N. 3 SENTENZA 18 - 21 gennaio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Locazione - Contratto - Inadempimento del  conduttore  per  omissione
 del  pagamento  del  canone e degli oneri accessori - Possibilita' di
 versare alla prima udienza l'importo dovuto e le spese liquidate  dal
 giudice con esclusione della risoluzione del contratto di locazione -
 Indifferenza  del  tipo  di  procedura  prescelta dal locatore per la
 sanatoria - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione.
 
 (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 55).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.4 del 27-1-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge
 27 luglio 1978,  n.  392  (Disciplina  delle  locazioni  di  immobili
 urbani), promosso con ordinanza emessa il 29 ottobre 1997 dal pretore
 di  Napoli  nel procedimento civile vertente tra Salvatore Salemme ed
 altri e Pasquale Petrucci, iscritta al n. 871 del registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  6  maggio 1998 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio promosso per  la  risoluzione  di  un
 contratto  di  locazione  per  inadempimento  del conduttore, che non
 aveva pagato numerose mensilita' del canone ma  intendeva  sanare  in
 giudizio  la  morosita',  con  ordinanza emessa il 29 ottobre 1997 il
 pretore di Napoli ha sollevato, in riferimento  agli  artt.  3  e  24
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  55 della legge 27 luglio 1978, n.  392  (Disciplina  delle
 locazioni  di  immobili  urbani),  nella  parte  in  cui  prevede  la
 possibilita' di sanare in sede giudiziale la morosita', impedendo  in
 tal  modo  la  risoluzione  del  contratto, nel solo procedimento per
 convalida  di  sfratto  e  non  anche  nel  giudizio   ordinario   di
 risoluzione per inadempimento.
   La   disposizione   denunciata   stabilisce,   nel  contesto  della
 disciplina delle locazioni di immobili urbani, che la  morosita'  del
 conduttore nel pagamento del canone e degli oneri accessori (previsti
 dall'art.    5 della stessa legge n. 392 del 1978 per la locazione di
 immobili adibiti ad uso di abitazione) puo'  essere  sanata  in  sede
 giudiziale  per  non piu' di tre volte nel corso di un quadriennio se
 il conduttore alla prima udienza, o in caso di comprovate  condizioni
 di  difficolta'  nel  termine  assegnato dal giudice, versa l'importo
 dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori  maturati
 sino  a  tale  data,  maggiorati degli interessi legali e delle spese
 processuali  liquidate  dal  giudice.   Il   pagamento   esclude   la
 risoluzione del contratto.
   Il  pretore  di Napoli, aderendo all'interpretazione della Corte di
 cassazione, ritiene che la  particolare  sanatoria  della  morosita',
 prevista dall'art. 55 della legge n. 392 del 1978, trovi applicazione
 soltanto  nel  procedimento  per  convalida di sfratto (art. 658 cod.
 proc.  civ.),  mentre  nell'ordinario  giudizio  di  risoluzione  del
 contratto   per   inadempimento,   applicandosi  la  regola  generale
 stabilita dall' art. 1453, terzo comma, cod. civ., il conduttore  non
 potrebbe adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della
 domanda  di risoluzione.   Essendo gia' stata dichiarata non fondata,
 in  riferimento  al solo art. 3 della Costituzione, analoga questione
 di legittimita' costituzionale (sentenza n. 2 del 1992),  il  giudice
 rimettente  ritiene di proporre nuovi argomenti a sostegno del dubbio
 di legittimita' costituzionale, prospettato ora con riferimento anche
 all'art. 24 della Costituzione.
   L'art. 55 della legge n. 392  del  1978,  consentendo  al  locatore
 inadempiente   di   sanare  la  morosita'  e  di  impedire  cosi'  la
 risoluzione  del  contratto  successivamente  all'instaurazione   del
 procedimento  per  convalida di sfratto, prevederebbe una deroga alla
 regola che esclude l'adempimento dell'obbligazione dalla  data  della
 domanda  di  risoluzione  (art.  1453,  terzo comma, cod. civ.). Tale
 deroga risponderebbe ad una scelta di politica legislativa diretta  a
 favorire  la  continuita'  del  rapporto di locazione, attribuendo al
 conduttore moroso nel pagamento del canone il potere  sostanziale  di
 impedire  la  risoluzione  del  contratto,  pagando,  alle condizioni
 previste,  le  somme  dovute  al  locatore.  Ne  segue  che   sarebbe
 irragionevole  la  diversita'  di  trattamento  di  conduttori che si
 trovano nella stessa condizione di inadempienza, in  ragione  di  una
 scelta  processuale effettuata non da chi ha il potere di impedire la
 risoluzione, ma da chi dovrebbe subire gli effetti dell'esercizio  di
 tale  potere. Ne', ad avviso del giudice rimettente, permarrebbero le
 giustificazioni che in precedenza  la  giurisprudenza  costituzionale
 (sentenza  n.  2  del 1992) ha ravvisato nella disciplina processuale
 allora vigente: la  cognizione  piena,  le  maggiori  garanzie  e  la
 dilatazione dei tempi processuali che differenziavano il procedimento
 ordinario di risoluzione per inadempimento rispetto a quello speciale
 di  sfratto  per  morosita',  caratterizzato  dalla  ristrettezza dei
 termini di chiamata in giudizio e dalla sommarieta' della cognizione.
 La recente riforma del codice di procedura civile (legge 26  novembre
 1990,  n.  353  e  successive  modificazioni) avrebbe sostanzialmente
 eliminato le  differenze  tra  procedimenti,  ordinario  e  speciale,
 quanto  ai  termini  per  comparire;  sarebbe  anche  venuta  meno la
 diversita' dei tempi  processuali  nel  giudizio  ordinario,  essendo
 stato  modellato  il  processo  in materia di locazioni su quello del
 lavoro.
   Il  pretore  di  Napoli  ritiene  che  la   disciplina   denunciata
 violerebbe   anche   l'art.  24  della  Costituzione:  essendo  stato
 riconosciuto al conduttore moroso il potere sostanziale di  impedire,
 effettuando  il pagamento, la risoluzione del contratto di locazione,
 deve essere assicurata sul piano processuale la realizzazione di tale
 potere.  La facolta' di avvalersi, nel processo, del potere di sanare
 la mora, non  potrebbe  essere  limitata  al  solo  procedimento  per
 convalida  ed  essere  esclusa  nel giudizio ordinario, facendo cosi'
 dipendere l'esercizio di un  proprio  potere  sostanziale  da  scelte
 processuali altrui.
   2.  -  E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
 dichiarata non fondata.
   L'Avvocatura ritiene che l'art. 55 della legge n. 392 del 1978  non
 avrebbe  inteso derogare, per le locazioni, ai principi relativi alla
 risoluzione del contratto  per  inadempimento,  giacche'  spetterebbe
 sempre  alla parte adempiente scegliere tra la domanda di risoluzione
 e quella di adempimento. Sarebbe stata solo modificata la  disciplina
 del particolare procedimento sommario per la convalida di sfratto per
 morosita'.   La   intimazione   dello   sfratto  verrebbe  ad  essere
 configurata  come  richiesta  di  adempimento  e  come  minaccia   di
 risoluzione   in  caso  di  persistenza  dell'inadempimento.  Difatti
 l'ordinanza  di  convalida  presuppone  la  verifica,  da  parte  del
 giudice,  che non vi sia opposizione del conduttore e che persista la
 morosita'.  Se  il  conduttore  versa  in  udienza   quanto   dovuto,
 mancherebbe  la persistenza della morosita' ed il procedimento non si
 convertirebbe in un ordinario  giudizio  di  cognizione,  diretto  ad
 accertare l'importanza dell'inadempienza con la eventuale conseguenza
 della risoluzione del rapporto.
   L'Avvocatura  ritiene,  comunque,  che  il legislatore, bilanciando
 l'interesse sociale legato alla disponibilita' di una  abitazione  da
 parte  del  conduttore  con la prestazione di una somma di denaro cui
 questi e' tenuto, potrebbe discostarsi dai principi della  disciplina
 comune  dei  contratti  per  disporre  che il conduttore inadempiente
 possa adempiere anche dopo che e' stata richiesta la risoluzione  del
 contratto di locazione.
                         Considerato in diritto
   1. - La questione di legittimita' costituzionale investe l'art.  55
 della  legge  27  luglio  1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di
 immobili urbani), che consente al conduttore che non ha adempiuto  al
 pagamento  del  canone  e  degli  oneri  accessori  (previsti  per le
 locazioni di immobili urbani adibiti ad uso di  abitazione  dall'art.
 5  della stessa legge) di versare alla prima udienza l'importo dovuto
 e  le  spese  liquidate  dal  giudice,  in  tal  modo  escludendo  la
 risoluzione  del contratto di locazione. Il pretore di Napoli ritiene
 che la facolta' del  conduttore  di  sanare  in  sede  giudiziale  la
 morosita'  operi  solo  nel  procedimento  sommario  per convalida di
 sfratto  e  non  nell'ordinario  procedimento  di   risoluzione   del
 contratto  per  inadempimento,  nel  quale, secondo la regola comune,
 dalla data della domanda di risoluzione il debitore inadempiente  non
 puo'  piu' adempiere la propria obbligazione (art. 1453, terzo comma,
 cod. civ.).
   Su questo presupposto interpretativo viene denunciata la violazione
 degli artt. 3 e 24  della  Costituzione.  Sarebbe  ingiustificata  la
 disparita' di trattamento del conduttore che, trovandosi nella stessa
 situazione di morosita', potrebbe, con il pagamento di quanto dovuto,
 evitare  la  risoluzione  del  contratto in un caso e non nell'altro.
 Inoltre sarebbe leso il diritto di agire in  giudizio  a  tutela  dei
 propri  diritti,  giacche'  la  facolta'  sostanziale  di  sanare  la
 morosita',   cosi'   escludendo   la   risoluzione   del   contratto,
 dipenderebbe  dalle  scelte  processuali  di  chi dovrebbe subire gli
 effetti di tale facolta'.
   2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito precisati.
   2.1. - Il termine per il pagamento dei  canoni  scaduti,  stabilito
 dall'art.  55  della legge n. 392 del 1978, consente al conduttore di
 sanare in giudizio la morosita' che, per  le  locazioni  di  immobili
 adibiti  ad  uso di abitazione, costituisce inadempimento e motivo di
 risoluzione del contratto quando siano  decorsi  venti  giorni  dalla
 scadenza   prevista  per  il  pagamento  del  canone,  ovvero  quando
 l'importo degli oneri accessori  non  pagati  superi  quello  di  due
 mensilita' del canone (art. 5 della stessa legge).
   In  tal  modo  il  legislatore  ha  per un verso stabilito, con una
 valutazione  legale  tipica,  l'importanza   dell'inadempimento   del
 conduttore idoneo a determinare la risoluzione del contratto (che non
 ammette  clausole risolutive espresse con termini piu' gravosi per il
 conduttore); per altro verso ha contemperato l'interesse del locatore
 a  ricevere  tempestivamente  il  corrispettivo  per   il   godimento
 dell'immobile  con  l'interesse  del  conduttore a non essere privato
 dell'abitazione, consentendo a  quest'ultimo  di  adempiere  in  sede
 giudiziale  la  sua obbligazione, per non piu' di tre volte nel corso
 della durata quadriennale del contratto, provvedendo al pagamento  di
 quanto dovuto alla prima udienza o nel termine indicato dal giudice.
   La  previsione  della facolta' di sanare la morosita' in giudizio e
 la regolamentazione del termine per il pagamento dei canoni scaduti a
 tal fine previsto, comprese tra  le  disposizioni  processuali  della
 disciplina  delle  locazioni  di  immobili  urbani, non menzionano in
 alcun  modo,  perche'  se  ne  possa  dedurre  che   si   riferiscano
 esclusivamente ad esso, il procedimento per convalida di sfratto.
   Difatti  l'art.  55  della  legge  n.  392  del  1978  fa  testuale
 riferimento alla sede giudiziale ed  alla  prima  udienza:  elementi,
 questi,  che  non valgono a richiamare esclusivamente il procedimento
 sommario per convalida di sfratto e ad escludere l'ordinario giudizio
 di cognizione, nel quale sia chiesta la risoluzione del contratto  di
 locazione  che  il  pagamento all'udienza, nei termini previsti dalla
 stessa disposizione denunciata, vale ad escludere.  Gli  effetti  del
 pagamento   dei   canoni   scaduti   nella  sede  giudiziale  possono
 astrattamente prodursi sia nella procedura sommaria  di  sfratto  per
 morosita'  che  in quella ordinaria di risoluzione per inadempimento,
 rispondendo alla medesima  finalita'.    Anche  la  disciplina  delle
 modalita'  e  dei  termini del pagamento, prevista dalla disposizione
 denunciata, e' egualmente compatibile con l'articolazione di entrambi
 i procedimenti.
   E' dunque possibile interpretare l'art. 55 della legge n.  392  del
 1978  nel  senso  che  la  sanatoria  in giudizio della morosita' sia
 ammessa non solo nel procedimento  per  convalida  di  sfratto,  come
 sostiene   il   giudice   rimettente   sulla  base  dell'orientamento
 prevalente della Corte di cassazione, ma anche nel giudizio ordinario
 di risoluzione del contratto per inadempimento, come ha  ritenuto  un
 diverso  orientamento  della  stessa giurisprudenza di legittimita' e
 come sostiene larga parte della dottrina e  della  giurisprudenza  di
 merito.
   L'interpretazione che consente al debitore un efficace pagamento in
 sede  giudiziale,  tale  da escludere la pronuncia di risoluzione del
 contratto, senza distinguere tra  i  diversi  tipi  di  procedimento,
 supera  i  dubbi  di legittimita' costituzionale proposti dal giudice
 rimettente. Difatti la condizione  del  conduttore  inadempiente  che
 intenda  avvalersi,  nei  termini  previsti dalla stessa disposizione
 denunciata, della facolta' di sanare la morosita' cosi' escludendo la
 risoluzione del contratto, non muterebbe in alcun  modo  per  effetto
 della procedura prescelta dal locatore.
   Essendo   possibile  una  interpretazione  della  disposizione  che
 esclude il contrasto con i parametri indicati per la  verifica  della
 legittimita'    costituzionale,    e'    doveroso    preferire   tale
 interpretazione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  55 della legge 27 luglio
 1978,  n.  392  (Disciplina  delle  locazioni  di  immobili  urbani),
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal
 pretore di Napoli con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 21 gennaio 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
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