N. 455 SENTENZA 16 - 30 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Leggi  per  la composizione e l'elezione degli
 organi delle amministrazioni comunali - Reati in  materia  -  Termine
 prescrizionale  di due anni - Discrezionalita' legislativa in materia
 di punibilita' - Esigenza, gia' segnalata dalla  Corte  con  sentenze
 nn.  84  del  1987,  121  del  1980  e  45  del 1967, di una compiuta
 razionalizzazione   del    sistema    dei    reati    elettorali    -
 Inammissibilita'.
 
 (Testo  unico  delle  leggi  per  la  composizione e l'elezione degli
 organi delle  amministrazioni  comunali,  art.  100,  secondo  comma,
 approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570).
 
 (Cost.,   artt. 1, 3, 48, secondo comma, 97 e 112).
 
(GU n.2 del 13-1-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando   SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Piero
 Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  100,  comma
 secondo, del testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione
 degli  organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16
 maggio 1960 n. 570, promossi con otto ordinanze emesse il 28 e il  29
 aprile  1998  dal Tribunale di Udine, il 20 novembre 1997 dal giudice
 per le indagini preliminari presso il tribunale di Caltagirone, il 29
 maggio, il 3 aprile, il 20 maggio, il 19 maggio e il 20  maggio  1998
 dal  tribunale  di  Udine,  iscritte rispettivamente ai nn. 455, 456,
 495, 517,  534,  540,  541  e  542  del  registro  ordinanze  1998  e
 pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica nn. 26, 28, 29 e
 34, prima serie speciale dell'anno 1998.
   Visto  l'atto di costituzione di Carullo Francesco nonche' gli atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1998 il giudice relatore
 Francesco Guizzi;
   Udito l'avvocato Salvatore Pompeo per Carullo Francesco.
                           Ritenuto in fatto
   1.1. - Investito di procedimenti aventi a oggetto il reato  di  cui
 all'art.  90,  secondo  comma,  del  testo  unico  delle leggi per la
 composizione  e  l'elezione  degli   organi   delle   Amministrazioni
 comunali,  approvato  con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, il Tribunale
 di Udine ha sollevato con sette ordinanze di  analogo  contenuto,  in
 riferimento  agli artt.  3, 97 e 112 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 100, secondo comma,  del  testo
 unico menzionato, che - derogando alla previsione generale del codice
 penale - stabilisce un termine prescrizionale di due anni per tutti i
 reati ivi contemplati.
   Per  dimostrare  l'irragionevolezza  denunciata,  il  giudice a quo
 ricorda  preliminarmente  che  delitti  con  identica  pena  edittale
 massima  si  prescrivono  in  dieci  anni (art. 157, n. 3, del codice
 penale), riservandosi la prescrizione breve di due  anni  (art.  157,
 numero 6) a fatti di minore gravita', quali le contravvenzioni punite
 soltanto con la pena pecuniaria. In proposito, il rimettente aggiunge
 che  l'art.  479  del  codice penale, che punisce condotte analoghe a
 quelle oggetto dei reati  elettorali  contestati,  e'  sottoposto  al
 termine  prescrizionale  di dieci anni, di cui al citato art. 157, n.
 3.
    Tanto premesso, si osserva che la pena edittale minima di  2  anni
 prevista  per  il reato di cui all'art. 90 del d.P.R. n. 570 del 1960
 consiste, esattamente, nel doppio di quella (minima) per il reato  di
 falsita'  ideologica  in  atti pubblici: cio' che rivela il disvalore
 sociale attribuito dal legislatore a tale  condotta,  trattandosi  di
 norme   che   tutelano   il  regolare  svolgimento  del  procedimento
 elettorale   e   il   corretto   funzionamento   delle    istituzioni
 democratiche.
   Non  risultando  in  alcun  modo  comprensibile  che  per  siffatte
 violazioni si  applichi  il  medesimo  termine  prescrizionale  delle
 contravvenzioni,  punite con l'ammenda, il Collegio rimettente rileva
 il  contrasto  della  norma  in  esame   con   l'art.   3,   per   la
 irragionevolezza  d'un  diverso  trattamento  riservato  a situazioni
 analoghe, e con l'art. 112 della  Costituzione,  per  il  rischio  di
 vanificazione  dell'esercizio  dell'azione penale, stante l'esiguita'
 del predetto termine  prescrizionale.  Altresi'  leso  sarebbe,  poi,
 l'art.  97  della  Costituzione  per l'inutile dispendio di attivita'
 processuali, frustrate dal rapido maturare della prescrizione.
   In punto di rilevanza, il Tribunale rimettente osserva che  non  si
 puo'  eccepire il decorso del termine prescrizionale, dal momento che
 la questione di legittimita' costituzionale concerne proprio la norma
 che ne stabilisce la durata. La questione sarebbe dunque  ammissibile
 secondo  i  principi  enunciati da questa Corte nella sentenza n. 148
 del 1983, quantunque la  norma  denunciata  abbia  natura  di  favore
 rispetto   a   quella   che   sarebbe  applicabile  a  seguito  della
 declaratoria di illegittimita' costituzionale.
   1.2.  -  Nei  giudizi  promossi  con  due  delle  sette   ordinanze
 menzionate (r.o. nn. 455 e 456 del 1998) e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri con il Patrocinio dell'Avvocatura dello
 Stato, concludendo nel senso della inammissibilita'  per  difetto  di
 rilevanza e, in subordine, dell'infondatezza.
   Circa  la rilevanza, la difesa erariale osserva che la questione e'
 stata sollevata prima che il termine di prescrizione del reato  fosse
 spirato,  sulla  base  di  un  pronostico  di  "ineluttabilita'"  che
 potrebbe essere  smentito  dai  fatti.  Nel  merito,  vi  sarebbe  il
 precedente stabilito con l'ordinanza n. 171 del 1989, ove si dichiara
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 del testo unico n. 361 del 1957, nella parte in cui  non  prevede  un
 termine  biennale di prescrizione dei reati elettorali secondo quanto
 disposto dall'art.  100 del d.P.R. n. 570 del 1960, si' che  andrebbe
 disattesa  l'opinione  del  giudice  a  quo  secondo  cui  il termine
 prescrizionale di due anni (che diventa di tre ove intervengano  atti
 interruttivi ai sensi dell'art.  160, terzo comma, del codice penale)
 impedirebbe  di pervenire alla sentenza definitiva prima del maturare
 della prescrizione. Analogo termine  -  conclude  l'Avvocatura  -  e'
 previsto   dall'art.   157,   n.   6),   del  codice  penale  per  le
 contravvenzioni punite con la  sola  ammenda,  di  modo  che  sarebbe
 infondata  anche  la  censura  mossa con riguardo ai principi di buon
 andamento e di obbligatorieta' dell'azione penale.
   2.1. - Il giudice per le indagini preliminari presso  il  Tribunale
 di Caltagirone, investito di procedimenti penali aventi ad oggetto il
 reato  previsto  dall'art.  87  del  citato testo unico approvato con
 d.P.R.  n.  570  del  1960,  ha  sollevato   analoga   questione   di
 legittimita'  costituzionale,  in riferimento agli articoli 1, 3, 48,
 secondo comma, e 112 della Costituzione, e a sostegno della rilevanza
 osserva che dalla decisione di questa Corte discende la  possibilita'
 di  dichiarare  prescritti  i  reati  contestati  che sarebbero stati
 commessi dal 1989 al 1993, per alcuni capi di imputazione, e fino  al
 1994, in un altro caso.
   La   disposizione  denunciata  violerebbe  quindi  l'art.  3  della
 Costituzione  per  ingiustificata   disparita'   di   trattamento   e
 risulterebbe  comunque irragionevole, dal momento che rende difficile
 la pronuncia della sentenza definitiva  entro  il  ristretto  termine
 prescrizionale.  Le  norme sulla prescrizione dei reati - prosegue il
 rimettente - sono dirette  anche  a  realizzare  il  principio  della
 ragionevole   durata   del  processo  penale,  fra  l'altro  tutelato
 dall'art.  6  della  Convenzione  europea  dei   diritti   dell'uomo:
 principio   a  garanzia  dell'inquisito,  ma  che  impone,  altresi',
 l'effettivo svolgersi di tutte le  attivita'  processuali  necessarie
 all'accertamento  della  verita',  "scopo ultimo" del processo; ma la
 previsione normativa di  un  termine  cosi'  breve  per  il  giudizio
 definitivo potrebbe vanificare l'esercizio dell'azione penale recando
 lesione all'art. 112 della Costituzione.
   Ad  avviso  del rimettente, l'art. 100 del citato testo unico viola
 l'art. 48, secondo comma, che assicura la liberta' di voto,  e  anche
 l'art.   1   della  Costituzione  che  sancisce  il  principio  della
 sovranita' popolare, cardine dell'intero ordinamento: la brevita' del
 termine prescrizionale comprime  infatti  il  potere  punitivo  dello
 Stato,  presidio della liberta' di voto, e vulnera il principio della
 sovranita' popolare che si  esplica  attraverso  libere  competizioni
 elettorali.
   2.2.  -  Si  e'  costituito  uno degli imputati, Francesco Carullo,
 eccependo l'irrilevanza della questione, dal momento che  il  giudice
 rimettente  avrebbe dovuto, esaminando gli atti, pronunciare sentenza
 di non luogo a procedere perche' il fatto non sussiste.  Nel  merito,
 la  questione sarebbe comunque infondata, stante la diversita' fra la
 fattispecie in esame e quella  disciplinata  dal  testo  unico  delle
 elezioni  politiche, approvato con il d.P.R. n. 361 del 1957, secondo
 quanto riconosciuto da questa Corte con la sentenza n. 121 del 1980 e
 con l'ordinanza  n.  171  del  1989,  risultando  altresi'  privo  di
 fondamento  il  richiamo agli altri parametri costituzionali indicati
 dall'ordinanza.
   In  prossimita'  dell'udienza  la  difesa  privata  ha   presentato
 memoria, sviluppando e approfondendo quanto in precedenza esposto.
                        Considerato in diritto
   1.   -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sottoposta
 all'esame della Corte con otto ordinanze  di  rimessione,  che  vanno
 riunite  e  decise  con  unica sentenza, concerne l'art. 100, secondo
 comma, del testo unico delle leggi per la composizione  e  l'elezione
 degli  organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16
 maggio 1960, n. 570, che - derogando  alla  previsione  generale  del
 codice  penale - stabilisce un termine prescrizionale di due anni per
 i i reati contemplati dallo stesso testo  unico:  secondo  i  giudici
 rimettenti,  vi  sarebbe lesione degli artt. 1, 3, 48, secondo comma,
 97 e 112 della Costituzione.
   2.  -  In  via  preliminare,  occorre   valutare   l'eccezione   di
 inammissibilita'  prospettata  dall'Avvocatura dello Stato a nome del
 Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale  e'  intervenuto  nei
 giudizi  promossi con due delle otto ordinanze qui in esame (r.o. nn.
 455 e 456 del 1998), osservando che la questione e'  stata  sollevata
 quando ancora la prescrizione non era maturata.
   Tale  eccezione  e'  infondata:  tutte  le  ordinanze di rimessione
 contengono,  infatti,  sufficienti   indicazioni   sul   termine   di
 prescrizione, sia nel caso in cui essa sia gia' intervenuta (r.o. nn.
 495,  517,  540,  541,  542),  sia  con  riguardo  alla sua imminente
 realizzazione (cosi' per le ordinanze nn. 455, 456,  534,  le  quali,
 emesse  nell'aprile 1998, precisano la data della prescrizione, per i
 reati elettorali in oggetto, nel 9 o 10 maggio successivo).  Onde  la
 questione non puo' dirsi, sotto questo profilo, irrilevante.
   3. - Si deve quindi passare al merito.
   Il  termine  di  prescrizione  biennale  introdotto  dall'art. 100,
 secondo comma, del d.P.R. n. 570 del 1960  viene  censurato,  perche'
 determinerebbe   la   lesione   di   numerosi   beni  protetti  dalla
 Costituzione, fra cui, in primo luogo, la liberta'  di  voto  e,  con
 essa, il principio della sovranita' popolare; nel contempo, sarebbero
 compromessi  l'esercizio dell'azione penale e il buon andamento della
 funzione  giurisdizionale.     Si'   che   occorrerebbe   dichiararne
 l'illegittimita' costituzionale al fine di provocare la "fisiologica"
 espansione dell'art. 157 del codice penale.
   Ulteriore doglianza concerne la disparita' di regime che sussiste -
 ad  avviso  dei  giudici  di  merito senza ragione alcuna - fra i due
 sottosistemi sanzionatori in materia elettorale  che  da  lunga  data
 coesistono  nel nostro ordinamento: quello per le elezioni comunali e
 provinciali - che vale anche per le  regioni,  in  forza  del  rinvio
 operato  dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108 - e l'altro, che regola
 le elezioni della Camera dei  deputati  (rispettivamente,  d.P.R.  n.
 570 del 1960 e d.P.R. n. 361 del 1957).
   Per  le  elezioni  politiche  nazionali  vigono le regole ordinarie
 poste dall'art. 157 del codice penale (nella specie, la  prescrizione
 e'  decennale);  mentre  l'art. 100, secondo comma, del d.P.R. n. 570
 del 1960 - conformemente alla legislazione elettorale previgente  (v.
 il  d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 93, e, ancor prima, il decreto
 legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1, art. 81) -  prevede
 la prescrizione biennale per i reati elettorali ivi contemplati.
   In  conclusione,  i  giudici  a quibus - non ritenendo che sussista
 alcuna ragionevole giustificazione di tale statuizione - chiedono che
 le due legislazioni elettorali siano parificate,  per  tutte  dovendo
 valere  le  norme  generali  in  tema  di  prescrizione,  assunte dai
 rimettenti  quale  necessario  presidio   dei   principi   e   valori
 costituzionali sopra indicati, posti in pericolo dalla speciale norma
 di favore in esame.
   4.   -   Si   profila,  a  questo  punto,  un  evidente  motivo  di
 inammissibilita'.
   Questa Corte deve ricordare che le diverse scelte presenti nei  due
 sottosistemi,  anche  con riferimento al termine prescrizionale, sono
 espressione della discrezionalita' che va riconosciuta al legislatore
 per quanto attiene alla sfera (e in particolare all'an e al  quomodo)
 della  punibilita'.  Ogni aggravamento di pena - o inasprimento della
 disciplina sostanziale che attenga  alla  punibilita'  -  e'  infatti
 rimesso  alla  ragionevole  ponderazione degli interessi in gioco che
 spetta al Parlamento effettuare; ne' potrebbe questa Corte  sindacare
 la disposizione di favore, qui denunciata, assumendo quale termine di
 raffronto  l'art.  157  del  codice  penale:  che  e',  si', norma di
 carattere generale, ma non per questo puo' essere considerata momento
 necessario  di  attuazione  -  o  di  salvaguardia  -  dei   principi
 costituzionali invocati. Nessuna indicazione si puo' trarre invero da
 detti  principi  circa la specifica disciplina dei reati elettorali e
 degli istituti che incidano  sulla  sfera  della  punibilita';  e  va
 altresi'  ricordato  che  le esigenze costituzionali da salvaguardare
 non si  esauriscono  nella  tutela  penale,  perche'  possono  essere
 soddisfatte   con   diversi   meccanismi   sanzionatori,  costituendo
 l'incriminazione l'extrema ratio (sentenza n. 447 del 1998).
   5. - Vi e' certo l'esigenza, da tempo segnalata  (sentenze  nn.  84
 del   1997,   121   del   1980  e  45  del  1967),  di  una  compiuta
 razionalizzazione del sistema  dei  reati  elettorali,  eventualmente
 intervenendo  anche  sulla  durata della prescrizione. Ma a cio' puo'
 provvedere solo il legislatore.
   La questione va dunque dichiarata inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  inammissibile   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 100, secondo comma, del testo
 unico delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle
 Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R.  16  maggio  1960,  n.
 570, sollevata, in riferimento agli artt. 1, 3, 48, secondo comma, 97
 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di Udine e dal giudice per le
 indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di  Caltagirone, con le
 ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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