N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 1999
N. 212 Ordinanza emessa il 27 gennaio 1999 dal pretore di Udine sezione distaccata di Latisana nel procedimento civile vertente tra Meneghello Bertilla e Ministero delle finanze ed altra Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.PE.F.) - Dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi Prevista notificazione degli accertamenti in rettifica nei confronti del solo marito - Responsabilita' solidale dei coniugi (nella specie: della moglie separata, per dichiarazione infedele del marito) - Asserita, lamentata assunzione di tale responsabilita', oltre che per l'imposta dichiarata, anche per pagamenti futuri ed incerti, dipendenti da eventuali accertamenti fiscali - Lesione del principio di eguaglianza tra coniugi - Violazione del diritto di difesa e alla inviolabilita' della corrispondenza - Incidenza sul principio della capacita' contributiva. (Legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, commi 2, 3, 4 e 5). (Cost., artt. 3, 15, 24, 29 e 53).(GU n.16 del 21-4-1999 )
IL VICE PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta sub n. 7270/98 racc., promossa da Meneghello Bertilla, rappresentata e difesa dall'avv. Cosimo D'Alessandro, contro il Ministero delle finanze e la S.F.E.T. S.p.a., con ricorso in opposizione di terzo avverso l'esecuzione iniziata in odio alla stessa con atto di pignoramento dd. 26 ottobre 1998. Svolgimento del processo Con ricorso in opposizione di terzo dd. 13 novembre 1998 la Meneghello Bertilla espone: che per l'anno 1992 aveva presentato la dichiarazione dei redditi congiuntamente al marito Bruno Vincenzo su un unico modello ai sensi dell'art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114; che l'ufficio imposte di Latisana, a seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di finanza di Lignano nei confronti di Bruno Vincenzo, aveva rettificato il reddito d'impresa dichiarato dallo stesso da L. 14.769.000 a L. 100.120.604; che essa ricorrente, separatasi dal marito giusto decreto di omologa dd. 30 aprile 1996, era completamente estranea all'attivita' d'impresa del marito e non aveva mai avuto la possibilita' di prendere visione della contabilita' dello stesso e degli atti di verifica eseguiti dalla G.d.F.; che in data 26 ottobre 1998 la S.F.E.T. S.p.a., nella sua qualita' di concessionario del servizio di riscossione dei tributi, aveva pignorato i beni rinvenuti nella sua abitazione nonostante non fosse stato notificato ne' la cartella esattoriale ne' l'avviso di mora; che l'atto di pignoramento doveva ritenersi illegittimo perche' non preceduto dalla notifica del titolo e perche' estranea al credito d'imposta reclamato dall'amministrazione finanziaria. La Meneghello, pertanto, nella sua assunta qualita' di terzo rispetto all'esecuzione promossa dalla S.F.E.T. S.p.a. instava preliminarmente per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'esecuzione e nel merito per la dichiarazione di nullita' del pignoramento eseguito nei suoi confronti nonche' d'improcedibilita' dell'esecuzione stessa per insussistenza del credito tributario in quanto afferente ad un rapporto a lei estraneo. Chiedeva, inoltre, di sollevare questione di non manifesta infondatezza di illegittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge n. 114/1977 in riferimento agli artt. 3, 24, 29 e 53 della Costituzione. L'esecuzione veniva sospesa con provvedimento di questo pretore pronunciato inaudita altera parte. All'udienza del 9 dicembre 1998 si costituivano in giudizio la S.F.E.T. S.p.a. e l'Amministrazione finanziaria che, pur riconoscendo l'omessa notifica della Cartella esattoriale alla Meneghello, chiedevano la revoca del provvedimento di sospensione nonche' la dichiarazione del difetto di giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria e, in subordine, la dichiarazione di incompetenza di questo pretore oltre, comunque, al rigetto della proposta opposizione. All'udienza del 20 gennaio 1999 questo pretore si riservava di decidere le questioni preliminari relative alla revoca del provvedimento di sospensione dell'esecuzione e al difetto di giurisdizione e di competenza. Ritiene, ora, questo pretore che per decidere le questioni sollevate dalle parti occorra necessariamente far ricorso all'applicazione dell'art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, in relazione al quale si profila questione rilevante e non manifestamente infondata di legittimita' costituzionale. Appare evidente che avendo la ricorrente conclamato la sua qualita' di terzo rispetto all'esecuzione mobiliare promossa dalla S.F.E.T. S.p.a. ed avendo, altresi', contestato la debenza del credito d'imposta vantato dall'Amministrazione finanziaria, occorre preliminarmente accertare, ai fini dell'ammissibilita' della proposta opposizione ex art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, se in capo alla stessa sussista o meno, ex art. 17 della legge n. 114/1977 la responsabilita' solidale per le obbligazioni tributarie del marito. Non e' revocabile in dubbio che se la Meneghello e' solidalmente responsabile delle obbligazioni tributarie del marito, certamente non puo' essere considerata terza e, quindi, l'opposizione dovrebbe essere proposta avanti l'Intendenza di finanza ex art. 53, d.P.R. n. 602/1973. Ove, invece, non fosse considerata solidalmente responsabile assumerebbe la posizione di terza e, quindi, come tale sarebbe legittimata a proporre opposizione di terzo innanzi a questo giudice. Pertanto, ai fini della decisione della presente controversia, v'e' la necessita' di sollevare la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 17. La norma di cui all'art. 17 della legge n. 114/1977 e' stata piu' volte denunciata, sotto vari profili, innanzi alla Corte costituzionale che ha sempre ribadito la legittimita' della stessa in base a due considerazioni: A) la denunciata violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione concernente la disparita' di trattamento a parita' di posizione contributiva tra coniugi che si sono avvalsi della facolta' di presentare dichiarazione congiunta e coniugi che hanno presentato una distinta dichiarazione, e' stata ritenuta manifestamente infondata in quanto la disparita' di trattamento sarebbe in rapporto di causalita' efficiente con la libera scelta di avvalersi dell'uno o dell'altro sistema di dichiarazione. Il principio, poi, di cui all'art. 53 della Costituzione - capacita' contributiva - non escluderebbe la potesta' legislativa di stabilire prestazioni solidali a carico oltre che del debitore principale, anche di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica a cui inerisce il rapporto tributario (Cost. n. 316/1987); B) in relazione alla denunciata violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 24 e 29 della Costituzione e' stato affermato che il dubbio di costituzionalita' puo' essere superato mediante un'interpretazione adeguatrice della normativa vigente (Cost. n. 184/1989). In detta sentenza e' stato precisato che alla moglie, chiamata a rispondere per debiti tributari del marito, e' sempre consentito proporre impugnazione avverso l'accertamento. Questo pretore ritiene che la norma di cui all'art. 17, tenuto conto della giurisprudenza costituzionale di questi ultimi anni in materia di diritto alla difesa e di parita' di coniugi, non si concili con il principio della ragionevolezza e con i principi di cui agli artt. 3, 15, 24, 29 e 53 della Costituzione sotto i profili che passa ad evidenziare: 1) la norma di cui all'art. 17 certamente riserva al marito una posizione di ingiustificato vantaggio rispetto alla moglie. Infatti, se il debito d'imposta nasce da un'infedele dichiarazione della moglie il marito viene prontamente ed immediatamente notiziato di tutti gli atti dell'Amministrazione finanziaria consentendogli cosi' di esercitare sin dall'inizio il proprio diritto di difesa, mentre cosi' non e' nell'ipotesi inversa. Pur ammettendo che la dichiarazione dei redditi congiunta costituisca per i coniugi una libera scelta, si da giustificare la responsabilita' solidale per il debito d'imposta dichiarato, cio' non giustifica il differente grado di tutela riservato ai coniugi in ipotesi di conflitti con l'Amministrazione finanziaria. Non pare ragionevole che la moglie debba avere la conoscenza di atti lesivi della sua sfera giuridica soggettiva - si pensi all'avviso di accertamento - in via mediata (con il rischio, quindi, di dover subire le conseguenze di comportamenti colposi o dolosi del marito convivente, separato o addirittura divorziato) anziche' in via diretta e personale. E jus receptum che la donna ha assunto nella societa' e nella famiglia un ruolo di parita' che non rende giustificabile la posizione di soggezione cui la stessa viene di fatto a trovarsi nei confronti del marito per il solo fatto di aver scelto di presentare una dichiarazione congiunta dei redditi. Non e' agevole comprendere perche' debba essere proprio la moglie a subire una limitazione del suo diritto ad avere piena, diretta ed immediata conoscenza degli atti destinati ad incidere sulla sua sfera giuridica soggettiva anziche' il marito. La norma impugnata riguardata sotto il profilo teste' considerato ferisce il principio di uguaglianza tra i coniugi perche' nella sostanza riserva una diversita' di tutela in ragione di una situazione dipendente dal sesso. Non va sottaciuta, poi, la violazione del principio di cui all'art. 15 della Costituzione sicuramente applicabile anche alle donne coniugate. La mancanza di coabitazione, per effetto della separazione o del divorzio, esclude in radice la presunzione di conoscibilita' degli atti da parte della donna maritata e, quindi, la sicura violazione del diritto alla difesa e alla inviolabilita' della corrispondenza. Di fatto la donna maritata viene messa nella condizione di non conoscere gli atti idonei ad incidere sulla sua sfera giuridica soggettiva; 2) la norma di cui all'art. 17 nel consentire ai coniugi di presentare la dichiarazione dei redditi su un unico modello prevede che la determinazione dell'imposta debba essere fatta in modo separato nel senso che ognuno e' tenuto a pagare l'imposta, in ossequio al principio di cui all'art. 53 della Costituzione, in modo proporzionale alla propria capacita' contributiva. Il fatto che si consenta ai coniugi di sommare le rispettive imposte e di detrarre dall'ammontare complessivo le ritenute e i crediti d'imposta eventualmente spettanti agli stessi non comporta, quindi, alcun apprezzabile vantaggio ne' per il contribuente ne' per l'amministrazione. Da tale premessa normativa non puo' ragionevolmente farsi derivare una responsabilita' solidale in capo ai coniugi per debiti nascenti da futuri accertamenti e dipendenti da comportamenti omissivi non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi. Il tenore testuale della norma in esame, nella sua criptica formulazione non consente assolutamente di avere piena contezza della effettiva e dilatata portata applicativa della stessa ed in particolare della circostanza che con la dichiarazione congiunta i coniugi si assumono la responsabilita' solidale di pagare non solo l'imposta indicata nella dichiarazione dei redditi, ma anche quella futura ed incerta dipendente da eventuali accertamenti fiscali. Estendere la responsabilita' solidale dei coniugi anche ai debiti d'imposta successivamente accertati nei confronti di uno solo di essi in conseguenza di un'infedele dichiarazione dei redditi significa fare assumere una responsabilita' patrimoniale per fatti altrui e rispetto ai quali l'altro coniuge e' del tutto estraneo. Non pare che si possa affermare la sussistenza di una identita' di rapporto tributario tale da giustificare una responsabilita' solidale in capo ad entrambi i coniugi e cio' proprio sulla base del tenore testuale dell'art. 17, comma 2, il cui tenore letterale non rende immediatamente intelligibile l'assunzione di responsabilita' solidale oltre che per l'imposta dichiarata, anche in punto affidabilita' della dichiarazione dei redditi dell'altro coniuge. Ove, si dovesse accedere alla tesi, secondo cui la dichiarazione congiunta dei redditi comporterebbe la responsabilta' solidale anche per la infedele dichiarazione, peraltro affermata dall'unanime giurisprudenza di merito e di legittimita' si' da costituire diritto vivente di riferimento comparativo per la valutazione della norma denunciata, si finirebbe con l'attribuire alla norma in esame un portato d'irrazionalita' oltre che una valenza di vera "insidia normativa" per i cittadini. Per tutte le ragioni dianzi esposte, ritenuta la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 2, 3, 4 e 5, sotto i profili denunciati,
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 2, 3, 4 e 5, in riferimento agli artt. 3, 15, 24, 29, 53 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Latisana, addi' 27 gennaio 1999. Il vice pretore onorario: Secci 99C0365