N. 35 SENTENZA 11 - 19 febbraio 1999

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
 
 Costituzione  della  Repubblica italiana - Tribunale di Roma e Camera
 dei deputati  -  Dichiarazione  di  insindacabilita'  delle  opinioni
 espresse  dall'on.  Cesare  Previti  -  Mancato deposito, nel termine
 perentorio, del ricorso - Improcedibilita' del conflitto.
 
(GU n.8 del 24-2-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio  promosso  con  ricorso  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  tribunale  di  Roma, notificato il 15 giugno
 1998, depositato in Cancelleria il 16 settembre 1998,  per  conflitto
 di  attribuzione  sorto  a  seguito  della  delibera della Camera dei
 Deputati del 22  ottobre  1997  con  la  quale  e'  stata  dichiarata
 l'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse dall'on. Cesare Previti
 nei  confronti  di  David  Maria  Sassoli  ed  iscritto  al n. 26 del
 registro conflitti 1998.
   Visto l'atto di costituzione  della  Camera  dei  Deputati  nonche'
 l'atto di intervento di Previti Cesare;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un procedimento  penale  a  carico  del  deputato
 Cesare  Previti  -  imputato  del reato previsto e punito dagli artt.
 595, primo e terzo comma, cod. pen. e 21 della legge 8 febbraio 1948,
 n. 47, per avere a mezzo stampa offeso la reputazione del giornalista
 David Maria Sassoli, rilasciando  dichiarazioni  destinate  ai  mezzi
 d'informazione,  ed  effettivamente  riprodotte in un comunicato ANSA
 del 16 giugno 1995, in cui lo indicava "come partecipe di  uno  stile
 giornalistico  volutamente mistificatorio e diretto specificamente ad
 annebbiare anche verita'  pacifiche  e  come  giornalista  capace  di
 mistificare  anche  fatti  notori  per  scarsa professionalita' o per
 opportunita'  di  disinformazione  strumentalizzata  ad  impegno   in
 campagne politiche" - il giudice per le indagini preliminari di Roma,
 con  ordinanza  emessa il 16 febbraio 1998, ha sollevato conflitto di
 attribuzione  tra  poteri  dello  Stato,  chiedendo  alla  Corte   di
 dichiarare  che  non  spetta  alla  Camera  dei  deputati  deliberare
 l'insindacabilita' dei fatti ascritti al  Previti  poiche'  essi  non
 ricadono   nell'ipotesi  di  cui  all'art.  68,  primo  comma,  della
 Costituzione. Infatti tale Camera - cui, a seguito di eccezione della
 difesa dell'indagato circa l'applicabilita' dell'art. 68 Cost., erano
 stati trasmessi gli atti in data 13 dicembre 1996 - ha ritenuto,  con
 deliberazione  del  22  ottobre 1997, che i fatti addebitati a quello
 concernono  opinioni   espresse   da   un   membro   del   Parlamento
 nell'esercizio delle sue funzioni.
   A  parere del G.I.P., quanto contestato al Previti non e' invece da
 qualificarsi in tal senso, proprio alla stregua della  giurisprudenza
 di  questa  Corte in materia di riferibilita' dell'atto alla funzione
 parlamentare; la quale puo' si' svolgersi in  forma  libera,  ma  non
 puo'  coincidere  con  l'intera  attivita'  politica,  altrimenti  la
 prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione si
 trasformerebbe in privilegio personale.
   In proposito egli osserva che nella specie non e' ravvisabile alcun
 tipo di  connessione  tra  la  funzione  svolta  dal  deputato  e  la
 circostanza  da cui sono scaturite le sue dichiarazioni all'ANSA. Ne'
 gli atti parlamentari varrebbero  a  chiarire  l'esistenza  di  alcun
 nesso  strumentale  tra  condotta e funzioni, risultando da essi solo
 accenni ad una "polemica  essenzialmente  e  squisitamente  politica"
 originata  da  "una  certa  malizia"  del  giornalista.  Del  resto -
 aggiunge - anche riconoscendo una valenza politica al contesto in cui
 sono  inserite  le  dichiarazioni,  le  conclusioni  non  muterebbero
 appunto   perche',   come  affermato  da  questa  Corte,  e'  vietato
 assimilare il concetto di funzione parlamentare a quello di attivita'
 politica.
   2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza  n.
 261 del 30 giugno-9 luglio 1998.
   Il  G.I.P.  presso  il  tribunale  di Roma ha notificato in data 15
 luglio 1998 il ricorso (contenuto nella sua ordinanza) e  l'ordinanza
 di  ammissibilita'  alla  Camera  dei  deputati,  depositandoli  poi,
 insieme con la prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria  della
 Corte costituzionale in data 16 settembre 1998.
   3.  -  Con  atto  depositato  il 28 luglio 1998 si e' costituita la
 Camera dei deputati la quale, ricostruite le  vicende  processuali  e
 parlamentari    che    hanno   dato   origine   alla   pronuncia   di
 insindacabilita' ed al susseguente  conflitto,  ha  concluso  per  il
 rigetto  del  ricorso.    Essa  -  richiamando,  in  particolare,  la
 giurisprudenza costituzionale formatasi in materia - ha  ribadito  la
 correttezza  o, quantomeno, la plausibilita', in ragione della logica
 motivazione ad essa sottesa, della sua delibera (adottata  in  Giunta
 all'unanimita'   ed   in   Assemblea   a   stragrande   maggioranza),
 argomentando la diretta riconducibilita' delle opinioni espresse  dal
 deputato  Previti  all'esercizio  delle sue funzioni di parlamentare,
 cui e' riconnesso il diritto di difendere la propria figura  politica
 di parlamentare.
   4.  -  Ha spiegato atto di intervento anche il deputato Previti, il
 quale - con riserva di  depositare  ulteriori  atti  difensivi  -  ha
 concluso per la declaratoria di inammissibilita', di improcedibilita'
 o  di  infondatezza  del  proposto ricorso. In una memoria depositata
 nell'imminenza della camera di consiglio  egli  ha,  in  particolare,
 insistito nell'eccezione di improcedibilita', deducendo la tardivita'
 del   deposito   in  Cancelleria  del  ricorso  e  dell'ordinanza  di
 ammissibilita' dello stesso con la prova della notifica alla Camera.
                        Considerato in diritto
   1. - Il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, sollevato
 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di  Roma,
 investe  la  deliberazione con cui, il 22 ottobre 1997, la Camera dei
 deputati ha ritenuto insindacabili  (ai  sensi  dell'art.  68,  primo
 comma,  della  Costituzione)  i  fatti per i quali il deputato Cesare
 Previti e' sottoposto a  procedimento  penale  per  diffamazione  nei
 confronti  del  giornalista  David Maria Sassoli, siccome concernenti
 opinioni espresse da un membro del  Parlamento  nell'esercizio  delle
 sue funzioni.
   Il  ricorrente  esprime  l'avviso  che  le specifiche dichiarazioni
 contestate all'imputato non  possano  in  detto  senso  qualificarsi,
 senza  cosi'  trasformare  in  un privilegio personale la prerogativa
 legata alla funzione parlamentare, la quale certamente  non  coincide
 con l'intera attivita' politica.
   1.2.  -  Il  ricorso, unitamente all'ordinanza n. 261 del 1998, con
 cui questa Corte lo ha dichiarato ammissibile, e'  stato  ritualmente
 notificato,  a  cura del ricorrente, alla Camera dei deputati in data
 15 luglio 1998; il ricorso e l'ordinanza, con la prova  dell'eseguita
 notificazione,  sono  stati  depositati nella cancelleria della Corte
 costituzionale il successivo 16 settembre.
   1.3. - La Camera  dei  deputati,  tempestivamente  costituitasi  in
 giudizio,  ha  concluso  per  il  rigetto del conflitto, ribadendo la
 diretta riconducibilita' delle opinioni espresse dal deputato Previti
 all'esercizio delle sue funzioni di parlamentare, cui  e'  riconnesso
 il diritto di difendere la propria figura politica di parlamentare.
   1.4.  -  A  sua  volta,  il  deputato  Previti  ha spiegato atto di
 intervento,  concludendo  per  la  declaratoria   d'inammissibilita',
 d'improcedibilita',   ovvero  d'infondatezza  del  proposto  ricorso.
 Trattasi,  peraltro,  di  un  intervento  palesemente  inammissibile,
 poiche'  -  secondo  la  consolidata giurisprudenza di questa Corte -
 sono   legittimati   a  partecipare  al  giudizio  sul  conflitto  di
 attribuzioni tra poteri dello Stato, esclusivamente  i  soggetti  dai
 quali  o  nei  confronti  dei  quali  il  conflitto  e' sollevato (v.
 sentenze n. 375 del 1997 e n. 419 del 1995).
   2.  -  In  via  preliminare,  va  rilevata  l'improcedibilita'  del
 conflitto,  non  essendo  stati  depositati  presso la cancelleria di
 questa Corte, nei termini previsti dall'art. 26, terzo  comma,  delle
 norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, il
 ricorso  e l'ordinanza che ne ha dichiarata l'ammissibilita', l'uno e
 l'altra gia' tempestivamente notificati.
   2.1.  -  Secondo  la  particolare  disciplina  dei   conflitti   di
 attribuzione  tra poteri dello Stato, l'avvio delle due distinte fasi
 procedurali - destinate a concludersi, la prima, con  la  delibazione
 preliminare e sommaria dell'ammissibilita' del ricorso e, la seconda,
 con  la  decisione  nel  merito, oltre che con il definitivo giudizio
 sulla ammissibilita' del conflitto - e' rimesso all'iniziativa  della
 parte  interessata;  la  quale, in particolare, all'esito della prima
 fase, ha l'onere di provvedere, nei termini previsti, non  solo  alla
 notificazione   del   ricorso   e   dell'ordinanza  che  lo  dichiara
 ammissibile, ma anche al tempestivo deposito  degli  atti  notificati
 per il seguente giudizio (cfr. la sentenza n. 449 del 1997).
   In proposito questa Corte ha gia' ripetutamente affermato che, data
 l'autonomia  delle  due fasi, affinche' si possa aprire la seconda di
 esse (ai sensi del citato art. 26, terzo comma), e' necessario che il
 ricorrente -  una  volta  notificati  il  ricorso  e  l'ordinanza  di
 ammissione  agli  organi  interessati  - provveda entro il termine di
 venti  giorni,  decorrente  dall'ultima  notificazione,  al  deposito
 presso  la  cancelleria  della  Corte  del ricorso con la prova delle
 notificazioni eseguite (v., da ultimo, le sentenze n. 274  e  n.  342
 del  1998).  Trattasi  di  termine  perentorio  -  non  soggetto alla
 sospensione feriale prevista dall'art. 1, primo comma, della legge  7
 ottobre  1969,  n. 742, disciplina inapplicabile ai giudizi davanti a
 questa Corte (cfr. sentenza n. 233 del 1993 ed ordinanza n.  126  del
 1997),  che  va  dunque improrogabilmente osservato, anche perche' da
 esso decorre l'intera catena di ulteriori termini  stabiliti  per  la
 prosecuzione  del  giudizio  (ex  art.  26, quarto comma, delle norme
 integrative).
   2.2. - Il ricorrente non ha provveduto ritualmente al  deposito,  e
 dunque non si puo' procedere allo svolgimento dell'ulteriore fase del
 giudizio.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  improcedibile  il  conflitto  di  attribuzione tra poteri
 dello Stato proposto dal giudice per le indagini  preliminari  presso
 il  tribunale  di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il
 ricorso indicato in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1999.
                         Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0159