N. 356 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 1998
N. 356 Ordinanza emessa il 26 ottobre 1998 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Carinci Mauro Processo penale - Notificazioni - Prima notificazione all'imputato non detenuto - Assenza del destinatario - Comunicazione a mezzo di raccomandata, dell'avvenuto deposito dell'atto nella casa comunale - Mancato recapito della raccomandata - Effetti della notificazione - Decorrenza - Giacenza di dieci giorni della raccomandata presso l'ufficio postale - Violazione del principio di eguaglianza - Lesione del diritto di difesa - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 346/1998. (C.P.P. 1988, art. 157, comma 8). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.25 del 23-6-1999 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Carinci Mauro, imputato del reato di cui agli artt. 624 e 61, n. 11 c.p. Carinci Mauro, tratto a giudizio per rispondere del delitto ascrittogli all'odierna rubrica, non compariva all'odierna udienza. Nel verificare la regolare citazione dell'imputato, ai fini della dichiarazione di contumacia, questo pretore rilevava che la citazione dell'imputato era stata eseguita ai sensi dell'art. 157, comma 8 c.p.p.: l'ufficiale giudiziario, non avendo rinvenuto presso l'abitazione dell'imputato ne' quest'ultimo ne' alcuna persona in grado di ricevere il decreto di citazione a giudizio, provvedeva a depositare l'atto presso la casa comunale del luogo di abitazione (cfr. annotazione "pervenuto ed effettuato il deposito oggi 25 giugno 1998"), affiggeva avviso del deposito alla porta della casa di abitazione del Carinci (cfr. annotazione "eseguita affissione di avviso ai sensi di legge - Roma 25 giugno 1998") e dava comunicazione a quest'ultimo dell'avvenuto deposito a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento (racc. n. 5951, spedita il 26 giugno1998). La raccomandata, tuttavia, non veniva recapitata al Carinci (non essendosi, anche in questo caso, reperito ne' l'interessato ne' altra persona in grado di ricevere l'atto) per cui l'incaricato della consegna provvedeva a lasciare avviso in cassetta (cfr. annotazione sulla cartolina di ritorno "destinatario assente - lasciato avviso in cassetta - 30 giugno 1998") restituendo, all'esito, il piego raccomandato all'ufficio postale che, dopo il prescritto periodo di deposito, in data 15 luglio 1998 ritornava il piego al mittente con l'indicazione "non curato ritiro - compiuta giacenza - al mittente". Cio' premesso, rileva questo pretore come con sentenza n. 346 del 23 settembre 1998, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 8, terzo comma della legge 20 novembre 1982, n. 890 "nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale". Si potrebbe a prima vista supporre che tale dichiarazione di incostituzionalita' travolga anche la validita' della notifica in esame: anche qui, infatti, il piego raccomandato e' stato restituito al mittente al termine della prescritta giacenza di dieci giorni (come del resto precisato sulle avvertenze riportate sulla busta contenente l'atto: cfr. plico in atti "se il piego viene rifiutato o non puo' essere consegnato per l'assenza di persone idonee, devesi lasciare avviso contenente l'avvertimento che il piego sara' depositato presso l'ufficio postale a disposizione del destinatario per dieci giorni. Trascorsi dieci giorni il piego viene restituito al mittente con annotazione della compiuta giacenza"). Sennonche', nella richiamata pronuncia del 23 settembre 1998, la Corte costituzionale ha chiaramente distinto le notifiche eseguite a mezzo posta dalle notifiche eseguite personalmente dall'ufficiale giudiziario sottolineando che, nel primo caso, con la restituzione del piego raccomandato dopo dieci giorni di deposito, il destinatario "non e' piu' posto in condizioni di ritirare il piego, diversamente da quanto si verifica per il destinatario di una notificazione effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c." e cio' in quanto la "previsione di restituzione del piego al mittente dopo il decorso di un termine del tutto inidoneo, per la sua brevita', a garantire l'effettiva possibilita' di conoscenza, lesiva del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non e' presente nella parallela disciplina codicistica delle notificazioni a mezzo di ufficiale giudiziario", disciplina dettata dall'art. 140 c.p.c. "che non prevede affatto la restituzione dell'atto al mittente". Orbene, osserva questo pretore come la disciplina dettata dall'art. 140 c.p.c., ne' piu' ne' meno di quella dettata dall'art. 157, comma 8 c.p.p., preveda semplicemente che l'ufficiale giudiziario, qualora non riesca a consegnare l'atto: 1) depositi copia dell'atto nella casa del comune; 2) affigga avviso del deposito alla porta dell'abitazione del destinatario; 3) dia notizia del deposito al destinatario con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nulla dice pertanto l'art. 140 c.p.c. (analogamente all'art. 157, comma 8 c.p.p.) sulle conseguenze del mancato recapito della raccomandata spedita dall'ufficiale giudiziario in adempimento della prescrizione di cui al punto 3. Si potrebbe supporre che in tal caso non trovi applicazione il disposto (colpito dalla pronuncia di incostituzionalita') dell'art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (che prevede, come ricordato, il deposito del piego presso l'ufficio postale per dieci giorni e la successiva restituzione al mittente), bensi' il diverso disposto dell'art. 40 del d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655 (che prevede, per le raccomandate, un periodo di giacenza di trenta giorni) e che per tale motivo la Corte abbia fatta salva la diversa procedura disciplinata dall'art. 140 c.p.c. (che, peraltro, prevede comunque, anche per la raccomandata spedita dall'ufficiale giudiziario e non recapitata, la successiva restituzione al mittente), ma tale conclusione appare smentita dalla lettura dell'art. 10, della legge 20 novembre 1982, n. 890, che espressamente estende la disciplina dell'art. 8 a tutte le "comunicazioni a mezzo di lettera raccomandata effettuate da ufficiale giudiziario e connesse con la notificazione di atti giudiziari" (e, del resto, costituisce dato di comune esperienza quello secondo il quale gli uffici postali, in virtu' di quanto disposto dall'art. 10, della legge 20 novembre 1982, n. 890, limitano a dieci giorni la giacenza di qualunque tipo di "atto giudiziario"); per quanto riguarda il procedimento a carico del Carinci, in ogni caso, siffatta conclusione risulta, comunque, documentalmente contraddetta dai tempi di restituzione al mittente, per compiuta giacenza, della raccomandata indirizzata all'imputato. Ne' appare ragionevole sostenere che la restituzione dopo una giacenza di dieci giorni della raccomandata spedita ai sensi dell'art. 157, comma 8 c.p.p., non possa essere equiparata alla restituzione, con le medesime modalita', della raccomandata spedita ai sensi del combinato disposto degli artt. 170 c.p.p. e 3, e segg. legge 20 novembre 1982, n. 890 (in quanto, nella prima eventualita', la spedizione della raccomandata costituirebbe l'ultima formalita' di una fattispecie complessa caratterizzata da una pluralita' di adempimenti non previsti, invece, nella notificazione a mezzo posta): nel caso dell'art. 157, comma 8 c.p.p., infatti, gli unici adempimenti aggiuntivi espletati personalmente dall'ufficiale giudiziario sono rappresentati dall'infruttuoso duplice accesso presso l'abitazione dell'imputato e dal deposito dell'atto anche presso la casa comunale (perche' l'affissione dell'avviso alla porta di ingresso e' prevista anche dall'art. 8, comma 2, legge n. 890/1982, ora integrato, in virtu' dalla richiamata sentenza n. 346/1998, dall'ulteriore obbligo di dare comunicazione del deposito a mezzo lettera raccomandata), adempimenti aggiuntivi che non costituiscono certamente, in conformita' al pensiero espresso dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 346/1998, "sufficienti garanzie di conoscibilita' per il destinatario dell'atto"; anche nel caso del Carinci, in altre parole, l'ufficiale giudiziario incaricato della notifica del decreto di citazione a giudizio, non avendo potuto procedere alla consegna, ha provveduto al deposito dell'atto dandone avviso all'imputato: 1) a mezzo affissione sulla porta dell'abitazione (adempimento ritenuto dalla Corte insufficiente a "garantire che il notificatario abbia una effettiva possibilita' di conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto"); 2) alla successiva comunicazione dell'avvenuto deposito a mezzo lettera raccomandata che, tuttavia, come emerge dagli atti del fascicolo, risulta restituita al mittente dopo il prescritto periodo di giacenza di dieci giorni previsto per gli atti giudiziari (termine gia' ritenuto dalla Corte "del tutto inidoneo, per la sua brevita', a garantire l'effettiva possibilita' di conoscenza" da parte del destinatario della notificazione). Se, dunque, la stessa Corte individua "nella successiva comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento lo strumento idoneo a realizzare compiutamente lo scopo perseguito" ritenendo, tuttavia, tale scopo concretamente frustrato in caso di restituzione al mittente del piego raccomandato dopo una giacenza di soli dieci giorni, appare contrario al principio costituzionale di uguaglianza ed al diritto di difesa costituzionalmente tutelato, ritenere valida, ai fini della dichiarazione di contumacia dell'imputato, una notifica del decreto di citazione a giudizio che, come nel caso del Carinci, seppure eseguita a mezzo ufficiale giudiziario e non a mezzo posta, si sia ugualmente perfezionata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, ottavo comma e 10, legge 20 novembre 1982 n. 890, con l'invio di lettera raccomandata restituita al mittente per compiuta giacenza decorsi dieci giorni dalla data del deposito presso l'ufficio postale. Alla luce delle sopra svolte considerazioni e ritenuta la chiara incidenza deila questione sul corso del processo (il Carinci, non essendo comparso all'odierno dibattimento, dovrebbe essere processato in contumacia in caso di legittimita' della notifica eseguita con le modalita' sopra descritte) deve pertanto procedersi alla rimessione della questione alla Corte costituzionale per una eventuale pronuncia ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Ritenuto che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla questione di legittimita' costituzionale innanzi prospettata; Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e 245, legge 11 marzo 1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 8 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone abilitate alla ricezione, della raccomandata spedita all'imputato dall'ufficiale giudiziario, gli effetti della notificazione decorrono, ex artt. 8, quarto e decimo comma della legge 20 novembre 1982, n.890, trascorsi dieci giorni dalla data del deposito della raccomandata presso l'ufficio postale. Sospende il procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza, letta in udienza, sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere al Parlamento. Roma, addi' 26 ottobre 1998 Il pretore: Mariani 99C0637