N. 196 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 1999

                                N. 196
  Ordinanza emessa il 20 gennaio 1999 dal giudice di  pace  di  Maglie
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  comune  di  Melpignano e il
 Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi
 Procedimento civile - Competenza del giudice di pace -  Competenza  a
    conoscere  delle  cause  in  materia  di  contributi  consortili -
    Esclusione,  attesa  la  natura  tributaria  di  tali  contributi,
    affermata  dalla  Corte di cassazione - Conseguente ricomprensione
    delle cause di cui trattasi,  nella  competenza  del  tribunale  -
    Irragionevolezza   -   Lesione  del  principio  di  eguaglianza  -
    Violazione del diritto  di  azione  e  di  difesa  -  Lesione  dei
    principi  di capacita' contributiva e di buon andamento della p.a.
    - Incidenza sul diritto alla  tutela  giurisdizionale  contro  gli
    atti  della  p.a.  -  Riferimento  alla  sentenza  della  Corte di
    cassazione n. 9493/98 e alla sentenza della  Corte  costituzionale
    n. 26/1998.
 (C.P.C., artt. 7 e 9, comma 2).
 (Cost.,  artt.  3,  primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma,
    25, 53, 97, 113, primo e secondo comma).
(GU n.14 del 7-4-1999 )
                          IL GIUDICE DI PACE
   Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n. 1131/1997 r.g. e promossa dal comune di Melpignano, in persona del
 sindaco pro-tempore con l'avv. Stefano Polimeno, attore;
   Contro il Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi con l'avv.  Carlo
 De   Carlo,   convenuto,   ed  avente  per  oggetto  accertamento  di
 insussistenza di qualunque potere impositivo da parte del consorzio e
 del correlato obbligo di contribuzione nei suoi  confronti  da  parte
 del comune di Melpignano.
   Il  giudice,  sciogliendo  la riserva formulata a verbale d'udienza
 che precede;
                     Premesso e ritenuto in fatto
   1. - Con atto di citazione notificato il 1 ottobre 1997  il  comune
 di  Melpignano  evocava  in  giudizio  davanti  al giudice di pace di
 Maglie il Consorzio di bonifica Ugento e Li  Foggi  e,  deducendo  di
 essere  proprietario  di  alcuni terreni siti in agro di Melpignano e
 ricadenti nel perimetro del comprensorio di bonifica, che  non  hanno
 mai  goduto  di  beneficio alcuno dall'attivita' consortile, peraltro
 mai svolta, chiedeva dichiararsi l'insussistenza di qualunque  potere
 impositivo   da  parte  del  consorzio  nei  suoi  confronti  e,  per
 l'effetto,  dichiararsi  che  nulla  e'  dovuto  da  esso  comune  al
 consorzio.
   Chiedeva,  inoltre,  l'annullamento  della  cartella esattoriale n.
 7400482 per l'importo di L. 3.229.000, con  ordine  al  consorzio  di
 bonifica    di    astenersi   dal   richiederne   il   pagamento   e,
 conseguentemente, provvedere ad  ogni  necessaria  comunicazione  nei
 confronti  della  societa'  concessionaria  del  servizio riscossione
 tributi, confermando il contenuto dell'ordinanza del 3 settembre 1997
 resa in fase cautelare dal pretore di Maglie.
   2. - Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio  il
 consorzio  convenuto  e,  facendo  leva  su  pronunzie della Corte di
 cassazione, eccepiva, preliminarmente, il difetto di  competenza  per
 materia  del  giudice adito sia ai sensi dell'art. 9, comma 2, c.p.c.
 poiche', vertendosi nella presente controversia in materia di  natura
 tributaria, la sua cognizione, esclusiva ed inderogabile, e' devoluta
 al  Tribunale  ordinario  territorialmente  competente;  sia anche ai
 sensi degli art. 9, comma 1, c.p.c. e del combinato disposto  di  cui
 agli  artt.  7  e  8  c.p.c. poiche', essendo i contributi consortili
 oneri reali, il cui pagamento e' collegato al diritto  di  proprieta'
 dell'immobile  ricompreso nel perimetro del comprensorio di bonifica,
 trattasi di controversia di natura immobiliare,  regolata  a  seconda
 delle  soglie  di  valore,  sottratta  comunque  alla  competenza del
 giudice di pace.
   Nel  merito,  poi,  resisteva  alla   domanda,   contestandone   il
 fondamento.
   3. - Questo giudice, con proprio sentenza non definitiva dimessa in
 atti, risolveva preliminarmente l'eccezione di incompetenza sollevata
 dal  convenuto  consorzio  di bonifica. Indi procedeva all'istruzione
 probatoria della causa mediante espletamento  di  consulenza  tecnica
 d'ufficio  tendente  ad  accertare  se  i  consorzio convenuto avesse
 approntato opere o attivita' di bonifica, nel comprensorio  ove  sono
 ricompresi  gli  immobili  di  parte  attrice,  che  hanno  apportato
 benefici diretti e specifici, conseguiti o conseguibili a causa della
 bonifica e tali da tradursi in un incremento di qualita' o di  valore
 dei  predetti  immobili. Acquisita, poi, agli atti del giudizio tutta
 la documentazione singolarmente  richiamata  nei  rispettivi  scritti
 difensivi  delle  parti  e  rassegnate  dalle  stesse  le conclusioni
 definitive, il giudice si riservava la decisione.
                     Considera e rileva in diritto
   1. - Anzitutto sara' opportuno  chiarire  che  questo  giudice,  in
 passato,  ha  gia'  avuto modo di occuparsi della trattazione di casi
 analoghi e si e'  pronunziato  affermando  la  propria  competenza  a
 conoscere  della domanda, fondando tale convincimento sul presupposto
 che non si puo' inquadrare l'azione di parte attrice nel novero delle
 controversie di natura tributaria per svariate  ragioni  normative  e
 giurisprudenziali,  delle  quali  non  possiamo  che far cenno, nella
 consapevolezza  che  non  e'  affatto   agevole   ne'   pacifica   la
 individuazione della tipologia delle prestazioni monetarie imposte ai
 fini  della loro riconducibilita' nell'ampia accezione di prestazioni
 di natura tributaria.
   2. - Una di queste  e'  sicuramente  il  contributo  consortile  di
 bonifica,  che  ha  dato  origine  a  varie  interpretazioni e le cui
 nozioni sono assai controverse, poiche' c'e' chi lo ha escluso e  chi
 invece  lo vorrebbe ricomprendere nella categoria di tributi, facendo
 cosi' tuttora permanere il disaccordo tra  i  fautori  delle  opposte
 teorie:
     a)  il  consorzio  ritiene  che  abbia  natura  tributaria, ma il
 predetto contributo,  pur  essendo  strutturato  giuridicamente  come
 l'imposta,  costituendo  una  forma di concorso pecuniario alle spese
 del consorzio di bonifica quale  corrispettivo  dell'onerato  per  il
 vantaggio  (tale  qualificato  proprio  dal  legislatore  e,  quindi,
 suscettibile di valutazione economica)  da  lui  ricevuto  a  seguito
 della specifica attivita' che l'Ente effettua nell'interesse precipuo
 della   collettivita',   tuttavia   differisce  dall'imposta  per  la
 peculiarita'  specifica  del   presupposto,   atteso   che   acquista
 preminente  rilevanza  giuridica  il  collegamento tra la spesa fatta
 dall'Ente impositore ed il vantaggio che ne deriva all'obbligato  dal
 compimento  di attivita' da parte di quello (cfr.  artt. 1, 5 e segg.
 decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2 e 31, legge 5 marzo 1963, n. 246
 e Cass. civ. a sez. un. 14 ottobre 1996, n.  8960);
     b)  inoltre,  se  sotto  l'aspetto  strutturale   il   contributo
 consortile,  che  ha  una  causa sottostante, si puo' rapportare alla
 figura dell'imposta, che invece ne e' priva e quindi  e'  considerata
 acausale,  tuttavia  nella  pratica legislativa bisogna procedere con
 cautela e porre alquanta attenzione per poter distinguere di volta in
 volta le varie ipotesi  di  contributi  che  rappresentano  quote  di
 concorso  tributario  e  che  rientrano, percio', nella categoria dei
 tributi veri e propri come sopra delineata ed i contributi che invece
 hanno differenti presupposti e fondamento, quantunque la loro  natura
 sia  di diritto pubblico, ma che in sostanza costituiscono delle vere
 e proprie prestazioni non tributarie, in quanto si inquadrano  in  un
 contesto obbligatorio intercorrente tra il singolo e l'Ente pubblico;
     c)  giova  a  tal proposito evidenziare che il termine contributo
 col tempo si e' deteriorato, inflazionandosi, essendo, nella pratica,
 usato in diverse accezioni che a volte nulla hanno a che fare  con  i
 tributi,  come  nel  caso  di  specie.  Difatti  per  contributo puo'
 intendersi  l'obolo  volontario,  o  quello  liberamente  accettato a
 richiesta (si pensi al contributo di concorso al rimborso  spese  del
 piu'   vario   genere,  quali:  di  spedizione,  di  laboratorio,  di
 riscaldamento, ecc., o al contributo  per  l'iscrizione  a  comitati,
 circoli,  associazioni  e  via dicendo) ovvero, infine. il contributo
 puo' essere  adeguato  alla  spesa  effettiva  di  prestazioni  varie
 compiute  dall'Ente  in  favore  del  singolo.  Tutti  questi tipi di
 contributo, ed in particolare quello riferito al puro rimborso  delle
 spese,  non  possono  mai  configurarsi  come tributo, in particolare
 quando tali spese siano riferibili e rapportabili ad un vantaggio per
 il soggetto che deve contribuirvi.  anche se il contributo  e'  stato
 imposto prescindendo dalla sua volonta'.
     d)   sarebbe   lungo,   comunque,  analizzare  tutti  i  tipi  di
 contributo, ma e' sufficiente individuare le ipotesi che, per la loro
 peculiarita', non sono riconducibili, nemmeno in modo indiretto,  gli
 schemi   tributari.     Tra  questi  vanno  annoverati  i  contributi
 consortili di bonifica.
   Le differenze piu' rimarchevoli riguardano  i  contenuti  normativi
 che  li  legittimano.  Difatti, mentre e' difficile che veri e propri
 tributi siano imposti senza che  la  legge  ne  determini  tutti  gli
 elementi   costitutivi,   sono   invece  relativamente  frequenti  le
 prestazioni patrimoniali, rese generalmente  obbligatorie,  sia  pure
 con  una  legge,  sotto  forma di contributi, ma che in definitiva si
 concretano con atti di organi o enti amministrativi a cui  favore  le
 obbligazioni sono disposte.
   E cosi', in definitiva, sono gli stessi Enti che, con provvedimenti
 puramente   amministrativi,   determinano,   fissano   ed   impongono
 obbligazioni in favore di se stessi. Siffatte imposizioni non sono di
 certo riconducibili agli schemi tributari in  senso  stretto  poiche'
 non  sono predeterminate dalla legge impositiva che, avendo efficacia
 limitata, le  lascia  alla  discrezionalita'  dell'Ente  pubblico  il
 quale,  in  aperta  violazione  della  norma  costituzionale (art. 23
 Cost.) e in difetto, sotto il profilo formale, delle fonti normative,
 le  determina,  le  modifica,  le  sospende  o  le  annulla   a   suo
 insindacabile giudizio o arbitrio, donde il proliferare delle liti ed
 il  conseguente ricorso al giudice per la soluzione di volta in volta
 dei problemi connessi, poiche' il principio di legalita'  dell'azione
 amministrativa  dell'Ente in materia di contributi di bonifica non ha
 una enunciazione costituzionale  espressa  e  non  puo'  percio'  mai
 surrogarsi   alla   legge  senza  potersi,  al  contrario,  escludere
 iniziative  o  risultati  arbitrari.  In  questo  regime  operano  in
 particolare  i  consorzi  di bonifica, i quali, quantunque carenti di
 potere impositivo vero e proprio secondo i canoni  normativi,  attesa
 la  natura  non  tributaria del contributo, ricorrono ad un potere di
 imposizione di natura amministrativa.
   Quindi, allorche' si parla di potere  impositivo  per  questi  Enti
 dovra' intendersi e tenersi conto che trattasi di un potere improprio
 che  riposa  su  atti  amministrativi  anziche' su fonti normative. I
 contributi in definitiva, sono delle prestazioni imposte particolari.
 In tal senso e' la giurisprudenza di questo ufficio (cfr. giudice  di
 pace,  Otranto  27  gennaio 1998, n. 2-12; giudice di pace, Maglie 14
 marzo 1998, n. 41). Per cui  oggi,  questo  giudice  di  fronte  alla
 posizione di netta chiusura assunta dalle sezioni unite della Suprema
 Corte  di cassazione con la citata sentenza n. 9493/1998 che, mutando
 e sostanzialmente ampliando il principio espresso in  precedenza,  ed
 anche  tutti  quelli  di  segno  opposto,  riconosce natura giuridica
 tributaria piena ai contributi consorziali, si e' venuto a trovare  -
 quantomeno  -  in  una posizione di evidente confusione, oltre che di
 sconcerto, come sara' chiarito di seguito.
   3. - Allo stato, non puo' intanto non osservare che,  attagliandosi
 la  fattispecie  in esame, integralmente e senza sbavatura alcuna, al
 principio recentemente affermato dalla Corte di cassazione, anche  al
 fine di scongiurare ulteriori ricorsi (per le pregresse decisioni non
 piu' eludibili e dall'esito gia' scontato, con conseguenti danni alla
 parte  debole  incisa  dalla  obbligazione  contributiva) alla stessa
 Corte  in  ordine  alla  competenza  a   conoscere   della   presente
 controversia, regola, logica e buon senso, da una parte, imporrebbero
 al giudicante il dovere di conformarsi all'insegnamento della Suprema
 Corte  e,  delibando, di spogliarsi della causa declinando la propria
 competenza in favore del tribunale di Lecce; d'altra  parte,  invece,
 poiche'  contestualmente  la  decisione della Corte nell'enunciare il
 nuovo principio (se fosse stato vecchio  non  serviva  ribadirlo,  in
 quanto  in  precedenza  si  erano  avute  tutt'al  piu' caute e vaghe
 aperture) non solo ha sovvertito le proprie convinzioni, apportandovi
 non poche perplessita', ma non ha tenuto  in  nessuna  considerazione
 neanche  il  pensiero  antiteticamente  espresso, appena quattro mesi
 prima,  dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.  26/1998,
 travolgendolo e finendo, di fatto, con l'insinuarvi una nutrita serie
 di  dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'interpretazione data
 alla competenza per materia in tema di contributi  consorziali,  tali
 dubbi  consigliano,  per  ora,  remora  all'eventuale declaratoria di
 spoglio, allo scopo di poter investire il giudice delle  leggi  sulle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  che  si  ha  in animo di
 sollevare d'ufficio e  che  necessitano  di  adeguato  e  qualificato
 riscontro chiarificatore.
   4.  -  Fatta questa considerazione di carattere generale e prima di
 affrontare ed enucleare ogni  altra  questione  di  diritto,  non  e'
 superfluo  evidenziare  che  in  tema  di  contributi dei consorzi di
 bonifica, tutti quanti i giudici, a cominciare dal  giudice  di  pace
 per  salire  fino  alla  Corte  costituzionale,  passando anche per i
 giudici tributari, sono stati chiamati a pronunziarsi. Segno evidente
 della - fino ad ora - regnante incertezza generalizzata e diffusa  la
 cui  soluzione  e'  stata,  in  mancanza di qualsivoglia normativa di
 riferimento,   lasciata   alla   merce'   della    sensibilita'    ed
 interpretazione  soggettiva  di  ciascun  giudicante,  con  la  ovvia
 conseguenza di pronunzie antitetiche e contrastanti il  che  dimostra
 la  assoluta  mancanza  di uniformita' di indirizzo.   Tralasciando -
 allo stato - le innumerevoli e contraddittorie sentenze  del  giudice
 di merito, del resto impossibile da elencare o solo da menzionare, si
 desidera  qui  richiamare  l'attenzione  di chi legge, su quelle (non
 tutte) piu' significative pronunziate dalla Corte  di  cassazione  in
 successione cronologica ed in un lungo lasso di tempo della durata di
 molti  lustri,  a  partire  dalla  sent.  n.  208/1953  per  giungere
 all'ultima del 26 giugno/23 settembre 1998, n. 9493.
   5. - Anche dalla lettura delle decisioni dei giudici di detta Corte
 si desume un lento ed incessante altalenare di  giudizi  contrastanti
 mediante  i quali, a volte espressi con linguaggio piu' o meno chiaro
 ed  altre  vago,  sottile  e  sfumato,  si  e'  affermato  la  natura
 tributaria  dei contributi (Cass. 5 luglio 1965, n. 1546) per poi - a
 sezioni unite - negarla (cfr. Cass.  5  luglio  1975,  n.  2621)  per
 quindi  reiteratamente  riaffermarla  (Cass. 29 aprile 1976, n. 1531;
 25 marzo 1978,  n.  1448  e  30  gennaio  1979,  n.  662)  e,  quindi
 nuovamente  negarla  (Cass.  11  febbraio  1985,  n.  1118)  per  poi
 ritornare, a sezioni unite, ad affermarla nuovamente (Cass. 18 giugno
 1986, n. 4081; 27 giugno 1986, n. 4273 e 4274;  14  luglio  1986,  n.
 4542;  26 febbraio 1987, n. 2050; 8 febbraio 1988, n. 1371) ed infine
 a ridimensionarla (cfr. Cass. sez. un. 15 maggio 1991, n.  5443,  cui
 fa espresso riferimento la Corte costituzionale nella sua sentenza n.
 26/1998)  "assimilandola, ma non come assoluta, ma limitata piuttosto
 a taluni fondamentali aspetti ..." per  poi  nuovamente  riaffermarla
 (Cass.  sez. un 10 marzo 1992 e 4 febbraio 1993, n. 1396) e quindi di
 nuovo piu' volte escluderla (Cass.  5  febbraio  1997,  n.  1094;  25
 agosto  1997,  n.  7954)  per  nuovamente riaffermarla, sostenendo la
 necessita' di un ripensamento ed  ammettendo  di  "essere  indotta  a
 mutare orientamento" (Cass. 29 settembre 1997, n. 9534).
   Si  e'  ritenuto  di  far  ricorso  a  tale iter giurisprudenziale,
 peraltro parziale e limitato al  giudice  di  legittimita',  al  solo
 scopo di evidenziare alcune sue oscillazioni decisionali susseguitesi
 nel  tempo  in  tema  di contributi di bonifica, stante l'inerzia del
 legislatore in subiecta materia e per sottolineare che,  in  tema  di
 contributi,  non  tutto  era poi cosi' chiaro, persistendo tuttora un
 concentrato di problemi che si agitano.
   6. - Accantoniamo  ora  il  coacervo  delle  piu'  o  meno  recenti
 pronunzie  giurisprudenziali,  sia di merito che di legittimita', per
 porre mente unicamente alle due recenti pronunzie delle Supreme corti
 di giustizia sopra richiamate ed esaminarne - in consecutio  temporum
 - determinati peculiari aspetti, ed a tal fine non ci si puo' esimere
 dal fare un cenno anche a taluni altri rilievi a suo tempo effettuati
 in   materia   dalla   Corte   costituzionale,   con  interpretazioni
 adeguatrici:
     a) anzitutto va sottolineato che codesta  Corte,  con  interventi
 oculati e mirati nel tempo, anche recente, e con principio univoco ed
 ormai  consolidato,  ha  inciso  su  alcune  disposizioni di legge, a
 partire dalle entrate di certi Enti  pubblici  che  -  a  cagione  di
 comprovati  ed ingiustificati privilegi loro concessi dal legislatore
 in tema di riscossione - si presumeva poterle  ricondurre  nell'alveo
 della   materia   tributaria,   bollando  quale  "discriminatoria  ed
 arbitraria, sotto il profilo della violazione  dei  mezzi  di  difesa
 giurisdizionale,   la  disciplina  mediante  rinvio  alle  norme  che
 regolano la procedura di riscossione delle imposte dirette,  disposta
 nei  confronti  di  entrate di natura non tributaria" (cfr. sent. nn.
 318/1995, 239/1997 e 372/1997) per giungere oggi - a seguito di nuova
 sollecitazione finalizzata a sciogliere dubbi sulle proposte  censure
 di incostituzionalita' dell'art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215
 -  ad evidenziare che, proprio in tema di contributi di bonifica, "ai
 fini  dell'applicabilita'  di  questo   principio   giurisprudenziale
 (quello  teste'  menzionato  -  n.d.r.-)  nella  fattispecie in esame
 assume particolare rilievo la qualificazione dei  contributi  pretesi
 dagli  Enti di bonifica, formulata dalle sezioni unite della Corte di
 cassazione  che,  confermando  un  precedente   orientamento,   hanno
 statuito  che  pur dovendosi collocare le prestazioni patrimoniali in
 questione  nell'area  applicativa  dell'art.   23 della Costituzione,
 l'assimilazione dei contributi consortili ai tributi erariali non  si
 profila  come  assoluta,  ma limitata piuttosto a taluni fondamentali
 aspetti, tra cui quello dell'esazione (cfr.  Cass. sez. unite,  sent.
 n.   5443/1991)"   per  poi,  in  definitiva,  chiarire,  ampliare  e
 rafforzare il concetto sulla qualificazione giuridica dei  contributi
 sottilmente,   sfumatamente  e  vagamente  espresso  dai  giudici  di
 legittimita', ribadendo con grande chiarezza  che  "i  contributi  in
 questione  non  sono  configurabili,  per  caratteri ontologici, come
 prestazioni  patrimoniali  aventi  l'identica  natura  giuridica  dei
 tributi  erariali  e  non  rientrano quindi integralmente nel sistema
 disciplinare delle imposte dirette,  cosicche'  al  massimo  si  puo'
 riscontrare - come gia' rilevato dalle sezioni unite della Cassazione
 -  una  loro  "assimilazione"  alle entrate tributarie, peraltro solo
 parziale  e  limitata,  per  quanto   qui   interessa,   ai   profili
 procedimentali  della riscossione coattiva" (cfr. sent. 26/1998 Corte
 Cost.);
     b) ora, se le espressioni servono a manifestare un concetto e  le
 parole hanno un senso, cerchiamo di coglierlo uscendo dal generico ed
 enucleandolo,  se  occorre,  anche  sotto  l'aspetto semantico, dalla
 lettura e dal confronto  delle  sentenze  n.  5443/1991  della  Corte
 Suprema  di  cassazione  e  n. 26/1998 della Corte costituzionale, al
 fine di trarne elementi piu'  marcati  di  chiarezza,  oltre  che  di
 apprendimento.
   Ed  invero,  in  ordine alla ricerca ed individuazione della natura
 giuridica  dei  contributi  consortili  ai   fini   di   una   esatta
 collocazione  di  questi  nell'ambito  dell'Ordinamento giuridico, le
 sezioni unite della Corte di cassazione - lo  abbiamo  gia'  udito  -
 hanno  chiaramente  parlato  di  una  loro "assimilazione" ai tributi
 erariali, precisando altresi' che  "l'assimilazione  non  si  profila
 come  assoluta,  ma  limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti
 ... ".
   Orbene, se "assimilare" nell'accezione comune del termine non  v'e'
 dubbio  che  voglia  dire  "configurare"  (cioe'  dare ad una cosa la
 figura di un'altra cosa) e se poi, per di piu', questa  assimilazione
 non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni aspetti,
 par  di cogliere, o e' come dire, che il paragone, l'accostamento tra
 il contributo ed il tributo non e' affatto netto, pieno, assoluto, ma
 appunto limitato a taluni aspetti. In altri termini ed a voler essere
 ancora  piu'  espliciti,  si  lascia  chiaramente  intendere  che  il
 contributo  consortile  di  bonifica  e' una figura spuria di tributo
 (esattamente come aveva sostenuto questo giudice  in  premessa),  cui
 sicuramente  difetta  l'elemento essenziale caratterizzante l'imposta
 in genere. Come dire che il contributo potrebbe essere un tributo, ma
 anche non esserlo; anzi si dice chiaramente che somiglia poco  ad  un
 tributo  e  per  di piu' limitatamente a taluni fondamentali aspetti.
 Ma v'e' di piu'.
     c) difatti, a questa timida e  labile  apertura,  espressa  dalla
 Corte  di  cassazione,  e'  stato  in  seguito  tolto  ogni residuale
 elemento di incertezza dall'intervento della Corte costituzionale del
 23 febbraio 1998 con la sentenza n. 26/1998, mediante la  quale,  con
 linguaggio quanto mai significativo ed esplicito, riprendendo proprio
 il  concetto espresso dalle sezioni unite sub parag. 6/a) illustrato,
 lo amplia e lo rafforza  affermando  con  estrema  chiarezza  che  "i
 contributi   in  questione  non  sono  configurabili,  per  caratteri
 ontologici, come prestazioni patrimoniali  aventi  l'identica  natura
 giuridica dei tributi erariali e non rientrano, quindi, integralmente
 nel  sistema disciplinare delle imposte dirette, cosicche' al massimo
 si puo' riscontrare una loro assimilazione  alle  entrate  tributarie
 peraltro  solo parziale e limitata... ai profili procedimentali della
 riscossione  coattiva"  (cfr.  sent.  n.  26/1998  Corte  cost.)  per
 proseguire  poi,  con riferimento alla riserva, prevista dalla norma,
 del  potere  cautelare  ad  un  organo  amministrativo  in  tema   di
 riscossione  dei  contributi  consortili  di  bonifica,  arrivando  a
 qualificarla "incongrua e  discriminatoria"  (in  precedenza  l'aveva
 bollata  anche  come  "arbitraria"  con sent.   n. 239/1997) sotto il
 profilo della limitazione degli strumenti di  difesa  giurisdizionale
 del  debitore  inciso  dal  contributo,  imponendogli  "un sacrificio
 assolutamente sproporzionato rispetto alle finalita' ed  alla  natura
 dell'Ente  creditore" (cfr. sent. n. 239/1997) e facendo cosi' calare
 la scure bonificatrice sulla norma definita iniqua;
     d) il principio affermato dal giudice delle leggi  e'  essenziale
 per  poter  definire il caso di specie, poiche' chiarisce - una volta
 per tutte  -  che  la  natura  della  prestazione  non  possa  essere
 ricercata ed individuata nel privilegio, (che e' poi l'unico elemento
 che in un certo senso ha fin qui indotto a ritenere che il contributo
 di  bonifica  avesse natura tributaria), conferitogli dalla legge per
 la sua esazione o,  ancora  e  meglio,  che  la  obbligatorieta'  dei
 contributi  consortili ed il fatto che questi siano "esigibili con le
 norme ed i privilegi  stabiliti  per  l'imposta  fondiaria"  non  gli
 conferiscono di diritto il crisma della natura tributaria, difettando
 nel  patrimonio generico di questi il DNA proprio dei tributi. Non si
 comprende, quindi, a quale titolo dovrebbero derogare dalla ordinaria
 competenza giurisdizionale  e  trasmigrare,  sconfinando,  in  quella
 speciale per materia riservata al tribunale, senza che il legislatore
 gli abbia mai attribuito tale diritto di cittadinanza;
     e)  l'indirizzo  in  precedenza  espresso,  e di cui e' cenno sub
 parag. 6/a), e'  stato  oggi  ripudiato  dalla  stessa  Cassazione  a
 sezioni unite con la sentenza n. 9493/1998 del 26 giugno/23 settembre
 1998,  con  la  quale  sembrerebbe  ormai  -  si presume e si spera -
 definitivamente chiarito che "i contributi spettanti ai  consorzi  di
 bonifica...  rientrano  nella  categoria generale dei tributi, con la
 conseguenza che la competenza per materia a conoscere  della  domanda
 con  la  quale  il  contribuente  chiede  la restituzione delle somme
 versate... spetta al tribunale ordinario, ai sensi dell'art. 9, comma
 2, c.p.c. Anzi il giudice di legittimita' non ha ritenuto di  doverlo
 confermare,  precisando  che  non possa invocarsi in contrario quanto
 affermato dalle sezioni unite il 15 maggio 1991 con  la  sentenza  n.
 5443,  poiche'  -  chiarisce le numerose pronunzie che avevano invece
 escluso il carattere tributario  dell'obbligazione  di  pagamento  di
 contributi   consortili,  avevano  introdotto  "una  limitazione  non
 prevista  dalla  legge,  la  quale  e'  attenta  al  contenuto  della
 prestazione pretesa...";
     f)  a  questo  punto  lo  sconcerto  e'  totale,  avendo l'ultimo
 principio giurisprudenziale sopra citato  minato  alle  fondamenta  e
 fatto entrare in crisi oltre al convincimento soggettivo espresso con
 sentenza  di questo giudice il 27 gennaio 1998, di cui sopra e' cenno
 schematico sub parag. 2/d, anche  quella  confortante  sicurezza  che
 riposava  sul  pensiero  oltre  che  sul ragionamento abbozzato dalla
 Corte costituzionale con la sua sentenza del  26  febbraio  1998,  il
 quale  fungeva  ormai  da  armatura di supporto alla modesta opinione
 dello scrivente.
   Cosi' stando le cose, al fine di uscire dallo stadio di stordimento
 e di  incertezza,  si  impone  quindi  un  intervento  chiarificatore
 definitivo  da  parte  della  Corte costituzionale, e cio' anche alla
 luce  delle  ulteriori  considerazioni  che  si  andra'  ad  esporre.
 Poiche',  se  e' ormai chiaro che i contributi consortili di bonifica
 non hanno natura fiscale e tributaria e soprattutto udito ed  appreso
 che  essi  non  rientrano  nel  sistema disciplinare delle imposte" e
 assai arduo e difficile  poter  comprendere  perche'  mai  dovrebbero
 essere  sottoposti a competenza per materia esclusiva ed inderogabile
 del tribunale e non,  invece,  alla  competenza  della  giurisdizione
 ordinaria,  da  individuarsi a seconda delle soglie di valore, e piu'
 difficile ancora adeguarvisi, atteso che la natura tributaria gli  e'
 stata piu' volte e cosi' chiaramente ed autorevolmente negata;
     g)  a proposito di quest'ultima precisazione fatta dalla Corte di
 cassazione, e cioe' "alla limitazione non  prevista  dalla  legge  ed
 alla  sua  particolare  attenzione  al  contenuto  della  prestazione
 pretesa",  ci  sia  consentito  di  osservare  che  neanche  la   sua
 estensione,  tanto  da  farvi  ricomprendere  i contributi consortili
 nella categoria generale dei tributi, e' prevista dalla legge poiche'
 se cosi' fosse stato fin ab initio, e cioe' la normativa fosse  stata
 chiara,  i  giudici  di  merito  ed  anche quelli di legittimita' non
 avrebbero certo tenuto un  comportamento  cosi'  ondivago  e  per  la
 durata  di  decenni  in  tema  di  contributi,  alcuni  uniformandosi
 adesivamente  ai  principi,  di  volta  in   volta,   temporaneamente
 enunciati  dalla  Corte  di  cassazione  ed altri disattendendoli con
 motivazioni talvolta generiche e superficiali e tal altra ponderate e
 profonde, segno evidente che non tutto era poi cosi' limpido e chiaro
 secondo le disposizioni di legge;
     h) sempre in ordine, poi, all'affermata "attenzione  della  legge
 al  contenuto  della  prestazione  pretesa", in tema di contributi al
 contrario e' proprio il  legislatore  che  o  non  e'  stato  affatto
 attento,   rimanendo   per  cosi'  lungo  tempo  assente,  oppure  ha
 complicato  vieppiu'  la  situazione.  Difatti  egli  -  pur   avendo
 regolamentato i Consorzi di bonifica fin dall'anno 1933 - non solo si
 e'  dimenticato  di  far rientrare esplicitamente le controversie sui
 contributi fra la competenza  del  tribunale  ai  sensi  dell'art.  9
 c.p.c.  pur  essendo  -  si  badi  bene  -  il  nostro codice di rito
 successivo nel tempo alla legge istitutiva dei consorzi  di  bonifica
 avvenuta  con  r.d.  13  febbraio  1933, n. 215, poiche' il codice e'
 stato approvato il 28 ottobre 1940, con r.d.  n. 1443, ma non  lo  e'
 mai stato neanche in seguito, ovvero non si e' mai curato di dire una
 parola di chiarimento successivamente e cioe' allorche' a tale codice
 ha  apportato  modifiche  sostanziali  finalizzate  ad  aggiornare il
 processo civile, fra le quali, quelle  che  piu'  ci  interessano  da
 vicino,  quelle  apportate  con  le  leggi 26 novembre 1990, n. 353 e
 successive modificazioni;  21  novembre  1991,  n.  74  e  successive
 modificazioni;  d.-l.  18  ottobre  1995  n.    432,  convertito, con
 modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534 tutte concernenti
 provvedimenti urgenti per il processo civile, e senza, tuttavia,  mai
 incidere  sull'art.  9  c.p.c.  a  cui oggi si e' dato da parte della
 Corte di cassazione interpretazione estensiva del concetto "imposte e
 tasse"  facendovi  rientrare  i  contributi  consortili.   Anzi e' lo
 stesso legislatore che li ha categoricamente  esclusi  dalla  materia
 tributaria  nella  dettagliata  e  tassativa  enunciazione effettuata
 nell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 - ne' tanto meno  -  ha  fatto
 rientrare  tali  contributi  nella  giurisdizione  delle controversie
 tributarie di piu' recente  istituzione  (cfr.  art.  19,  d.lgs.  31
 dicembre  1992,  n.  546). Segno evidente o che il legislatore non e'
 poi cosi' attento alle prestazioni  pretese  dal  contribuente  o,  e
 meglio,  che  non  ritiene  che  i  contributi  facciano  parte della
 categoria tributaria;
     i) inoltre, se il contributo consortile fosse un tributo, sarebbe
 escluso l'onere in capo al consorzio di dare la prova della esistenza
 e consistenza del beneficio fondiario conseguito  dai  fondi  gravati
 del  contributo.  Questi,  a molto voler concedere e tenuto conto del
 limitato ambito di applicazione, circoscritto al bacino di  bonifica,
 tutt'al piu' andrebbero qualificati quali tributi locali, con l'ovvia
 conseguenza  che  la  competenza  a conoscere delle loro controversie
 dovrebbe essere per legge devoluta alle commissioni tributarie e  non
 al tribunale ordinario;
   7.  -  E  poiche'  dalla lettura delle ultime pronunzie della Corte
 costituzionale prima e della Corte di cassazione poi emerge a  chiare
 lettere,  a  modesto  avviso dello scrivente, evidente dissonanza, se
 non addirittura discordanza di opinioni in ordine alla tanto discussa
 natura  del  contributo  consortile,  sia  consentita  la  sensazione
 dell'insinuazione  di qualche sottile dubbio residuale sulla materia,
 posto che nel recente passato si e gia' visto che  codesta  Corte  ha
 gia'  avuto  occasione  di  intervenire,  incidendo  profondamente su
 diverse  questioni  di  legittimita'   costituzionale   relative   ai
 contributi  consorziali,  soprattutto  per  quanto  attiene alla loro
 esazione, dichiarando incostituzionale l'iter di riscossione:
     a)  ebbene  la  recente  sentenza  interpretativa   della   Corte
 costituzionale  n. 26/1998, ha determinato un orientamento secondo il
 quale non e' piu' possibile attribuire alla natura dei contributi  la
 portata  esegetica  ritenuta  dalla  Corte  di  cassazione.  In altre
 parole, non e' piu' possibile non  tener  conto  del  ragionamento  e
 delle  opinioni  della  Corte  costituzionale  espressi  nella citata
 sentenza interpretativa.  E tuttavia, essendo tutto  quanto  chiarito
 dalla  Corte,  appunto,  soltanto  "opinioni"  le  quali esprimono si
 un'interpretazione,  certamente  autorevolissima,  sulla  natura  del
 contributo   consorziale,   ma   non   essendo  assimilabili  ad  una
 interpretazione  autentica  e  non   assumendo,   quindi,   carattere
 vincolante per il giudice, soggetto, per dettato costituzionale, solo
 alla legge, nel conflitto fra le supreme magistrature si impone, ora,
 una  piu'  generale  rivisitazione dell'intera problematica legata al
 contributo di bonifica onde avere un chiarimento esplicito, totale  e
 definitivo  in  ordine  alla  sua  natura al fine di potersi adeguare
 all'enunciando principio, per  ora  solo  "in  nuce"  nella  sentenza
 citata,  ma  che sarebbe quanto mai opportuno svlluppare e colmare ai
 fini della competenza;
     b) a tal proposito va considerato inoltre che, quantunque  spetti
 al  giudice  esprimere il proprio parere sulla rilevanza e fondatezza
 delle questioni di costituzionalita'  da  rimettere  all'esame  della
 Consulta,  tuttavia  e'  compito  esclusivo solamente di quest'ultima
 esprimere   il  proprio  giudizio  definitivo.  Ne  consegue  che  il
 giudicante non  condivide  il  giudizio  di  manifesta  infondatezza,
 espresso  dalla  Corte di cassazione con la sentenza n. 9493/1998, in
 riferimento degli artt. 3 e 24 della Costituzione, della questione di
 legittimita' costituzionale  della  interpretazione  che  afferma  la
 competenza   per   materia   del  tribunale  in  tema  di  contributi
 consortili, per il costo  del  giudizio  sproporzionato  rispetto  ai
 vantaggi  conseguibili.  E cio' poiche' ad avviso del remittente, non
 si poteva categoricamente  escludere  fondamento  alla  questione  di
 legittimita'   costituzionale   che  fu  prospettata  alla  Corte  di
 cassazione   dal   controricorrente   in    ordine    al    principio
 giurisprudenziale  poi  enunciato,  anzitutto  per  la sua indiscussa
 evidenza, ed in secondo luogo poiche' devesi rilevare che non  spetta
 a  tale organo stabilire quali norme siano o meno conformi al dettato
 costituzionale, essendo  stato  invece  riservato  dalla  legge  alla
 Consulta  il  compito definitivo di individuare le disposizioni sulle
 quali   effettivamente   convergono   i   dubbi    di    legittimita'
 costituzionale  ed  e'  sempre  tale  Corte  che  deve  valutare,  in
 definitiva, la rilevanza e fondatezza delle questioni prospettate;
     c) in conclusione, in tema di contributi, la Corte costituzionale
 ha gia' chiarito che non si e' in presenza,  quanto  meno  piena,  di
 assimilazione dei contributi alle entrate tributarie. Se la questione
 fosse  stata  cosi' pacifica come sostiene la Corte di cassazione non
 ci sarebbe stato tutto un altalenare di interpretazioni, ne' -  tanto
 meno  - se tutto fosse stato chiaro si sarebbe discusso cosi' a lungo
 per giungere oggi ad una divergenza sostanziale  fra  il  giudice  di
 legittimita' e quello delle leggi, tanto da legittimare fondati dubbi
 di legittimita' costituzionale del principio enunciato dalla Corte di
 cassazione.
  Principio giurisprudenziale e norme della cui costituzionalita' si
                                dubita
   1. - La decisione della Corte di cassazione, con la conclusione ivi
 adottata in tema di contributi di bonifica e che incide profondamente
 anche  sugli  artt.  9,  comma  2,  c.p.c.  e 7, comma 1, c.p.c., ove
 trovasse conferma, farebbe assurgere a dignita' di "diritto  vivente"
 il  principio  di  legittimita'  oggi  espresso.  Tale soluzione, per
 converso, alla luce delle ragionate considerazioni che precedono, non
 solo  lede  i  diritti  fondamentali  dei   cittadini   ed   ingenera
 apprensione   tra  gli  stessi  operatori  della  giustizia,  ma  ha,
 altresi', procurato allarme  sociale  fra  tutti  i  soggetti  incisi
 dall'obbligazione  di pagamento del contributo in favore dei consorzi
 di bonifica, ivi compresi gli Enti locali il cui territorio si  trova
 ricompreso   nel   perimetro  di  contribuenza,  ponendosi  cosi'  in
 contrasto con i principi fondamentali della Carta costituzionale.
                       Rilevanza della questione
   1. - La rilevanza della questione consegue alla  impossibilita'  di
 esaminare  nel  merito la domanda proposta se, previamente, non viene
 deliberata  la  questione  di  costituzionalita'  delle  norme  sopra
 menzionate, dipendendo dalle stesse la decisione della causa:
     a) riepilogando, si e' gia' detto che se i contributi consorziali
 avessero  natura  tributaria  il  legislatore  li  avrebbe  di  certo
 elencati nel secondo comma dell'art. 9 c.p.c., insieme alle imposte e
 tasse, posto che il codice di procedura  civile  e'  posteriore  alla
 legge istitutiva dei Consorzi di bonifica;
     b)  tuttavia, ammesso per un momento che possa essere sfuggito al
 legislatore di provvedere all'incombente di cui sub parag. 1/a, se li
 avesse effettivamente ritenuti  dei  tributi,  li  avrebbe  di  certo
 ricompresi  nella previsione dell'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992,
 n. 646 per fame oggetto della giurisdizione tributaria,  quanto  meno
 quali  tributi  a  carattere locale. Ed invece li ha esclusi anche da
 questa normativa ancora una volta.
   2. - Ma vi sono altre ragioni che militano in favore del dubbio  di
 incostituzionalita' dell'art. 9 c.p.c. e lo corroborano ove lo stesso
 venga  raffrontato  con  tutta  una  serie  di norme sul processo che
 dovrebbero formare un quadro  armonico  senza  ingenerare  confusione
 anche  fra gli operatori della giustizia, degli utenti della stessa e
 senza soprattutto creare disparita' di trattamento fra questi  ultimi
 nell'accedervi.
   3.  -  In  definitiva,  va  evidenziato  che,  la  questione  della
 legittimita' costituzionale del precedente giurisprudenziale e  delle
 norme  del  codice  di  rito  che  vi coinvolge col suo insegnamento,
 appare rilevante ai fini del decidere, poiche', qualora codesta Corte
 ne dichiarasse la legittimita', questo  giudice  dovrebbe  spogliarsi
 della  causa,  mentre, al contrario, sarebbe tenuto a conoscere della
 controversia ove ne fosse dichiarata la illegittimita'.
                      Non manifesta infondatezza
   1. - La questione di legittimita' costituzionale di tale precedente
 e degli artt. 7 e 9 c.p.c. deve essere, poi, anche valutata come  non
 manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97
 e 113 della Costituzione.
   Il  contrasto  del principio enunciato per vulnus agli artt. 3 e 24
 della  Costituzione,  per  omogeneita'  e  connessione   dei   motivi
 fondanti,  lo  si  prende  in  esame congiuntamente e le osservazioni
 critiche si appuntano e conseguono all'avere la Corte  di  cassazione
 inteso  ricondurre  forzosamente  i  contributi consortili nell'alveo
 della materia tributaria pur  in  assenza  degli  elementi  giuridici
 caratterizzanti  tale  loro  natura  ed  in  definitiva,  quindi,  in
 mancanza dei presupposti  legittimanti  la  speciale  competenza  per
 materia   tributaria,  con  evidente  ed  irrazionale  disparita'  di
 trattamento dei consorziati, davanti  alla  legge  e  cio'  anche  in
 ordine al loro diritto di tutela giudiziale.
   2.  -  Il  principio  enunciato  viola l'art. 3, commi 1 e 2, della
 Costituzione in quanto lede l'uguaglianza  tra  i  cittadini  davanti
 alla  legge.  In  relazione  a  tale parametro costituzionale, reputa
 questo giudice che  la  denunciata  violazione  determini  una  grave
 disparita'  che incide su situazioni giuridiche di fattispecie uguali
 e  si  riverbera  anche  sull'esercizio  del  diritto   alla   difesa
 costituzionalmente  garantito,  senza  che  tuttavia sussistano gravi
 motivi di pubblico interesse che la giustifichino.
   3. - Contrasta, poi,  col  parametro  rappresentato  dall'art.  24,
 commi  1 e 2, della Costituzione in quanto, pur essendo la difesa nel
 processo qualificata come diritto inviolabile di tutti i soggetti, la
 sua concreta realizzazione viene invece svilita e compressa,  essendo
 precluso,  di  fatto,  alla  parte  di  svolgere  da  se'  davanti al
 tribunale  quella  forma  di  autotutela  prevista  da  alcune  norme
 giuridiche   procedurali,  come  in  appresso  sara'  illustrato  con
 un'osservazione panoramica delle stesse:
     a)  anzitutto  e'  in stridente contrasto l'art. 82 c.p.c. che al
 primo  comma  prevede  solamente  davanti  al  giudice  di  pace   la
 possibilita' per le parti di stare in giudizio di persona nelle cause
 il  cui  valore  non  eccede  il  milione di lire ed al secondo comma
 conferisce solo a tale giudice il potere di autorizzare dette parti a
 stare in giudizio  di  persona  in  considerazione  della  natura  ed
 entita' della causa, con cio' non ponendo il limite di un tetto;
     b)  con  l'art. 317 c.p.c. che contempla per entrambe le parti in
 causa di farsi rappresentare in giudizio davanti al giudice di  pace,
 sempre  previa  autorizzazione alcuna, da qualsiasi persona munita di
 mandato, anche priva di cognizioni tecnico-giuridiche, mentre  presso
 le  altre curie giudiziarie occorre che la parte stia in giudizio col
 ministero di un procuratore legale esercente la professione e  quindi
 sia iscritto nello speciale albo professionale;
     c)  le  limitazioni citate non possono trovare giustificazione in
 relazione alla competenza speciale della materia tributaria  devoluta
 al  tribunale, perche' anche il pretore e' deputato a conoscere quale
 materia speciale delle complesse controversie di lavoro, eppure anche
 ivi l'art. 417 c.p.c.  consente  alla  parte  di  stare  in  giudizio
 personalmente  nelle  controversie  di  lavoro quando il valore della
 causa non eccede L. 250.000;
     d) le considerazioni abbozzate sub parag. 2/a, b. e c,  non  sono
 affatto  di  scarsa  rilevanza  ove, si ponga mente che i Consorzi di
 bonifica impongono i contributi ai fondi ricompresi nel  loro  bacino
 di   bonifica,   che   al  95%  dei  casi  sono  contenuti  entro  le
 cinquantamila lire annue. Ne consegue che, le relative  controversie,
 che  pure  proliferano,  con  l'interpretazione estensiva della norma
 datane dalla Corte di cassazione  (art.  9,  c.p.c.)  debbono  essere
 trattate  dal  tribunale  ordinario,  davanti  al quale e' inibito di
 stare in giudizio di persona e soprattutto, oltre a doversi munire di
 difensore professionalmente qualificato, occorre anche far fronte  al
 pagamento  di  rilevanti  somme  a titolo di imposte, tasse e diritti
 vari. Di  tal  che  non  vi  e'  chi  non  veda  la  convenienza  dei
 contribuenti alla rinunzia all'azione, dissuasi sia dalla difficolta'
 di  accesso  alla  tutela  giudiziale,  che  dai  costi  conseguenti,
 perpetuandosi, in tal guisa, situazioni di obiettiva incertezza -  se
 non di vera ingiustizia - che penalizzano il contribuente.
   In  definitiva  la  mancata  previsione di un tetto o di una soglia
 fissa di valore sia per l'autodifesa, che per la esenzione tributaria
 uguale per tutti i procedimenti, indipendentemente  dalla  competenza
 per  materia  (L.  2.000.000),  comprime  il diritto dell'utente alla
 difesa, e crea palese disparita' di trattamento con gli altri  utenti
 che  si  rivolgono  al  giudice di pace in assenza di difensore ed in
 esenzione totale da imposte di bollo, tasse e diritti;
     e) in secondo luogo, se n'e' gia' fatto cenno,  altra  disparita'
 di   trattamento,   con   conseguente   sospetto   di  illegittimita'
 costituzionale,  si  profila  in  materia  di  costi   del   giudizio
 assolutamente  sproporzionati ai vantaggi conseguibili ed in rapporto
 a quelli che possono  essere  condotti  con  la  difesa  in  proprio.
 Difatti,  il  rendere  difficile, macchinosa e soprattutto costosa la
 tutela  giudiziale  significa,  in  ultima  analisi,  dissuasione   e
 rinuncia  alla  difesa  dei  piccoli  onerati  della contribuzione in
 relazione ai costi necessari per potervi accedere, a nulla rilevando,
 per  contro, il ragionamento delle sezioni unite della cassazione sul
 "calcolo della convenienza  circa  l'opportunita'  del  ricorso  alla
 tutela  giurisdizionale  che  attiene della valutazione del singolo e
 non incide sulla costituzionalita' della interpretazione seguita" ove
 rapportato - oltre ai costi sproporzionati -  anche  a  tutto  ad  un
 coacervo  di problemi che lo ostacolano e di legittime ragioni che lo
 sconsigliano, privandolo, di fatto, del sacrosanto diritto di difesa.
   Ed invero davanti al giudice di pace e  solo  ivi,  l'utente  della
 giustizia  oltre  ad  essere  svincolato  dall'obbligo  della  difesa
 tecnica, vi accede anche in esenzione  totale  di  imposte,  tasse  e
 diritti  fino alla soglia di L. 2.000.000, a norma dell'art. 46 legge
 21 novembre 1991, n. 374 in relazione alla legge 7 febbraio 1979,  n.
 59  come  modificata  dalle  leggi 6 aprile 1984, n. 57 e 21 febbraio
 1989, n.  99;
     f) cio' e piu' iniquo ove si pensi che altri precetti  normativi,
 tra  cui alcuni gia' di rilevanza penale e comportanti irrogazione di
 pene pecuniarie regolate dalla legge, prevedono  la  possibilita'  al
 cittadino di stare in giudizio di persona, come l'art. 23 della legge
 24 novembre 1981, n. 689 di depenalizzazione e di modifica al sistema
 penale,  che  consente  sia  all'opponente,  che all'autorita' che ha
 emesso l'ingiunzione di stare personalmente davanti  al  pretore  nel
 giudizio  di opposizione avverso il provvedimento di condanna e senza
 limiti di soglia alcuna;
     g) quanto al parametro costituzionale rappresentato dall'art.  25
 della Costituzione appare evidente che il contribuente, in forza  del
 principio  denunciato,  verrebbe  irrazionalmente  distolto  dal  suo
 giudice naturale;
     h) contrasta, inoltre, col parametro rappresentato dall'art.   53
 della  Costituzione  poiche'  con  l'attribuire  natura tributaria ai
 contributi di bonifica si crea di  fatto  disparita'  di  trattamento
 impositivo,  effettuato  attraverso  aspetti  incoerenti, illogici ed
 irrazionali,  non  tutti   i   terreni   ricompresi   nel   perimetro
 comprensoriale  essendo  oggetto  di  contribuzione, ne', tanto meno,
 tutti quelli gravati da contributo  godono  di  beneficio  diretto  e
 specifico dall'attivita' consortile;
     i)  la  violazione dell'art. 97 della Costituzione balza evidente
 ed  appare  collegata  al  sovvertimento,  a  causa   del   principio
 enunciato,  dell'organizzazione  degli  uffici  per il buon andamento
 dell'amministrazione della giustizia violando, altresi', la sfera  di
 competenza  predeterminata dalla legge. Per non parlare del contrasto
 con  le  finalita'  di  buon  andamento  cui  l'amministrazione  deve
 adeguarsi nell'operare, atteso che lo spostamento della competenza al
 tribunale in tema di contributi di bonifica, oltre a tutti quanti gli
 altri  innumerevoli inconvenienti sopra denunciati, non farebbe altro
 - ove l'azione venisse esercitata dal contribuente, del che e' lecito
 dubitare - che intasare le cancellerie dei  tribunali,  allungando  a
 dismisura  i  tempi  di attesa delle decisioni e tutto cio' in aperto
 contrasto  con  lo  spirito  della  novella  del  1995  dettato,   al
 contrario,  a  scopo  deflattivo  del  carico  di  quegli  uffici  ed
 improntato,  invece,  ad  agilita',   snellezza   e   celerita'   dei
 procedimenti,   svincolandoli,   in   particolare  quelli  di  scarsa
 importanza,   dalle   pastoie   procedurali   onde   avviarli    alla
 tempestivita' della decisione.
   1.  -  Contrasta, infine, anche col parametro costituzionale di cui
 all'art. 113, commi 1 e 2 della Costituzione in relazione all'art.  3
 Cost.,   in   quanto   la    tutela    giurisdizionale,    quantunque
 costituzionalmente   garantita   contro   gli   atti  della  Pubblica
 amministrazione,   viene   di   fatto    deviata    dall'orientamento
 giurisprudenziale in contestazione.
   4.  -  Or  dunque, se magistrati professionali hanno meditato cosi'
 tanto e cosi' a lungo  sulla  materia  contributiva  per  giungere  a
 conclusioni  diverse, se non puo', di conseguenza, negarsi l'evidenza
 del lungo travaglio decisionale fin qui prospettato,  sia  consentito
 anche  a  questo  giudice  di  nutrire  seri  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale sul principio giurisprudenziale  espresso  per  ultimo
 dalla  Corte  suprema  di  Cassazione,  per  contrasto  con  la Carta
 costituzionale per tutte le ragioni che si  sono  sopra  evidenziate,
 mediante  le quali si e' dimostrato ingiusto ed iniquo il trattamento
 riservato  ai  soli  cittadini  incisi  dai  contributi  di  bonifica
 fondiaria,  per  lesione  del  diritto  della  pari  uguaglianza  dei
 cittadini di fronte alla legge e per grave lesione del  diritto  alla
 difesa,  in  particolare  ove tali diritti vengano rapportati a tutta
 quella serie di norme di legge sopra citate che,  quantunque  dettate
 per  la  garanzia di tutti, di fatto ne privano i contribuenti per la
 bonifica. Ed  invero,  tale  disparita'  di  trattamento  fa  si  che
 solamente  i  grandi proprietari terrieri ed i latifondisti, oltre ai
 pochi Enti pubblici che hanno terreni ricompresi  nel  perimetro  del
 comprensorio  di  bonifica  dei  Consorzi,  hanno oggi convenienza ad
 adire l'autorita' giudiziaria.
   5. - In tali premesse  e  nell'attuale  persistente  situazione  di
 disparita'   di   trattamento,   rilevanti,  fondati  e  decisivi  si
 appalesano     i     dubbi     di     legittimita'     costituzionale
 dell'interpretazione  estensiva  data dalle sezioni unite della Corte
 di cassazione con la piu' volte citata  sentenza  n.  9394/1998  alla
 natura  dei  contributi  consorziali  di  bonifica,  dubbi  che  sono
 fortemente radicati nella coscienza di  questo  giudice,  e  che,  in
 rispettoso  dissenso  dall'insegnamento  della  Corte  di cassazione,
 legittimano il sollecito della pronunzia di una parola definitiva  da
 parte  di  codesta  Corte  sulla conformita' ai principi della nostra
 Carta  costituzionale  di   tale   principio   di   legittimita'   e,
 conseguentemente,  delle  norme connesse sopra citate, nella parte in
 cui non prevedono o escludono la competenza del  giudice  di  pace  a
 conoscere  in  materia  dei  predetti  contributi,  principio e norme
 necessarie  ed  indispensabili  alla  decisione  della   controversia
 indicata in epigrafe ed in corso presso questo ufficio.
                               P. Q. M.
   Letti  ed  applicati  gli articoli 134 della Costituzione, 1, della
 legge costituzionale 9 febbraio 1948,  n. 1 e 23 e segg. della  legge
 ordinaria 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenutane  la  rilevanza  e la non manifesta infondatezza, solleva
 d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale  del  principio
 giurisprudenziale  enunciato dalle sezioni unite della Cassazione con
 la sentenza n. 9493/1998, nonche' delle norme di rito connesse a tale
 precedente di legittimita' ed, in particolare, degli artt.  7  c.p.c.
 nella  parte  in  cui  non prevede, ovvero esclude, la competenza del
 giudice di pace a conoscere in materia dei contributi  consortili  di
 bonifica,     e    9,    secondo    comma,    c.p.c.    relativamente
 all'interpretazione estensiva data dalla Corte suprema di  Cassazione
 all'espressione  "imposte  e  tasse",  facendovi  cosi' ricomprendere
 anche i contributi di bonifica, che si  dubita  contrastino  con  gli
 indicati parametri della Costituzione;
   Sospende  la  presente  fase  di  giudizio  e si riserva ogni altra
 pronunzia in rito, in merito ed in ordine alle spese;
   Dispone la immediata trasmissione degli atti del procedimento  alla
 Corte costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  la presente ordinanza sia
 notificata ai procuratori delle parti in causa, nonche' al Presidente
 del Consiglio dei Ministri e sia, altresi', comunicata ai  Presidenti
 del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
     Cosi' deciso in Maglie, addi' 20 gennaio 1999
                      Il giudice di pace: Nachira
 99C0321