N. 454 SENTENZA 16 - 30 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza -  Diritto  dei  lavoratori  extracomunitari
 invalidi  civili  all'iscrizione  nell'elenco  degli  invalidi civili
 disoccupati aspiranti al collocamento  obbligatorio  -  Insussistenza
 della  lacuna normativa oggetto di censura - Non fondatezza nei sensi
 di cui in motivazione.
 
 (Legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 1 e 5,  ora  sostituiti  dagli
 artt. 2, 3, comma 4, e 21, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286).
 
 (Cost., artt. 10, primo e secondo comma, 2 e 3).
 
(GU n.2 del 13-1-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,   prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof. Carlo  MEZZANOTTE,    prof.
 Guido NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 1 e 5 della legge 30 dicembre  1986,  n.  943  (Norme  in
 materia   di   collocamento   e   di   trattamento   dei   lavoratori
 extracomunitari immigrati  e  contro  le  immigrazioni  clandestine),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  7  ottobre  1997 dal pretore di
 Trieste, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1998 e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  15,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998;
   Udito nella camera di consiglio del  14  ottobre  1998  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Nel corso di un procedimento civile nel quale un rifugiato
 politico  di  nazionalita'  somala,  riconosciuto  invalido  con  una
 perdita permanente della capacita' lavorativa pari al 79%, chiede che
 sia  dichiarato  il  suo  diritto  ad essere iscritto nell'elenco dei
 lavoratori invalidi civili da avviare obbligatoriamente al lavoro  ai
 sensi  della  legge  2  aprile 1968, n. 482, il pretore di Trieste ha
 sollevato d'ufficio  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento  agli  articoli  10,  primo  e secondo comma, 2 e 3 della
 Costituzione, del combinato disposto degli artt. 1 e 5 della legge 30
 dicembre 1986,  n.  943  (Norme  in  materia  di  collocamento  e  di
 trattamento  dei  lavoratori  extracomunitari  immigrati  e contro le
 immigrazioni clandestine), nella parte  in  cui,  nell'attribuire  al
 Ministro  del  lavoro il potere di fissare le direttive in materia di
 impiego e  di  mobilita'  professionale  dei  lavoratori  subordinati
 extracomunitari,  "non  assicura  il  diritto  degli  extracomunitari
 invalidi civili di essere iscritti nell'elenco  di  cui  all'art.  19
 della legge n. 482" del 1968.
   Premette  il  remittente  che,  per  effetto  del  rinvio contenuto
 nell'art.   17 della  convenzione  di  Ginevra  del  28  luglio  1951
 relativa  allo  statuto  dei  rifugiati, resa esecutiva in Italia con
 legge 24 luglio 1954, n. 722, al ricorrente nel giudizio a  quo  deve
 estendersi  il trattamento previsto dalla legge n. 943 del 1986 per i
 lavoratori  extracomunitari. Tale legge, mentre all'art. 1 garantisce
 ai lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia "parita'
 di trattamento e piena uguaglianza di diritti" rispetto ai lavoratori
 italiani, all'art. 5, nell'abilitare il Ministro del lavoro a dettare
 direttive di carattere generale in materia di impiego e di  mobilita'
 professionale  di lavoratori extracomunitari, nulla dice in ordine al
 diritto   degli   extracomunitari   invalidi   ad   essere   iscritti
 nell'apposito elenco per l'avviamento obbligatorio al lavoro.
   Ad   avviso  del  giudice  a  quo  pertanto,  allo  stato  dovrebbe
 escludersi, in difetto  di  una  puntuale  previsione  normativa,  il
 diritto invocato in giudizio dal ricorrente.
   Tale  "interpretazione", che sarebbe la piu' aderente alla volonta'
 del legislatore e al testo delle disposizioni citate, appare pero' al
 remittente   in   contrasto   con   l'art.   10   della   convenzione
 dell'Organizzazione  internazionale  del  lavoro n. 143 del 24 giugno
 1975, resa esecutiva in Italia con legge 10 aprile 1981, n.  158,  ai
 cui  sensi  lo  Stato  e'  impegnato  a  "formulare  e ad attuare una
 politica nazionale diretta  a  promuovere  e  garantire,  con  metodi
 adatti  alle  circostanze  ed  agli  usi  nazionali,  la  parita'  di
 opportunita'  e  di  trattamento  in  materia  di  occupazione  e  di
 professione,  di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali,
 nonche' di liberta' individuali e collettive per le persone  che,  in
 quanto  lavoratori  migranti  o  familiari  degli  stessi, si trovino
 legalmente sul suo territorio".
   Poiche'  la  norma  della  convenzione  si  porrebbe  in  posizione
 sovraordinata  rispetto  alla  legislazione ordinaria, per effetto di
 quanto  previsto  dall'art.  10,  primo  e   secondo   comma,   della
 Costituzione,   l'omessa   previsione   del   diritto  all'iscrizione
 nell'elenco degli invalidi civili da avviare  al  lavoro  sarebbe  in
 contrasto con le predette norme costituzionali.
   Vi  sarebbe  altresi' contrasto con l'art. 2 della Costituzione, in
 quanto, negandosi la possibilita' di beneficiare di detta iscrizione,
 l'extracomunitario  invalido  ben  difficilmente  potrebbe  inserirsi
 nell'ambiente di lavoro, che costituirebbe una formazione sociale ove
 si  esplica  la  personalita'  dell'uomo;  nonche'  contrasto  con il
 principio di ragionevolezza delle  leggi  di  cui  all'art.  3  della
 Costituzione,  poiche'  la  parita'  di  trattamento  con i cittadini
 italiani verrebbe  assicurata  solo  per  il  tempo  successivo  alla
 instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, rischiando cosi' di
 rimanere  un'inutile  affermazione  di  principio per quei lavoratori
 extracomunitari i quali, per la loro condizione di deficienza fisica,
 si troverebbero di fatto nell'impossibilita' di accedere ad un  posto
 di lavoro.
   2.  -  Non  vi  e'  stata  costituzione di parti ne' intervento del
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                         Considerato in diritto
   1. -   La questione sollevata investe  l'omessa  previsione,  negli
 articoli 1 e 5 della legge 30 dicembre 1986, n. 943 (Norme in materia
 di  collocamento  e  di  trattamento  dei  lavoratori extracomunitari
 immigrati e contro le  immigrazioni  clandestine),  del  diritto  dei
 lavoratori  extracomunitari  invalidi civili di ottenere l'iscrizione
 nell'elenco  degli  invalidi  civili  disoccupati  che  aspirano   al
 collocamento  obbligatorio  a norma della legge 2 aprile 1968, n. 482
 (Disciplina  generale  delle  assunzioni   obbligatorie   presso   le
 pubbliche amministrazioni e le aziende private).
   Tale  omissione,  secondo  il  remittente, sarebbe in contrasto con
 l'art. 10 della convenzione OIL n.  143  del  24  giugno  1975,  resa
 esecutiva  in  Italia  con  la  legge  n.  158 del 1981, che assicura
 parita' di opportunita' e di trattamento in materia di occupazione, e
 per questo  violerebbe  l'art.  10,  primo  e  secondo  comma,  della
 Costituzione.  Sarebbe  altresi'  in  contrasto  con  l'art.  2 della
 Costituzione,  poiche'  ostacolerebbe  l'inserimento  dei  lavoratori
 extracomunitari   invalidi   nella   formazione   sociale  costituita
 dall'ambiente di lavoro; nonche' con l'art. 3 della Costituzione, per
 la irragionevolezza insita nell'assicurare parita' di trattamento tra
 cittadini e stranieri extracomunitari solo dopo  l'instaurazione  del
 rapporto di lavoro subordinato.
   2. - Le disposizioni degli artt. 1 e 5 della legge n. 943 del 1986,
 il  cui "combinato disposto" e' denunciato dal remittente, sono state
 formalmente abrogate dall'art. 47, comma 1, lettera  b)  del  decreto
 legislativo  25  luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
 concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
 dello straniero). Piu' precisamente, l'art. 1 della legge n. 943, per
 la  parte  che  qui  interessa, e' trasfuso nell'art. 2, comma 3, del
 citato   testo   unico,   mentre   le   disposizioni   dell'art.    5
 sull'avviamento  al lavoro degli extracomunitari sono oggi sostituite
 dalle disposizioni contenute  negli  artt.  3,  comma  4,  e  21  del
 medesimo testo unico.
   Tuttavia  deve  osservarsi  che  il  giudice  a  quo appunta le sue
 censure su una presunta omissione del legislatore, che egli riconduce
 al combinato disposto dei citati artt. 1 e 5 della legge n.  943  del
 1986,  ma che riguarderebbe sostanzialmente la mancata previsione del
 diritto dei lavoratori extracomunitari invalidi di  iscriversi  negli
 elenchi  di  cui  all'art.  19  della  legge  n.  482  del  1968  per
 l'assunzione  obbligatoria.  Ora,  da  questo  punto  di  vista,   la
 situazione  normativa  non  e'  sostanzialmente cambiata: pur dopo la
 sopravvenienza della legge n. 40 del 1998 e del testo  unico  n.  286
 del  1998,  manca  una  disposizione  espressa nel senso indicato dal
 giudice a quo.
    La    questione    dunque    sussiste,    rinvenendosi     tuttora
 nell'ordinamento  la  norma,  o  meglio la presunta lacuna normativa,
 denunciata, e deve essere decisa, in base ai  principi  affermati  da
 questa  Corte  nella  sentenza  n.  84 del 1996, con riferimento alle
 disposizioni sopravvenute del testo unico approvato con il d.lgs.  n.
 286 del 1998.
   3.  -  La  questione  e'  infondata,  in quanto la lacuna normativa
 denunciata,   dalla   quale   discenderebbe   la   violazione   della
 Costituzione, non sussiste.
   L'interpretazione  del  sistema normativo da cui prende le mosse il
 remittente si fonda sulla assenza di una norma specifica che  affermi
 il  diritto  degli  extracomunitari  invalidi disoccupati ad ottenere
 l'iscrizione  negli   elenchi   degli   aspiranti   al   collocamento
 obbligatorio.      Ma,  in  presenza  della  garanzia  legislativa  -
 richiamata dallo stesso giudice a quo - di "parita' di trattamento  e
 piena  uguaglianza  di  diritti"  per  i  lavoratori  extracomunitari
 rispetto ai lavoratori italiani (art. 1 della legge n. 943 del  1986,
 e  oggi  art.  2,  comma  3,  del testo unico approvato con d.lgs. 25
 luglio 1998, n. 286), garanzia  ulteriormente  ribadita  e  precisata
 dall'art.  2,  comma  2, del testo unico n. 286 del 1998, secondo cui
 "lo straniero regolarmente soggiornante nel  territorio  dello  Stato
 gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano",
 salvo  che  le  convenzioni  internazionali  o  lo stesso testo unico
 dispongano diversamente, il ragionamento va rovesciato: occorrerebbe,
 per giungere all'accennata  conclusione,  rinvenire  una  norma  che,
 esplicitamente o implicitamente, neghi ai lavoratori extracomunitari,
 in deroga alla "piena uguaglianza", il diritto in questione.
   Ma  una  siffatta  norma  derogatoria  nella  materia  in esame non
 esiste.   La  legge  2  aprile  1968,  n.  482,  nell'individuare  le
 categorie   che   beneficiano   della   disciplina  delle  assunzioni
 obbligatorie, si riferisce fra l'altro agli "invalidi  civili"  (art.
 1,   primo   comma)   senza   alcuna  limitazione  discendente  dalla
 cittadinanza:  tali  sono  definiti  "coloro  che  siano  affetti  da
 minorazioni  fisiche,  che  ne  riducano  la  capacita' lavorativa in
 misura non inferiore ad un terzo" (art. 5), ancora  una  volta  senza
 alcun  riferimento alla cittadinanza; ed anche le condizioni generali
 di esclusione dal beneficio (eta' superiore a 55 anni, perdita totale
 della capacita' lavorativa, invalidita' che possa riuscire  di  danno
 alla  salute  e  alla  incolumita'  dei  compagni  di  lavoro  o alla
 sicurezza degli impianti: art. 1, secondo comma) non hanno a che fare
 con la qualita' di cittadino o di straniero.  L'art. 19 a  sua  volta
 prevede  la istituzione di elenchi in cui sono iscritti, fra l'altro,
 gli invalidi civili "che risultino disoccupati e che aspirino ad  una
 occupazione conforme alle proprie capacita' lavorative".
   Sono stabilite, bensi', norme e procedure speciali per l'accesso al
 lavoro  in Italia dei cittadini extracomunitari. L'art. 5 della legge
 n. 943  del  1986  prevedeva  la  formazione  di  speciali  liste  di
 collocamento  dei  lavoratori  extracomunitari  (ma ne prevedeva poi,
 trascorsi  ventiquattro  mesi  dal  primo   avviamento   al   lavoro,
 l'iscrizione nelle ordinarie liste di collocamento: comma 2); oggi il
 testo  unico  n. 286 del 1998 prevede appositi decreti per fissare le
 quote massime di stranieri extracomunitari da  ammettere  per  lavoro
 nel  territorio  dello  Stato (art. 3, comma 4; art. 21, comma 1). Ma
 tutto cio' vale per l'accesso al mercato  del  lavoro  da  parte  dei
 cittadini  extracomunitari  che  a  questo  fine  chiedano  di  poter
 soggiornare in Italia; e si giustifica in vista  dei  limiti  che  il
 legislatore puo' legittimamente porre a tale accesso.
   Una  volta  che  i  lavoratori extracomunitari siano autorizzati al
 lavoro subordinato stabile in  Italia,  godendo  di  un  permesso  di
 soggiorno  rilasciato  a tale scopo o di altro titolo che consenta di
 accedere al lavoro subordinato nel nostro paese, e siano posti a  tal
 fine in condizioni di parita' con i cittadini italiani, e cosi' siano
 iscritti  o  possano iscriversi nelle ordinarie liste di collocamento
 (come la legge esplicitamente  prevedeva  e  prevede:  cfr.  il  gia'
 citato  art. 5, comma 2, della legge n. 943 del 1986; l'art. 9, comma
 3, del decreto legge n. 416 del 1989; e oggi gli artt. 22,  comma  9,
 23,  comma  1,  30,  comma  2, del testo unico n. 286 del 1998), essi
 godono di tutti i diritti riconosciuti ai lavoratori italiani.
   Ne' perdono tali diritti per  il  fatto  di  rimanere  disoccupati:
 l'art.  22,  comma  9,  del  testo  unico  n. 286 del 1998 stabilisce
 espressamente (come gia' l'art. 11, comma 3, della legge n.  943  del
 1986)  che "la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per
 privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente
 residenti del permesso di soggiorno", onde continua a valere nei loro
 confronti  la garanzia di godimento dei "diritti in materia civile" e
 della "piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani",
 di cui all'art. 2, commi 2 e 3, dello stesso testo unico; e  aggiunge
 che  il  lavoratore  in possesso del permesso di soggiorno per lavoro
 subordinato che perde il posto di lavoro puo' essere  iscritto  nelle
 liste  di  collocamento  per  il  periodo  di  residua  validita' del
 permesso di soggiorno e comunque per un periodo non inferiore  ad  un
 anno.
   Tra  i  diritti di cui gode il lavoratore extracomunitario non puo'
 non riconoscersi dunque quello di iscriversi, avendone  i  requisiti,
 negli elenchi per il collocamento obbligatorio degli invalidi.
   4.  -  La  conclusione  non cambia, se si considera il collocamento
 obbligatorio, come si esprime il remittente, "una forma di protezione
 speciale di categorie svantaggiate di cittadini". Questa Corte invero
 ha ricondotto la speciale disciplina  sul  collocamento  obbligatorio
 degli  invalidi alle forme di attuazione del diritto che "gli inabili
 e i minorati"  hanno,  a  norma  dell'art.  38,  terzo  comma,  della
 Costituzione,  all'avviamento  professionale (cfr. sentenze n. 38 del
 1960, n. 55 del 1961): diritto del  quale  gode  anche  lo  straniero
 avente  titolo ad accedere al lavoro subordinato nel territorio dello
 Stato in condizioni di uguaglianza con i  cittadini,  non  essendovi,
 sotto  questo  profilo,  ragione  di  differenziarne  il  trattamento
 rispetto al cittadino italiano.
   Che se poi si volesse  includere  tale  beneficio  nell'ambito  dei
 diritti  e  degli  interventi  afferenti all'assistenza sociale delle
 persone che si trovano in specifiche condizioni di necessita', non lo
 si potrebbe negare allo straniero, in un quadro legislativo nel quale
 non  solo,  come  si  e'   ricordato,   lo   straniero   regolarmente
 soggiornante  gode  in  linea  di  principio  dei "diritti in materia
 civile attribuiti al cittadino italiano" (art. 2, comma 2, del  testo
 unico  n.  286  del  1998),  ma  gli  stranieri  titolari di carta di
 soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non  inferiore  ad  un
 anno  "sono  equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione
 delle  provvidenze  e  delle  prestazioni,   anche   economiche,   di
 assistenza  sociale,  incluse quelle previste", fra l'altro, "per gli
 invalidi civili" (art. 41 del testo unico n. 286 del 1998),  e,  piu'
 in  generale,  gli  stranieri  aventi  stabile  dimora nel territorio
 nazionale sono tra i soggetti cui si applica la  legge  contenente  i
 principi  dell'ordinamento  in  materia di diritti e assistenza delle
 persone handicappate (art.  3, comma 4, della legge 5 febbraio  1992,
 n. 104).
   5.  -  Deve  dunque affermarsi che non sussiste la lacuna normativa
 denunciata dal remittente, potendosi dalle  disposizioni  legislative
 in  vigore  trarre la conclusione, costituzionalmente corretta, della
 spettanza ai lavoratori extracomunitari, aventi titolo  per  accedere
 al  lavoro subordinato stabile in Italia in condizioni di parita' con
 i cittadini, e che ne abbiano i requisiti, del diritto ad  iscriversi
 negli  elenchi di cui all'art. 19 della legge n. 482 del 1968 ai fini
 dell'assunzione obbligatoria.
                           per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di  legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli
 1 e 5 della legge 30 dicembre 1986,  n.  943  (Norme  in  materia  di
 collocamento   e   di   trattamento  dei  lavoratori  extracomunitari
 immigrati e contro le immigrazioni clandestine), ora sostituiti dagli
 articoli 2, 3, comma 4, e 21 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
 unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
 e  norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento
 agli articoli 10, primo e secondo comma, 2 e  3  della  Costituzione,
 dal pretore di Trieste con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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