N. 459 ORDINANZA 16 - 30 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Difensori - Istanza di rinvio del  dibattimento  -
 Sospensione  del  procedimento  -  Sospensione  della  prescrizione -
 Differimento  reso  necessario  dalla  sussistenza  di  un  legittimo
 impedimento  -  Mancata previsione - Richiesta di sentenza additiva -
 Questione formulata  in  via  ipotetica  -  Difetto  di  rilevanza  -
 Manifesta inammissibilita'
 
 (C.P.P., art. 486, in relazione all'art. 159, primo comma c.p.).
 
 (Cost., artt. 3, 97 e 112).
 
(GU n.2 del 13-1-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 486  del  codice
 di  procedura  penale,  anche in relazione all'art. 159, comma 1, del
 codice penale, promossi con 4 ordinanze emesse il 20, il 10, il 24 ed
 il 27 ottobre 1997  dal  pretore  di  Ancona  sezione  distaccata  di
 Fabriano,  rispettivamente  iscritte al n. 891 del registro ordinanze
 1997 ed ai nn. 44, 155 e 291 del registro ordinanze 1998 e pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 2, 6, 12  e  18,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto che nel corso di  due  procedimenti  penali  nei  quali  i
 difensori degli imputati avevano tempestivamente inoltrato istanza di
 rinvio  del  dibattimento  a  causa  di legittimo impedimento (eventi
 sismici delle  Marche)  e  analoga  richiesta  avevano  presentato  i
 difensori  nominati  ex  art.  97,  comma  4, del codice di procedura
 penale, il pretore  di  Ancona  -  sezione  distaccata  di  Fabriano,
 ravvisando  la necessita' di un coordinamento tra la disciplina della
 sospensione e del rinvio del  dibattimento  conseguenti  a  legittimo
 impedimento  dell'imputato o del difensore e quella della sospensione
 del corso  della  prescrizione  dei  reati,  ha  sollevato,  con  due
 ordinanze  di  identico  contenuto  emessa l'una il 20 ottobre 1997 e
 l'altra il 24 ottobre 1997 (r.o. nn. 891 del 1997 e 155 del 1998) due
 questioni di legittimita' costituzionale riguardanti l'art.  486  del
 codice di procedura penale;
     che   il   rimettente,  in  via  principale,  ha  denunciato,  in
 riferimento agli articoli 3,  112  e  97  della  Costituzione,  l'ora
 ricordato  art.    486, limitatamente all'inciso "o rinvia" contenuto
 nei commi 1 e 3, e in via subordinata,  in  riferimento  ai  medesimi
 parametri  costituzionali, lo stesso art. 486 del codice di procedura
 penale, in relazione all'art.  159, primo comma, del  codice  penale,
 "nella  parte  in  cui  non  prevede  fra  i  casi di sospensione del
 procedimento da cui discende la  sospensione  della  prescrizione  il
 differimento  reso  necessario  dalla  sussistenza  di  un  legittimo
 impedimento";
     che, in punto di rilevanza, il rimettente osserva che  il  quadro
 normativo attuale pone concreti pericoli di prescrizione "soprattutto
 nei successivi gradi di giudizio";
     che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo con
 riguardo  alla  questione  principale,  dopo aver sottolineato che il
 riferimento indifferenziato alla  sospensione  o  al  rinvio  darebbe
 luogo  ad una disarmonia terminologica che anche questa Corte avrebbe
 avuto  occasione  di rilevare (sentenza n. 114 del 1994), osserva che
 nella prassi assolutamente dominante l'espressione di cui  si  tratta
 implica   un   differimento   ad   altra  udienza  molto  ravvicinata
 (prevalentemente    fissata    nell'arco    di     una     giornata);
 un'interpretazione  non condivisa dal rimettente il quale ritiene che
 per attribuire un significato logico alla lettera della  norma  o  si
 ravvisa in essa la previsione di un'ipotesi di sospensione con rinvio
 a  udienza  fissa  (secondo  la  regola  generale  vigente in caso di
 sospensione, la quale trova applicazione anche  negli  articoli  477,
 508  e 509 del codice di procedura penale) ovvero occorrerebbe che la
 Corte eliminasse l'inciso "o rinvia" cosi' da  sopprimere  l'equivoco
 riferimento  a  due  termini che non possono corrispondere a concetti
 equivalenti;   solo   pervenendo    ad    una    simile    soluzione,
 alternativamente  prospettata,  l'art.  486  del  codice di procedura
 penale sfuggirebbe ad ogni censura in relazione sia al  principio  di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, sia al principio
 dell'obbligatorieta'  dell'azione penale (che l'attuale formulazione,
 di fatto, neutralizza) sia all'art. 97 della Costituzione,  sotto  il
 profilo  delle disfunzioni organizzativo-burocratiche che attualmente
 si  registrano  nel  lavoro  delle   cancellerie   per   i   numerosi
 procedimenti  instaurati  per  reati  destinati  ad  estinguersi  per
 prescrizione:   l'eliminazione del  riferimento  testuale  al  rinvio
 renderebbe   la  norma  perfettamente  comprensibile  e  ragionevole,
 impedendo altresi' l'indebito decorso del termine di prescrizione del
 reato perche' la "sospensione del processo" non sarebbe piu'  ipotesi
 controversa,   ma   diverrebbe   una  previsione  tassativa,  venendo
 espressamente richiamata dal primo comma  dell'art.  159  del  codice
 penale;
     che,  quanto alla questione subordinata, il rimettente, dopo aver
 osservato che un'eventuale sentenza di accoglimento "si limiterebbe a
 rendere  esplicito  un  principio  che  appare  insito  nel   sistema
 normativo  e  che  non  puo' essere applicato proprio in virtu' della
 portata letterale del primo comma dell'art. 159 c.p.p."  (recte:  159
 del  codice  penale), rileva che il carattere "in malam partem" della
 pronuncia additiva  richiesta  non  sarebbe  determinante  in  quanto
 verrebbe   ad   incidere   su   un  tessuto  normativo  di  carattere
 strettamente processuale con riverberi  solo  indiretti  sul  diritto
 penale sostanziale;
     che  in  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni siano dichiarate
 inammissibili o, in subordine, infondate;
     che l'inammissibilita' deriverebbe tanto dall'assoluto difetto di
 rilevanza delle questioni, puramente astratte ed  ipotetiche,  stante
 il  carattere  eventuale  della paventata estinzione per prescrizione
 dei reati ascritti, quanto dalla considerazione che con  entrambe  le
 questioni  prospettate  viene  invocata,  sia  pure in modo indiretto
 nella formulazione della questione principale, una pronuncia additiva
 in malam partem, volta ad introdurre una nuova ipotesi di sospensione
 del corso della prescrizione del reato in  assenza  di  una  espressa
 voluntas  legis  sul  punto  e  quindi in violazione del principio di
 legalita' sancito dall'art. 25 della Costituzione;
     che   l'infondatezza   della  questione  sarebbe  conseguente  ad
 un'errata interpretazione dell'art. 486, commi 1 e 3, del  codice  di
 procedura  penale,  perche'  la  sospensione  del dibattimento che, a
 differenza del rinvio, presuppone che il dibattimento sia gia'  stato
 aperto,  e'  ritenuta  assimilabile  al rinvio stesso, tant'e' che in
 alcune disposizioni, quali  quella  censurata,  i  due  termini  sono
 utilizzati  in  evidente  sinonimia:  il  che, peraltro, non ne rende
 equivoco il collegamento con la  disciplina  della  prescrizione  del
 reato  la quale, in ossequio del principio di legalita', richiede che
 i  casi  di  sospensione   del   corso   della   prescrizione   siano
 espressamente   indicati,  con  conseguente  inipotizzabilita'  della
 violazione dei parametri costituzionali invocati.
   Ritenuto,  altresi',  che  lo  stesso  pretore  di  Ancona  Sezione
 distaccata di Fabriano, in un altro procedimento penale nel corso del
 quale  il  difensore  di  una  delle  imputate  aveva tempestivamente
 depositato istanza di rinvio del dibattimento a  causa  degli  eventi
 sismici   verificatisi   nella   zona   e   analoga  richiesta  aveva
 successivamente presentato il difensore nominato ex art. 97, comma 4,
 del codice di procedura penale, con ordinanza  del  10  ottobre  1998
 (r.o.  n. 44 del 1998), di contenuto analogo a quelle di cui si e' or
 ora riferito, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 112  della
 Costituzione,   l'art.   486   del   codice   di   procedura  penale,
 limitatamente all'inciso o rinvia contenuto nei commi 1 e 3;
     che nel  relativo  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, ribadendo le  richieste  gia'  formulate  negli
 altri due giudizi ove e' stata sollevata la medesima questione;
     che ancora il pretore di Ancona - sezione distaccata di Fabriano,
 ha  sollevato,  con  ordinanza  del  27 ottobre 1997 (r.o. n. 291 del
 1998), censure riferite direttamente  al  precetto  di  cui  all'art.
 486,  commi  1 e 3, del codice di procedura penale, denunciato in via
 principale (sempre in riferimento  agli  artt.  3,  97  e  112  della
 Costituzione),  "limitatamente  all'inciso  ''o  rinvia''  ed, in via
 subordinata (in riferimento agli artt. 97 e 112 della  Costituzione),
 col  chiamare  in  causa  anche  l'art.  159, primo comma, del codice
 penale, nella parte in cui la norma processuale  non  prevede  tra  i
 casi  di  sospensione del procedimento da cui discende la sospensione
 della prescrizione, il differimento del dibattimento reso  necessario
 dalla sussistenza di un legittimo impedimento dell'imputato";
     che  pure  in  tale  giudizio  e'  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello Stato, riproducendo le deduzioni avanzate a proposito
 delle precedenti ordinanze.
   Considerato  che  le  ordinanze  sollevano  questioni  identiche  o
 analoghe, donde la riunione dei relativi giudizi;
     che il giudice a quo sia in relazione alla questione "principale"
 sia  con  riferimento alla questione "subordinata", richiede a questa
 Corte - attraverso una pronuncia,  secondo  l'una  prospettazione  di
 tipo  demolitorio,  secondo l'altra prospettazione di tipo additivo -
 un intervento diretto a far conseguire la sospensione del corso della
 prescrizione nel caso di  rinvio  del  dibattimento  determinato  dal
 legittimo  impedimento del difensore, a norma dell'art. 486, comma 5,
 del codice di procedura penale;
     che,   quindi,   la   denuncia   di   quest'ultima  disposizione,
 isolatamente o nel combinato  disposto  con  l'art.  159  del  codice
 penale,  ha di mira una finalita' iscrivibile nell'ambito del diritto
 sostanziale e, cioe', in ogni caso, la sospensione  del  corso  della
 prescrizione;
     che  - a prescindere da taluni indirizzi interpretativi, peraltro
 minoritari, secondo i quali, a  seguito  delle  modifiche  introdotte
 all'art. 159, primo comma, del codice penale, ad opera dell'art.  15,
 comma  2,  della legge 8 agosto 1995, n. 332, la causa di sospensione
 dei termini di custodia cautelare prevista dall'art.  304,  comma  1,
 lettera  a),  del  codice di procedura penale sarebbe automaticamente
 divenuta causa di sospensione del corso della prescrizione per  tutta
 la durata del rinvio con conseguenti riverberi anche nei procedimenti
 a  carico  di imputati in stato di liberta', per analoghe esigenze di
 raccordo fra i tempi del processo e i termini di prescrizione a norma
 dello  stesso   art.   159,   primo   comma,   del   codice   penale,
 interpretazione  non esplicitamente evocata dal rimettente - la norma
 effettivamente denunciata risulta essere quella che non  consente  la
 sospensione  della prescrizione in caso di "rinvio" ("o sospensione")
 per legittimo impedimento del difensore;
     che  in  tal  modo  il  presupposto  a  base  della  denuncia  di
 illegittimita'  costituzionale  e' il maturarsi della prescrizione in
 conseguenza della mancata previsione della  sospensione  della  causa
 estintiva nell'ipotesi prevista dall'art. 486, comma 5, del codice di
 procedura penale;
     che,  dunque,  la  soluzione  avuta  di mira non puo' prescindere
 dalla verifica della sussistenza delle condizioni per  l'applicazione
 della prescrizione in forza della norma denunciata;
     che,  pero', la questione per potersi ritenere contrassegnata dal
 necessario requisito della rilevanza deve prospettarsi come attuale e
 non come meramente astratta ed ipotetica;
     che, invece, lo stesso rimettente  coll'evocare  il  pericolo  di
 prescrizione  "soprattutto nei successivi gradi di giudizio", viene a
 riconoscere che la  denuncia  di  illegittimita'  costituzionale  ora
 proposta,  in  quanto  finalizzata a prevenire l'estinzione del reato
 per prescrizione, e' del tutto prematura, tanto piu' che non e' certo
 che all'esito dei vari gradi di giudizio operera' la causa  estintiva
 del  reato,  ne',  soprattutto,  che la sentenza di primo grado sara'
 necessariamente impugnata;
     che, pertanto, la questione, diretta  a  predisporre  un  assetto
 normativo  che  precluda il maturarsi della prescrizione, in forza di
 plurimi provvedimenti di "rinvio" del dibattimento, appare  formulata
 in via ipotetica in vista di un'evenienza futura ed incerta, cosi' da
 incidere  negativamente  sul  requisito  della  rilevanza  (cfr.,  da
 ultimo, ordinanza n. 34  del  1998)  e  da  risultare  manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486, del codice di
 procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 97 e 112
 della Costituzione, dal pretore di Ancona  -  sezione  distaccata  di
 Fabriano, con le quattro ordinanze in epigrafe;
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 486  del  codice  di  procedura
 penale,  in  relazione  all'art. 159, primo comma, del codice penale,
 sollevata, in riferimento agli artt. 97 e 112 della Costituzione, dal
 pretore di Ancona - sezione distaccata di Fabriano, con ordinanze del
 20 ottobre 1997, del 24 ottobre 1997 e del 27 ottobre 1997.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Vassalli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 98C1435