N. 903 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 1998
N. 903 Ordinanza emessa il 20 ottobre 1998 dalla Corte d'appello di Trento nel procedimento civile vertente tra Faceni Clara ved. Baldi e Marchesini Luigia ed altro Previdenza e assistenza sociale - Pensione di riversibilita' - Diritto dei soggetti superstiti succedutisi nel rapporto di coniugio con il de cuius ad una quota del trattamento pensionistico proporzionata alla durata dei rispettivi rapporti di coniugio - Commisurazione alla situazione economica dei soggetti interessati - Mancata previsione - Irrazionalita' e violazione del principio della garanzia previdenziale. (Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, terzo comma, modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.2 del 13-1-1999 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio d'appello promosso da Faceni Clara ved. Baldi avverso la sentenza del tribunale di Trento n. 228/98 del 1 giugno 1998 nei confronti di Marchesini Luigia e Ministero del tesoro; Premesso che con atto notificato a Marchesini Luigia e Ministero del tesoro il 29 giugno 1998, Faceni Carla proponeva appello avverso la sentenza del tribunale di Trento del 1 giugno 1998 con la quale, in base all'art. 9, legge 1 dicembre 1970, n. 898, aveva provveduto a ripartire la pensione di reversibilita' spettante a seguito della morte del coniuge Baldi tra lei e l'ex coniuge del marito, Marchesini Luigia, nella misura di 542/651 a favore di quest'ultima e di 109/651 a suo favore; che la sentenza indicata veniva impugnata poiche' aveva fatto pedissequa applicazione dei principi esposti dalla sentenza della Corte di cassazione S.U. 12 gennaio 1998, n. 159 per la quale la ripartizione della pensione di reversibilita' doveva avvenire esclusivamente e rigorosamente in base al criterio della durata del matrimonio; che veniva osservato che l'ex coniuge Marchesini, all'atto del decesso di Baldi Clemente percepiva un assegno divorzile di L. 200.000 (mai oggetto di rivalutazione o modificazione dal 1987, data della pronuncia dello scioglimento del matrimonio); che a seguito della statuizione del tribunale (che appunto aveva fatto applicazione dei criteri prescelti dalla indicata pronuncia della Cassazione) la Marchesini avrebbe finito per godere di una pensione di reversibilita' pari a circa L. 1.500.000, mentre a lei sarebbe spettata una pensione di reversibilita' di sole L. 300.000; che tale attribuzione finiva per ledere le sue aspettative di reddito e di previdenza; che chiedeva che la Corte, in riforma della decisione impugnata, determinasse la quota di pensione di reversibilita' spettante all'ex coniuge, in misura non superiore a L. 200.000 (pari all'importo gia' percepito dalla stessa quale assegno divorzile); che si costituiva in giudizio anche Marchesini che chiedeva la conferma della sentenza osservando che il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilita' fosse un diritto suo proprio e che l'attribuzione pertanto non determinasse un impoverimento del coniuge; che si costituiva anche l'amministrazione dello Stato rimettendosi alla decisione della Corte; O s s e r v a Ad avviso di questa Corte, conformemente a dottrina, la sentenza del tribunale, circa la ripartizione delle quote della pensione di reversibilita' deve essere impugnata con le forme del rito camerale ai sensi dell'art. 739 c.p.c. e nei termini ivi previsti, decorrenti dalla notifica della sentenza; che pertanto nella specie il giudizio deve svolgersi nelle forme del rito camerale e non di quello contenzioso sebbene il provvedimento abbia forma e natura di sentenza, e percio' ricorribile in Cassazione; che tuttavia ad avviso del collegio la norma di cui all'art. 9, legge n. 898/1970, cosi' come interpretata dalla Cassazione a S.U. con sentenza 12 gennaio 1998, n. 159, presenta profili di costituzionalita' che ne impongono il rinvio al giudice delle leggi; Valutato infatti che l'interpretazione che esclude ogni margine discrezionale del giudice nell'attribuzione della quota della pensione di reversibilita', deve valutarsi alla stregua di diritto vivente; che invero l'interpretazione indicata e' stata fornita dalla Corte di cassazione con pronuncia a sezioni unite, assunta specificamente ed espressamente nell'esercizio del potere di nomofilachia attribuitole dalla legge, dopo che sulla norma si erano formati diversi orientamenti giurisprudenziali (come dettagliatamente reso conto dalla indicata sentenza pubblicata in Foro it. 1998 I 392); che pertanto questo giudice deve necessariamente sentirsi vincolato all'interpretazione fornita dalla Cassazione che peraltro, alla luce del dato testuale della norma oggetto di esame, appare certamente condivisibile e, soprattutto, fondato, come si legge nella piu' volte indicata sentenza, sulla circostanza che le disposizioni legislative di cui ai commi 2 e 3, dell'art. 9, legge n. 898/1970 devono leggersi congiuntamente poiche' "gli elementi portanti del trattamento al coniuge divorziato sono fissati in via generale nel secondo comma, mentre la regolamentazione di cui al terzo comma si limita a disciplinare l'applicazione nel caso del concorso di piu' aventi diritto" e con l'effetto che "dal dato positivo secondo cui nel secondo comma il trattamento di reversibilita' e' attribuito al coniuge divorziato indipendentemente dal suo stato di bisogno e con esclusione di qualsiasi parametrazione con l'assegno divorzile, discende necessariamente che anche nell'ipotesi considerata nel terzo comma l'attribuzione della quota al coniuge divorziato deve prescindere da qualsiasi riferimento agli elementi da valutarsi ai fini della fissazione del quantum dell'assegno"; che tale interpretazione della legge puo' portare, come nel caso di specie, come si esaminera' in sede di accertamento della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, alla pretermissione completa delle esigenze del soggetto economicamente piu' debole che puo' vedersi privato di ogni concreta tutela a causa dell'attribuzione all'ex coniuge di quota rilevante della pensione di reversibilita' senza che l'ex coniuge possa prospettare e vantare esigenze di mantenimento paragonabili con quelle del coniuge; che la Corte costituzionale, gia' in altre occasioni, ha avuto modo di ritenere illegittime sotto il profilo costituzionale norme che non permettevano al giudice di valutare concretamente situazioni di disagio economico soprattutto quando tale mancata considerazione finiva per favorire soggetti economicamente piu' forti; che invero con sentenza 13 aprile 1994, n. 134, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 4, legge 14 novembre 1992, n. 438, che aveva abrogato (sic et simpliciter) l'art. 152 delle disp. att. c.p.c. (che esonerava il lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali se la lite non era manifestamente temeraria) nella parte in cui finiva per non esonerare, dalle spese di lite, il lavoratore non abbiente; che pertanto il principio costituzionale dell'uguaglianza sostanziale dell'art. 3 impone di non permettere che il vincolo della solidarieta' sociale, pure previsto dall'art. 38 della Costituzione (di cui e' espressione il sistema pensionistico di reversibilita', soprattutto oggi che in parte e' stato soggetto a modifiche con riduzione a favore di quei soggetti che godono di redditi personali superiori a determinati livelli) possa trovare di fatto ostacolo per l'esercizio di un diritto, da parte di un soggetto che non possa vantare esigenze economiche paragonabili a quelle del coniuge che, per effetto della ripartizione della pensione proporzionale alla durata del matrimonio, venga a trovarsi in situazione di completa indigenza; che un simile effetto e' certamente estraneo al sistema complessivo della legge sul divorzio che anzi tende complessivamente a contemperare le esigenze di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda matrimoniale (e soprattutto di quelli economicamente piu' deboli) attribuendo al giudice del caso concreto l'onere di provvedere, valutando nel modo piu' ampio e rigoroso (anche con superamento del principio dispositivo della prova) le condizioni economiche dei soggetti che vantano diritti patrimoniali; che la tutela dell'ex coniuge, secondo un principio di condivisibile solidarieta', non puo' non trovare contemperamento pero' nelle esigenze di tutela della famiglia di diritto; che, venendo all'esame della questione di rilevanza, in base ai principi enunciati dalla Cassazione all'ex coniuge dovrebbe essere assegnata una quota della pensione di reversibilita' complessivamente valutabile in circa L. 1.800.000 (pari al 60% del trattamento di quiescenza gia' goduto dal Baldi), mentre al coniuge una quota di sole L. 300.000; che non devono essere spese molte parole per affermare che non sia ragionevolmente possibile vivere con la sola somma di L. 300.000 mensili, non risultando la Faceni titolare di altre fonti di reddito; che, mantenendosi l'attuale sistema normativo, questa Corte non potrebbe neppure valutare l'eventuale diverso patrimonio dei due soggetti interessati nella vicenda con il paradossale effetto che, stante l'efficiente sistema di tutela sociale vigente nella provincia trentina, il coniuge avrebbe diritto ad essere assistito dagli organi pubblici, con aggravio dei costi del sistema assistenziale nel suo complesso, senza che in ipotesi sussistano ragioni di tutela concrete a favore dell'ex coniuge (che per lunghi anni non ha mai avanzato richieste di adeguamento del pur modestissimo assegno divorzile a suo tempo concesso, senza neppure clausola di rivalutazione automatica); che conclusivamente la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, sollevata dalla difesa di Faceni Clara appare non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. oltreche', rilevante, nel giudizio; che pertanto occorre disporre che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale con sospensione del presente giudizio;
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione per le ragioni di parte motiva; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costuzionale e la sospensione del presente giudizio; Dispone la notifica della presente ordinanza ai Presidenti della Camera e del Senato e del Consiglio dei Ministri. Trento, addi' 20 ottobre 1998 Il presidente: Ciciretti Il consigliere relatore: Platania 98C1453