N. 107 ORDINANZA 22 - 30 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Incompatibilita', per il giudice del dibattimento
 che, a seguito di  separazione  dei  processi,  abbia  pronunciato  o
 concorso  a pronunciare sentenza nei confronti di uno o piu' imputati
 di reato concorsuale, a giudicare gli altri coimputati nella medesima
 fattispecie concorsuale - Omessa previsione - Richiesta  di  sentenza
 additiva - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 25).
 
(GU n.14 del 7-4-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  secondo
 comma,  del  codice  di  procedura penale, promossi con sei ordinanze
 emesse il 1 (due ordinanze), il 29 e il 24 aprile, il 13  febbraio  e
 il  22  aprile 1997 dal Tribunale di Foggia, rispettivamente iscritte
 ai nn. 333, 334, 588, 615, 642 e 653 del registro  ordinanze  1997  e
 pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25, 29, 39,
 40 e 41, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto che il Tribunale di Foggia con sei ordinanze  di  identico
 contenuto  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 25 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma  2,  del  codice  di  procedura penale, "nella parte in cui non
 prevede la incompatibilita' per il giudice del  dibattimento  che,  a
 seguito  di  separazione dei processi, abbia pronunciato o concorso a
 pronunciare sentenza nei confronti di uno o piu'  imputati  di  reato
 concorsuale,   a   giudicare  gli  altri  coimputati  nella  medesima
 fattispecie concorsuale";
     che il remittente richiama la sentenza n. 371 del  1996,  che  ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice  di  procedura  penale, nella parte in cui non prevede che non
 possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice
 che  abbia  pronunciato  o  concorso  a  pronunciare  una  precedente
 sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di
 quello  stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale sia
 gia' stata comunque valutata;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, i principi affermati nella
 suddetta sentenza vanno estesi anche alla ipotesi in cui,  come  pare
 sia avvenuto nelle concrete fattispecie, nella sentenza che si assume
 pregiudicante  non  vi  sia  stata  alcuna espressa valutazione della
 responsabilita' penale del concorrente estraneo al processo;
     che,  infatti,  sempre  ad  avviso  del   remittente,   la   mera
 possibilita' di tale valutazione, anche se poi non espressa, dovrebbe
 comportare   l'incompatibilita'   al   successivo  giudizio,  poiche'
 diversamente  sarebbe  violato  l'art.  3  della   Costituzione   per
 l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra l'imputato nei cui
 confronti  sia  stata  in  precedenza  espressa  dal  giudicante   la
 valutazione   di  responsabilita'  e  l'imputato  nei  cui  confronti
 siffatta  valutazione,  pur  non  esplicitata,  possa  essere   stata
 compiuta;
     che  sarebbe  altresi'  violato  l'art.  25  della  Costituzione,
 poiche' la operativita' dei criteri di determinazione del  giudicante
 sarebbe rimessa ad eventi occasionali, quali la esplicitazione, anche
 illegittima,  della valutazione di responsabilita' a carico del terzo
 estraneo al processo;
     che e' intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   Considerato  che  le  sei  ordinanze  hanno  ad oggetto la medesima
 disposizione, censurata sotto identici profili,  sicche'  i  relativi
 giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;
     che  il  giudice  a quo chiede in sostanza un'ulteriore pronuncia
 additiva sull'art. 34, comma  2,  del  codice  di  procedura  penale,
 affinche' l'incompatibilita' risulti estesa a tutte le ipotesi in cui
 il  giudice  abbia  proceduto  alla  separazione  dei  giudizi, abbia
 pronunciato sentenza nei confronti di alcuni concorrenti nel reato  e
 debba  poi  giudicare gli altri coimputati della medesima fattispecie
 concorsuale, e cio' anche se nessuna valutazione sia  stata  espressa
 in  quella  sentenza  in ordine alla responsabilita' penale di questi
 ultimi;
     che, avendo lo stesso remittente chiarito di  non  aver  compiuto
 nei  precedenti  giudizi  alcuna valutazione di merito in ordine alla
 responsabilita' penale dei  concorrenti  poi  sottoposti  a  separati
 procedimenti,  non sussiste alcun elemento obiettivo sul quale basare
 l'assunta situazione di pregiudizio;
     che,  conseguentemente,  la  questione  deve  essere   dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza   della
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt.  3  e
 25  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Foggia con le ordinanze
 indicate in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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