N. 223 ORDINANZA 26 maggio - 3 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza  -  Dipendenti delle Ferrovie dello Stato -
 Indennita'  di  buonuscita  -  Collaterali  dell'autore  deceduto  in
 servizio   -   Diritto   alla  percezione  -  Limitata  esclusione  -
 Riferimento  alla  giurisprudenza  costituzionale  in  materia  (Cfr.
 sent.  nn.  243  e  99/1993, 106/1996 e 243/1997, nonche' 195/1999) -
 Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 14 dicembre 1973, n. 829, art. 16).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.23 del 9-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 16  della  legge
 14  dicembre  1973, n. 829 (Riforma dell'opera di previdenza a favore
 del personale dell'Azienda  autonoma  delle  ferrovie  dello  Stato),
 promossi con ordinanze emesse il 5 gennaio 1998 dal pretore di Verona
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  Nottegar  Flavio ed altri e
 l'Ente Fer- rovie dello Stato s.p.a., iscritta al n. 97 del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n.  9,  prima  serie speciale, dell'anno 1998 e il 24 giugno 1998 dal
 Tribunale di Genova  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Gagino
 Pierina ed altro e l'Ente Ferrovie dello Stato s.p.a., iscritta al n.
 670 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  28 aprile 1999 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile  -  promosso  dai
 coeredi  legittimi, anche in rappresentazione, di un dipendente delle
 Ferrovie dello Stato, onde ottenere, pur essendo tutti economicamente
 autosufficienti, il pagamento dell'indennita' di buonuscita dovuta al
 proprio autore, deceduto in servizio il 14 novembre 1986 - il pretore
 di Verona, con ordinanza emessa  il  5  gennaio  1998,  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 16, sesto comma,
 della  legge  14  dicembre  1973,  n.  829  (Riforma  dell'opera   di
 previdenza   a  favore  del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle
 ferrovie dello  Stato),  "nella  parte  in  cui  esclude  il  diritto
 all'erogazione  dell'indennita'  di  buonuscita  ai  fratelli  e alle
 sorelle laddove non permanentemente inabili a proficuo lavoro, ovvero
 di eta' superiore a 21 anni, non conviventi e non a carico";
     che, secondo il rimettente Pretore, in ragione dell'identita'  di
 natura  fra  l'indennita' di buonuscita del dipendente delle Ferrovie
 dello Stato e quella corrisposta al dipendente  statale,  erogata  ai
 superstiti  senza  alcuna  limitazione, la norma impugnata si pone in
 contrasto con l'art. 3  Cost.,  per  l'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  fra  i  superstiti di dipendenti statali e di dipendenti
 delle Ferrovie dello Stato;
     che nel corso di un giudizio di appello - avverso la sentenza con
 cui il primo giudice aveva rigettato la domanda proposta dalla  madre
 e  dal  fratello (non conviventi ne' a carico) di un dipendente delle
 Ferrovie dello Stato, per il pagamento dell'indennita' di  buonuscita
 dovuta  al proprio congiunto, deceduto in servizio il 9 febbraio 1995
 - il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 24 giugno 1998,  ha
 a  sua volta sollevato questione di legittimita' costituzionale dello
 stesso art. 16 della legge n. 829  del  1973,  "nella  parte  in  cui
 esclude  il  diritto  a  percepire  l'indennita'  di  buonuscita  gli
 ascendenti e i fratelli e sorelle se non conviventi e  a  carico  del
 dipendente morto in servizio";
     che,  secondo il Tribunale rimettente, la norma impugnata si pone
 in contrasto: a) con l'art. 3  Cost.,  poiche'  -  stante  la  natura
 retributiva   e   non  previdenziale  di  tale  indennita'  -  appare
 ingiustificata ed irragionevole la disparita' di  trattamento  tra  i
 dipendenti  della  societa'  Ferrovie  dello  Stato e quelli di altre
 societa', enti pubblici o Stato, attesa la sostanziale omogeneita' di
 natura e funzione delle relative prestazioni; b) con l'art. 36 Cost.,
 in quanto la citata natura retributiva impone che la  disciplina  non
 debba ledere il principio di proporzionalita' rispetto alla quantita'
 e  qualita'  del  lavoro  prestato  in  servizio dal de cuius e della
 sufficienza alle esigenze di vita.
   Considerato che i giudizi, essendo vertenti sulla stessa normativa,
 censurata sulla base di analoghe considerazioni e con  riferimento  a
 parametri   in   parte   coincidenti,   possono   essere   riuniti  e
 congiuntamente decisi;
     che questa Corte, superando l'iniziale affermazione del carattere
 meramente  previdenziale  del  complesso  dei  trattamenti  di   fine
 rapporto  nel  settore  pubblico,  ne ha definitivamente riconosciuto
 l'essenziale natura di retribuzione differita, pur se legata  ad  una
 concorrente  funzione  previdenziale  (v. sentenze n. 243 e n. 99 del
 1993),  sottolineando  come  il  relativo  trattamento  faccia  parte
 integrante del patrimonio del de cuius e costituisca una porzione del
 compenso  dovuto  per il lavoro prestato, la cui corresponsione viene
 differita, appunto in funzione previdenziale, al fine di agevolare la
 soluzione di eventuali difficolta' economiche che  possono  insorgere
 nel momento in cui viene meno la retribuzione;
     che  la  Corte stessa ha, poi, piu' volte affermato che qualunque
 forma  di  devoluzione   anomala   dell'indennita',   attribuita   ai
 determinati  soggetti indicati dalle varie normative, trova razionale
 fondamento e giustificazione  esclusivamente  nella  evenienza  della
 concorrente  funzione  previdenziale del trattamento, la quale assume
 rilievo in ragione della peculiare integrazione di dette persone  nel
 nucleo  familiare  del dante causa, dalla retribuzione del quale esse
 ricevevano  un  sostentamento  venuto  a cessare, in tutto o in parte
 dopo la sua morte;
     che, viceversa, in assenza di tali soggetti, a favore  dei  quali
 opera  una  riserva  legale  di destinazione, la suddetta concorrente
 funzione  previdenziale  viene  a  perdere  detta  rilevanza  tipica,
 riespandendosi in tutta la sua portata la natura retributiva, per cui
 la  devoluzione  mortis  causa  dell'indennita'  non  puo' non essere
 soggetta alle generali regole successorie (v. le sentenze n. 106  del
 1996 e n. 243 del 1997);
     che   con   quest'ultima   decisione   (ignorata  da  entrambi  i
 rimettenti)   -   in   considerazione   appunto   dell'ingiustificata
 previsione,  in  materia,  di vocazioni anomale prive di un razionale
 fondamento legato alla prioritaria tutela di esigenze di solidarieta'
 familiare   -   questa   Corte   ha    dichiarato    l'illegittimita'
 costituzionale  -  "nella  parte  in cui non prevede che, nel caso di
 morte del dipendente statale in attivita' di  servizio,  l'indennita'
 di   buonuscita   competa,  nell'assenza  degli  altri  soggetti  ivi
 indicati, ai fratelli ed alle sorelle del de cuius solo a  condizione
 che  gli  stessi  vivessero  a  carico di lui" - proprio dell'art. 5,
 primo comma, del d.P.R. 29 dicembre  1973,  n.  1032,  contenente  la
 normativa    richiamata   dai   rimettenti   stessi   quale   tertium
 comparationis onde prospettare la paventata lesione del principio  di
 uguaglianza;
     che  palesemente inconferente appare l'ulteriore censura riferita
 alla denunciata violazione del principio di proporzionalita' rispetto
 alla quantita' e qualita' del lavoro  prestato  in  servizio  dal  de
 cuius  e  della  sufficienza  alle esigenze di vita, non venendo tale
 principio minimamente scalfito  dalla  previsione  di  una  specifica
 forma di devoluzione jure proprio soltanto a taluni superstiti: ferma
 restando,   in   assenza   di   questi,  la  generale  spettanza  per
 successione, testamentaria o legittima (v. sentenza n. 195 del 1999);
     che, pertanto, le sollevate questioni  devono  essere  dichiarate
 manifestamente infondate.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
     dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  della legge 14 dicembre
 1973, n. 829 (Riforma dell'opera di previdenza a favore del personale
 dell'Azienda autonoma delle  ferrovie  dello  Stato),  sollevate,  in
 riferimento all'art.  3 della Costituzione, dal pretore di Verona ed,
 in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale di
 Genova, con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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