N. 36 ORDINANZA 11 - 19 febbraio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -   Incompatibilita'   del   giudice  -  Giudizio
 direttissimo - Partecipazione al dibattimento del giudice  che  nella
 fase   anteriore   allo  stesso,  abbia  emesso,  dopo  la  convalida
 dell'arresto, ordinanza di custodia cautelare personale -  Divieto  -
 Omessa    previsione    -    Difetto   di   rilevanza   -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma, 34, 2 e 279).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 27 e 101).
 
(GU n.8 del 24-2-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 34  -  e  34,
 comma  2  -  2  e  279  del  codice di procedura penale, promosso con
 ordinanza emessa il 24 marzo 1998 dalla Corte  d'appello  di  Torino,
 nel  procedimento  penale  a  carico  di  Francesco Bergamo ed altri,
 iscritta al n. 579 del registro ordinanze  1998  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  36, prima serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
   Ritenuto che, con ordinanza emessa  il  24  marzo  1998,  la  Corte
 d'appello  di  Torino  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
 25,  27  e  101  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
 costituzionale:
     a)  dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale, nella
 parte in cui non prevede  che  il  giudice,  investito  del  giudizio
 direttissimo,  non possa partecipare al dibattimento nel caso in cui,
 nella fase anteriore allo stesso, abbia emesso, dopo aver convalidato
 l'arresto, ordinanza  di  custodia  cautelare  personale  (questione,
 questa, gia' sollevata davanti al giudice di primo grado, che l'aveva
 dichiarata   manifestamente  infondata);  inoltre,  con  una  diversa
 prospettazione, della stessa disposizione, nella  parte  in  cui  non
 prevede,   nella  medesima  situazione,  che  il  giudice  non  possa
 partecipare alla celebrazione del dibattimento con  rito  abbreviato,
 richiesto e concesso nel corso dello stesso giudizio direttissimo;
     b)  degli artt. 34, 2 e 279 del codice di procedura penale, nella
 parte in cui non prevedono che  la  competenza  del  giudice  per  le
 indagini  preliminari in merito alle misure cautelari si estenda fino
 alla  fase  degli  atti  preliminari  al  dibattimento,  finche'   il
 dibattimento  stesso  non sia stato aperto e, comunque, fino a quando
 il giudice non possa piu' essere sostituito  nella  sua  composizione
 personale;
     che  la  Corte  d'appello  ritiene  che  quando  la decisione del
 tribunale in merito alla custodia  cautelare  sia  intervenuta  nella
 fase  preliminare  al  processo  con  rito  direttissimo, ossia prima
 dell'apertura del dibattimento, non varrebbe la considerazione, posta
 a base della decisione di infondatezza di analoga questione (sentenza
 n. 177 del 1996), della unicita' della fase processuale e dell'essere
 il giudice che ha adottato il provvedimento cautelare gia'  investito
 di un giudizio del quale non puo' essere spogliato;
     che, ad avviso dello stesso giudice rimettente, la trasformazione
 del  rito, da direttissimo ad abbreviato, amplierebbe la distanza tra
 la fase preliminare del processo, nella quale e' stata  applicata  la
 misura  cautelare,  ed  il giudizio, nel quale sarebbero utilizzabili
 gli stessi atti di polizia giudiziaria e di indagine presi  in  esame
 per l'emissione della misura cautelare; inoltre la situazione sarebbe
 analoga  a quella del giudice per le indagini preliminari che procede
 al  giudizio  abbreviato  dopo  aver  emesso  ordinanza  di  custodia
 cautelare,  per  il quale la mancata previsione dell'incompatibilita'
 e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza  n.  155
 del 1996);
     che  nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non
 fondata.
   Considerato  che  le  questioni  di   legittimita'   costituzionale
 riguardano,   con   diverse  prospettazioni,  l'incompatibilita'  del
 giudice che, investito  del  giudizio  direttissimo,  ha  convalidato
 l'arresto  ed  emesso  un  provvedimento  di  custodia  cautelare nei
 confronti dell'imputato e prosegue il giudizio, eventualmente con  la
 trasformazione del rito nelle forme del giudizio abbreviato;
     che  la  giurisprudenza  di  legittimita' esclude che le cause di
 incompatibilita' determinino la nullita' del  provvedimento  adottato
 dal  giudice  ritenuto  incompatibile:  difatti esse non incidono sui
 requisiti di capacita' del giudice  mentre  costituiscono  motivo  di
 ricusazione  da  far valere con la apposita procedura, nei termini da
 essa previsti, e non con l'impugnazione della sentenza;
     che l'ordinanza di rimessione non motiva  sulla  rilevanza  delle
 questioni,   sollevate   in   un   giudizio   di   appello   per  una
 incompatibilita' che si sarebbe dovuta  verificare  nel  giudizio  di
 primo   grado,  limitandosi  ad  affermare  che  la  prima  questione
 corrisponde,  nella  sua  duplice  prospettazione,   a   un'eccezione
 proposta dalla difesa degli imputati nei motivi di impugnazione della
 sentenza  di  primo  grado: l'ordinanza non chiarisce, difatti, quali
 conseguenze ai fini del giudizio  di  appello  deriverebbero,  quanto
 alla  questione  concernente l'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., dal
 riconoscimento di una causa di incompatibilita' del giudice di  primo
 grado  e,  quanto alla questione riferita agli artt. 34, 2 e 279 cod.
 proc. pen., dal superamento della pretesa incompatibilita' attraverso
 l'attribuzione ad altro giudice della competenza ad  emettere  misure
 cautelari personali;
     che,    pertanto,   le   questioni   devono   essere   dichiarate
 manifestamente inammissibili.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   delle  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 34,  comma  2,  del  codice  di
 procedura  penale  e  degli artt. 34, 2 e 279 del codice di procedura
 penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3,  24,  25,  27  e  101
 della  Costituzione,  dalla Corte d'appello di Torino con l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1999.
                         Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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