplina
 della  compensazione  nazionale  contenuta  nei  gia'  impugnati atti
 legislativi del 1996.   Nella  memoria,  si  ribadisce  lo  specifico
 interesse  a  ricorrere  di cui la Provincia sarebbe portatrice nella
 controversia in esame, ricordando che questa Corte ha  gia'  ritenuto
 ammissibili  analoghi  ricorsi  (sentenze  nn.  520 e 534 del 1995) e
 sottolineando  nuovamente  la  competenza  di  tipo  primario   della
 Provincia  stessa  in relazione alle "minime proprieta' culturali" ed
 ai "masi chiusi" (ex art.  8,  numero  8,  dello  statuto  speciale),
 competenza  che  sarebbe  violata  dalla normativa censurata, che, in
 contrasto  con  la  disciplina  comunitaria   sulle   zone   agricole
 svantaggiate,  trascurerebbe le specifiche e peculiari esigenze delle
 zone di montagna.   La Provincia  autonoma  di  Bolzano  ricorda,  da
 ultimo, che recentemente il giudice amministrativo, pronunciandosi in
 sede  cautelare  su  numerosi  ricorsi  di  produttori,  ha sospeso i
 provvedimenti con cui l'AIMA aveva ridotto le loro quote, sia per  la
 mancata   previa   partecipazione   della   Regione  territorialmente
 competente al procedimento di formazione  dei  provvedimenti  stessi,
 sia   per   la  violazione  dei  principi  comunitari  del  legittimo
 affidamento, della certezza del diritto e di non discriminazione.
   14.4. - Nella propria memoria, l'Avvocatura  generale  dello  Stato
 evidenzia  che  l'art.  3,  comma  1,  del  d.-l.  n.  411  del 1997,
 convertito, con modificazioni, nella legge n. 5 del 1998,  stabilisce
 che per il solo periodo 1995-1996 l'AIMA e' autorizzata ad effettuare
 la  compensazione  nazionale  confrontando  i  dati  ottenuti  con il
 sistema introdotto dall'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996  con  quelli
 del  precedente  sistema  per  APL  ed  applicando in via perequativa
 "l'importo del prelievo supplementare che risulta meno oneroso per il
 produttore":  con  tale  disposizione,  ad  avviso   dell'Avvocatura,
 "possono  considerarsi  superati  i  motivi  di ricorso delle Regioni
 basati sulla soppressione retroattiva del sistema di compensazione in
 APL ad opera del d.-l. n. 552/1996".  L'insieme della nuova normativa
 induce a ritenere, secondo l'Avvocatura, che  sia  sopravvenuta  "una
 sostanziale  cessazione  della  materia  del  contendere non solo sui
 punti gia' segnalati sopra (compensazione nazionale, compensazione  a
 livello  APL),  ma sull'intero contenzioso, viste le disposizioni che
 hanno previsto non solo una sistematica e globale riconsiderazione di
 tutta la produzione lattiera e  di  tutte  le  quote  individuali,  a
 partire  dalla  campagna 1995-96 (...), ma anche prima la sospensione
 dei pagamenti e poi la restituzione (sia pur parziale e  provvisoria)
 delle  somme  versate  dai  produttori  in  attesa degli accertamenti
 definitivi".   Nel caso in cui non  si  addivenga  ad  una  "generale
 cessazione  della materia del contendere" e le Regioni e la Provincia
 ricorrenti  non  rinuncino  ai  ricorsi,  l'Avvocatura  conferma   le
 conclusioni gia' assunte, con le quali ha chiesto il rigetto di tutti
 i ricorsi.
                         Considerato in diritto
   1.   -    Le  Regioni  Lombardia,  Veneto,  Friuli-Venezia  Giulia,
 Emilia-Romagna, Liguria, Lazio, Molise e Basilicata, e  la  Provincia
 autonoma  di  Bolzano  sollevano  numerose  questioni di legittimita'
 costituzionale in ordine alla normativa concernente il  regime  delle
 quote latte contenuta nei decreti-legge 15 marzo 1996, n. 124 (Regime
 comunitario  di  produzione lattiera), 16 maggio 1996, n. 260 (Regime
 comunitario  di  produzione  lattiera),  8  luglio   1996,   n.   353
 (Interventi  urgenti  nei  settori  agricoli  e fermo biologico della
 pesca  per  il  1996), 8 agosto 1996, n. 440 (Differimento di termini
 previsti da disposizioni legislative  in  materia  di  interventi  in
 campo  economico  e  sociale),  6  settembre 1996, n. 463 (Interventi
 urgenti nei settori agricoli e fermo biologico della pesca per 1996),
 nessuno dei quali convertito in legge, e nei decreti-legge 23 ottobre
 1996, n.  542  (Differimento  di  termini  previsti  da  disposizioni
 legislative  in materia di interventi in campo economico e sociale) e
 23 ottobre 1996, n. 552 (Interventi urgenti nei  settori  agricoli  e
 fermo  biologico della pesca per il 1996), convertiti rispettivamente
 dalle leggi 23 dicembre 1996, n. 649, e 20 dicembre 1996, n. 642, che
 dispongono  anche  la  sanatoria  degli  effetti  dei   decreti   non
 convertiti,  e  nella  legge  23  dicembre  1996,  n.  662 (Misure di
 razionalizzazione della finanza pubblica).   I ricorsi  investono  in
 particolare   le  disposizioni  dei  decreti-legge,  delle  leggi  di
 conversione e della legge n. 662 del  1996,  oltre  che  per  profili
 formali,  dei quali subito si dira', per il loro contenuto precettivo
 sui seguenti aspetti  della  complessa  materia:  la  formazione  dei
 bollettini  dell'Azienda  di  Stato  per  gli  interventi nel mercato
 agricolo (AIMA) concernenti la  determinazione  annuale  della  quota
 latte  spettante  a ciascun produttore e il regime delle impugnazioni
 degli  stessi  bollettini;  il   sistema   e   il   procedimento   di
 compensazione della produzione eccedentaria di latte; il programma di
 abbandono  della  produzione lattiera e la conseguente riassegnazione
 delle quote latte liberate; l'affitto e la vendita delle quote latte.
 Poiche' i ricorsi hanno tutti ad  oggetto  l'identica  materia  delle
 quote  latte, essi possono essere riuniti per essere decisi con unica
 sentenza.
   2. - Tutte le ricorrenti censurano la normativa  posta  dai  citati
 atti  legislativi  sul  presupposto  che  essi  vertano su materia di
 competenza regionale e provinciale; deve essere, pertanto,  esaminata
 preliminarmente  l'eccezione  dell'Avvocatura  dello Stato secondo la
 quale le misure statali sulle quote latte non atterrebbero a  materia
 di   competenza   regionale  e  provinciale,  ma  costituirebbero  un
 intervento di regolamentazione del mercato agricolo,  riservato  allo
 Stato  ai  sensi dell'art. 71, lettera b), del d.P.R. 24 luglio 1977,
 n. 616 (e oggi dell'art. 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997,  n.
 143).    L'eccezione deve essere respinta. E' infatti ormai acquisito
 alla giurisprudenza di questa Corte che il comparto della  produzione
 lattiera  e delle strutture produttive intese in senso lato assume un
 rilievo distinto ed autonomo rispetto alla regolazione dei  prezzi  e
 dei  mercati,  sicche' il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e'
 l'oggetto specifico delle misure in  questione,  e  la  politica  del
 mercato  agricolo  non  puo'  giustificare  l'attrazione  della prima
 nell'ambito  della  seconda,  poiche'  diversamente   la   competenza
 regionale   verrebbe   integralmente   sacrificata   in   materia  di
 agricoltura, posto che ogni attivita'  agricola  puo'  sempre  essere
 strumentale  al  mercato  (sentenza  n. 304 del 1987).  Del resto, e'
 proprio sulla base di questa premessa, con la quale si  e'  rifiutata
 una configurazione in chiave squisitamente finalistica del riparto di
 attribuzioni  tra  Stato e Regioni, che questa Corte, con la sentenza
 n. 520 del 1995, ha scrutinato nel merito le questioni  sollevate  in
 un   giudizio  in  via  principale  sulla  normativa  concernente  la
 riduzione delle quote latte, accogliendo in parte  la  prospettazione
 delle  Regioni  ricorrenti  che  ritenevano  negativamente  incisa la
 propria competenza costituzionale in materia di agricoltura.
   3.  -  Ribadito dunque che si versa in materia di agricoltura e non
 di  regolazione  dei  mercati,  vanno  esaminate,   ancora   in   via
 preliminare,  le  censure  che  investono  aspetti formali degli atti
 impugnati. A seguito della entrata in vigore del  d.-l.  n.  411  del
 1997  (Misure  urgenti  per gli accertamenti in materia di produzione
 lattiera), convertito dalla legge n. 5  del  1998,  che  ha  disposto
 nuovi  interventi  sulle quote latte, si e' determinata solo in parte
 infatti, come si vedra' fra breve, la cessazione  della  materia  del
 contendere,  sicche'  le  censure  delle ricorrenti che investono gli
 atti in relazione alla loro formazione, devono essere  esaminate  per
 prime  indipendentemente dal contenuto degli atti medesimi.  Viene in
 primo luogo in considerazione la denunciata violazione  dell'art.  77
 della  Costituzione,  sotto  il  duplice  profilo  della  carenza dei
 presupposti di necessita'  ed  urgenza  dei  decreti-legge,  e  della
 reiterazione  dei  decreti non convertiti.  Questa Corte ha affermato
 che la mancanza dei presupposti  della  decretazione  d'urgenza  puo'
 risolversi  in  vizio  dell'atto,  rilevabile  in sede di giudizio di
 legittimita'  costituzionale,  solo  quando  essa  appaia  chiara   e
 manifesta  perche'  solo  in questo caso il sindacato di legittimita'
 della  Corte  non  rischia  di  sovrapporsi   alla   valutazione   di
 opportunita'  politica  riservata al Parlamento (v. sentenze nn.  330
 del 1996, 391, 161 e 29 del 1995; ordinanze nn. 90 del 1997 e 432 del
 1996). Non e' questo il caso  dell'intervento  straordinario  operato
 dal  Governo in materia di quote latte con i decreti-legge impugnati.
 I limiti posti in  sede  comunitaria  ai  quantitativi  nazionali  di
 produzione  lattiera  e  l'esigenza  di  introdurre  misure intese al
 contenimento di questa rendono  non  manifestamente  implausibile  la
 valutazione  governativa, posta a base degli interventi, in ordine al
 ricorso alla decretazione d'urgenza.    Non  fondate  sono  anche  le
 numerose  censure  rivolte  contro la reiterazione dei decreti-legge.
 Questa Corte deve ribadire sul punto quanto affermato  nella  recente
 sentenza  n.  360  del  1996: il vizio di reiterazione puo' ritenersi
 sanato quando le Camere, attraverso la legge di conversione,  abbiano
 assunto come propri i contenuti della disciplina adottata dal Governo
 in  sede di decretazione d'urgenza. Nel caso, i decreti-legge nn. 542
 e 552, gli ultimi della doppia serie di decreti-legge reiterati,  che
 ha  inizio  con i decreti nn. 124 del 1996 e 440 del 1996, sono stati
 convertiti rispettivamente dalle leggi 23 dicembre 1996, n.  649 e 20
 dicembre 1996, n. 642, le quali contengono anche clausole di salvezza
 degli effetti prodotti dai precedenti decreti non convertiti.
   4. - Sempre in via preliminare vanno  dichiarate  inammissibili  le
 questioni  prospettate dalle Regioni Lombardia e Veneto contro l'art.
 2, commi 166-174, della legge n. 662 del 1996, per contrasto con  gli
 artt.  2,  3  e  72 della Costituzione, in relazione agli artt. 117 e
 118.   Gli anzidetti parametri sono invocati  dalle  Regioni  per  il
 fatto  che,  a  seguito  della questione di fiducia posta dal Governo
 sull'art.  2 della citata legge, si e' proceduto con votazione  unica
 sulla  molteplicita' di commi che tale articolo conteneva. Ne sarebbe
 derivato un rispetto soltanto formale della regola secondo  la  quale
 le  leggi  vanno  approvate articolo per articolo, ma una sostanziale
 vulnerazione  del  principio  di   ragionevolezza   nella   attivita'
 legislativa, di conoscibilita' delle leggi e di tutela della liberta'
 e  della  dignita'  della persona umana.   Ma il diritto di ricorrere
 contro  le  leggi  dello  Stato  e' dato alle Regioni e alle Province
 autonome a garanzia dell'integrita' della propria competenza e  della
 propria  posizione  di  autonomia  costituzionale.    Ne discende che
 pretesi vizi delle leggi statali possono  essere  denunciati  con  il
 ricorso in via principale solo quando essi si risolvano in violazione
 o menomazione delle competenze, sia pure sotto il profilo del mancato
 esperimento  delle  procedure di coordinamento partecipativo che sono
 richieste nelle ipotesi di interferenza  strutturale  tra  competenza
 statale e competenze regionali, quando cioe' in una stessa materia si
 intersecano   competenze   diverse  ovvero  quando  alla  materia  di
 competenza regionale o provinciale siano  inestricabilmente  connessi
 profili   che   attengono   a   interessi  unitari  che  giustificano
 l'intervento statale. Con riferimento al caso in esame, essendo stato
 denunciato un vizio di formazione della  legge  statale  per  assunta
 violazione  dell'art.  72  della  Costituzione,  non  e' chiaro nella
 prospettazione  delle  ricorrenti  in  qual  modo   tale   vizio   si
 risolverebbe  in  invasione o menomazione della competenza regionale.
 Non  potrebbe  certo  affermarsi  che  la  lesione  della  competenza
 consegua  alla  non chiarezza o alla piu' difficoltosa conoscibilita'
 della   legge.   Le   Regioni,   peraltro    dotate    di    apparati
 istituzionalmente preposti all'esame, anche sotto il profilo tecnico,
 della produzione legislativa dello Stato, non possono allegare la non
 conoscenza delle leggi statali, ne' invocare i parametri dai quali la
 Corte  costituzionale,  nella  sentenza  n.    364  del  1988, ebbe a
 desumere il principio secondo il quale solo leggi conoscibili possono
 essere osservate e rispettate.
   5. - In via preliminare deve, infine, essere dichiarata non fondata
 la specifica censura prospettata dalla Regione Friuli-Venezia  Giulia
 e  dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  le  quali  denunciano la
 violazione delle disposizioni statutarie e  di  attuazione  (art.  44
 dello  statuto  per il Friuli-Venezia Giulia e art. 52, quarto comma,
 dello statuto per  il  Trentino-Alto  Adige,  attuato  dall'art.  19,
 secondo  comma,  del  d.P.R.  n.  49 del 1973), in base alle quali il
 presidente della Giunta  regionale  ed  il  presidente  della  Giunta
 provinciale  avrebbero  dovuto  partecipare alle sedute del Consiglio
 dei ministri nelle quali sono stati approvati gli atti impugnati.  La
 consolidata giurisprudenza di  questa  Corte  e'  nel  senso  che  la
 partecipazione  dei presidenti alle sedute del Consiglio dei ministri
 e' richiesta solo nel  caso  in  cui  sia  ravvisabile  un  interesse
 differenziato  e  cioe'  proprio  e  peculiare  della Regione o della
 Provincia autonoma (sentenze nn. 191 e 37 del 1991; 381,  343  e  224
 del  1990).  La riduzione dei quantitativi di riferimento individuali
 di latte e il regime delle impugnazioni, l'eliminazione  del  sistema
 di   compensazione   per   associazioni   di   produttori  (APL),  la
 predisposizione di un piano di abbandono della produzione lattiera  e
 la  disciplina  degli  affitti  e della vendita delle quote latte non
 possono non avere applicazione generale e  non  possono  non  operare
 indistintamente  nei  confronti  di tutte le Regioni e delle Province
 autonome,  sicche'  nessuna  di  loro  si  trova  in  una   posizione
 differenziata rispetto alle altre.
   6.  -  Si puo' ora passare all'esame delle censure di merito svolte
 dalle ricorrenti. In ordine al primo degli oggetti enumerati al punto
 1 (formazione dei bollettini), vengono in  considerazione  i  ricorsi
 proposti dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto nei confronti
 dell'art. 1 del d.-l. 15 marzo 1996, n. 124, dalle medesime Regioni e
 dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia avverso l'art. 1 del d.-l.  16
 maggio  1996,  n.   260,   dalle   Regioni   Veneto,   Lombardia   ed
 Emilia-Romagna  nei confronti dell'art. 2 del d.-l. 8 luglio 1996, n.
 353, dalle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto  avverso  l'art.  2
 del  d.-l.   6 settembre 1996, n. 463 e l'art. 2 del d.-l. 23 ottobre
 1996, n.   552, dalle  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia,  Lombardia  e
 Veneto  e  dalla  Provincia  autonoma  di Bolzano nei confronti della
 legge 20 dicembre 1996, n. 642, di  conversione,  con  modificazioni,
 del  d.-l.  n.  552  del  1996  e,  in particolare, della clausola di
 salvezza degli effetti dei citati  decreti-legge  non  convertiti  in
 essa  contenuta,  dalle  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia, Lombardia e
 Veneto e dalla Provincia autonoma di Bolzano nei  confronti,  infine,
 del  comma  171  dell'art.    2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
 Oggetto delle  censure  sono:  la  previsione  che  l'AIMA  pubblichi
 appositi  bollettini di aggiornamento degli elenchi dei produttori di
 latte titolari di quota e dei  quantitativi  ad  essi  spettanti  nel
 periodo  di  applicazione  del  regime  comunitario delle quote latte
 1995-1996;  la   previsione   che   tali   bollettini   costituiscano
 accertamento   definitivo   delle   posizioni   individuali   e   che
 sostituiscano ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente
 dall'AIMA  per  il  periodo  citato;   la   sospensione,   prima,   e
 l'abrogazione,  poi,  del regime dell'autocertificazione da parte dei
 produttori dei quantitativi di latte nelle ipotesi di  contenzioso  e
 nelle  more dell'accertamento definitivo delle posizioni individuali;
 la previsione che i ricorsi avverso le determinazioni dei  bollettini
 debbano  essere  proposti  entro  soli  quindici  giorni  dalla  loro
 pubblicazione e che la mancata pronuncia  dell'AIMA  nel  termine  di
 trenta  giorni  equivalga a reiezione delle impugnazioni.  Le censure
 mosse  dalle  ricorrenti  alla  richiamata   normativa   si   possono
 suddividere,  pur nella varieta' delle argomentazioni addotte, in due
 principali filoni. In primo luogo, invocando la sentenza n.  520  del
 1995,  con  la  quale  questa  Corte  ha  dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46  del  1995  di
 conversione  del  d.-l.  n.  727  del  1994  (Norme per l'avvio degli
 interventi  programmati  in  agricoltura  e  per  il  rientro   della
 produzione  lattiera nella quota comunitaria), nella parte in cui non
 prevedeva il parere delle Regioni nel procedimento di riduzione delle
 quote spettanti ai produttori di latte bovino,  tutte  le  ricorrenti
 lamentano  la  mancata  partecipazione  alla  formazione  degli  atti
 impugnati e l'assenza di qualsiasi forma di partecipazione  regionale
 e  provinciale  nell'espletamento  delle  funzioni  amministrative in
 materia di quote latte, affidate dalla normativa  in  questione  allo
 Stato e, in particolare, all'AIMA.  In cio' le Regioni e la Provincia
 autonoma  di  Bolzano  ravvisano  la violazione degli artt. 117 e 118
 della Costituzione, del principio di leale cooperazione, degli  artt.
 4,  numero  2, e 8 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia,
 degli  artt.  8,  numero  21,  e  16  dello  statuto  della   Regione
 TrentinoAlto  Adige e delle relative norme di attuazione.  Il secondo
 filone di censure si  appunta,  invece,  sulla  retroattivita'  della
 disciplina dell'aggiornamento del bollettino ad opera dell'AIMA, che,
 pur  essendo  stata  introdotta  la  prima volta il 15 marzo 1996, si
 applica alla campagna lattiero-casearia 1995-1996, la quale, anche in
 base  alla  normativa comunitaria, ha inizio il 1 aprile e termina il
 31 marzo dell'anno successivo. Ne conseguirebbe la  violazione  delle
 competenze delle ricorrenti in materia di agricoltura stabilite nella
 Costituzione  e  negli  statuti  speciali,  nonche' la violazione dei
 principi del legittimo affidamento  e  della  certezza  del  diritto,
 operanti  anche  in ambito comunitario. La determinazione retroattiva
 delle quote latte, con riferimento ad  una  campagna  gia'  conclusa,
 comprimerebbe gli interessi dei produttori e impedirebbe alle Regioni
 ogni   possibilita'   di   governo   del  settore  ed  ogni  funzione
 programmatoria.    Censure  analoghe  sono  indirizzate   contro   la
 disciplina  dei  ricorsi  in  opposizione. Subordinare il diritto dei
 produttori di agire  in  giudizio  alla  previa  proposizione  di  un
 ricorso amministrativo, da presentarsi entro termini brevi e inidonei
 a   consentire   un   efficace   esercizio  del  diritto  di  difesa,
 significherebbe, ad avviso delle ricorrenti, creare in un settore  di
 competenza  regionale  e  provinciale  una  conflittualita'  talmente
 estesa da rendere impossibile o estremamente arduo l'esercizio  delle
 funzioni di governo da parte delle Regioni e delle Province autonome.
 Cio'  tanto  piu'  in  quanto la sospensione, prima, e l'abrogazione,
 poi,  della  autocertificazione   da   parte   dei   produttori   dei
 quantitativi  di latte prodotti impedirebbe loro, fino al termine dei
 giudizi  sulle   impugnazioni,   di   riscuotere   il   credito   che
 eventualmente  avessero  maturato,  essendo  gli  acquirenti tenuti a
 considerare, ai fini  della  trattenuta  del  prelievo  supplementare
 dovuto,  per il periodo 1995-1996, esclusivamente le quote risultanti
 dai nuovi bollettini individuali.  Un particolare profilo di  censura
 nei  confronti  della  disciplina  in  esame e' dedotto dalle Regioni
 Lombardia e Veneto, le quali lamentano la violazione degli artt.  11,
 5, 117 e 118 della Costituzione, in quanto risulterebbero favorite le
 Regioni  nelle  quali  sono  stati  attuati i piani di sviluppo della
 produzione, di cui all'art. 2, comma 2-bis della legge n. 46 del 1995
 di conversione del d.-l. n.   727 del 1994,  che  consentirebbero  la
 produzione  lattiera  nella  quantita' in essi stabilita, malgrado la
 necessita', resa nota, di ridurre la produzione stessa.
   7. - Con riferimento alla complessiva disciplina dei  bollettini  e
 alle  questioni  ad  essa  inerenti va dichiarata la cessazione della
 materia del contendere in applicazione del  principio,  costantemente
 affermato  da  questa  Corte,  secondo  il quale la sostituzione, con
 effetto retroattivo, di disposizioni di una legge statale che avevano
 formato oggetto di ricorso in via principale determina il venir  meno
 dell'oggetto  stesso  del  giudizio  e,  quindi,  la cessazione della
 materia del contendere (v., da ultimo, sentenza n. 84 del 1998). Tale
 orientamento  deve  essere  ribadito  soprattutto  quando  la   nuova
 disciplina,   come   e'   avvenuto   nel  caso  in  esame,  introduca
 modificazioni non meramente formali.  La disciplina censurata  con  i
 ricorsi  delle Regioni sopra richiamate e della Provincia autonoma di
 Bolzano non e' piu' vigente, in parte qua essendo  stata  sostituita,
 retroattivamente,  dall'art.  2  del d.-l.   1 dicembre 1997, n. 411,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5.  La
 nuova  regolamentazione  prevede infatti che l'AIMA debba determinare
 gli effettivi quantitativi di latte prodotto e  commercializzato  nei
 periodi  1995-1996  e  1996-1997,  sulla  base: della relazione della
 commissione governativa di indagine, istituita dal d.-l.  30  gennaio
 1997,   n.   11  (Misure  straordinarie  per  la  crisi  del  settore
 lattiero-caseario    ed    altri    interventi   urgenti   a   favore
 dell'agricoltura), convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  28
 marzo  1997,  n. 81; delle risultanze della rilevazione straordinaria
 dei capi bovini da latte effettuata ai  sensi  del  d.-l.  19  maggio
 1997,  n.  130 (Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gli
 incendi boschivi sul  territorio  nazionale,  nonche'  interventi  in
 materia  di  protezione  civile, ambiente e agricoltura), convertito,
 con  modificazioni,  dalla  legge  16  luglio  1997,  n.  228;  delle
 dichiarazioni  di  contestazione di cui al decreto del Ministro delle
 risorse  agricole,  alimentari  e  forestali  15  maggio  1997;   dei
 controlli effettuati e gia' comunicati dalle Regioni e dalle Province
 autonome;  degli  altri elementi in suo possesso e dell'attivita' del
 Comitato di coordinamento delle iniziative  in  materia  di  gestione
 delle  quote  latte  di  cui al decreto del Ministro per le politiche
 agricole del 16 dicembre 1997, nonche' dei modelli L1 gia'  pervenuti
 (art.  2,  comma  1).  Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
 vigore  del  decreto-legge,  l'AIMA  e'  tenuta   a   comunicare   ai
 produttori,  mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i
 quantitativi di riferimento individuali assegnati e i quantitativi di
 latte commercializzato (art. 2, comma 5). Si tratta, come e'  agevole
 notare,  di  una  nuova disciplina che sostituisce interamente quella
 previgente e che, a seguito di una vera  e  propria  rideterminazione
 delle  quote  individuali,  rimuove,  per  il  periodo  1995-1996,  i
 bollettini adottati sulla base delle disposizioni censurate, i  quali
 non  costituiscono  piu'  "accertamento  definitivo"  delle posizioni
 individuali, poiche', come stabilito dal comma  11  dell'art.  2  del
 d.-l. in parola, i quantitativi di riferimento di ciascun produttore,
 ai  fini  delle  operazioni  di  compensazione  e  del  pagamento del
 prelievo supplementare, sono ormai quelli che risultano in esito alle
 procedure appena descritte.  Che le innovazioni introdotte sul  punto
 dal  d.-l.  n. 411 del 1997 non siano di pura forma e che pertanto il
 decreto stesso non possa essere inteso come diretto a  vanificare  il
 diritto  delle Regioni e della Provincia autonoma ricorrenti, come da
 queste affermato, ad ottenere una decisione di questa  Corte,  appare
 poi  evidente  sol  che  si considerino l'entita' delle modificazioni
 apportate e la novita' dei criteri, elencati dalle lettere a)-e)  del
 primo  comma  e  a)-d)  del terzo comma dell'art. 2, in base ai quali
 l'AIMA deve pervenire a un nuovo  accertamento  dei  quantitativi  di
 latte   prodotto   e   aggiornare   i   quantitativi  di  riferimento
 individuali.  E' cessata la materia del contendere anche in relazione
 alle censure che investivano la  disciplina  delle  impugnazioni  dei
 produttori  avverso  il  nuovo bollettino AIMA. Le nuove norme, poste
 dal d.-l. n. 411 del 1997, non prevedono piu' ricorsi in  opposizione
 rivolti all'AIMA, ma ricorsi di riesame che vanno ora presentati alle
 Regioni   e  alle  Province  autonome  e  che  queste  decidono,  con
 provvedimento  motivato,  previa  istruttoria  e   convocazione   del
 ricorrente  in  contraddittorio  (art. 2, commi 5 e 6).  Sono rimaste
 prive di  oggetto  anche  le  censure  dirette  contro  l'intervenuta
 sospensione,  prima,  e  abrogazione,  poi,  della  disposizione  che
 consentiva in ogni caso di contenzioso e nelle more dell'accertamento
 definitivo delle quote individuali (art. 2-bis comma 1, del d.-l.  n.
 727   del   1994,   convertito   dalla   legge   n.   46   del  1995)
 l'autocertificazione dei quantitativi di latte prodotti: infatti,  il
 d.-l.  n.  411 stabilisce, retroattivamente, al comma 11 dell'art. 2,
 che  solo  in esito alle decisioni dei ricorsi di riesame si perviene
 all'accertamento definitivo dei quantitativi individuali ai fini  del
 pagamento  del  prelievo  supplementare.    Anche  in  questo caso la
 normativa sopravvenuta contiene innovazioni non meramente  formali  e
 tali  da  far  venire  meno  l'oggetto  del giudizio.   La dichiarata
 cessazione della materia del contendere non  pregiudica,  ovviamente,
 sotto  nessun  profilo,  la  futura valutazione delle questioni sugli
 atti  legislativi  sopravvenuti,  se  ed  in   quanto   siano   stati
 tempestivamente e ritualmente impugnati.
   8.   -   Sulla  disciplina  della  compensazione  delle  produzioni
 eccedentarie di latte vengono in considerazione  i  ricorsi  proposti
 dalle  Regioni  Lombardia,  Veneto  ed  Emilia-Romagna  nei confronti
 dell'art. 3, commi 1, 2 e 3, del d.-l. 8 luglio 1996, n.  353,  dalle
 Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e  Veneto nei confronti dell'art. 3,
 commi 1, 2 e 3, del d.-l.  6 settembre 1996, n. 463  e  dell'art.  3,
 commi  1,  2  e 3, del d.-l.   23 ottobre 1996, n. 552, dalle Regioni
 Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Veneto e dalla Provincia  autonoma
 di  Bolzano  nei  confronti  della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di
 conversione del d.-l. n. 552 del 1996 e di  sanatoria  degli  effetti
 prodotti  dai  precedenti  decreti  non convertiti, nonche' i ricorsi
 proposti  dalle  Regioni  Lazio,  Veneto,  Basilicata  e  Molise  nei
 confronti dell'art. 11 del d.-l. 8 agosto 1996, n. 440, dalle Regioni
 Friuli-Venezia  Giulia,  Basilicata e Liguria nei confronti dell'art.
 11 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542,  dalle  Regioni  Friuli-Venezia
 Giulia,  Lombardia e Veneto e dalla Provincia autonoma di Bolzano nei
 confronti della legge 23 dicembre 1996, n.  649, di  conversione  del
 d.-l. n. 542 del 1996 e di sanatoria degli effetti prodotti dal d.-l.
 n.  440,  e dell'art. 2, commi 166-170 e 172, della legge 23 dicembre
 1996, n. 662.  Le disposizioni censurate riguardano le procedure e il
 sistema della compensazione delle produzioni  lattiere  eccedentarie.
 Nella  loro  definitiva  formulazione,  risultante dall'art. 2, commi
 166-170 della legge n. 662  del  1996,  sostanzialmente  riproduttiva
 della  disciplina  contenuta  nei  decreti-legge  e  nelle  leggi  di
 conversione, e dall'art.  3, comma 2, del d.-l. 23 ottobre  1996,  n.
 552,   convertito   dalla  legge  20  dicembre  1996,  n.  642,  esse
 stabiliscono  le  misure  di  seguito  elencate:  la  cessazione,   a
 decorrere  dalla campagna di produzione 1995-1996, della applicazione
 della procedura di compensazione che le associazioni provinciali  dei
 produttori  di  latte  effettuavano,  in  base all'art. 5, commi 5-9,
 della legge n. 468 del 1992; il  venir  meno  della  efficacia  degli
 adempimenti  gia'  svolti  dalle  predette associazioni per la citata
 campagna; l'esclusivita' delle operazioni di  compensazione  su  base
 nazionale,   all'esito   delle   quali  dovranno  essere  eseguiti  i
 versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli  acquirenti
 a  titolo  di prelievo supplementare; lo svolgimento delle operazioni
 di compensazione nazionale in base a criteri di priorita' delle varie
 categorie  di  produttori  (nell'ordine:  produttori  delle  zone  di
 montagna;  produttori  titolari di quota A e di quota B nei confronti
 dei quali e' stata ridotta la quota B, nei  limiti  del  quantitativo
 ridotto;  produttori  ubicati  nelle  zone  svantaggiate;  produttori
 titolari esclusivamente della quota A, che hanno superato la  propria
 quota,  nel  limite  del cinque per cento della quota medesima; altri
 produttori); l'obbligo degli acquirenti che hanno  gia'  disposto  la
 restituzione  delle  somme  ai produttori di operare nuove trattenute
 nei   confronti   dei   produttori   interessati,   in   misura  pari
 all'ammontare delle somme restituite; il versamento, da  parte  degli
 acquirenti,   limitatamente   al   periodo  1995-1996,  del  prelievo
 supplementare determinato sulla  base  di  appositi  elenchi  redatti
 dall'AIMA  a  seguito  delle  operazioni di compensazione nazionale e
 trasmessi alle Regioni  e  alle  Province  autonome;  l'effettuazione
 della compensazione nazionale entro il 31 luglio di ciascun anno.  Il
 comma  172 dell'art. 2 della legge n. 662 del 1996 provvedeva, poi, a
 far salvi gli effetti dei decreti-legge nn. 440, 463, 542 e  552  del
 1996 (gli ultimi due convertiti, rispettivamente, dalle leggi nn. 649
 e  642  del  1996); ma tale comma e' stato soppresso il giorno stesso
 dell'entrata in vigore della legge che  lo  conteneva  dall'art.  10,
 comma  9, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in
 materia tributaria, finanziaria e  contabile  a  completamento  della
 manovra  di  finanza pubblica per il 1997), convertito dalla legge 28
 febbraio 1997, n. 30.  Quanto al merito di tale disciplina, con lievi
 differenze  nelle  argomentazioni,  sempre   sulla   premessa   della
 spettanza  alle  Regioni e alle Province autonome della competenza in
 materia, le ricorrenti si dolgono di  non  essere  state  consultate,
 cio'  che  avrebbe  comportato  una  lesione  del  principio di leale
 collaborazione. Esse denunciano altresi' la  violazione  dell'art.  3
 della   Costituzione,  poiche'  il  nuovo  sistema  di  compensazione
 nazionale si applica retroattivamente  alla  campagna  di  produzione
 lattiera  1995-1996,  con  conseguente  vanificazione, a loro avviso,
 delle  competenze  regionali  e   provinciali   gia'   legittimamente
 esercitate  sulla base della previgente normativa; dell'art. 41 della
 Costituzione, poiche', di fronte ad  una  disciplina  retroattiva  in
 quanto  applicabile  al 1995-1996, risulterebbero compromessi i piani
 aziendali   e    vanificate,    conseguentemente,    le    competenze
 programmatorie  e di controllo spettanti alle Regioni e alle Province
 autonome;   dell'art.      11   della   Costituzione,   che   vincola
 all'osservanza   del   diritto   comunitario,   in  primo  luogo  dei
 regolamenti, che fissano  la  campagna  di  produzione  lattiera  nel
 periodo  che  va dal 1 aprile di ciascun anno al 31 marzo successivo,
 nonche' dei principi della certezza del diritto  e  dell'affidamento,
 anch'essi    operanti    nell'ordinamento   comunitario,   ai   quali
 conseguirebbe il divieto di interventi normativi retroattivi da parte
 degli Stati membri.  Le censure si estendono  alle  disposizioni  che
 concorrono   a   delineare,   con  efficacia  retroattiva,  il  nuovo
 procedimento   della   compensazione   nazionale:   da   quelle   che
 disciplinano  i  versamenti  e le restituzioni delle somme trattenute
 dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare sulla base  della
 previgente  normativa; a quelle che riducono il ruolo delle Regioni e
 delle Province autonome a semplici destinatarie degli elenchi redatti
 dall'AIMA a seguito dell'effettuazione della compensazione nazionale;
 a  quelle  che  obbligano  gli  acquirenti  a  versare  il   prelievo
 supplementare  entro  il  31 gennaio 1997; a quelle che individuano i
 criteri di priorita' in sede di compensazione nazionale.   Oltre  che
 dei  parametri  costituzionali  dei  quali  si  e'  detto, la Regione
 Basilicata  prospetta  anche  la  violazione   dell'art.   18   della
 Costituzione,  conseguente,  a  suo  avviso,  alla  soppressione  del
 procedimento   di   compensazione   effettuato   all'interno    delle
 associazioni provinciali di produttori; la Regione Lazio prospetta, a
 sua  volta,  la  violazione  dell'art. 3 della Costituzione, sotto il
 profilo  dell'eccesso  di  potere  legislativo, poiche' la disciplina
 impugnata sarebbe  tardiva  e  quindi  inefficace  rispetto  al  fine
 dichiarato   di   adeguare   l'ordinamento   interno  ai  regolamenti
 comunitari; la Regione Molise prospetta la violazione degli artt. 3 e
 97 della Costituzione,  perche'  da  un  lato  verrebbe  riconosciuta
 l'impossibilita'  per  gli  acquirenti  di  operare  il  recupero del
 prelievo restituito a taluni produttori e dall'altro verrebbe imposto
 alle Regioni di recuperare coattivamente somme non piu'  in  possesso
 degli   acquirenti   in  quanto  questi  hanno  ottemperato  a  norme
 preesistenti.    Un'altra  censura  e'  proposta  poi  dalle  Regioni
 Lombardia  e  Veneto  in  relazione alla disposizione dell'art. 3 del
 d.-l. n. 552 del 1996, convertito dalla legge n.  642  del  1996,  la
 quale,  prevedendo  l'operativita' della compensazione nazionale solo
 "qualora" se ne determinino le  condizioni,  pur  in  presenza  della
 contemporanea vigenza dei decreti-legge nn. 440 e 542, con i quali e'
 stata  disposta  la cessazione della efficacia delle disposizioni che
 prevedevano la  compensazione  su  base  provinciale,  aumentando  la
 confusione    della    disciplina,   violerebbe   il   principio   di
 ragionevolezza  e   quello   di   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione  (artt.  3  e  97 della Costituzione).   Un'ulteriore
 censura e' proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano, la quale, in
 relazione all'art. 2,  comma  172,  della  legge  n.  662  del  1996,
 prospetta,  sia  pure  in via ipotetica, la violazione dell'art.  136
 della Costituzione, dal momento che  l'eventuale  accoglimento  delle
 questioni  sollevate nei confronti dei decreti-legge e delle leggi di
 conversione potrebbe risultare limitato dalla  clausola  di  salvezza
 degli effetti prodotti dai medesimi decreti-legge contenuta, appunto,
 nel  comma 172.  La Regione Friuli-Venezia Giulia, infine, censura la
 sostanziale riproduzione di disposizioni gia' presenti in  precedenti
 decreti-legge  impugnati effettuata dall'art. 2, commi 166-170, della
 legge n. 662 del 1996. Tale tecnica  legislativa  potrebbe  ritenersi
 volta,  ad  avviso  della  Regione,  a  porre nel nulla i ricorsi sui
 decreti-legge, in violazione del principio di leale collaborazione  e
 delle  norme  statutarie  attributive  della competenza in materia di
 agricoltura.
   9. - Con riferimento a queste censure, nella parte in cui con  esse
 si  investe  la  regolamentazione  della compensazione per il periodo
 1995-1996, va dichiarata la cessazione della materia del  contendere.
 Infatti  l'art.  3  del  d.-l.  n. 411 del 1997, nel testo risultante
 dalla legge di conversione, sostituendo interamente e  con  efficacia
 retroattiva  la  disciplina  contenuta  nelle disposizioni impugnate,
 stabilisce che per il solo periodo 1995-1996 l'AIMA, nell'eseguire la
 rettifica della compensazione nazionale, procede al raffronto  tra  i
 dati  della  compensazione nazionale effettuata ai sensi dell'art.  3
 del d.-l. 23 ottobre 1996, n.  552,  convertito,  con  modificazioni,
 dalla  legge  20  dicembre  1996,  n.  642,  e quelli derivanti dalla
 applicazione,  da  parte  dell'AIMA  stessa,   delle   regole   della
 compensazione  precedentemente in vigore, dati determinati sulla base
 dei risultati degli accertamenti di cui all'art. 2, ai  quali  si  e'
 accennato  nel  precedente  punto  7,  ed  applica in via perequativa
 l'importo del prelievo supplementare che risulta meno oneroso  per  i
 produttori.  Sia  nell'ipotesi  di  compensazione  secondo  le regole
 precedenti sia in  quella  di  compensazione  nazionale,  i  dati  da
 assumere  a  base  non sono quelli conseguenti all'applicazione delle
 disposizioni impugnate, ma quelli nuovi, derivanti dagli accertamenti
 di  cui  all'art.  2  del  d.-l.  n.  411  del  1997,  come si evince
 dall'univoco tenore dell'art. 3 e dell'art. 2,  comma  11.  La  nuova
 disciplina  investe,  pertanto, sia la base della compensazione sia i
 criteri con i quali essa deve essere effettuata.   La  disciplina  in
 vigore  anteriormente  a  quella censurata era contenuta nell'art. 5,
 commi 5 e 12, della legge 26 novembre 1992, n.  468  (Misure  urgenti
 nel   settore   lattiero-caseario).   Il   comma   5   prevedeva  una
 compensazione per associazioni di produttori e il criterio era quello
 di compensare su base provinciale le  maggiori  quantita'  consegnate
 dai produttori con le minori, e di imputare il prelievo supplementare
 proporzionalmente   alle   quantita'  eccedenti  commercializzate  da
 ciascuno; il comma 12 prevedeva che, qualora si  fossero  determinate
 le  condizioni  per  l'applicazione  della  compensazione  nazionale,
 quando cioe' residuassero  dopo  la  compensazione  per  associazioni
 provinciali  quantita'  di  latte prodotto ancora da compensare, essa
 sarebbe stata effettuata secondo criteri da stabilirsi  dal  Ministro
 dell'agricoltura  e  delle  foreste  (oggi  Ministro per le politiche
 agricole), sentite le Regioni. La  disciplina  precedente  a  cui  si
 riferisce  l'art.  3 del d.-l. n. 411 del 1997, riguarda, ovviamente,
 anche i regolamenti di cui al d.P.R.  23 dicembre 1993, n. 569, e  al
 decreto  ministeriale  27  dicembre  1994,  n.  762.    La disciplina
 sopravvenuta,   in   conclusione,   relativamente    alla    campagna
 lattiero-casearia 1995-1996, innova retroattivamente e in maniera non
 puramente  formale  alle  disposizioni  impugnate:  non puo' pertanto
 farsi luogo a una pronuncia diversa dalla  cessazione  della  materia
 del  contendere. Cio' non pregiudica, sotto nessun profilo, la futura
 valutazione delle questioni sugli atti legislativi  sopravvenuti,  se
 ed in quanto siano stati tempestivamente e ritualmente impugnati.
   10.   -   Tuttora  vigente  e  non  coinvolto  nelle  modificazioni
 legislative sopravvenute e' l'art.  2  della  legge  n.  662  del  23
 dicembre  1996,  nella  parte  in  cui,  riferendosi anche ai periodi
 successivi al  1995-1996,  dispone  la  cessazione  dell'applicazione
 della  compensazione  per APL (comma 166), rinnova l'opzione a favore
 delle procedure di compensazione a livello nazionale  (comma  167)  e
 fissa  i criteri della compensazione e la gerarchia delle preferenze,
 disponendo che  essa  sia  effettuata,  nell'ordine,  in  favore  dei
 produttori delle zone di montagna, dei titolari di quota A e di quota
 B  nei confronti dei quali e' disposta la riduzione della quota B nei
 limiti del quantitativo ridotto, in  favore  dei  produttori  ubicati
 nelle  zone  svantaggiate,  dei  titolari  della  quota  A  che hanno
 superato la propria quota nei limiti del cinque per cento della quota
 medesima,  di  tutti  gli  altri  produttori  (comma  168).   Vigente
 altresi',  in tema di compensazione, e' l'art.  3, comma 2, del d.-l.
 23 ottobre  1996,  n.  552,  il  quale  stabilisce,  per  quanto  qui
 interessa,  che  la  compensazione  nazionale  deve essere effettuata
 entro il termine del 31 luglio di ciascun anno e che  gli  acquirenti
 debbono  comunicare,  anche alle Regioni e alle Province autonome ove
 sono ubicate le aziende dei produttori, una situazione mensile  delle
 consegne  di latte.   Sulla compensazione per i periodi successivi al
 1995-1996, l'applicazione del principio della  lex  posterior  fa  di
 quelle  ora  citate  le  disposizioni  allo stato scrutinabili. E' in
 primo luogo da escludere che  il  fine  perseguito  dal  legislatore,
 nell'inserire  nella  legge  n.  662  del 1996 i commi 167 e seguenti
 dell'art.  2,  fosse  quello  di  privare  le  Regioni e la Provincia
 autonoma ricorrenti del diritto di ottenere una decisione nel  merito
 sulle  impugnazioni  gia'  proposte,  come  invece sostiene la difesa
 della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.     Tra   le   corrispondenti
 disposizioni    dei    due   precedenti   decreti-legge,   convertiti
 rispettivamente dalle leggi n. 642 e  n.  649  del  1996,  v'era  una
 diversita'  di  formulazione  che  aveva  fatto sorgere, nelle stesse
 Regioni ricorrenti (segnatamente nelle Regioni Lombardia  e  Veneto),
 il dubbio che l'esito finale del sovrapposto legiferare attraverso le
 due  distinte  catene di decreti-legge non fosse l'eliminazione delle
 procedure  di  compensazione  per  APL,  e  che  la  normativa  delle
 procedure  di  compensazione  fosse rimasta frammentaria e confusa, e
 per cio' stesso censurabile per violazione del canone della  certezza
 operante nei rapporti tra Stato e Regioni.  Sta di fatto che la legge
 n.  642  del  1996,  nel  convertire  il  d.-l.   n. 552 del 1996, ne
 stabilizzava gli effetti anche in relazione al suo art. 3,  comma  1,
 la  cui  formulazione testuale ("qualora si determinino le condizioni
 per l'applicazione  della  compensazione  nazionale"  ecc.)    poteva
 lasciar   adito   al   dubbio   che  vi  fossero  situazioni  in  cui
 l'applicazione della compensazione nazionale non potesse aver luogo e
 che quindi sopravvivesse un  qualche  ambito  di  applicazione  delle
 procedure  di  compensazione per APL, gia' regolate dall'art. 5 della
 legge n. 468 del 1992. E' vero che la legge di conversione n. 649 del
 1996, successiva se pure di soli  tre  giorni  alla  precedente,  era
 stata  piu'  precisa nel disporre la soppressione della compensazione
 per  APL  e  la  permanenza  in  vigore  delle  sole   procedure   di
 compensazione   a   livello  nazionale.     E  tuttavia  il  continuo
 avvicendarsi di decreti-legge, che recavano  sul  punto  disposizioni
 non  perfettamente  coincidenti e di non univoca interpretazione e di
 leggi  di  conversione  con  formulazioni  non  omogenee  era   stato
 incalzante,  sicche',  anche  in  vista  di  un possibile decorso del
 termine di conversione  del  d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  542,  che
 conteneva  la  formulazione  piu'  precisa,  e'  parso  opportuno  al
 Parlamento  acquisire  definitivamente,  con  disposizioni  univoche,
 chiare  e  svincolate  dalle incerte vicissitudini della decretazione
 d'urgenza, le nuove regole per la compensazione.  Queste  essendo  le
 motivazioni  che  hanno  indotto a riprodurre nella legge 23 dicembre
 1996, n. 662, disposizioni che in parte erano gia' contenute in altri
 testi, esse non paiono  a  questa  Corte  censurabili:  non  si  da',
 infatti,  nel  caso presente, un'ipotesi in cui la legge riproduttiva
 non sia sorretta  da  alcuna  riconoscibile  ragion  d'essere  e  sia
 percio'   obiettivamente   intesa   a   frustrare  la  gia'  proposta
 impugnazione regionale.   Cio'  premesso,  in  relazione  ai  ricorsi
 aventi  ad  oggetto  la  compensazione  per  i  periodi successivi al
 1995-1996 contenuta nei decreti-legge, nelle leggi di  conversione  e
 nelle  disposizioni di sanatoria, ivi compresa quella di cui all'art.
 2, comma 172, della legge n. 662  del  1996,  peraltro  espressamente
 abrogata  dal  d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge
 28 febbraio 1997, n. 30, deve essere dichiarata la  cessazione  della
 materia  del  contendere, le sole disposizioni vigenti e scrutinabili
 essendo quelle contenute nei commi 166, 167 e 168 dell'art.  2  della
 legge n. 662 del 1996 e quella di cui all'art.  3, comma 2, del d.-l.
 23  ottobre 1996, n. 552, convertito dalla legge 20 dicembre 1996, n.
 642.
   11.  -  Prive  di fondamento sono le censure proposte contro l'art.
 2, commi 166 e 167 della legge n. 662 del 1996 dalle Regioni  Veneto,
 Lombardia,  Friuli-Venezia  Giulia  e  dalla  Provincia  autonoma  di
 Bolzano, le quali con analoghe formulazioni si dolgono del fatto  che
 per  effetto  di queste disposizioni sia venuta meno la compensazione
 per APL, che consentiva un controllo dell'andamento della  produzione
 e  di riflesso l'esercizio dei poteri programmatori in una materia di
 competenza regionale e provinciale,  nonche'  quelle  proposte  dalle
 medesime  ricorrenti nei confronti dell'art. 3, comma 2, del d.-l. n.
 552 del 1996, convertito dalla legge n. 642 dello stesso  anno.    La
 soppressione  della  compensazione  per  APL e' sopravvenuta non come
 autonoma determinazione del legislatore, ma a seguito della procedura
 di infrazione avviata dalla Commissione CEE con parere  motivato  del
 20  maggio  1996,  nel  quale,  rilevato  che  con  tale  sistema  di
 compensazione la Repubblica italiana era venuta  meno  agli  obblighi
 che  le  incombevano  in  virtu'  del  regolamento  CEE 3950/1992 del
 Consiglio,  la  invitava  ad  adottare  le  misure   necessarie   per
 conformarsi.  L'alternativa di fronte alla quale lo Stato italiano si
 era venuto a trovare a seguito del predetto parere era  se  mantenere
 il  sistema  vigente  e  contrastare  con i mezzi offerti dal diritto
 comunitario la soluzione interpretativa del regolamento CEE  adottata
 dalla   Commissione,   affrontando  anche  l'alea  di  una  eventuale
 soccombenza,  ovvero  attenervisi.  Pur  vertendosi  in  materia   di
 competenza regionale e provinciale, non puo' essere negato allo Stato
 il   potere   di  decidere  se  e  fino  a  quale  punto  corrisponda
 all'interesse nazionale intraprendere o protrarre una controversia in
 sede comunitaria.  Il fatto che la controversia  fosse  nella  specie
 destinata  ad  incidere sulla disciplina di una materia di competenza
 delle Regioni e delle Province autonome comportava indubbiamente  che
 queste  dovessero poter disporre di una sede nella quale esternare il
 proprio punto di vista e sottoporlo alla  ponderazione  dello  Stato;
 richiedeva,  cioe',  che  lo  Stato  avviasse  adeguate  procedure di
 consultazione. Nel caso in esame, contrariamente a  quanto  affermato
 da  alcune  delle  ricorrenti,  tali procedure risultano essere state
 intraprese: dal verbale della riunione del Comitato permanente  delle
 politiche   agroalimentari   e  forestali  del  17  luglio  del  1996
 (acquisito agli atti a  seguito  dell'ordinanza  istruttoria  del  16
 dicembre   1997)  si  evince  che  l'allora  Ministro  delle  risorse
 agricole, alimentari e forestali ha reso nota ai rappresentanti delle
 Regioni e  delle  Province  autonome  l'esistenza  del  parere  della
 Commissione  CEE  ed  ha  annunciato  l'intendimento  governativo  di
 evitare un contenzioso davanti alla Corte di  giustizia.  Alcuni  dei
 rappresentanti  regionali  presenti  hanno  avuto  l'opportunita'  di
 manifestare il proprio orientamento contrario e di esprimere l'avviso
 di  resistere  ai  rilievi  della  Commissione.  Dai  verbali   delle
 successive  riunioni  del  Comitato  risulta poi che il tema e' stato
 ulteriormente dibattuto fra  i  rappresentanti  delle  Regioni  e  il
 Ministro  prima  della  adozione  in  via definitiva della disciplina
 oggetto  delle  censure  in  esame.    Anche  se  non  vi  e'   stata
 l'espressione  di  un  vero  e proprio parere delle Regioni, non puo'
 dirsi, in conclusione, che la  consultazione  regionale  sia  affatto
 mancata.  Non  si trattava, infatti, in questo caso di elaborazione o
 di coordinamento delle linee di politica agricola, agroindustriale  e
 forestale,  in  relazione  alla  quale  la  piu' recente legislazione
 prevede,  in  luogo  della  consultazione prescritta dalla disciplina
 previgente (art. 12 della legge 23 agosto 1988,  n.  400),  un'intesa
 con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni
 e le Province autonome (art. 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997,
 n.  143).  Si  trattava  invece  della decisione se contrapporsi alle
 determinazioni  degli  organi  della  comunita':  una  decisione  che
 coinvolge  gli  indirizzi  e la responsabilita' dello Stato nella sua
 unita', in relazione alla quale e' sufficiente che le Regioni abbiano
 avuto una sede di confronto in cui esternare  i  propri  orientamenti
 affinche'   anch'essi,  insieme  alla  contestazione  avanzata  dalla
 Commissione, si offrissero come base politica della determinazione da
 assumere.
   12. - E' fondata, invece, la censura nei confronti  del  comma  168
 dell'art.  2  della  legge  n.  662  del 1996, proposta dalle Regioni
 Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia  autonoma
 di  Bolzano,  secondo cui l'ordine delle preferenze nell'applicazione
 della  compensazione  in  sede  nazionale  e'  stato  unilateralmente
 fissato  dallo Stato senza aver previamente acquisito il parere delle
 Regioni e delle Province autonome.  Che la determinazione dei criteri
 appartenga allo Stato e non alle Regioni e alle Province autonome non
 puo' essere revocato in dubbio e cosi' pure  non  e'  dubitabile  che
 spetti  allo Stato l'applicazione dei criteri della compensazione. Si
 tratta di attivita' che trascendono la sfera delle  Regioni  e  delle
 Province  autonome  e che per definizione non possono essere compiute
 in ambito locale. Nondimeno, poiche'  ne  e'  coinvolto  lo  sviluppo
 della  produzione  lattiera  in  zone  determinate  del  territorio a
 scapito di  altre,  e  di  riflesso  la  programmazione  regionale  e
 provinciale,  i  criteri non avrebbero potuto essere stabiliti se non
 dopo aver acquisito in maniera formale  il  parere  delle  Regioni  e
 delle  Province autonome espresso nella sede appropriata, non essendo
 bastevole una comunicazione del tutto informale al  di  fuori  di  un
 ordine  del giorno prestabilito e non seguita da alcuna deliberazione
 da parte delle Regioni.   Al riguardo non  e'  priva  di  rilievo  la
 circostanza  che,  per  l'ipotesi  di  compensazione  nazionale della
 produzione  di  latte,  la   disciplina   previgente   prevedeva   un
 procedimento  nel  quale  venivano  sentite  le Regioni e le Province
 autonome anche ai fini della determinazione dei criteri. Dai  verbali
 delle riunioni del Comitato permanente delle politiche agroalimentari
 e  forestali,  non  risulta,  invece,  che sia mai stata sottoposta a
 deliberazione alcuna ipotesi per quanto concerne i criteri da seguire
 nella compensazione nazionale: se cioe' dovessero essere preferite le
 zone di montagna rispetto a quelle svantaggiate,  quale  posto  nella
 graduatoria  sarebbe dovuto spettare alle aziende che avessero subito
 le riduzioni della quota B, ovvero riduzioni della quota A,  e  quale
 dovesse  essere  la collocazione degli altri produttori di latte. Non
 e' stata offerta alle  Regioni  la  possibilita'  di  manifestare  il
 proprio orientamento e di precisare se, in aggiunta o in sostituzione
 dei   criteri   enumerati,   altri   potessero   essere  individuati.
 L'innegabile interferenza con i poteri programmatori delle Regioni  e
 delle  Province, per il principio di leale cooperazione, postulava un
 coordinamento con queste almeno nella forma del parere. L'esser  tale
 coordinamento   mancato  comporta  la  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 2, comma 168, della legge 23 dicembre 1996, n.  662,  nella
 parte  in  cui  stabilisce  i  criteri  in  base ai quali deve essere
 effettuata la compensazione nazionale senza che sia stato previamente
 acquisito il parere delle Regioni e delle Province autonome.
   13.  -  Non  e'  fondata,  invece,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.-l. 23  ottobre  1996,  n.
 552, sollevata dalle Regioni Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
 e dalla Provincia autonoma di Bolzano. Tale disposizione introduce il
 comma  12-bis  nell'art.  5  della  legge  26  novembre 1992, n. 468,
 stabilendo, da un lato, che la compensazione  nazionale  deve  essere
 effettuata   dall'AIMA  entro  il  31  luglio  di  ciascuno  anno  e,
 dall'altro, che  gli  acquirenti  devono  trasmettere  la  situazione
 mensile  delle  consegne  di  latte  anche  alle  Regioni  o Province
 autonome. Non e' violata alcuna competenza regionale,  men  che  meno
 sono  compromesse  le  funzioni  di controllo spettanti alla Regioni,
 poiche', all'evidenza, si tratta di misure  che  tali  funzioni  sono
 dirette a facilitare.
   14.  - Deve essere ora esaminato quello che si e' sopra individuato
 come terzo oggetto della disciplina impugnata,  ovvero  la  normativa
 concernente  i  programmi  volontari  di  abbandono  della produzione
 lattiera.   Occorre prendere in  considerazione  i  ricorsi  proposti
 dalle  Regioni  Lombardia,  Veneto  ed  Emilia-Romagna  nei confronti
 dell'art. 3, commi 4 e 5, del d.-l. 8  luglio  1996,  n.  353,  dalle
 Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e  Veneto nei confronti dell'art. 3,
 commi 4 e 5, del d.-l.   6 settembre  1996,  n.  463,  dalle  Regioni
 Veneto  e  Friuli-Venezia Giulia nei confronti dell'art. 3, commi 4 e
 5,  del  d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  552,  dalle  Regioni  Veneto,
 Lombardia,  Friuli-Venezia  Giulia  e  dalla  Provincia  autonoma  di
 Bolzano nei confronti della  legge  20  dicembre  1996,  n.  642,  di
 conversione  del  d.-l.  n.  552  del 1996, la quale ha, tra l'altro,
 introdotto, nell'art. 3  del  decreto-legge,  il  comma  5-bis.    Le
 disposizioni  contenute  nei  decreti-legge,  reiterate  in  un testo
 sostanzialmente identico, prevedono l'adozione, da  parte  dell'AIMA,
 secondo  quanto disposto dall'art. 8 del regolamento CEE n. 3950/1992
 del Consiglio del 28 dicembre 1992,  di  un  programma  di  abbandono
 totale o parziale della produzione lattiera, previa corresponsione di
 una indennita' a ciascun produttore per la cessione delle quote latte
 di  cui  e'  titolare,  destinate a confluire nella riserva nazionale
 (art. 3, comma 4). L'AIMA provvede, poi, alla riassegnazione di  tali
 quote  ai  produttori  che  ne  facciano  richiesta ad un prezzo pari
 all'indennita' versata, in  base  ad  alcuni  criteri  di  priorita',
 specificamente  determinati,  in  modo  da  assicurare  che almeno il
 cinquanta per cento dei quantitativi liberati  sia  attribuito  nella
 Regione  o  nella  Provincia  autonoma  di provenienza e che le quote
 abbandonate dai produttori delle zone di montagna siano attribuite  a
 produttori  con  azienda ubicata in dette zone (art. 3, comma 5).  La
 disciplina della riassegnazione e' stata modificata  dalla  legge  di
 conversione  del  d.-l.  n.  552  del  1996, la quale, da un lato, ha
 modificato il comma 5 dell'art.  3,  prevedendo  che  i  quantitativi
 liberati   siano   totalmente  riattribuiti  nella  Regione  o  nella
 Provincia autonoma di provenienza e,  dall'altro,  ha  introdotto  il
 comma  5-bis  il  quale  dispone che la riassegnazione delle quote e'
 effettuata dall'AIMA nelle  Regioni  o  nelle  Province  autonome  di
 provenienza,  prevedendo  un  periodo non inferiore a tre mesi per la
 presentazione delle domande; nel  caso  in  cui  in  tali  Regioni  o
 Province  autonome  non  vengano  presentate  domande,  o  ne vengano
 presentate  per  un  ammontare  inferiore alle disponibilita', l'AIMA
 provvede ad attribuire le quote non assegnate su base  nazionale.  Le
 sostanziali  innovazioni  introdotte  dalla  legge  n.  642  del 1996
 impongono di ritenere  scrutinabili  nel  merito  le  sole  questioni
 sollevate  nei  confronti del d.-l. n. 552 del 1996, quale risultante
 dalla legge di conversione, e di dichiarare cessata  la  materia  del
 contendere  in  relazione  alle  questioni  che  hanno  ad  oggetto i
 decreti-legge nn. 353 e 463 del 1996, non convertiti, i cui  effetti,
 in  parte  qua  pur  fatti salvi dall'art. 1, comma 5, della legge di
 conversione n. 642 del 1996, non si sono mai prodotti, essendo  stato
 il  programma  di abbandono finanziato soltanto con deliberazione del
 Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del
 21 marzo 1997, e poi, come subito si dira',  sospeso  fino  a  future
 determinazioni   ministeriali.     Le  Regioni  Lombardia,  Veneto  e
 Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Bolzano deducono, in
 relazione  alle  disposizioni  ora  citate,   la   violazione   delle
 competenze  loro  spettanti  in  materia  di agricoltura in base alla
 Costituzione e agli statuti speciali e la violazione del principio di
 leale collaborazione tra Stato, Regioni e Province autonome,  e  cio'
 sotto  un  duplice  profilo:  da  un  lato, perche' tali disposizioni
 sarebbero state adottate senza alcuna preventiva consultazione  delle
 Regioni   e   delle  Province  autonome;  dall'altro,  perche'  nella
 individuazione dei criteri e nella concreta gestione dei programmi di
 abbandono non sarebbe previsto alcun coinvolgimento delle  Regioni  e
 delle   Province  autonome,  pur  vertendosi  in  materia  di  sicura
 competenza regionale e provinciale.
   15. - La disciplina sopravvenuta, contenuta nel d.-l.  n.  118  del
 1997  (Disposizioni  urgenti  in  materia di quote latte), convertito
 dalla legge n. 204 del 1997, non ha determinato la  cessazione  della
 materia  del  contendere.  Il  programma  per  l'abbandono volontario
 totale o parziale della produzione lattiera attraverso la cessione  a
 pagamento all'AIMA, da parte degli allevatori che intendano cessare o
 diminuire  la  produzione di latte nelle loro aziende, delle relative
 quote in vista della ridistribuzione  allo  stesso  prezzo  da  parte
 dell'AIMA, non e' stato eliminato ma soltanto sospeso dall'art. 1-bis
 della  predetta  legge di conversione, la quale ha anche disposto che
 con apposito decreto del  Ministro  per  le  politiche  agricole,  da
 emanarsi  dopo  la  conclusione  delle  procedure  di  revisione  dei
 quantitativi della produzione nazionale di latte commercializzata nei
 periodi 1995-1996 e 1996-1997 ripartita per  singoli  produttori,  il
 programma medesimo verra' ripreso.  Cio' posto, e' fondata la censura
 avanzata  dalle  predette ricorrenti nei confronti dell'art. 3, comma
 4, del d.-l. n. 552 del 1996, convertito nella legge n. 642 del 1996.
 Questa disposizione, nella parte in cui disciplina  un  programma  di
 volontario  abbandono,  totale  o parziale, della produzione lattiera
 adottato dall'AIMA senza neppure prevedere che in relazione  ad  esso
 lo  Stato  acquisisca  il  parere  delle  Regioni  e  delle  Province
 autonome, viola le competenze regionali e provinciali in  materia  di
 programmazione e di sviluppo dell'agricoltura.  Dal medesimo vizio e'
 affetto  il  comma  5-bis secondo periodo, dell'art.   3 dello stesso
 decreto, introdotto dalla legge di conversione, nella  parte  in  cui
 stabilisce  che,  nelle ipotesi in cui nelle Regioni o nelle Province
 autonome non vengano presentate domande di riassegnazione  o  vengano
 presentate  per  un  ammontare  inferiore alle disponibilita', l'AIMA
 provvede  ad  assegnare  le  quote  non  assegnate su base nazionale.
 Anche  in  questo  caso,  la  potenziale  incidenza  sui  poteri   di
 programmazione  regionale  e  provinciale  della  produzione lattiera
 avrebbe richiesto che lo Stato acquisisse il parere delle  Regioni  e
 delle  Province  autonome  in  ordine  ai  criteri  con  i quali tale
 assegnazione deve avvenire.   Altresi' fondate sono  le  censure  che
 investono  il  comma  5  e il comma 5-bis primo periodo, del medesimo
 art. 3, in base ai quali e' l'AIMA a provvedere  alla  riassegnazione
 delle  quote  secondo  i criteri di priorita' ivi elencati. Una volta
 stabilito, dallo stesso legislatore nazionale, che la  riassegnazione
 delle  quote latte liberate avvenga interamente nella Regione o nella
 Provincia autonoma di provenienza, la previsione  che  la  competenza
 alla  riassegnazione spetti allo Stato, e per esso all'AIMA, anziche'
 alle stesse Regioni o Province autonome,  comporta  violazione  delle
 competenze  regionali e provinciali in materia di agricoltura fissate
 dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e dagli artt. 8, numero  21,
 e 16 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige e 4, numero 2, e
 8  dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia.  Nonostante che
 la materia delle quote latte sia regolata  dal  diritto  comunitario,
 non  vengono  qui  in  considerazione, nella valutazione del medesimo
 legislatore nazionale, interessi  unitari  che  trascendano  l'ambito
 regionale  o  provinciale, sicche' il riparto di competenze stabilito
 da norme costituzionali non puo' essere alterato. Spetta infatti alle
 Regioni e alle  Province  autonome  dare  attuazione  ai  regolamenti
 comunitari  attraverso  misure  che  per  i loro effetti non eccedano
 l'ambito  locale.  Anche  i  criteri  sulla   base   dei   quali   le
 riassegnazioni   devono  essere  effettuate  in  ambito  regionale  e
 provinciale non possono essere  stabiliti  dalla  legge  statale,  ma
 devono  essere  fissati  dalle  medesime  Regioni  e  dalle  Province
 autonome  nel  rispetto  dei  regolamenti  comunitari  e  dei  limiti
 costituzionali  o  statutari  per  esse  rispettivamente previsti. E'
 infatti proprio nella possibilita' di determinare tali criteri che si
 compendia  la  scelta  politica  connessa  alla  posizione   che   la
 Costituzione  e gli statuti garantiscono alle Regioni e alle Province
 autonome.
   16. - In relazione alla disciplina  delle  vendite  e  dell'affitto
 delle  quote  latte,  vengono,  infine,  in  considerazione i ricorsi
 proposti dalle Regioni Lombardia e Veneto e dalla Provincia  autonoma
 di Bolzano nei confronti dell'art. 2, commi 173 e 174, della legge n.
 662  del  1996,  che  hanno  rispettivamente  sostituito  il  comma 6
 dell'art. 10 della legge n. 468 del 1992 e stabilito che a  decorrere
 dal  periodo  1996-1997  l'acquisto di una quota-latte da parte di un
 produttore  non   comporta   alcuna   riduzione   delle   quote   che
 precedentemente  gli  spettavano.    Contro  queste  disposizioni  le
 ricorrenti denunciano la lesione delle competenze ad  esse  spettanti
 in  materia  di  agricoltura  in  base  agli  artt.  117  e 118 della
 Costituzione  e  alle  corrispondenti  disposizioni   dello   statuto
 speciale della Regione Trentino-Alto Adige, nonche' la violazione del
 principio   di  leale  collaborazione.    Prima  della  modificazione
 introdotta dal comma 173, la cessione o l'affitto delle quote latte -
 che, ricorrendo determinate condizioni, sono validi anche se con essi
 non viene alienata o  concessa  in  affitto  l'azienda    agricola  -
 potevano  essere  effettuati  fino  al 30 novembre di ciascun anno ed
 avevano efficacia a partire dal periodo lattiero successivo. La nuova
 disposizione ha spostato il termine di efficacia della vendita (cosi'
 ora   qualificata) o dell'affitto al 31 dicembre ed ha stabilito che,
 limitatamente al periodo  1996-1997,  le  parti  possono  concordare,
 dandone  comunicazione  alle Regioni e alle Province autonome sino al
 15 gennaio 1997, che le vendite e gli affitti stipulati entro  il  31
 dicembre 1996 abbiano effetto anche nel periodo medesimo.  Le censure
 svolte  dalle  ricorrenti  nei  confronti  del comma 173 sono fondate
 nella parte in cui con esse si lamenta la violazione del principio di
 leale collaborazione, poiche' la modificazione  e'  stata  introdotta
 senza  che  siano  state ascoltate le Regioni e le Province autonome.
 Nella disciplina, di derivazione comunitaria,  della  cessione  delle
 quote  latte, funzioni squisitamente statali interferiscono con altre
 che spettano alle Regioni e alle  Province  autonome.  La  competenza
 dello  Stato  comprende  aspetti  della disciplina che direttamente o
 indirettamente investono istituti del diritto  privato.  E  cosi'  la
 decisione  se introdurre un regime di cedibilita' della quota, che il
 regolamento CEE 3950/1992 del  Consiglio  all'art.  6,  paragrafo  2,
 demanda a ciascuno Stato membro, e' destinata ad incidere sul sistema
 dei rapporti tra privati imprenditori e sul regime giuridico dei beni
 aziendali  (a partire dalla stessa possibilita' di concepire la quota
 latte come una sorta di bene immateriale suscettibile  di  costituire
 l'oggetto  di  negozi  di  trasferimento  separatamente dal complesso
 aziendale   al   quale   inerisce);   essa   postula   pertanto   una
 regolamentazione  uniforme  sul  territorio  nazionale che e' escluso
 possa essere elaborata in ambito  regionale  e  provinciale.  Per  le
 medesime ragioni appartiene allo Stato la definizione legislativa dei
 tipi  di  contratto  da  ricomprendere nella generica formulazione di
 "cessione" che compare nella norma comunitaria, cosi' come allo Stato
 compete la determinazione dei requisiti soggettivi  ed  oggettivi  di
 validita'  della  cessione,  delle  condizioni  della sua efficacia o
 delle forme e dei tempi nei quali e' consentita.    E  tuttavia,  nel
 riparto di attribuzioni tra Stato e Regioni e Province autonome, come
 attuato  dalla  legge  n.  468  del  1992,  le  funzioni di controllo
 relative all'applicazione della  normativa  comunitaria  sulle  quote
 latte, incluse quindi quelle riguardanti il trasferimento e l'affitto
 delle  quote  anche  separatamente  dall'azienda,  sono  svolte dalle
 Regioni e dalle Province di  Trento  e  di  Bolzano  (art.  8).  Tali
 funzioni   non   possono   esaurirsi  in  un'attivita'  di  riscontro
 cartolare,  di  tipo  burocratico,  della  regolarita'  formale   dei
 contratti, ma richiedono l'allestimento di un apparato ispettivo e di
 controllo adeguato all'attivita' da compiersi. Questa deve comportare
 la   verifica   dell'esistenza  in  concreto  di  tutti  i  requisiti
 prescritti dall'art.  10, terzo comma, della legge n. 468, quali,  ad
 esempio, che il produttore cedente non svolga piu', in relazione alle
 quote  cedute,  l'attivita'  di produzione; il controllo, destinato a
 protrarsi nel  tempo  per  risultare  effettivo,  circa  il  tipo  di
 utilizzazione  prescelto  per  il  bestiame originariamente destinato
 alla produzione della quota ceduta, o ancora, nel caso di acquisto  o
 affitto  di  quote  aggiuntive  a quelle inizialmente disponibili, la
 verifica che l'azienda agricola dell'acquirente abbia una  produzione
 lattiera  non  superiore  al  limite  di 30 tonnellate annue per ogni
 ettaro di superficie agraria utilizzata, esclusa quella  destinata  a
 boschi,  a frutteti o comunque a colture arboree, nonche' l'esistenza
 dell'ulteriore condizione che, con l'acquisizione delle nuove  quote,
 il  predetto  limite  non venga superato.   Se si considera dunque la
 complessita' dei riscontri richiesti e l'entita' dei compiti a cui le
 Regioni e le Province autonome sono  chiamate,  appare  evidente  che
 l'aver spostato il termine di efficacia della cessione fino al limite
 estremo  consentito  dal  regolamento  comunitario  ha  comportato il
 restringimento dei tempi  utili  per  lo  svolgimento  del  controllo
 preventivo  e  al  contempo  ha  imposto alle Regioni e alle Province
 autonome  oneri  organizzativi  aggiuntivi  e   quindi   ha   inciso,
 condizionandole,  sulle  determinazioni  che loro competono in ordine
 all'attivita' di  controllo.  Non  risponde  al  principio  di  leale
 cooperazione  che  deve  animare  i  rapporti  tra  Stato e Regioni e
 Province  autonome  l'aver  escluso  ogni  forma  di   partecipazione
 regionale e provinciale alla determinazione della disciplina statale,
 quantomeno  nella  forma  minima  del parere. Sotto questo profilo la
 censura mossa dalle ricorrenti deve essere accolta.  Non fondata  e',
 invece,  la  censura  che  le medesime ricorrenti muovono all'art. 2,
 comma 174, della legge n. 662 del 1996.  La  previsione  che  per  il
 produttore  lattiero  l'acquisto  di  una quota latte non comporta la
 riduzione della quota  originariamente  detenuta  attiene  unicamente
 agli   effetti  tipici  degli  atti  negoziali  che  in  nessun  modo
 potrebbero essere inibiti dalle Regioni e dalle Province  autonome  e
 che non incidono sulle competenze programmatorie e di controllo delle
 quali queste ultime sono titolari.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
     1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma
 168,  della   legge   23   dicembre   1996,   n.   662   (Misure   di
 razionalizzazione   della  finanza  pubblica),  nella  parte  in  cui
 stabilisce i criteri in base  ai  quali  deve  essere  effettuata  la
 compensazione  nazionale senza che sia stato previamente acquisito il
 parere delle Regioni e delle Province  autonome;
     2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4,
 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552  (Interventi  urgenti  nei  settori
 agricoli  e fermo biologico della pesca per il 1996), convertito, con
 modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642  (Conversione  in
 legge,  con  modificazioni,  del  d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  552,
 concernente interventi urgenti nei settori agricoli e fermo biologico
 della pesca per il 1996), nella parte in cui prevede l'adozione di un
 piano di abbandono totale o parziale della produzione lattiera  senza
 che  su  di  esso  sia  stato  previamente  acquisito il parere delle
 Regioni e delle Province autonome;
     3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi  5
 e 5-bis primo periodo, del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552, convertito,
 con  modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642, nella parte
 in cui attribuisce all'AIMA anziche' alle  Regioni  e  alle  Province
 autonome  il  compito  di  provvedere  alla riassegnazione, in ambito
 regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate e nella  parte
 in  cui  stabilisce  i  criteri in base ai quali la riassegnazione di
 dette quote deve essere effettuata;
     4) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  3,  comma
 5-bis secondo periodo, del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552, convertito,
 con  modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 642, nella parte
 in cui prevede  la  riassegnazione  su  base  nazionale  delle  quote
 abbandonate  e  non  riassegnate  in  ambito regionale e provinciale,
 senza previa consultazione delle Regioni e delle Province autonome;
     5) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
 173,  della  legge  23 dicembre 1996, n. 662, nella parte in cui, nel
 sostituire il comma 6 dell'art. 10 della legge 26 novembre  1992,  n.
 468  (Misure  urgenti  nel  settore  lattiero-caseario), differisce i
 termini ivi previsti senza la previa acquisizione  del  parere  delle
 Regioni e delle Province autonome;
     6)  dichiara  non  fondate,  in  riferimento  all'art.  77  della
 Costituzione, in relazione agli artt. 117 e 118  della  Costituzione,
 agli  artt.    4,  n.  2,  e  8  dello statuto speciale della Regione
 Friuli-Venezia Giulia e agli artt. 8,  n.  21,  e  16  dello  statuto
 speciale   della   Regione   Trentino-Alto  Adige,  le  questioni  di
 legittimita'  costituzionale  sollevate  dalle   Regioni   Lombardia,
 Veneto,  Friuli-Venezia  Giulia,  Emilia-Romagna,  Liguria e Molise e
 dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti  dei  decreti-legge
 15 marzo 1996, n. 124 (Regime comunitario di produzione lattiera), 16
 maggio  1996,  n.  260 (Regime comunitario di produzione lattiera), 8
 luglio 1996, n. 353 (Interventi urgenti nei settori agricoli e  fermo
 biologico   della   pesca  per  il  1996),  8  agosto  1996,  n.  440
 (Differimento di termini  previsti  da  disposizioni  legislative  in
 materia  di  interventi  in  campo  economico e sociale), 6 settembre
 1996, n.  463  (Interventi  urgenti  nei  settori  agricoli  e  fermo
 biologico  della  pesca  per  il  1996),  23  ottobre  1996,  n.  542
 (Differimento di termini  previsti  da  disposizioni  legislative  in
 materia  di  interventi  in  campo  economico e sociale) e 23 ottobre
 1996, n. 552, nonche' nei confronti delle leggi 23 dicembre 1996,  n.
 649  (Conversione,  con  modificazioni, del d.-l. 23 ottobre 1996, n.
 542) e 20 dicembre 1996, n. 642, con i ricorsi indicati in epigrafe;
     7)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2,  commi 166-174, della legge 23 dicembre
 1996, n. 662, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3  e  72  della
 Costituzione,  in  relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
 dalle Regioni Lombardia e Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe;
     8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  dei decreti-legge 16 maggio 1996, n. 260, 6 settembre
 1996, n. 463, 23 ottobre 1996, n. 542 e  23  ottobre  1996,  n.  552,
 nonche'  delle  leggi  23 dicembre 1996, n. 649, 20 dicembre 1996, n.
 642  e  23  dicembre  1996,   n.   662,   sollevate   dalla   Regione
 Friuli-Venezia  Giulia  in  riferimento  all'art.  44  dello  statuto
 speciale, in relazione agli artt. 4, n.  2, e 8 dello statuto  stesso
 e  dalla  Provincia  autonoma  di Bolzano in riferimento all'art. 52,
 quarto comma, dello  statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto
 Adige, in relazione agli artt. 8, n.  21, e 16 dello statuto stesso e
 all'art. 19, secondo comma, del d.P.R.  1 febbraio 1973, n. 49 (Norme
 di  attuazione  dello  Statuto  speciale per la Regione Trentino-Alto
 Adige: organi della regione e delle province di Trento  e  Bolzano  e
 funzioni regionali), con i ricorsi indicati in epigrafe;
     9)  dichiara  cessata la materia del contendere in relazione alle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  1  del  d.-l.  15
 marzo  1996,  n.  124,  dell'art. 1 del d.-l. 16 maggio 1996, n. 260,
 dell'art. 2 del d.-l. 8 luglio 1996, n. 353, dell'art. 2 del d.-l.  6
 settembre 1996, n. 463, dell'art. 2 del d.-l.  23  ottobre  1996,  n.
 552,  della  legge  20  dicembre  1996,  n.  642,  nella parte in cui
 converte l'art. 2 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552, e dell'art.   2,
 comma  171,  della  legge  23  dicembre  1996,  n. 662, sollevate, in
 riferimento agli artt. 3, 5, 11, 24, 41, 97,  113,  116,  117  e  118
 della  Costituzione,  nonche'  in riferimento agli artt. 4, n. 2, e 8
 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia  e  8,  n.
 21,  e  16  dello  statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige
 dalle   Regioni   Lombardia,   Veneto,   Friuli-Venezia   Giulia   ed
 Emilia-Romagna  e  dalla Provincia autonoma di Bolzano, con i ricorsi
 indicati in epigrafe;
     10) dichiara cessata la materia del  contendere  in  ordine  alle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 3,
 del d.-l. 8 luglio 1996, n. 353, dell'art. 3, commi 1 e 3, del  d.-l.
 6  settembre  1996,  n.  463,  dell'art. 3, commi 1 e 3, del d.-l. 23
 ottobre 1996, n. 552, convertito, con modificazioni, dalla  legge  20
 dicembre 1996, n. 642, e dell'art. 1, comma 5, di tale legge, nonche'
 dell'art.  11  del  d.-l.  8 agosto 1996, n. 440, e dell'art.  11 del
 d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con  modificazioni,  dalla
 legge  23 dicembre 1996, n. 649, dell'art. 1, comma 2, di tale ultima
 legge e dell'art. 2, comma 172, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
 sollevate, in riferimento agli artt. 3, 5, 11, 18, 41, 97, 117, 118 e
 136 della Costituzione e agli artt.  4,  n.  2,  e  8  dello  statuto
 speciale  della  Regione Friuli-Venezia Giulia e 8, n. 21, e 16 dello
 statuto speciale della Regione  Trentino-Alto  Adige,  dalle  Regioni
 Lombardia,  Veneto,  Emilia-Romagna,  Friuli-Venezia  Giulia,  Lazio,
 Basilicata, Molise e Liguria e dalla Provincia autonoma  di  Bolzano,
 con i ricorsi indicati in epigrafe;
     11)  dichiara  cessata  la  materia del contendere in ordine alle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  2,  commi  169  e
 170,  della  legge  23 dicembre 1996, n. 662, nonche' dei commi 166 e
 167 del medesimo art. 2, nella  parte  in  cui  si  riferiscono  alla
 compensazione  della  produzione  lattiera  per il periodo 1995-1996,
 sollevate, in riferimento agli artt. 3, 5, 11, 41,  97,  117,  e  118
 della  Costituzione  e agli artt. 4, n. 2, e 8 dello statuto speciale
 della Regione Friuli-Venezia Giulia  e  8,  numero  21,  e  16  dello
 statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto Adige, dalle Regioni
 Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia  autonoma
 di Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe;
     12)   dichiara   non   fondate   le   questioni  di  legittimita'
 costituzionale dei commi  166  e  167  dell'art.  2  della  legge  23
 dicembre  1996,  n.    662,  nella  parte  in cui si riferiscono alla
 compensazione della produzione lattiera per i periodi  successivi  al
 1995-1996, sollevate dalle Regioni Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia
 Giulia  e  dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  riferimento,
 rispettivamente,  agli  artt.  3,  11,  41,  97,  117  e  118   della
 Costituzione,  agli  artt.  4,  n. 2, e 8 dello statuto della Regione
 Friuli-Venezia Giulia e agli artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto della
 Regione Trentino-Alto Adige, nonche' per violazione del principio  di
 leale collaborazione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
     13)   dichiara   non   fondata   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.-l. 23  ottobre  1996,  n.
 552,  convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n.
 642,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  117   e   118   della
 Costituzione,  agli  artt.   4, n. 2, e 8 dello statuto della Regione
 Friuli-Venezia Giulia e agli artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto della
 Regione  Trentino-Alto  Adige,  dalle  Regioni  Lombardia,  Veneto  e
 Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di  Bolzano,  con  i
 ricorsi indicati in epigrafe;
     14)  dichiara  cessata  la  materia del contendere in ordine alle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi  4  e  5,
 del  d.-l.  8  luglio  1996,  n. 353, e dell'art. 3, commi 4 e 5, del
 d.-l. 6 settembre 1996, n. 463, e dell'art. 1, comma 5,  della  legge
 20  dicembre 1996, n. 642, sollevate, in riferimento agli artt. 117 e
 118 della Costituzione, 4, n. 2, e  8  dello  statuto  della  Regione
 Friuli-Venezia  Giulia  e al principio di leale collaborazione, dalle
 Regioni Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia con
 i ricorsi indicati in epigrafe;
     15)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 2, comma 174, della legge 23 dicembre 1996,
 n. 662,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione  e  agli  artt.    8,  n.  21, e 16, dello statuto della
 Regione Trentino-Alto Adige, e al principio di leale  collaborazione,
 dalle  Regioni  Lombardia  e  Veneto  e  dalla  Provincia autonoma di
 Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'11 dicembre 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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