N. 399 SENTENZA 10 - 12 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -   Condannato   contumace   -  Disciplina  delle
 notificazioni all'imputato in caso di irreperibilita' - Efficacia del
 decreto di irreperibilita' - Presunta inadeguatezza  degli  strumenti
 riparatori che il nuovo codice predispone a favore dell'imputato che,
 dichiarato  irreperibile,  non  abbia avuto conoscenza del processo -
 Adeguatezza   delle   innovazioni   legislative   alle    convenzioni
 internazionali - Non fondatezza.
 
 (C.P.P. artt. 159 e 160).
 
 (Cost., artt. 3, 10 e 24).
 
(GU n.50 del 16-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 159 e 160 del
 codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 2 giugno
 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso il  tribunale  di
 Reggio  Calabria,  iscritta  al  n. 526 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 36, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'11  marzo 1998 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                            Ritenuto in fatto
   1. -   Nel corso di un  procedimento  penale,  il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  il  tribunale  di Reggio Calabria, con
 ordinanza del 2 giugno 1997, ha sollevato, in riferimento agli  artt.
 3,   11   e   24   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 159 e 160 del codice di procedura penale.
   Il  giudice  a  quo  premette:  che  il  pubblico  ministero  aveva
 richiesto  il rinvio a giudizio dell'imputato, risultato irreperibile
 ancor prima che fosse possibile, ai sensi dell'art.  161  cod.  proc.
 pen.,  invitarlo  a  dichiarare  o eleggere domicilio; che neppure le
 nuove ricerche disposte  ai  sensi  dell'art.  159  cod.  proc.  pen.
 avevano  dato  esito positivo; che era stato quindi emesso decreto di
 irreperibilita' e la  notificazione  per  l'udienza  preliminare  era
 stata eseguita mediante consegna di copia al difensore.
   Sussistendo  le  condizioni per il rinvio a giudizio dell'imputato,
 il remittente  ritiene  "oggettivamente  rilevante  la  questione  di
 costituzionalita' del complesso normativo (artt. 159 e 160 cod. proc.
 pen.) che nella fattispecie consentirebbe l'emissione del decreto che
 dispone   il   giudizio".   A   suo  avviso,  la  vigente  disciplina
 processualpenalistica dell'irreperibilita'  dell'imputato  merita  di
 essere  sottoposta "nella sua interezza" alla valutazione del giudice
 delle leggi, poiche' consente l'instaurazione e la definizione di  un
 processo penale all'insaputa dell'interessato con evidenti disparita'
 di  trattamento  tra  imputato  e imputato e notevole pregiudizio del
 diritto di difesa nel suo significato piu' essenziale di possibilita'
 dell'imputato di essere presente al processo.
   I  rimedi  dell'incidente  di  esecuzione  (art.   670)   e   della
 restituzione  nel  termine  (art.  175), previsti dal nuovo codice di
 procedura penale per l'imputato che non abbia  avuto  conoscenza  del
 processo  per  fatto  a  lui non imputabile, sarebbero, ad avviso del
 giudice a quo, parziali ed inadeguati, poiche', da un lato, farebbero
 "ricadere sul condannato, che  ha  visto  negato  il  suo  diritto  a
 partecipare  al  processo,  l'onere  di  provare  in vinculis il caso
 fortuito, la forza maggiore o la mancanza  dei  presupposti  per  una
 valida   dichiarazione   di   irreperibilita'",   e,  dall'altro,  lo
 porrebbero in ogni caso "in grado di aspirare solo a un  giudizio  di
 impugnazione,  con  limitazioni  evidenti  del suo diritto alla prova
 (art. 176 cod. proc. pen.) e preclusione di accesso, ad  esempio,  ai
 riti alternativi".
   Appare  quindi  al remittente tuttora privo di efficaci garanzie il
 principio stabilito dall'art. 6, comma  2  (recte:  comma  3),  della
 convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
 liberta' fondamentali, che prevede il diritto dell'imputato di essere
 informato dell'esistenza di un processo a suo carico  e  di  disporre
 del  tempo e della possibilita' di approntare una adeguata difesa. In
 proposito, nell'ordinanza di rimessione si afferma che gia' nel  1985
 la  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  "ebbe modo di censurare"
 (sentenza  12 febbraio 1985, Colozza) la disciplina allora vigente in
 Italia, su presupposti che il nuovo codice non sembra avere superato.
   In definitiva, secondo il giudice a quo, il procedimento instaurato
 attraverso la notifica all'imputato  irreperibile  costituirebbe  una
 fictio  e  comporterebbe  "uno strappo" non accettabile al diritto di
 difesa; darebbe inoltre luogo a procedimenti penali inutili a  carico
 di stranieri casualmente presenti sul territorio, secondo una visione
 del  processo  penale come "macchina ineluttabile", che finirebbe con
 l'"assumere  caratteri  esclusivamente  burocratici   ed   autoritari
 infrangendo i diritti fondamentali della persona".
   Il  remittente  rileva  ancora che in quelli che egli definisce gli
 "ordinamenti penali  dei  Paesi  piu'  avanzati"  sarebbe  in  vigore
 l'opposto  principio del raggiungimento della conoscenza effettiva da
 parte dell'imputato del processo a suo carico e, negli ordinamenti di
 common  law,  della  presenza  necessaria  dell'imputato  dinanzi  al
 giudice;  afferma  che la lettura dell'art. 24 della Costituzione non
 potrebbe   piu'   prescindere   da    una    "meditata    valutazione
 comparatistica", come dimostrerebbero le difficolta' nei rapporti tra
 l'Italia e gli altri Stati, in materia di assistenza giudiziaria e di
 estradizione, che si sarebbero manifestate a causa della riconosciuta
 legittimita' nel nostro ordinamento delle sentenze contumaciali.
   Infine,  nell'ordinanza di rimessione si rileva che "la caducazione
 del rito" previsto  dagli  artt.  159  e  160  cod.  proc.  pen.  non
 produrrebbe "un vuoto di disciplina", imponendosi soltanto, in attesa
 di un intervento riformatore del legislatore, la sospensione de facto
 di tutti quei processi in cui non si sia potuto eseguire una regolare
 notifica ai sensi degli artt. 157 e 158 cod. proc. pen., o, comunque,
 interpellare  l'indagato  ai  fini  della dichiarazione o elezione di
 domicilio prevista dall'art. 161 cod. proc. pen.
   2. - E' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   Ad avviso dell'Avvocatura, l'istituto dell'irreperibilita'  sarebbe
 pienamente  coerente  tanto con il principio di ragionevolezza quanto
 con quello  di  inviolabilita'  del  diritto  di  difesa,  in  quanto
 quest'ultimo, come chiarito da questa Corte con la sentenza n. 54 del
 1971,   non  rappresenterebbe,  nel  nostro  ordinamento,  un  valore
 assoluto  da  tutelare  in  ogni  sua  possibile  articolazione,   ma
 costituirebbe  un  istituto  complesso,  regolato  ed armonizzato nel
 quadro di un sistema ispirato al contemperamento di  piu'  valori  ed
 interessi, tra cui quello della restaurazione dell'ordine giuridico.
   L'Avvocatura  richiama  la  sentenza  n.  117 del 1970 in base alla
 quale le notificazioni eseguite con il rito degli irreperibili devono
 ritenersi  prescritte  dal  legislatore  come  ultimo  e   necessario
 strumento  processuale,  onde  rendere comunque possibile l'ulteriore
 svolgersi del giudizio, a salvaguardia dell'interesse, di  preminente
 valore pubblico, connesso con l'esercizio della giurisdizione penale.
   D'altra  parte  -  rileva  ancora  l'Avvocatura  -  la Corte non ha
 mancato di osservare nella sentenza n. 215 del  1974  che  "non  puo'
 essere  addossato allo Stato un ulteriore onere nei confronti di chi,
 col suo comportamento volontario, ha posto in essere  una  situazione
 da  cui  possono derivare quelle conseguenze che lamenta il giudice a
 quo", poiche' "l'imputato diventa irreperibile per effetto della  sua
 negligenza,  evitando di curare quegli adempimenti formali prescritti
 dalle   norme   sull'ordinamento  delle  anagrafi  della  popolazione
 residente di cui all'art. 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228,  e
 all'art.  11 del relativo regolamento approvato con d.P.R. 31 gennaio
 1958, n. 136".
                        Considerato in diritto
   1.   -      Il   giudice   remittente   dubita  della  legittimita'
 costituzionale degli artt. 159 e 160 del codice di procedura  penale,
 che   disciplinano   le   notificazioni   all'imputato   in  caso  di
 irreperibilita' e l'efficacia del decreto di irreperibilita'.
   A suo avviso, le disposizioni censurate, prevedendo che in caso  di
 irreperibilita'   dell'imputato   le   notificazioni  siano  eseguite
 mediante   consegna   di   copia   al   difensore,    consentirebbero
 l'instaurazione  e la definizione di un processo penale nei confronti
 di un soggetto che non avrebbe  avuto  notizia  del  giudizio  a  suo
 carico.
   Cio'  contrasterebbe  con  gli  artt.  3, 11 (recte: 10) e 24 della
 Costituzione per le  possibili  ed  ingiustificate  sperequazioni  di
 trattamento  tra  imputati  e l'inaccettabile "strappo" al diritto di
 difesa,  inteso  nel  suo  piu'  essenziale  significato  di  diritto
 dell'imputato di essere informato dell'esistenza di un processo a suo
 carico e di disporre del tempo e della possibilita' di approntare una
 adeguata   difesa   (art.  6,  comma  3,  della  convenzione  per  la
 salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
 resa  esecutiva  con  legge  4  agosto 1955, n. 848), anche alla luce
 della sentenza del 12 febbraio 1985 della Corte europea  dei  diritti
 dell'uomo  e  di  una  meditata  valutazione  comparatistica  con gli
 ordinamenti penali dei Paesi piu' avanzati.
   2. - La questione, nei  termini  in  cui  e'  prospettata,  non  e'
 fondata.
   Il  legislatore  italiano  non  e'  rimasto insensibile ai richiami
 provenienti da diverse sedi  europee  (prima  della  citata  sentenza
 della  Corte  europea dei diritti dell'uomo del 1985, vi era stata la
 risoluzione n. 11  adottata  il  21  maggio  1975  dal  Comitato  dei
 Ministri  del  Consiglio  d'Europa,  che  conteneva sollecitazioni di
 analogo tenore). La legge 23 gennaio 1989, n.  22  (Nuova  disciplina
 della contumacia) ebbe, sia pure parzialmente, ad anticipare, proprio
 avendo  presente  l'insieme dei doveri ai quali lo Stato italiano era
 vincolato  in  forza  della  convenzione  europea  e   l'urgenza   di
 adempiervi  (cfr. la relazione al disegno di legge n. 1706 presentato
 alla Camera dei deputati il 19 ottobre 1987), le soluzioni  date  dal
 nuovo  codice  di procedura penale ai problemi suscitati dal processo
 contumaciale  in  generale,  e  dal  rito   degli   irreperibili   in
 particolare.
   Di   fronte   al  tema  della  conoscenza  del  processo  da  parte
 dell'imputato, la scelta del legislatore e' stata di  muoversi  lungo
 due  direttrici  convergenti: da un lato l'introduzione di molteplici
 previsioni volte a far si' che la conoscenza del processo sia  sicura
 ed  incontrovertibile;  dall'altro,  per  le  ipotesi estreme in cui,
 nonostante l'impiego dei mezzi apprestati, tale  conoscenza  non  sia
 stato  possibile assicurare preventivamente, l'allestimento di rimedi
 successivi  intesi  comunque  alla   salvaguardia   della   posizione
 dell'imputato  e  del suo diritto di difendersi. A questa logica, che
 combina insieme informazione preventiva e reintegrazione  successiva,
 obbediscono  tanto  le  disposizioni  che  regolano  la notificazione
 all'imputato  quanto quelle che danno rilievo alla mancata conoscenza
 della citazione ed introducono strumenti  riparatori  quando  ne  sia
 derivata l'instaurazione del processo in assenza dell'accusato.
   Quanto  all'informazione  preventiva,  posta  la  regola base della
 notifica con consegna a mani proprie del destinatario, il problema di
 come eseguire la  notifica  quando  non  sia  possibile  la  consegna
 personale  e' stato risolto dall'art. 157 che individua i luoghi dove
 puo'  ragionevolmente  presumersi  che  si  rinvenga  un   convivente
 dell'imputato.    A  questa  previsione si affianca, con l'intento di
 ulteriormente circoscrivere le ipotesi in cui all'imputato rimanga di
 fatto ignoto il procedimento, l'art. 161, il quale, nel  regolare  la
 dichiarazione  e  l'elezione  di  domicilio,  da compiersi non appena
 l'interessato venga a trovarsi in presenza dell'autorita' giudiziaria
 o abbia a ricevere un atto da questa nella qualita' di imputato o  di
 persona  sottoposta  alle  indagini, dispone che egli viene avvertito
 dell'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato  o
 eletto  e del fatto che, in mancanza, le notifiche successive saranno
 eseguite mediante consegna al difensore o nel luogo in cui l'atto  e'
 stato notificato.
   Solo   nelle  ipotesi  in  cui  gli  accorgimenti  predisposti  non
 producano la conoscenza del processo alla quale tendono, la  notifica
 deve  avvenire  secondo  il  rito della irreperibilita'. Ma anche con
 riferimento ad esso la disciplina vigente e' assai piu' rigorosa  che
 in  passato proprio in tema di ricerche prodromiche all'instaurazione
 del rito, in relazione alle quali si fa,  se  possibile,  ancor  piu'
 evidente  il  fatto che la scelta e' stata quella di evitare con ogni
 mezzo  che  il   procedimento   penale   abbia   corso   all'insaputa
 dell'interessato.     L'imputato  deve,  infatti,  essere  ricercato,
 cumulativamente e non alternativamente, in una serie  di  luoghi  nei
 quali  e'  piu' verosimile che possano essere acquisite notizie circa
 la sua attuale dimora.  Diversamente da quanto previsto  dal  vecchio
 codice,   l'art.   159,   comma   1,  configura  ora  in  termini  di
 obbligatorieta' le ricerche dell'imputato "particolarmente nel  luogo
 di nascita, dell'ultima residenza anagrafica, dell'ultima dimora e in
 quello  dove  egli abitualmente esercita la sua attivita' lavorativa,
 nonche' presso l'amministrazione carceraria centrale". E  non  e'  un
 mero  accidente  che,  nella  citata disposizione, compaia l'avverbio
 "particolarmente", poiche' e' proprio  questo  elemento  lessicale  a
 rendere  chiaro  che l'indicazione dei luoghi nei quali devono essere
 eseguite le ricerche non e' esaustiva,  e  che  pertanto  l'eventuale
 decreto  di  irreperibilita' non puo' essere adottato nei casi in cui
 emergano elementi che impongano di estendere le  ricerche  in  luoghi
 diversi  da quelli menzionati. Ne' e' privo di rilievo, ai fini della
 identificazione del carattere della  scelta  legislativa  e  del  suo
 essere   protesa  a  realizzare  una  situazione  di  conoscenza  del
 procedimento, il fatto che l'art. 160 introduca limiti temporali alla
 efficacia del decreto di  irreperibilita',  stabilendo  che  ad  ogni
 mutamento  di fase le ricerche devono essere rinnovate e che solo nel
 caso di esito ancora negativo deve essere emesso un nuovo decreto.
   3. - L'altro versante sul quale si e' mosso il legislatore nel  suo
 proposito   di  realizzare  i  valori  espressi  dall'art.  24  della
 Costituzione e dall'art. 6 della  convenzione  e'  quello  dei  mezzi
 riparatori   da  attivarsi  nelle  ipotesi  in  cui,  nonostante  gli
 accorgimenti  di  cui  si  e'  detto,  l'imputato  non  abbia   avuto
 conoscenza del procedimento.
   Alcuni  rimedi  riguardano  in  genere il processo contumaciale, ma
 sono esperibili, sotto determinate  condizioni,  anche  dall'imputato
 dichiarato  irreperibile: la restituzione nel termine per impugnare a
 condizione  che  egli  non  si  sia  sottratto  volontariamente  alla
 conoscenza  degli  atti  del  procedimento  (art.  175,  comma 2); la
 nullita' dell'ordinanza dichiarativa della contumacia se  al  momento
 in cui e' emessa vi e' la prova che l'assenza dell'imputato e' dovuta
 ad  assoluta  impossibilita'  di  comparire  per caso fortuito, forza
 maggiore o altro  legittimo  impedimento  (art.  487,  comma  4);  la
 rinnovazione   dell'istruzione   dibattimentale   in  appello  quando
 l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di  non
 essere  potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non
 avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che egli  non
 si  sia  sottratto  volontariamente  alla  conoscenza  degli atti del
 procedimento  (art.  603,  comma  4);  la  possibilita'  di   rendere
 dichiarazioni   spontanee   anche  nel  giudizio  di  Cassazione  per
 l'imputato, gia' contumace, che provi di non avere  avuto  conoscenza
 del procedimento a suo carico (art. 489, comma 1).
   Infine,   con  previsione  specificamente  riferita  al  condannato
 contumace   irreperibile,   l'art.   670   attribuisce   al   giudice
 dell'esecuzione  non  soltanto il potere di accertare l'esistenza del
 titolo e il  suo  carattere  di  esecutivita',  ma  anche  quello  di
 controllare  che  tale  titolo  si  sia  formato  nel  rispetto delle
 garanzie previste per l'imputato  irreperibile.    E  la  valutazione
 demandata  al  giudice  per l'esecuzione non e' limitata agli aspetti
 puramente formali, ma  e'  estesa  al  merito:  egli  puo',  infatti,
 ritenere  che  in  relazione  alle  emergenze  del  caso  concreto le
 ricerche di cui all'art. 159 avrebbero dovuto essere effettuate anche
 altrove e puo', conseguentemente, rimettere in termini l'imputato per
 l'impugnazione.
   4. - Gli strumenti riparatori che  il  nuovo  codice  predispone  a
 favore  dell'imputato  che,  dichiarato irreperibile, non abbia avuto
 conoscenza  del  processo  a  suo  carico  appaiono   al   remittente
 inadeguati.      Tali   strumenti  si  ridurrebbero,  a  suo  avviso,
 all'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 e  alla  restituzione
 nel  termine  per  impugnare  ai  sensi  dell'art. 175; con il primo,
 l'imputato verrebbe gravato dell'onere di provare in vinculis il caso
 fortuito  o  la  forza  maggiore  o  la  mancanza   di   una   valida
 dichiarazione   di  irreperibilita';  con  la  seconda,  gli  sarebbe
 concesso solamente il giudizio di impugnazione, che  e'  in  generale
 caratterizzato  da  consistenti  limitazioni al diritto alla prova, e
 gli rimarrebbe comunque precluso l'accesso ai  riti  alternativi.  Di
 qui la denunciata illegittimita' costituzionale degli artt. 159 e 160
 del   codice   di  procedura  penale,  concernenti  le  notificazioni
 all'imputato  in  caso   di   irreperibilita'   e,   rispettivamente,
 l'efficacia del decreto di irreperibilita'.
   Il  nucleo essenziale dell'argomentare dell'ordinanza di remissione
 e'  in   definitiva   che   l'inadeguatezza   dei   predetti   rimedi
 determinerebbe  l'illegittimita'  della  disciplina  del  rito  degli
 irreperibili in  quanto  tale.  E  per  corroborare  questa  drastica
 soluzione   il   remittente   richiama,   oltre   all'art.  24  della
 Costituzione, l'art. 6 della  convenzione  per  la  salvaguardia  dei
 diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  concernente il
 diritto  dell'imputato  di  essere  informato  nel  piu'  breve tempo
 possibile del processo a suo carico, e ricorda che gia' nel  1985  la
 Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  "ebbe  modo di censurare" la
 disciplina allora vigente in Italia sotto profili che il nuovo codice
 non avrebbe superato.
   Ma la Corte europea dei diritti dell'uomo,  nella  sentenza  citata
 dal  remittente,  ritenne leso il diritto ad un giusto processo in un
 caso in cui a un imputato, ritenuto  irreperibile  e  condannato  con
 sentenza  passata in giudicato, non era stata offerta la possibilita'
 di ottenere un nuovo procedimento nel quale  far  valere,  una  volta
 acquisita notizia certa dell'accusa mossa contro di lui, gli elementi
 a suo favore.
   Non  era in discussione in quella sentenza la legittimita' del rito
 degli irreperibili in quanto tale. Gli aspetti sui quali  il  giudice
 europeo  si concentro' riguardavano i rimedi da ritenere doverosi, in
 base alla convenzione, quando un legislatore nazionale  autorizzi  lo
 svolgimento   del   processo   nonostante   l'assenza  dell'accusato.
 L'interessato - fu questa la sostanza dell'enunciato dei  giudici  di
 Strasburgo  -  una  volta venuto a conoscenza del procedimento, ha il
 diritto di "ottenere che un organo  giurisdizionale  si  pronunci  di
 nuovo, dopo averlo ascoltato, sulla fondatezza dell'accusa".
   5.  -  L'art.  6  della convenzione per la salvaguardia dei diritti
 dell'uomo e delle liberta' fondamentali non impone l'adozione  di  un
 modello  processuale  unico  e  infungibile:  per far si' che il loro
 sistema giudiziario sia  in  armonia  con  il  principio  del  giusto
 processo,  gli  Stati  contraenti,  come  la Corte europea non nego',
 godono della piu' ampia liberta' nella scelta dei  mezzi  idonei.  Se
 cio'  e'  vero,  l'argomento su cui il giudice remittente si appoggia
 per sostenere che il rito degli irreperibili  deve  essere  eliminato
 con sentenza di questa Corte non puo' essere condiviso. La previsione
 di  un  simile  rito  e',  come  si e' detto, parte integrante di una
 complessa scelta di sistema compiuta dal legislatore, incentrata  sul
 duplice  criterio del massimo di impegno preventivo per assicurare la
 conoscenza del processo e dell'adozione  di  strumenti  riparatori  e
 reintegrativi  nei  casi estremi in cui l'obiettivo non si sia potuto
 raggiungere preventivamente.
   A tale scelta non possono essere contrapposte, in sede di sindacato
 di legittimita'  costituzionale,  valutazioni  che  assumerebbero  il
 carattere  di  un  giudizio  di opportunita'. Appare infatti evidente
 come la soluzione radicale prospettata  dal  remittente  sia  tesa  a
 sostituire  al  sistema  prescelto dal legislatore un sistema diverso
 nel quale il principio della conoscenza del processo si  realizzasse,
 per  intero e senza alcuna eccezione, preventivamente in modo che non
 vi fosse necessita' di introdurre strumenti riparatori. Con  cio'  si
 oltrepasserebbero   i   confini  di  una  accezione,  anche  la  piu'
 espansiva, del  ruolo  della  giustizia  costituzionale,  alla  quale
 compete  bensi'  imporre l'osservanza dei principi costituzionali, ma
 rispettando, ove possibile, le  scelte  di  sistema  del  legislatore
 anche  quando  il  merito  legislativo  del  quale  tali  scelte sono
 intessute possa apparire opinabile. Nel caso in esame  ne  verrebbero
 oltretutto  direttamente  o  indirettamente coinvolti, come lo stesso
 remittente dimostra di non  ignorare,  istituti  del  diritto  penale
 sostanziale  e del processo penale, quali la prescrizione dei reati e
 l'interruzione  e  la  sospensione  del  processo,   che   andrebbero
 ripensati  in un nuovo quadro sistematico nel quale la mancanza di un
 rito per gli irreperibili fosse divenuta elemento caratterizzante.
   6. - Le innovazioni introdotte dal nuovo  codice  denotano  che  il
 legislatore si e' adoperato per adeguare la disciplina del rito degli
 imputati   irreperibili   sia  alle  convenzioni  internazionali  sia
 all'art.  24 della Costituzione, che, nel proclamare  inviolabile  la
 difesa  in  ogni  stato  e  grado del procedimento, appresta a favore
 dell'imputato garanzie non meno pregnanti, che certamente comprendono
 il diritto, che la convenzione europea enuncia in maniera  esplicita,
 di  avere  notizia  del  procedimento  che  lo  riguarda  e  di avere
 l'opportunita' e il tempo di allestire le proprie difese.
   Il fatto  che  la  nuova  disciplina  non  giunga  a  prevedere  la
 reintegrazione   completa  dell'imputato  in  tutti  i  suoi  diritti
 processuali nell'ipotesi  in  cui  non  abbia  avuto  conoscenza  del
 processo puo' far sorgere questioni di legittimita' costituzionale il
 cui   esito,   se  riferite  alle  disposizioni  che  non  consentono
 all'imputato l'esercizio di un diritto  o  di  una  facolta'  di  cui
 avrebbe dovuto fruire, resta impregiudicato. E' comunque da escludere
 che  la denunciata insufficienza dei rimedi previsti ridondi in vizio
 di legittimita' costituzionale del rito penale per  gli  irreperibili
 in quanto tale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 159 e 160 del codice di procedura penale,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione, dal giudice per
 le  indagini  preliminari  presso il tribunale di Reggio Calabria con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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