N. 195 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 1999
N. 195 Ordinanza emessa il 12 gennaio 1999 dal giudice per le indagini preliminari contro il tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Magrini Mario Reato in genere - Ritrattazione - Applicabilita' come causa di non punibilita' al reato di favoreggiamento personale commesso mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria operante su delega del pubblico ministero - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto per l'analogo reato di cui all'art. 371-bis c.p. (false informazioni al pubblico ministero) - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 416/1996. (C.P., art. 376, comma 1). (Cost., art. 3).(GU n.14 del 7-4-1999 )
IL TRIBUNALE Il giudice dott. Guido Piffer, Premesso che nell'ambito del proc. pen. n. 3967/98 r.g. g.i.p. il p.m., con atto depositato in data 27 novembre 1998, ha chiesto il rinvio a giudizio di Mario Magrini, imputato del reato (capo F della richiesta di rinvio a giudizio) "p. e p. dall'art. 378 c.p. per avere, dopo che fu commesso il delitto di rapina, sequestro di persona, lesioni e violenza privata da parte dell'ispettore di p.s. Vernini Marco in danno di Rignanese Fabio nei locali del Commissariato di p.s. di Porta Genova il 7 agosto 1998, aiutato Vernini Marco ad eludere le investigazioni dell'Autorita', negando nel corso della sua deposizione alla Squadra Mobile di Milano in data 5 settembre 1998 circostanze fondamentali per l'accertamento dei fatti e affermando il falso, dopo essersi accordato in tal senso con Vernini stesso, nonche' reiterando tali dichiarazioni al p.m. in data 7 settembre 1998. In Milano nelle date sopraindicate"; Premesso che all'udienza preliminare in data 22 dicembre 1998 l'imputato Magrini ha chiesto il giudizio abbreviato, in ordine al quale il p.m. ha prestato il consenso, onde e' stata disposta la separazione della posizione dell'imputato e l'udienza nei confronti dello stesso e' stata rinviata al 12 gennaio 1999; Premesso che all'udienza in data 12 gennaio 1999 questo giudice ha ammesso l'imputato al giudizio abbreviato e in via preliminare le parti hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p. per violazione degli artt. 3, primo comma e 24 secondo comma, Cost. nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della esimente della ritrattazione al reato di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p. commesso con false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria; Ritenuto che deve essere sollevata questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 376, comma 1 c.p., nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della causa di non punibilita' della ritrattazione, in esso disciplinata, al reato di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p., allorche' - e limitatamente al caso in cui - esso sia realizzato mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria operante su delega del p.m.; Ritenuto che l'indicata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante in quanto: la contestazione del reato di favoreggiamento personale all'imputato Mario Magrini ha ad oggetto (anche) le dichiarazioni da questi rese, in qualita' di persona informata sui fatti, in data 5 settembre 1998, alla polizia giudiziaria che provvedeva ad assumerne le dichiarazioni su specifica delega del p.m. ai sensi dell'art. 370 c.p.p.; era in particolare accaduto che il p.m. aveva fissato per il giorno 5 settembre 1998 alle ore 10,30 la citazione davanti a se' di Mario Magrini nella veste di persona informata sui fatti (v. f. 157); per un disguido nella notifica dell'avviso, Mario Magrini non si era presentato all'ora fissata e cosi' il p.m., non potendo attendere, aveva redatto una delega scritta al personale della S.M. di Milano "per l'assunzione di informazioni" dal Magrini (v. missiva in data 5 settembre 1998 a f. 158), disponendo nel contempo una nuova citazione dello stesso avanti a se' per il giorno 7 settembre 1998; Magrini Mario era stato cosi' sentito dalla polizia giudiziaria, su delega del p.m., lo stesso giorno 5 settembre 1998 alle ore 14,15; successivamente egli era stato sentito dal p.m. in data 7 settembre 1998 ed aveva in quella sede tra l'altro confermato le dichiarazioni rese in data 5 settembre 1998, ma il p.m., ravvisando profili di falsita' nelle dichiarazioni rese, dopo varie ammonizioni a dire la verita', aveva sospeso l'esame, avvisando il Magrini che doveva ritenersi indagato per il reato di false dichiarazioni al p.m. di cui all'art. 371-bis c.p.; successivamente sentito in data 11 novembre 1998, in qualita' di indagato per il reato di favoreggiamento personale (trattasi della contestazione riportata nel capo di imputazione indicato in premessa), Mario Magrini aveva riferito dei fatti a sua conoscenza, modificando radicalmente le dichiarazioni rese in precedenza alla polizia giudiziaria in data 5 settembre 1998 ed al p.m. in data 7 settembre 1998, riconoscendo, in conformita' alla prospettiva accusatoria, la falsita' delle stesse e rivelando quanto a sua conoscenza in ordine ai fatti stessi; la contestazione all'imputato Magrini del reato di favoreggiamento personale, con riferimento alle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria in data 5 settembre 1998 appare conforme all'interpretazione dell'art. 378 c.p. fornita dalla costante giurisprudenza, che come e' ben noto ritiene il reato realizzabile mediante tali dichiarazioni, stante anche la pacifica inapplicabilita' alle stesse dell'art. 371-bis c.p. anche quando la polizia giudiziaria opera su delega del p.m.; non altrettanto puo' dirsi con riferimento alla contestazione del reato di favoreggiamento personale in relazione alle dichiarazioni rese da Mario Magrini al p.m. in data 7 settembre 1998, poiche' esse, in applicazione dei principi affermati dalla costante giurisprudenza in tema di rapporti tra l'analoga fattispecie prevista dall'art. 372 c.p. e il reato di favoreggiamento personale, dovrebbero essere ricondotte esclusivamente alla previsione dell'art. 371-bis, c.p. (con la conseguente problematica della procedibilita' per tale reato ai sensi dell'art. 371-bis co. 2 c.p.): come e' noto la giurisprudenza assolutamente prevalente afferma infatti che se le false dichiarazioni sono rese alla A.G. con lo scopo di aiutare taluno ad eludere le indagini, ricorre solo il reato di falsa testimonianza, che assorbe il reato di favoreggiamento astrattamente configurabile rispetto a quelle stesse dichiarazioni (v. v. tra le altre Cass. 16 dicembre 1983, imp. Tarantino, CED 162973, Giust. pen. 1984, III, 279 e Cass. 13 dicembre 1982, imp. Schirripa, CED 158093); qualunque sia tuttavia la valutazione da dare in ordine alla qualificazione del fatto in relazione alle dichiarazioni rese dall'imputato al p.m. in data 7 settembre 1998, resta ferma, in base ai principi affermati dalla costante giurisprudenza, la correttezza della contestazione relativamente alla qualificazione giuridica ai sensi dell'art. 378 c.p., delle dichiarazioni rese da Mario Magrini alla polizia giudiziaria in data 5 settembre 1998 (non e' infatti accolta dalla giurisprudenza l'interpretazione proposta da autorevole dottrina che prospetta, in un caso come quello in esame, l'assorbimento del reato di favoreggiamento personale, realizzato con le false dichiarazioni alla polizia giudiziaria, nel successivo reato di false dichiarazioni al p.m., che' anzi la giurisprudenza piu' recente pone semmai il problema della non punibilita' di tale secondo reato ai sensi dell'art. 384 comma 1 c.p.: v. Cass. 19 febbraio 1997, imp. Anastasia, Cass. pen. 1998, 100), sicche' le dichiarazioni rese dall'imputato nell'interrogatorio avanti al p.m. in data 11 novembre 1998, dichiarazioni ammissive della falsita' delle precedenti e rivelatrici di quanto a conoscenza dell'imputato, potrebbero essere astrattamente ricondotte alla previsione normativa della ritrattazione prevista dall'art. 376 c.p., norma tuttavia inapplicabile al reato di cui all'art. 378 c.p., stante il riferimento (in termini pacificamente tassativi) dell'art. 376 c.p. ai soli reati di cui agli artt. 371-bis, 372, 373 c.p. (norme richiamate in termini pacificamente ritenuti tassativi); l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 376 c.p., nei termini indicati in premessa, si presenta dunque rilevante nel caso di specie, apparendo prospettabile l'estinzione del reato contestato all'imputato Mario Magrini, qualora l'art. 376 c.p. fosse applicabile al reato di favoreggiamento personale posto in essere mediante dichiarazioni false o reticenti alla polizia giudiziaria operante su specifica delega del p.m.; Ritenuto che l'indicata questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata in quanto: l'art. 376, comma 1 c.p. prevede la non punibilita' dei reati di cui agli artt. 371-bis (False informazioni al pubblico ministero), 372 (falsa testimonianza), 373 (falsa perizia o interpretazione), se il colpevole, nell'ambito del procedimento penale in cui ha commesso i reati stessi, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento; la causa di non punibilita' non e' invece prevista per il reato di favoreggiamento personale, qualora esso sia realizzato mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria, nemmeno quando essa operi su delega del p.m. (come gia' accennato, secondo l'interpretazione comunemente accolta, tali dichiarazioni non integrano gli estremi del reato di cui all'art. 371-bis c.p. ostandovi il divieto di applicazione analogica della fattispecie incriminatrice, la quale richiede che le dichiarazioni siano rese al p.m.); la Corte cost. con sent. n. 228/1982 ha tra l'altro dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p. nella parte in cui prevede l'esimente della ritrattazione solo per il reato di cui all'art. 372 c.p. e non anche per quello di cui all'art. 378 c.p., sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.; con la citata sentenza, la Corte ha escluso che l'art. 376 c.p. contrasti con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. sul presupposto della diversa oggettivita' giuridica dei reati di falsa testimonianza e di favoreggiamento personale (anche se integrato, quest'ultimo, da false o reticenti dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria); il reato di falsa testimonianza, ha osservato la Corte, genera il pericolo di una decisione fondata su presupposti non veritieri e quindi lede l'interesse alla giusta definizione del processo principale, mentre il reato di favoreggiamento personale comporta la vanificazione, un rallentamento o comunque un intralcio all'opera di investigazione dell'autorita'; suscettibile di comportare la definitiva frustrazione del fine di assicurare l'accertamento e la repressione dei reati, conseguentemente la condotta di ritrattazione di cui all'art. 376 c.p., mentre e' idonea, se intervenuta in tempo utile, ad evitare il pregiudizio all'interesse tutelato dalla norma di cui all'art. 372 c.p., cioe' ad evitare una decisione fondata su presupposti non veritieri, non e' per contro idonea ad evitare la lesione dell'interesse tutelato dalla norma che incrimina il favoreggiamento personale, poiche' l'intralcio alle investigazioni della autorita' e' suscettivo di determinare la definitiva frustrazione del fine di assicurare l'accertamento e la repressione dei reati (ha in particolare osservato la Corte che "il pregiudizio arrecato alla pretesa punitiva dello Stato, allorche' grazie alle false dichiarazioni rese dal favoreggiatore alla polizia, il reo si sia ad esempio sottratto all'arresto o alla cattura, non e' tale da poter essere in se' eliso da una resipiscenza che intervenga, in ipotesi, quando egli e' ormai lontano o non piu' altrettanto agevolmente reperibile"); il diverso atteggiarsi dell'idoneita' della ritrattazione ad evitare la definitiva lesione dell'interesse tutelato dalle due fattispecie giustifica dunque, secondo la sentenza in esame, la non estensione della ritrattazione al reato di favoreggiamento personale; la Corte cost. con ord. n. 50/1983 ha successivamente dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non estende l'esimente della ritrattazione all'imputato del reato di favoreggiamento personale commesso mediante dichiarazioni mendaci o reticenti alla polizia giudiziaria: la Corte ha motivato la decisione osservando che analoga questione era gia' stata dichiarata non fondata con sent. n. 228/1982 e che non erano stati dedotti argomenti nuovi rispetto a quelli gia' in precedenza esaminati; la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p., in relazione all'art. 378 c.p., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. e' stata recentemente dichiarata inammissibile dalla Corte cost. con ord. n. 298/1998 poiche' prova del necessario carattere di rilevanza rispetto al giudizio principale; significativi elementi di novita' sembrano giustificare la riproposizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p., in riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo del rispetto del canone della razionalita' delle scelte legislative, nella parte in cui, non estendendo l'applicabilita' dell'esimente della ritrattazione al reato di favoreggiamento personale commesso mediante false dichiarazioni alla polizia giudiziaria, quando opera su delega del p.m., pone un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alle situazioni, del tutto assimilabili, in cui analoghe dichiarazioni, rese al p.m., integrano il reato di cui all'art. 371-bis c.p., al quale si applica invece la causa di non punibilita' della ritrattazione; il primo elemento di novita' e' ravvisabile nella sent. n. 416/1996 della Corte cost. che sembra avere operato una profonda revisione dell'interpretazione dell'art. 378 c.p. posta alla base della citata sent. n. 228/1982: con detta sentenza n. 416/1996 la Corte ha infatti dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 384, comma 2 c.p., "nella parte in cui non prevede l'esclusione della punibilita' per le false o reticenti informazioni assunte dalla polizia giudiziaria, fornite da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facolta' di astenersi dal renderle a norma dell'art. 199 c.p.p."; dalla motivazione della sentenza emerge inequivocabilmente che la Corte - lungi dal presupporre una responsabilita' penale per le false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria in se' considerate, stante la pacifica "inapplicabilita' a dette dichiarazioni degli artt. 371-bis e 372 c.p. - ha inteso riferirsi esclusivamente al reato di favoreggiamento personale, realizzato mediante dichiarazioni false o reticenti alla polizia giudiziaria: la dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale e' stata infatti fondata sull'argomento che, pur a fronte dell'identita' di disciplina prevista dal c.p.p. per i soggetti indicati dall'art. 199 c.p.p., qualunque sia l'autorita' che raccoglie le relative dichiarazioni ed il momento processuale in cui le stesse sono rese, esiste una ingiustificata disparita' di trattamento sul piano penale sostanziale, da un lato delle dichiarazioni rese alla autorita' giudiziaria ed al pubblico ministero - alle quali si applicano gli artt. 372 e 371-bis, richiamati dall'art. 384 comma 2 c.p. - e dall'altro delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria che, concorrendo gli altri requisiti del reato, possono integrare gli estremi del favoreggiamento personale di cui all'art. 378, norma questa non richiamata invece dall'art. 384 comma 2; per escludere l'esistenza di plausibili ragioni giustificative di tale diversita' di disciplina la Corte ha espressamente evidenziato: "a) l'identita' di condotte materiali che possono risultare rilevanti nelle diverse ipotesi; b) l'omogeneita' del bene protetto, non necessariamente identico ma in ogni caso consistente nella funzionalita' di ciascuna fase rispetto agli scopi propri, nei quali le esigenze investigative (massime all'inizio del prima fase del procedimento) e quelle della ricerca della verita' (massime alla fine del processo) si sommano intrinsecamente, cosicche' gli artt. 378, 371-bis, 372 c.p. finiscono in pratica per presidiare ciascuno una fase distinta del procedimento e del processo, restando simmetricamente esclusa - per predominante giurisprudenza - l'eventualita' che la stessa condotta integri la violazione di piu' d'una di tali norme, secondo lo schema del concorso formale di reati (art. 81 c.p.); c) l'identica rilevanza nel processo delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero (art. 500 e 512 c.p.p.); d) la gravita' dei fatti di reato, quale risulta dagli apprezzamenti del legislatore stesso circa la misura della pena prevista per l'illecito commesso di fronte alla polizia giudiziaria e per quello di fronte al pubblico ministero (la reclusione fino a quattro anni, secondo rispettivamente l'art. 378 comma 1 e l'art. 371-bis comma 1 c.p.) - misura inferiore a quella prevista dall'art. 372 c.p. per la falsa testimonianza (la reclusione da due a sei anni)"; la citata sentenza fonda dunque l'affermazione del contrasto dell'art. 384, comma 2 c.p., con l'art. 3 Cost. sul presupposto dell'omogeneita', sul piano dell'oggettivita' giuridica, del reato di cui all'art. 378 - se realizzato mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria - e del reato di cui all'art. 371-bis c.p. (tanto che, malgrado l'ampia formula usata nel dispositivo, non sembra che la sentenza possa riferirsi a reati diversi dal favoreggiamento personale: si pensi ad esempio al reato di calunnia), con cio' prendendo atto del ruolo che l'art. 378 c.p., ha assunto, secondo una giurisprudenza ormai consolidata (pur non immune da radicali critiche in sede dottrinaria) di norma sanzionatoria delle false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria, sul modello descrittivo del fatto previsto dagli artt. 371-bis e 372 c.p.; l'art. 378 c.p., per l'ampiezza della fattispecie incriminatrice, tipizzante un reato di pura condotta ed a forma libera, e' visto dunque come norma che, concorrendo gli altri elementi previsti dalla fattispecie (in pratica la finalizzazione soggettiva della condotta all'aiuto all'elusione delle indagini), finisce con il tutelare un interesse profondamente simile a quello tutelato dall'art. 371-bis tanto che non a caso la Corte sottolinea la identita' di disciplina esistente tra le dichiarazioni alla polizia giudiziaria e al p.m. che giustifica (e impone) un'omogeneita' di disciplina di diritto penale sostanziale delle falsita' in tali dichiarazioni, tanto piu', si potrebbe aggiungere, nei casi in cui (come accade normalmente stante l'attuale disciplina dei rapporti tra polizia giudiziaria e p.m. nella fase delle indagini preliminari) la polizia giudiziaria procede ad assumere le dichiarazioni delle persone informate sui fatti su espressa delega del p.m. ai sensi dell'art. 370 c.p.p.; le argomentazioni contenute nella sent. n. 416/1996 costituiscono dunque un superamento della diversa impostazione contenuta nella sent n. 228/1982, nella quale, per giustificare l'affermata insussistenza di una disparita' di trattamento nell'inapplicabilita' della ritrattazione al reato di favoreggiamento personale realizzato mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria, la Corte aveva invece evidenziato con forza la disomogeneita' del bene giuridico tutelato dall'art. 378 c.p., rispetto al bene giuridico tutelato dall'art. 372 c.p. (all'epoca non era stato ancora introdotto l'art. 371-bis c.p.); altri elementi di novita' che giustificano la riproposizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p. nei termini sopra indicati sono costituiti dall'entrata in vigore del nuovo c.p.p. del 1988 e dalla successiva introduzione della fattispecie di cui all'art. 371-bis c.p. ad opera dell'art. 11, decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con mod. dalla legge 7 agosto 1992 n. 356): pur accentuando la distinzione tra la figura del giudice e la figura del p.m., dal quale ultimo strettamente dipende l'attivita' della polizia giudiziaria (con equiparazione della disciplina delle dichiarazioni rese al p.m. ed alla polizia giudiziaria, come osservato dalla Corte cost. nella sent. n. 416/1996), il legislatore ha predisposto uno specifico ed organico sistema di tutela (imperniato sugli artt. 371-bis e 372 c.p.; sull'istituto della ritrattazione riferibile a tali reati, e, prima citata sent. della Corte cost. n. 416/1982, sull'applicabilita' dell'art. 384, comma 2 c.p., solo a tali reati), basato non gia' sulla distinzione tra dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria e dichiarazioni rese a soggetti diversi operanti nella fase delle indagini preliminari (p.m. e polizia giudiziaria), ma sulla sostanziale assimilazione della dichiarazioni rese all'autorita' giudiziaria ed al p.m. da un lato e dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria dall'altro; ne e' derivato che, stante la riconosciuta funzione dell'art. 378 - quanto meno secondo il diritto giurisprudenziale vivente - quale strumento di tutela avverso le false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, esso ha finito per operare, nella stessa fase processuale, accanto all'art. 371-bis c.p. (riferibile alle sole dichiarazioni rese al p.m.), ingenerando sempre piu' spesso casi di diversita' di disciplina assolutamente inaccettabili, perche' dipendenti da fattori del tutto casuali, quanto meno nell'ipotesi in cui la polizia giudiziaria opera su delega del p.m. (e non va dimenticato che la citata sent. n. 416/1982 e' motivata proprio dal riconoscimento del carattere ingiustificato di questa diversita' di disciplina di situazioni omogenee); se dunque, in ossequio all'orientamento interpretativo dominante, si tiene fermo il presupposto che comportamenti consistenti in false o reticenti dichiarazioni (rese, come normalmente accade, al fine di favorire l'indagato), possono integrare il reato di cui all'art. 371-bis, se rese al p.m., ovvero il reato di cui all'art. 378 c.p., se rese alla polizia giudiziaria (stante l'ampia accezione, comunemente accolta, del termine e "aiuta a eludere le indagini"), appare prospettabile la violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. nel sistema delineato dal legislatore, imperniato su una diversita' di disciplina (per quanto rileva in questa sede: il diverso ambito di applicabilita' dell'istituto della ritrattazione) priva di razionali giustificazioni stante l'omogeneita' delle condotte penalmente rilevanti ai sensi dell'art. 371-bis da un lato e dell'art. 378 c.p. dall'altro; la limitazione della dedotta questione di costituzionalita' ai soli casi in cui la polizia giudiziaria opera su specifica delega del p.m. ai sensi dell'art. 370 c.p.p., permettere di mantenere un'omogeneita' sul piano sostanziale e formale delle sottofattispecie dell'art. 378 c.p. (in relazione all'art. 376 c.p.) alle quali si riferisce la questione stessa, riferendola nel contempo a casi pienamente assimilabili, sotto il profilo sostanziale, a quelli rientranti nella previsione dell'art. 371-bis: le false dichiarazioni alla polizia giudiziaria che opera su delega del p.m. si differenziano dagli analoghi comportamenti riconducibili all'art. 371-bis c.p. per un dato meramente formale, tanto che se il soggetto che ha reso false dichiarazioni alla polizia giudiziaria avesse reso quelle stesse dichiarazioni al p.m. delegante, avrebbe potuto beneficiare, nel caso di ritrattazione, della causa di non punibilita' prevista dall'art. 376 c.p.; Ritenuto che ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere dichiarata la sospensione del procedimento nei confronti di Mario Magrini;
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 376 comma 1 c.p., nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della causa di non punibilita' della ritrattazione, in esso disciplinata, al reato di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p., allorche' - e limitatamente al caso in cui - esso sia realizzato mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria operante su delega del p.m.; Dichiara la sospensione del procedimento nei confronti di Mario Magrini; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria siano eseguite le notificazioni e comunicazioni prescritte dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Milano, addi' 12 gennaio 1999 Il giudice: Piffer 99C0320