N. 106 ORDINANZA 22 - 30 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Incompatibilita' del giudice del dibattimento che
 abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena  nei  confronti
 di  un  concorrente,  in reato a concorso necessario, a giudicare gli
 altri coimputati del medesimo reato - Omessa previsione  -  Questione
 gia' risolta dalla sentenza n. 371/1996 - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 34).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.14 del 7-4-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di
 procedura  penale,  promossi  con  due ordinanze emesse il 6 febbraio
 1997 dalla Corte d'appello di Torino, iscritte ai nn. 250 e  555  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica nn. 20 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito nella camera di consiglio del 24  febbraio  1999  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto  che  la  Corte  d'appello  di  Torino,  nel  corso  di un
 procedimento di ricusazione, con ordinanza in data 6 febbraio 1997 ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non  prevede  l'incompatibilita'
 del  giudice  del  dibattimento,  che  abbia  pronunciato sentenza di
 applicazione della pena nei confronti di un concorrente nel reato,  a
 giudicare altri concorrenti nel medesimo reato;
     che  con  altra  ordinanza  in pari data di identico contenuto la
 stessa Corte d'appello di Torino, nel corso di altro procedimento  di
 ricusazione, ha sollevato la medesima questione;
     che  il  remittente  riferisce  di  dover  decidere  in  ordine a
 dichiarazioni di ricusazione motivate sull'assunto di una  situazione
 di incompatibilita' dei componenti il collegio che avevano concorso a
 pronunciare  sentenza  di  applicazione  della  pena su richiesta nei
 confronti di altri concorrenti nel reato;
     che il giudice a quo richiama la sentenza  n.  371  del  1996  di
 questa  Corte,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale,  nella  parte
 in  cui  non  prevede  che  non  possa  partecipare  al  giudizio nei
 confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o  concorso
 a   pronunciare  una  precedente  sentenza  nei  confronti  di  altri
 soggetti, nella quale la  posizione  di  quello  stesso  imputato  in
 ordine  alla  sua  responsabilita'  penale  sia  gia'  stata comunque
 valutata;
     che, ad avviso  del  remittente,  l'applicazione  della  pena  su
 richiesta  nei  confronti  di  alcuni  concorrenti  "pare implicare -
 almeno nella fattispecie di cui ci si occupa - anche una  valutazione
 incidentale  del  merito dell'accusa mossa al coimputato dello stesso
 reato e non ''patteggiante''";
     che,  pertanto,  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art.  34 cod. proc. pen., nei termini prospettati, non appare al
 remittente  manifestamente infondata, essendo anche rilevante ai fini
 della decisione sulle ricusazioni.
   Considerato che le due  ordinanze  hanno  ad  oggetto  la  medesima
 disposizione,  censurata  sotto  identici profili, sicche' i relativi
 giudizi possono essere decisi congiuntamente;
     che il giudice a quo dubita, in riferimento agli  artt.  3  e  24
 della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale dell'art. 34
 del codice di procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non  prevede
 l'incompatibilita'   del   giudice   del   dibattimento,   che  abbia
 pronunciato sentenza di applicazione della pena nei confronti  di  un
 concorrente  nel  reato,  a  giudicare altri concorrenti nel medesimo
 reato;
     che in entrambe le ordinanze e' richiamata la sentenza n. 371 del
 1996  di   questa   Corte,   che   ha   dichiarato   l'illegittimita'
 costituzionale del citato art. 34, nella parte in cui non prevede che
 non  possa  partecipare  al  giudizio nei confronti di un imputato il
 giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente
 sentenza  nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di
 quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale  sia
 gia' stata comunque valutata;
     che,  alla  luce  della sentenza n. 371 del 1996, e' anche chiaro
 che l'incompatibilita' del giudice non puo' essere estesa a tutte  le
 ipotesi  in  cui  si  proceda  separatamente nei confronti di diversi
 soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma e' circoscritta ai casi in
 cui, con la sentenza  che  definisce  il  processo  a  carico  di  un
 imputato,  vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in
 ordine  alla  responsabilita'  penale  di  una  persona   formalmente
 estranea al processo;
     che,  pertanto,  la  dedotta  questione, nei termini in cui viene
 prospettata, e' stata gia' risolta dalla citata sentenza n.  371  del
 1996,  nel  cui  dispositivo  risultano con nettezza i limiti entro i
 quali opera la causa di incompatibilita';
     che non puo' spettare a questa Corte confermare o smentire quanto
 affermato nelle ordinanze di remissione, che cioe' nelle  fattispecie
 delle  quali  si occupa la Corte d'appello le pronunciate sentenze di
 applicazione della  pena  su  richiesta  contengono  una  valutazione
 incidentale  del  merito dell'accusa mossa al concorrente nel reato e
 non patteggiante;
     che, una volta chiarito l'ambito di  operativita'  del  principio
 del  giusto  processo,  e una volta riconosciuto che questo impedisce
 che uno stesso giudice valuti piu' volte, in sentenza, in  successivi
 processi  la  responsabilita'  penale  di una persona in relazione al
 medesimo reato, accertare se in una precedente sentenza che si assuma
 pregiudicante sia  stata  effettivamente  compiuta,  in  ordine  alla
 responsabilita'  penale del concorrente rimasto estraneo al processo,
 una valutazione suscettibile di  determinare  l'incompatibilita'  del
 giudice  al  successivo  giudizio, non e' compito di questa Corte, ma
 del giudice a cui spetta decidere  se  la  concreta  fattispecie  sia
 sussumibile  sotto  l'art.   34 del codice di procedura penale, quale
 esso risulta a seguito della parziale dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale che lo ha investito;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del  codice  di
 procedura  penale,  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, dalla  Corte  d'appello  di  Torino  con  le  ordinanze
 indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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