N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 2 febbraio 1999

                                 N. 6
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 2
 febbraio 1999 (del tribunale di Salerno)
 Parlamento  - Immunita' parlamentari - Richiesta di rinvio a giudizio
    del Procuratore della Repubblica di Salerno, emessa il  26  luglio
    1997, nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi, per avere questi, in
    violazione  degli  artt. 595 cod. pen., 13, legge n. 47/1948 e 30,
    comma 4, legge n.  223/1990,  offeso  nel  corso  di  trasmissione
    televisiva  il  dott.  Luigi Esposito, sostituto procuratore della
    Repubblica presso il tribunale di  Napoli  -  Deliberazione  della
    Camera dei deputati in data 22 ottobre 1997, con la quale e' stato
    dichiarato  che  i  fatti oggetto di detto procedimento concernono
    opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle
    sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,  Cost.  -
    Conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato, sollevato con
    ordinanza del g.i.p. presso il tribunale di Salerno, perche' venga
    dichiarato  che  non  spetta  alla  Camera dei deputati deliberare
    l'insindacabilita' del fatto ascritto all'on. Sgarbi.
 (Delibera della Camera dei deputati di Roma 22 ottobre 1997).
(GU n.14 del 7-4-1999 )
   Letti gli atti del procedimento contro  Sgarbi  Vittorio,  nato  in
 Ferrara  l'8  maggio  1952,  ivi residente, via Giuoco del Pallone n.
 31/5, di fatto domiciliato in Roma, via Veneto n. 50, presso  l'Hotel
 "Majestic".  Difeso  di fiducia dall'avv. Stefano Previti del foro di
 Roma  e  dall'avv.  Luigi  Faggella  del  foro  di  Milano,  nominato
 sostituto processuale;
   Parte  civile:  Esposito  Luigi, nato in Napoli il 27 ottobre 1950,
 elettivamente domiciliato in Vola  (Napoli),  in  via  Lufrano  Parco
 Falco,  sc.  B,  presso  lo studio del proprio difensore avv. Gennaro
 Caccaviello del foro di Napoli;
                             O s s e r v a
   Con querela depositata  presso  l'ufficio  denunzie  della  procura
 della  Repubblica  del tribunale di Napoli il 6 aprile 1995, il dott.
 Luigi Esposito, magistrato con funzioni di giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  tribunale  di Napoli, esponeva che nel corso
 della trasmissione televisiva  "Sgarbi  quotidiani"  del  24  gennaio
 1995,  andata  in  onda sulla rete televisiva della Fininvest "Canale
 5",  l'on.  Vittorio  Sgarbi  aveva,  "con  intento   palesemente   e
 gratuitamente   denigratorio",  criticato  l'operato  da  lui  tenuto
 nell'ambito  del  procedimento  penale  contro  tale   Lasi   Franco,
 accreditando  una  versione  dei  fatti "mistificante e priva di ogni
 obbiettivita' storica".
   Gli atti venivano trasmessi, per  competenza,  alla  procura  della
 Repubblica  presso il tribunale di Roma che esercitava, nei confronti
 dell'on. Sgarbi, con richiesta depositata presso l'ufficio gip il  15
 dicembre  1995,  l'azione  penale  chiedendo  il rinvio a giudizio in
 ordine al seguente reato: "artt. 595 c.p., 13 legge 8 febbraio  1948,
 n. 47, 30, comma 4, legge 6 agosto 1990, n. 223, per aver offeso, nel
 corso   della   trasmissione   televisiva   "Sgarbi   quotidiani"  la
 reputazione di Luigi Esposito, mettendo acriticamente  in  dubbio  la
 dignita'  umana  dello  stesso,  in riferimento ai denegati doveri di
 ufficio scaturenti dalle funzioni di magistrato, in  particolare  con
 il parafrasare il metodo di ricerca proprio della filosofia socratica
 attraverso una serie di interrogazioni alla interlocutrice telefonica
 tese  a  concludere  con  il dubbio: "Esposito e' un uomo?", e quindi
 traendo  sintesi  di  preteso  insegnamento  nella   necessita'   che
 l'umanita'  del  giudice  Esposito si manifestasse in riferimento sia
 alla  omissione  di  verifica  delle  gravi  condizioni  fisiche  del
 detenuto  cui faceva riferimento l'interlocutrice, sia in riferimento
 all'asserito assunto atteggiamento di diniego all'accesso in  carcere
 di  religiosi,  senza  bisogno che fosse la televisione a doverglielo
 ricordare. Roma, 24 gennaio 1995".
   Nell'udienza preliminare del 22 maggio 1996 il gip del tribunale di
 Roma, nella vigenza del d.-l. 10 maggio 1996, n. 253, rilevato che la
 difesa dell'on. Sgarbi aveva eccepito l'applicabilita' dell'art.  68,
 comma  1,  della  Costituzione  e  reputando  che  i  fatti  ascritti
 all'imputato,  verificatisi nel corso di una rubrica televisiva dallo
 stesso condotta, non potevano, atteso anche il tenore degli argomenti
 trattati, qualificarsi come "mera divulgazione di voti espressi o  di
 atti  parlamentari  specifici",  in  quanto  il concetto di attivita'
 divulgativa  doveva   ritenersi   "di   rigorosa   accezione,   pena,
 altrimenti,     l'inammissibile     allargamento    della    garanzia
 costituzionale - funzionalmente collegata alla attivita' parlamentare
 propriamente intesa - a  qualsiasi  manifestazione  del  pensiero  in
 qualsivoglia  sede  e su qualunque tema espresso con modalita' in se'
 lesive di valori anch'essi costituzionalmente  protetti",  disponeva,
 ai  sensi del comma 4 dell'art. 2 del citato d.-l. 10 maggio 1996, n.
 253, la trasmissione di copia degli atti  alla  Camera  dei  Deputati
 perche'   deliberasse   in   merito   alla  questione  relativa  alla
 applicabilita', alla  fattispecie  in  esame,  dell'art.    68  della
 Costituzione, disponendo nel contempo la sospensione del procedimento
 fino  alla  deliberazione della Camera dei Deputati prevista entro il
 termine di novanta giorni, salvo proroga.
   Dopo una richiesta del Presidente della Camera dei deputati in data
 2 agosto 1996  con  la  quale  veniva    espressamente  richiesto  di
 enunciare  "il  fatto  per il quale e' in corso il procedimento", con
 l'indicazione delle norme che si assumevano violate e degli  elementi
 sui  quali  si  fondava  il  provvedimento,  in  quanto  nella prassi
 parlamentare l'ordinanza era l'unico atto del procedimento che veniva
 stampato e distribuito, per motivi di riservatezza, il gip  di  Roma,
 con  ordinanza  in data 7 agosto 1996, adempiva a quanto richiestogli
 investendo  nuovamente  la  Camera  dei  Deputati   della   questione
 dell'applicabilita' dell'art. 68 della Costituzione.
   In  data  25  febbraio  1997  il  predetto  gip,  rilevato  che  il
 decreto-legge in data 23 ottobre 1996 n. 555,  recante  "Disposizioni
 urgenti  per  l'attuazione  dell'art.  68 della Costituzione" non era
 stato  covertito  in  legge  nel  termine  di  sessanta  giomi  dalla
 pubblicazione  -  come  da  avviso  di mancata conversione pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale  del  23  dicembre  1996  -  e  che  analogo
 provvedimento  non  era stato reiterato, e rilevato, altresi', che la
 Camera dei Deputati non aveva proceduto alla deliberazione  entro  il
 termine  di  cui  al comma 50 dell'art. 2 del citato decreto-legge n.
 555 del 1996, fissava la prosecuzione dell'udienza preliminare per il
 giorno 12 marzo 1997.
   All'esito di tale udienza il  gip  di  Roma  emetteva  sentenza  di
 incompetenza per territorio ordinando la trasmissione degli atti alla
 procura della Repubblica presso il tribunale di Salemo, competente ex
 art.   11 cpp, rivestendo la persona offesa la qualita' di magistrato
 in servizio presso il tribunale di Napoli,  e  cio'  in  accoglimento
 della  tesi  (Cass. pen. sez. I, 30 gennaio 1995, n. 6018) secondo la
 quale  nel  caso  di  diffamazione  commessa  mediante   trasmissioni
 radiofoniche o televisive e consistente nell'attribuzione di un fatto
 determinato,  la speciale competenza territoriale stabilita dall'art.
 30, comma 50 della legge 6 agosto 1990, n. 223, in relazione al luogo
 di residenza della persona offesa,  trovava  applicazione  anche  nel
 caso  in  cui  il  reato veniva ascritto a soggetti diversi da quelli
 indicati nel comma 1 del citato articolo (concessionario  pubblico  o
 privato   ovvero   persona   da  loro  delegata  al  controllo  della
 trasmissione), e, in particolare, al  conduttore  della  trasmissione
 televisiva nel corso della quale il reato sarebbe stato commesso.
   Il   procuratore   della   Repubblica  di  Salerno,  con  richiesta
 depositata presso la cancelleria di questo giudice in data 26  luglio
 1997,  chiedeva  il  rinvio  a  giudizio dell'on. Sgarbi in ordine al
 "delitto previsto e punito dagli articoli 595 cd. pen., 13,  legge  8
 febbraio  1948,  n.  47, e 30, comma 40, legge 6 agosto 1990, n. 223,
 per  aver  offeso,  nel  corso  della trasmissione televisiva "Sgarbi
 quotidiani" del 24 gennaio 1995  in  onda  sull'emittente  televisiva
 della  Fininvest  "Canale  5",  la  reputazione  di  Luigi  Esposito,
 magistrato in servizio con funzioni di  sostituto  procuratore  della
 Repubblica  presso  il  tribunale  di  Napoli,  mettendo in dubbio il
 rispetto da parte dello  stesso  della  dignita'  umana  di  soggetti
 detenuti  con  specifico  riferimento  a  denegati  doveri di ufficio
 scaturenti dalle funzioni  di  magistrato  svolte  dal  medesimo,  in
 particolare  dapprima premettendo "c'e' una guerra contro le vittime,
 contro le persone, che viene combattuta con  l'arma  impropria  della
 magistratura con l'indifferenza di un magistrato, di un giudice, alla
 vita  di  un  uomo  ... questi magistrati tengono la gente in carcere
 come  cani  e  non  vanno  a  vedere  in  che  condizioni   sono"   e
 successivamente   collegandosi  telefonicamente  con  la  moglie  del
 detenuto Lasi Franco - rinviato a giudizio davanti alla sezione 5 del
 Tribunale di Napoli per  il  reato  di  associazione  per  delinquere
 finalizzata  allo  spaccio  di  sostanze  stupefacenti  - alla quale,
 mentre la stessa gli chiedeva di aiutarlo "a non  far  uccidere"  suo
 marito  dal  giudice Esposito, dopo aver chiarito che "Esposito e' il
 magistrato che ha impedito  ad  un  prete  di  andare  in  carcere  a
 visitare il dottor Gamberale", avanzava una serie di domande ("Ma suo
 marito  sta male?  Ma suo marito e' un uomo? Non ha risposto alle sue
 lettere Esposito?  Ma non e' andato in carcere a trovare suo  marito?
 Ma suo marito e' un uomo? Esposito e' un uomo? E' andato in carcere a
 parlare  con  suo  marito?  Ha  visto  in  che condizioni e'?") tutte
 chiaramente finalizzate  a  sottolineare  un  presunto  comportamento
 omissivo da parte dell'Esposito in relazione all'obbligo sullo stesso
 gravante  di  verificare le gravi condizioni fisiche del detenuto cui
 faceva riferimento l'interlocutrice nonche' la mancanza  di  rispetto
 per  la  dignita'  umana  del  medesimo,  per  concludere  infine che
 "Esposito non deve continuare a non mandare preti in  carcere  ...  e
 non  puo' continuare a tenere in carcere chi e' malato. Questa e' una
 questione  che  riguarda  gli  uomini,  che  riguarda   la   dignita'
 dell'uomo".  Fatto  commesso  in  Napoli,  luogo  di  residenza della
 persona offesa, il 24 gennaio 1995. Querela del 6 aprile 1995.
   Veniva, quindi, fissata l'udienza preliminare del  22  aprile  1998
 nel  corso  della  quale,  preliminarmente,  il  p.m. provvedeva alla
 correzione dell'errore materiale contenuto nel  capo  di  imputazione
 laddove  il dott. Luigi Esposito veniva indicato quale "magistrato in
 servizio con  funzioni  di  sostituto  procuratore  della  Repubblica
 presso  il  tribunale di Napoli" in luogo di "giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Napoli".
   La difesa  dell'on.  Sgarbi  eccepiva,  nel  corso  della  predetta
 udienza,  l'incompetenza  per materia e territorio di questo giudice,
 eccezione che veniva rigettata con provvedimento di cui  veniva  data
 lettura nella successiva udienza del 26 maggio 1998.
   Chiedeva,    inoltre,    dichiararsi,    ex    art.   129   c.p.p.,
 l'improcedibilita' dell'azione penale avendo la Camera  dei  Deputati
 negato l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'imputato.
   Al  riguardo  va rilevato come la Camera dei deputati, nella seduta
 del 22 ottobre  1997,  su  conforme  proposta  della  giunta  per  le
 autorizzazioni  a  procedere in giudizio espressa nella seduta del 22
 gennaio 1997, abbia ritenuto che "i fatti per i quali e' in corso  il
 procedimento  ...  concernono  opinioni  espresse dal deputato Sgarbi
 nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'art.
 68 della Costituzione".
   La  peculiarita' della fattispecie oggi all'esame di questo giudice
 discende dal fatto che la deliberazione della Camera dei deputati  e'
 intervenuta  dopo la decadenza, per mancata conversione in legge, del
 decreto-legge  n.  555  del  1996,  diciottesimo  di  una  serie   di
 decreti-legge  (il  primo  dei  quali  era stato quello n. 455 del 15
 novembre 1993), volti ad attuare una nuova disciplina  dell'immunita'
 parlamentare  e, in particolare, dell'art. 68 della Costituzione come
 novellato dalla legge costituzionale 29 ottobre 1993, n.  3.  Per  la
 mancata  reiterazione  del  decreto  n.  555/1996  assunse certamente
 rilievo la nota pronunzia  della  Corte  costituzionale  in  data  24
 ottobre  1996,  n.  360.  Peraltro  in  dottrina era stata contestata
 l'idoneita' della fonte ordinaria a disciplinare la  materia,  ed  in
 effetti  questo  rilievo sarebbe stato fatto proprio dal Senato della
 Repubblica nel momento in cui le forze politiche  avevano  deciso  di
 far decadere l'ultimo decreto della lunga serie prima citata. Infatti
 il  presidente  della  Commissione  degli  affari  costituzionali del
 Senato aveva  nel  suo  intervento  rilevato  come  "le  prescrizioni
 dell'art.  68 della Costituzione, direttamente applicabili, esprimono
 pienamente la loro funzione di garanzia senza che questa possa essere
 estesa o ridotta da norme di rango subordinato (v.  Atti  parl.  Sen.
 XIIII leg. 13 dicembre 1996, e Assemblea, 21 dicembre 1996).
   La  tesi  secondo  la  quale  le  prescrizioni  dell'art.  68 della
 Costituzione sono direttamente applicabili appare condivisibile. Come
 e stato autorevolmente affermato "non si  e  realizzato,  invero,  un
 irreparabile  vuoto normativo: la prassi applicativa e le indicazioni
 della  giurisprudenza  costituzionale   rappresentano   un'essenziale
 cornice  procedurale per l'esercizio delle prerogative e per definime
 l'incidenza sul procedimento penale".
   Cio' premesso, poiche' come si e detto la Camera  dei  deputati  ha
 deliberato  in  merito  ai  fatti  attribuiti all'on. Sgarbi in epoca
 successiva  alla  decadenza  del  decreto-legge   n.   555/1996   che
 disciplinava  compiutamente la procedura in materia, occorre valutare
 se  sia  persistito  un  potere  parlamentare  di  valutazione  della
 condotta   al  fine  di  stabilire  se  essa  rientri  o  meno  nella
 prerogativa costituzionale, con inibizione di una difforme  pronunzia
 giurisdizionale.
   Orbene  sulla  scorta  della  giurisprudenza  costituzionale (Corte
 costituzionale n. 129 del 24 aprile 1996 e n. 265 del 18 luglio 1997)
 che qualifica la prerogativa del parlamentare sul piano  del  diritto
 sostanziale   come   "causa   di   irresponsabilita'",  sussiste  per
 l'autorita'   giudiziaria   l'obbligo   di   prendere   atto    della
 deliberazione  parlamentare  e  di  adottare le pronunce conseguenti.
 L'unico rimedio e' dato dalla possibilita' di controllo  della  Corte
 costituzionale  sulla correttezza della deliberazione, ove si ritenga
 che la  Camera,  con  la  dichiarazione  di  insindacabilita',  abbia
 illegittimamente   esercitato   il   proprio   potere  per  vizi  "in
 procedendo"  oppure  perche  mancavano   i   presupposti   di   detta
 dichiarazione,  tra  i  quali,  essenziale, deve ritenersi quello del
 collegamento delle opinioni espresse con  la  funzione  parlamentare,
 ovvero perche' tali presupposti siano stati arbitrariamente valutati.
   Ritiene  questo giudice che nel caso in esame sussistano entrambi i
 presupposti   perche'   gli   atti   vengano   rimessi   alla   Corte
 costituzionale  per la risoluzione del conflitto determinatosi tra la
 Camera  dei  Deputati  che,  in  applicazione  dell'art.   68   della
 Costituzione,  ha  ritenuto che i fatti per cui si procede concernono
 opinioni espresse dall'on. Sgarbi nell'esercizio delle sue  funzioni,
 e  questo  giudice  che  ritiene  invece debba precedersi all'udienza
 preliminare nei confronti dell'imputato.
   Sotto il  primo  dei  profili  in  precedenza  indicati  (vizi  "in
 procedendo")  si  ribadisce l'osservazione che la Camera dei Deputati
 ha deliberato in merito ad una materia con procedura disciplinata  da
 un decreto-legge ormai decaduto, ed i cui effetti, ai sensi dell'art.
 77,  comma  3,  della  Costituzione,  devono  ritenersi  caducati con
 effetto ex tunc ("I decreti perdono efficacia sin dall'inizio se  non
 sono convertiti in legge ...".).
   Quanto  al  secondo  aspetto  occorre far riferimento ad un recente
 orientamento della Corte di  cassazione  che  in  una  sentenza  resa
 proprio  nei  confronti  del  medesimo  imputato (Cass. sez. V del 16
 dicembre 1997, n. 11667) ha ritenuto che non possono farsi  rientrare
 nell'attivita'  coperta dalla prerogativa dell'insindacabilita' tutte
 quelle manifestazioni di pensiero che - espresse in  comizi,  cortei,
 trasmissioni radio-televisive, o durante lo svolgimento di scioperi -
 non  possono  vantare  alcun  collegamento funzionale con l'attivita'
 parlamentare, se non meramente soggettivo in quanto poste  in  essere
 da persona fisica che e' "anche" membro del Parlamento.
   Per  gli esposti motivi deve pertanto essere sollevato conflitto di
 attribuzione con la Camera dei Deputati e  disporsi  la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione dello stesso.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  23  e  37,  legge  il marzo 1953, n. 87, solleva
 conflitto di attribuzione con la Camera dei Deputati in  ordine  alla
 delibera adottata nella seduta del 22 ottobre 1997 con riferimento ai
 fatti  ascritti all'imputato Sgarbi Vittorio e ordina la trasmissione
 degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per  la   risoluzione   del
 conflitto, sospendendo l'udienza preliminare in corso;
   Ordina  che  la  presente  ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del
 Parlamento.
     Salerno, addi' 26 maggio 1998.
                           Il giudice:  Morra
 99C0095