N. 910 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 1998
N. 910 Ordinanza emessa il 14 ottobre 1998 dal tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Suarino Natale ed altro Processo penale - Interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere - Obbligo di procedere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia, pena l'estinzione della misura stessa, anche dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento - Mancata previsione - Irragionevolezza - Lesione del principio di eguaglianza e di quello di inviolabilita' della liberta' personale - Violazione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, artt. 294, comma 1, e 302). (Cost., artt. 3, 13 e 24).(GU n.2 del 13-1-1999 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza in relazione alla questione sollevata dagli avvocati Esposito Fariello e Stabile. Il tribunale vista l'istanza del difensore di Suarino Natale cui si e' associato il difensore di Terracciano Vincenzo e con la quale si e' instaurato un procedimento incidentale de libertate rileva; allo stato attuale della legislazione e precisamente sulla base della formulazione del combinato disposto degli articoli 294 e 302 del codice di procedura penale come risultante a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 77 del 1997, la stessa non puo' essere accolta, ed infatti gli imputati sono stati tratti in arresto durante la fase dibattimentale, di talche' tale normativa non puo' essere invocata a loro favore nell'attuale stato della legislazione che impone, nei confronti di colui che versa in stato di custodia cautelare in carcere sulla scorta di una misura la cui esecuzione sia iniziata prima della trasmissione degli atti del giudice del dibattimento, l'effettuazione dell'interrogatorio di garanzia da parte del giudice entro il termine cinque giorni, pena la caducazione della misura cautelare. Non di meno la questione che e' rilevante ai fini della decisione de libertate e che gia' ha indotto il tribunale di Milano con ordinanza 27 ottobre 1997, Calabro' a sollevare la questione, deve essere valutata sotto il profilo della conformita' dell'attuale regime legislativo ai parametri costituzionali, e precisamente in relazione all'art. 3 della Costituzione ossia al principio dell'uguaglianza di trattamento in relazione a situazioni che presentano gli stessi aspetti ed al principio di ragionevolezza che impone a fronte di situazioni non significativamente diversificate l'identita' di trattamento. All'art. 13 della Costituzione che impone l'inviolabilita' della liberta' personale e all'art. 24 della Costituzione che prevede il diritto di difesa che si pone come strumentale rispetto ad ogni altro diritto compresi quelli costituzionalmente garantiti quale la liberta' personale, l'onore, la dignita' e in campo civilistico il diritto di proprieta' latamente inteso quando vengano in rilievo giudizialmente. Si osserva a tal proposito che la Consulta si e' astenuta nella sentenza n. 77/1997 dal far ricorso all'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87 per dichiarare l'incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 294 e 302 codice di procedura penale con riferimento non soltanto alla fase che va fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento ma, ad ogni stato e grado del processo (il problema e' infatti fervido di implicazioni anche per i gradi di appello e cassazione), limitandosi ad un orbiter dictum, ma lanciando un preciso messaggio non recepito dal legislatore. Nel caso di specie deve osservarsi che la situazione e' diversa secondo che l'imputato indagato sia tratto in arresto prima della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, cosa che comporta l'obbligo di interrogatorio entro i cinque giorni da parte del g.i.p., o dopo che tale evento processuale si sia verificato, evenienza che all'attuale stato della legislazione non impone un siffatto obbligo. In tale ultima ipotesi il giudice che procede e' il giudice del dibattimento al quale dunque in ipotesi di incostituzionalita' della norma competerebbe necessariamente l'effettuazione dell'interrogatorio di garanzia essendo parimenti garantita la competenza funzionale dell'art. 25, primo comma della Costituzione, con la fissazione del principio del giudice naturale: cio' potrebbe far ritenere che una simile evenienza sarebbe in contrasto con la filosofia del nuovo codice di procedura penale, la quale richiede un giudice del dibattimento che sia tabula rasa ed ignori gli atti del procedimento dalla cui anticipata cognizione potrebbe essere influenzato - laddove il compimento di una tale attivita', che va effettuata con le modalita' dell'art. 65, codice di procedura penale, renderebbe necessaria una cognizione delle fonti di prova da contestare all'imputato - e far pensare che a fronte di situazioni diverse si giustifichi una diversita' di regime, e dunque cio' spiegherebbe la mancata previsione nella fase dibattimentale dell'interrogatorio di garanzia. Senonche' a ben vedere cio' non comporta una violazione del principio che pur e' costituzionalmente garantito - come conseguenza del diritto di difesa (che sarebbe improduttivo se esercitato davanti ad un iudex sospectus) - della terzieta' del giudice, essendosi ripetutamente affermato dal giudice delle leggi che detto principio non e' vulnerato dall'anticipa conoscenza degli atti o dalla conoscenza di atti che altrimenti mai verrebbero portati alla sua cognizione facenti parte del fascicolo del pubblico ministero, bensi' dall'anticipazione di giudizi. Valga per tutte Corte costituzionale n. 23/1992 che postula l'esame del fascicolo del pubblico ministero prima della decisione per valutare in caso di diniego del giudizio abbreviato che il processo era decidibile allo stato degli atti. In effetti il giudice del dibattimento sarebbe chiamato ad una valutazione che non inciderebbe sul merito della causa, essendo limitata al procedimento incidentale de libertate. Dunque, un'omessa previsione di tal fatta che apporta un fumus al diritto di difesa strumentale al diritto costituzionalmente definito inviolabile della liberta' personale, non puo' giustificarsi in nome di un principio costituzionale che possa definirsi almeno equivalente in un bilanciamento di valori di talche' non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale. Tutto cio' a prescindere dalle norme di origine internazionale (art. 5, n. 3 della Convezione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali art. 9, n. 3 della Convenzione di New York), che hanno nella gerarchia delle fonti lo stesso grado dello strumento giuridico con cui sono state recepite e dunque quello di leggi ordinarie e, comunque non sono self exequting ed e' controversa la loro sussunzione nel modulo dell'art. 11 della Costituzione. Appare inoltre pacifica la non invocabilita' per dar loro un rango costituzionale dell'art. 10, primo comma della Costituzione che si ritiene riferito alle consuetudini internazionali e non ai trattati ed alle convenzioni. Vero che e' il sistema potrebbe prevedere equipollenti all'interrogatorio di garanzia dovendo i principi costituzionali avere un presidio sostanziale a prescindere dalle forme in cui detto presidio si atteggi, ma nella fase dibattimentale nessun equipollente idoneo ad assicurare lo stesso effetto dell'interrogatorio di garanzia e' previsto: certamente non l'esame dell'imputato che e' meramente eventuale e che abbia il suo momento processuale e solo per accidente potrebbe venir a cadere nei termini ragionevoli entro cui e' necessario che il diritto di difesa venga esercitato in relazione al provvedimento restrittivo. Certamente non altra forma di interrogatorio non prevista ne' dichiarazioni spontanee che l'imputato potrebbe rendere nel dibattimento, nessun mezzo essendo predisposto per garantire che cio' avvenga in tempi ragionevolmente celeri, ne' l'esercizio del potere impugnativo latamente inteso. Ne' si puo' invocare in relazione alla necessita' che la presa di contatto avvenga in tempi rapidi l'immanenza della parte privata nel processo come fa la Cassazione, sezioni unite 28 gennaio, 8 aprile 1998 n. 3. Se ne deve concludere come gia' affermato dalla consulta relativamente ad altra fase processuale che l'imputato a fronte di mere differenze strutturali della fase dibattimentale che non possono dirsi dar luogo a situazione diversa resterebbe privato "del piu' efficace strumento di difesa, avente ad esclusivo oggetto la cautelare risposta; di quel colloquio, cioe', con il giudice relativo alle condizioni che hanno legittimato l'adozione della misura cautelare ed alla loro permanenza". Ne consegue la necessita' di sollevare di ufficio la questione di legittimita' costituzionale che non appare manifestamente infondata.
P. Q. M. Solleva siccome rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 294, comma 1 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento e dell'art. 302 codice di procedura penale laddove non prevede la cessazione di efficacia della misura cautelare suddetta qualora detto interrogatorio non abbia luogo nei termini previsti dall'art. 294, comma 1, codice di procedura penale; Sospende il procedimento incidentale de libertate ed ordine che a cura della cancelleria siano trasmessi gli atti di detto procedimento incidentale alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere e del Parlamento. Napoli, addi' 14 ottobre 1998 Il presidente: (firma illeggibile) 98C1458