N. 222 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 1999
N. 222 Ordinanza emessa il 27 gennaio 1999 dal tribunale amministrativo regionale per la Calabria Ê, sezione staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Cordopatri Maria Giuseppina contro il Ministero dell'interno ed altra Giustizia amministrativa - Competenza territoriale del t.a.r. Lazio, secondo il diritto vivente, sui ricorsi contro atti amministrativi individuali emessi da organi centrali dello Stato (nella specie: revoca del programma speciale di protezione emanato dalla commissione centrale di cui all'art. 10, secondo comma, legge n. 82/1991) - Incidenza sul diritto di difesa e sul principio del giudice naturale - Irragionevolezza per l'assenza di interesse ed esigenza di difesa dello Stato - Violazione del principio del decentramento della giustizia amministrativa. (Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 3, secondo e terzo comma, combinato disposto). (Cost., artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma e 125, secondo comma).(GU n.16 del 21-4-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 11/99 r.g. proposto dalla signora Cordopatri Maria Giuseppina, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Verdirame e Carlo Taormina ed elettivamente domiciliata in Reggio Calabria, via Possidonea, 30 nello studio del primo; Contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, presso la quale e' domiciliato ex lege in via del Plebiscto n. 15, per l'annullamento della deliberazione della commissione ex art. 10, legge n. 82/1991 del 20 ottobre 1998, di revoca dello speciale programma di protezione della ricorrente con contestuale remissione al capo della Polizia - Direzione generale di pubblica sicurezza, della predisposizione di opportune misure tutorie a mezzo dell'autorita' provinciale di pubblica sicurezza; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Udito il relatore pres. Aldo Ravalli ed uditi, per le parti, l'avv. Verdirame e l'avv. St. Anyillo; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato il 9 dicembre 1998 e depositato il 5 gennaio 1999, la signora Giuseppina Maria Cordopatri, ha impugnato il provvedimento del 20 ottobre 1998 emesso dalla commissione ex art. 10, legge n. 82 del 1991, di revoca dello speciale programma di protezione precedentemente disposto nei suoi confronti quale teste collaboratore di giustizia. L'Avvocatura distrettuale dello Stato, con istanza di regolamento competenza notificata il 15 gennaio 1999 ai sensi dell'art. 21, legge n. 1034/1971, ha indicato quale giudice territorialmente il t.a.r. del Lazio. Nel corso della discussione alla camera di consiglio del 27 gennaio 1999 per l'esame della domanda cautelare, la parte ricorrente ha dissentito quanto alla competenza del t.a.r. in Roma. Il collegio, alla predetta camera di consiglio, ha ritneuto di dover rimettere con atto separato alla Corte costituzionale la questione di legittimita' degli artt. 3, secondo comma e 31, quinto comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ed ha deciso sulla domanda cautelare sospendendo l'impugnato provvedimento di revoca del programma di protezione, con l'ordinanza n. 70 del 21 gennaio 1999, che di seguito si trascrive nella parte in motivazione. Vista l'istanza di regolamento di competenza territoriale proposta dall'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 21, legge n. 1034/1971 a favore del t.a.r. del Lazio - Roma; Preso atto del mancato accordo tra le parti per il trasferimento del ricorso al predetto t.a.r. in Roma; Considerato che la proposizione del regolamento di competenza non preclude di per se' al giudice adito di pronunciarsi sulla domanda cautelare. Ritenuto, per il resto di dover rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimita' degli artt. 3, secondo comma e 31, quinto comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nei termini di cui alla separata ordinanza; Considerato che per la ricorrente e' stato disposto lo speciale programma di protezione ex art. 10, legge 15 marzo 1991, n. 82, con provvedimento dell'apposita commissione dell'11 febbraio 1998 "attesa la impossibilita' di assicurare una adeguata tutela dell'incolumita' dell'interessata a mezzo di misure ordinarie di protezione " e stante "l'importanza della collaborazione offerta da Codopatri Maria Giuseppina all'autorita' giudiziaria", tutto cio' su richiesta della procura della Repubblica di Palmi; Considerato che gia' nel marzo 1998 la interessata, nel restituire firmato il modulo "definito programma speciale di protezione che ricalca peraltro l'art. 12 gia' fattomi firmare due volte"; dichiarava di restare in attesa del programma che "dovrebbe contenere i punti ispiratori del mio e del vs. comportamento operativo", esprimendo "disagio e perplessita'" per ragioni e con espressisone di forte chiarezza; Considerato che l'atteggiamento, se si vuole, "deciso" dell'interessata si e' manifestato fin dall'inizio, ma su tali aspetti appare tuttora valido il parere dato il 21 maggio 1998 dal sostituto procuratore nazionale antimafia secondo il quale "le ripetute segnalazioni di violazione del codice comportamentale non sembrano intaccare i presupposti stessi dell'applicazione del programma, vale a dire la rilevanza del contenuto probatorio offerto dalla signora in vari procedimenti penali a varia autorita' giudiziaria, il significato di rottura del fronte dell'omerta' diffuso nel territorio calabrese tra le vittime ..."; Considerato che gia' nel predetto parere si rimarcava "l'esigenza, gia' rappresentata nel precedente parere di rettifica del programma ... di applicare alla anomala categoria dei collaboratori testi-parti offese (diversissimi per estrazione sociale, formazione culturale, esigenze di vita ed interessi economici dai ''normali'' collaboratori provenienti dal mondo della criminalita' organizzata) programmi personalizzati che consentono ... la prosecuzione delle loro attivita' economiche e professionali ... in caso contrario, si finirebbe con il favorire i disegni delle organizzazioni criminali che puntano alla espulsione violenta di tali soggetti dal luogo in cui operano"; Visti i pareri di stessa provenienza e di identico segno 5 giugno 1968 (proc. naz. antimafia), 5 giugno 1998, 9 settembre 1998 (proc. naz. antimafia), 9 settembre 1998 e 30 settembre 1998, nonche' quelli della procura della Repubblica di Palmi 11 giugno 1998, 13 agosto 1998 e 1 ottobre 1998; Considerato che, anche da ultimo, gli ambienti giudiziari (relazione 5 ottobre 1998 di provenienza procura di Reggio Calabria), nel confermare la necessita' di speciale protezione, avvertivano anche che le "violazioni comportamentali" addebitati alla Cardopatri erano "meritevoli di (ulteriore) particolare comprensione alla luce della personalita' della teste"; Ritenuto, in conclusione, che appare assolutamente prevalente l'interesse dello Stato a che per la ricorrente "esposta a grave ed attuale pericolo" prosegua nella protezione dello speciale programma, essendo recessivi, oltre che comprensibili e giustificati, atteggiamenti "decisi" e, se si vuole "di sfida" della collaboratrice di giustizia apparendo con cio' muniti, prima facie, di fondatezza le censure proposte nel ricorso; Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all'art. 21, legge 6 dicembre 1971, n. 1034; P. Q. M. Accoglie la suindicata dopmanda incidentale di sospensione e per l'effetto sospende l'impugnato provvedimento di revoca del programma speciale di protezione. Dispone di proporre con ordinanza separata il giudizio di legittimita' costituzionale di cui in motivazione. D i r i t t o L'impugnato provvedimento di revoca dello speciale programma di protezione di cui alla legge 15 marzo 1991, n. 82 (Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia) riguarda un teste collaboratore di giustizia residente nella provincia di Reggio Calabria. Poiche' l'ammissione allo speciale programma di protezione, e quindi anche alla sua revoca, e' deliberata dalla commissione centrale di cui all'art. 10, secondo comma, legge n. 82/1991, l'Avvocatura dello Stato ritiene competente per territorio non l'adito t.a.r. di Reggio Calabria, ma quello del Lazio con sede in Roma, in forza delle regole di cui all'art. 3, legge 6 dicembre 1971, n. 1034. La competenza del territorio - che e' mera individuazione della sede fra piu' uffici giudiziaria equiordinati e non gia' "gearchia di giudizi" - e' nel senso che e' competente il tribunale amministrativo regionale "locale" per i ricorsi contro atti emessi da organi centrali dello Stato la cui efficacia e' limitata territorialmente alla sua circoscrizione. "Negli altri casi, la competenza, per gli atti statali e' del tribuna1e amministrativo regionale con sede in Roma" (art. 3, terzo comma, legge n. 1034 del 1971). L'incompetenza territoriale di un t.a.r. non e' rilevabile d'ufficio, ma puo' solo essere eccepita con istanza proposta entro un breve termine di decadenza. Nel caso in cui venga proposto il regolamento di competenza, " ... i processi ... sono sospesi e gli atti devono immediatamente essere trasmessi d'ufficio a cura della segreteria del tribunale, al Consiglio di Stato" (art. 31, legge n. 1034/1971). Poiche' le regole sulla competenza individuano il "giudice naturale" della controversia, le relative norme, nel significato che hanno assunto nel "diritto vivente", devono essere innanzitutto rispettose del principio di cui all'art. 25, prima comma, della Costituzione. Il rispetto del principio del giudice precostituito per legge ("giudice naturale" ex art. 25 della Costituzione) costituisce adempimento di un dover del giudice adito sia nel caso in cui debba spogliarsi della competenza o rimetterne la decisione ad altri, sia nel caso in cui si ritenga legittimato quale giudice naturale della controversia a lui sottoposta. Da cio' la proponibilita' anche d'ufficio del giudizio di costituzionalita', e la sua rilevanza ex se, la volta in cui il giudice adito, avanti al quale e' stato proposto regolamento di competenza, dubiti della legittimita' costituzionale della norma sul riparto della competenza nel significato che, per la fattispecie legale, ad essa da' il Consiglio di Stato, quale Corte regolatrice della competenza. Cio' tanto piu' che la pronuncia sulla competenza non e' dalle parti in alcun modo sindacabile, non essendo impugnabile con ricorso in Cassazione (cosi' Cass. ss.uu. 2 febbraio 1977, n. 466). La fattispecie legale in esame e' caratterizzata dalla presenza di un atto emesso da organo centrale dello Stato rivolto esclusivamente ad un unico e determinato soggetto situabile in una data circoscrizione territoriale da un criterio di collegamento certo, preesistente ed obiettivo quale e' la residenza. Tale fattispecie legale e' uguale e sovrapponibile a quella rappresentata dal diniego di riconoscimento dell'obiezione di coscienza per i militari di leva, o dal diniego di esenzione dalla chiamata alle armi, con provvedimenti che vengono emessi da organo centrale dello Stato. Per questa fattispecie legale (diniego di esonero dal servizio di leva) il Consiglio di Stato con giurisprudenza consolidata che da' luogo a "diritto vivente", ritiene che la competenza territoriale sia del t.a.r. Lazio con sede in Roma, per la considerazione che l'efficacia del provvedimento, emesso da amministrazione centrale, non e' limitata ad una data circoscrizione territoriale, ma riguarda l'intero territorio nazionale (Consiglio di Stato IV 22 dicembre 1997, n. 1483, 28 maggio 1997, n. 567, 11 marzo 1997, n. 237 e 7 febbraio 1983, n. 62). Lo stesso principio e' ripetuto nel caso di controversia contro il diniego di riconoscimento dello status di obiettore di coscienza ex legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Consiglio di Stato IV 10 marzo 1994, n. 242 e 23 aprile 1993, n. 463). L'impugnazione, invece, della "cartolina precetto", che ha effetti equivalenti per il soggetto per quanto riguarda gli obblighi di leva, porta alla competenza del t.a.r. locale, essendo di provenienza di organo non centrale del Ministero della difesa (cioe', di provenienza del distretto militare, anche se su elaborazione di uffici centrali) (cfr. Consiglio di Stato IV 1 aprile 1996, n. 418). Conseguentemente il collegio deve prendere atto che anche per la fattispecie legale in esame, secondo la regola individuata dal Consiglio di Stato contenuta all'art. 3, legge n. 1034/1971, sarebbe competente il t.a.r. del Lazio con sede in Roma. Il collegio dubita della legittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 25 della Costituzione, della norma come sopra definita. Innanzi tutto, la precostituzione del giudice naturale deve avvenire "per legge" (art. 25 della Costituzione). Nella fattispecie legale de qua in cui non si da' valore al criterio di collegamento della sede di residenza del cittadino, il giudice competente puo' dipendere ora da un elemento formale, conseguenza del sistema organizzativo che l'amministrazione centrale puo' definire anche con atto amministrativo (es., atto di decentramento), ora dal contenuto indeterminato e/o incompleto che l'amministrazione stessa da' al proprio atto, per cui per cio' stesso si presenta ad efficacia territoriale indeterminata e, quindi, non limitata. In sostanza si darebbe che la norma ex art. 3, legge n. 1034 del 1971 consenta alla stessa amministrazione, che e' parte nei giudizi, di determinare in virtu' di propri atti amministrativi (non, quindi, "per legge") l'ufficio giudiziario competente nelle controversie riguardanti suoi stessi atti. Se tanto puo' avvenire, pare a questo collegio che non sia manifestamente infondato il dubbio di violazione del principio della precostituzione per legge del giudice naturale, anche alla luce di quanto ricavabile dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 176 del 20 maggio 1998 in tema di riserva assoluta di legge ex art. 25, primo comma, della Costituzione. Il collegio ritiene, inoltre, che la norma di cui trattasi nel contenuto come sopra definito ad opera del Consiglio di Stato ordinatore della competenza, altera l'equilibrio, che appartiene alla valutazione del solo legislatore, fra il diritto alla tutela giurisdizionale del cittadino - che rientra fra i "principi supremi" del nostro ordinamento costituzionale (Corte cost. 2 febbraio 1982, n. 18) - e le esigenze degli organi centrali dello Stato per gli atti da essi emessi. Ritiene in proposito il Collegio che il dover proporre ricorso in sede centrale a Roma da parte di un cittadino residente ed operante in una qualsiasi delle regioni italiane (pensiamo specialmente a quelle piu' eccentriche, non solo quindi la Calabria, perche' al pari tali sono anche la Valle d'Aosta o il Friuli-Venezia Giulia, ma anche il Veneto) costituisce per intuibili e notori aggravi un ostacolo al diritto di agire in giudizio (art. 24 della Costituzione), ostacolo che, in tanto puo' avere coerenza e giustificazione (art. 3 della Costituzione), in quanto sia individuabile una esigenza o un interesse ragionevole a beneficio degli organi centrali dello Stato. Tale esigenza e interesse puo' ammettersi per gli atti a contenuto generale e, quindi, con efficacia normativa diffusa perche' a priori ripetibili in astratto per una molteplicita' di soggetti, ovunque si trovino nel territorio nazionale; sfugge invece per gli atti di organi centrali dello Stato individuali, come tali ne' astratti ne' ripetibili, che riguardano un determinato soggetto situato nel territorio, caso per il quale parrebbe piuttosto che la Costituzione abbia previsto organi di giustizia amministrativa in ambito decentrato (art. 125 della Costituzione). Ne' vi sono esigenze di difesa in giudizio per lo Stato, come per il caso di cui all'art. 25 c.p.c., essendo la sua Avvocatura distribuita sul territorio per distretti coincidenti con le sedi del t.a.r. Resta, quindi, la posizione del cittadino, di fatto ostacolata fino a poter essere nella realta' impedita quanto all'agire in giudizio per la tutela dei diritti ed interessi legittimi, da una regola di competenza territoriale accentratrice in Roma, che appare, per la fattispecie legale in esame non conforme con i richiamati principi della Costituzione. In considerazione, quindi, della non manifesta infondatezza e della rilevanza, come dianzi precisate, della ripetuta questione di costituzionalita' dell'art. 3, terzo comma, in combinato disposto con il secondo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il giudizio va sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale, per non manifesta infondatezza del contrasto con gli artt. 25, 24, 3 e 125 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' statuisce: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 3, terzo comma, in combinato disposto con il secondo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per contrasto con gli artt. 25, primo comma, 24, primo e secondo comma, 3, primo comma e 125, secondo comma della Costituzione; b) sospende il giudizio e gli adempimenti di cui all'art. 31, quinto comma, della legge n. 1034 del 1971; c) dispone l'invio degli atti alla Corte costituzionale, a cura di questa sezione stacata, che provvedera' altresi' alla notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alla sua comunicazione ai Presidenti delal Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Reggio Calabria, in camera di consiglio, il 27 gennaio 1999. Il presidente, estensore: Ravalli 99C0375