N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 aprile 1999
N. 13 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1 aprile 1999 (della provincia autonoma di Bolzano) Sanita' pubblica - Strutture dedicate all'assistenza palliativa e di supporto per pazienti affetti da patologia neoplastica terminale - Norme per la realizzazione e il funzionamento - Adozione di un programma nazionale con decreto del Ministro della sanita', d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni - Fissazione, nel medesimo decreto, di criteri e contenuti cui devono attenersi i progetti delle regioni e delle province relativi alle strutture - Valutazione ministeriale di congruita', per l'ammissione dei progetti al finanziamento statale - Ricorso della provincia di Bolzano - Denunciata lesione delle competenze provinciali attinenti alle strutture sanitarie - Interferenza di fonte governativa secondaria in materia di spettanza provinciale - Violazione, sotto piu' profili, della speciale disciplina degli atti di indirizzo e coordinamento contenuta nelle norme di attuazione statutaria. Sanita' pubblica - Strutture dedicate all'assistenza palliativa e di supporto per pazienti affetti da patologia neoplastica terminale - Requisiti minimi per l'esercizio delle attivita' sanitarie e modalita' di verifica dei risultati - Prevista determinazione con atto di indirizzo e coordinamento adottato ai sensi dell'art. 8, legge n. 59/1997 - Ricorso della provincia di Bolzano - Denunciata violazione della speciale disciplina degli atti di indirizzo e coordinamento contenuta nelle norme di attuazione statutaria - Lesione delle competenze provinciali. (D.-L. 28 dicembre 1998, n. 450, art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1999, n. 39). (Statuto regione Trentino-Alto Adige, art. 9, comma 1, nn. 10 e 16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 3).(GU n.31 del 4-8-1999 )
Ricorso della provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Luis Durnwalder, giusta deliberazione della Giunta provinciale n. 800 del 22 marzo 1999, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 22 marzo 1999, rogata dal segretario generale della Giunta avv. Adolf Auckenthaler (rep. n. 18987) - dagli avvocati professori Sergio Panunzio e Roland Riz, e presso il primo di essi elettivamente domiciliato in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284; Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per la dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, del d.-l. 28 dicembre 1998, n. 450, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 1999, n. 39. F a t t o 1. - Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), dopo avere attribuito alla regione - con l'art. 4, primo comma, n. 7 - competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri, con l'art. 9, primo comma, n. 10, affida invece alle province autonome competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera. Come gia' rilevato anche da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 182 del 1997), nelle norme d'attuazione dello statuto "le due diverse sfere di competenza sono state puntualizzate nel senso che alla regione spetta la ''disciplina del modello di organizzazione delle istituzioni ed enti sanitari'', mentre alle provincie autonome e' attribuita potesta' legislativa ed amministrativa attinente al funzionamento ed alla gestione degli enti sanitari (art. 2, primo e secondo comma, del decreto legislativo emanato con d.P.R. n. 474 del 1975, come sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo n. 267 del 1992)". Cio' premesso, con la legge n. 39 del 26 febbraio 1999 il Parlamento ha recentemente convertito, con modificazioni, il d.-l. 28 dicembre 1998, n. 450, recante "Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000". Viene in evidenza, ai fini del presente ricorso, la disciplina contenuta nei primi quattro commi dell'art. 1 del suddetto decreto-legge n. 450/1998. Il primo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 450/1998 stabilisce che il Ministro della sanita' - d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra, lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano - dovra' provvedere all'adozione di un programma nazionale che preveda la realizzazione, in tutte le regioni e provincie autonome, "di una o piu' strutture, ubicate nel territorio in modo da consentire un'agevole accessibilita' da parte dei pazienti e delle loro famiglie, dedicate all'assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualita' della loro vita e di quella dei loro familiari". Aggiunge sempre il primo comma che "Le suddette strutture dovranno essere realizzate prioritariamente attraverso l'adeguamento e la riconversione di strutture di proprieta' di aziende sanitarie locali o di aziende ospedaliere, inutilizzate anche parzialmente, ovvero di strutture che si siano rese disponibili in conseguenza della ristrutturazione della rete ospedaliera di cui all'art. 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni". Il secondo comma dell'art. 1 prevede, a sua volta, l'adozione di un atto d'indirizzo e coordinamento adottato ai sensi dell'art. 8, comma 4, della legge n. 59 del 1997 (ed integrativo di quello gia' approvato con d.P.R. 14 gennaio 1997) con il quale dovranno essere stabiliti "i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita' sanitarie da parte delle strutture di cui al comma 1 nonche' le modalita' di verifica dei risultati". Il terzo comma dell'art. 1 stabilisce poi che le regioni e le province autonome debbono presentare al Ministero della sanita' "nei termini e con le modalita' previste nel decreto ministeriale di adozione del programma di cui al comma 1, i progetti per l'attivazione o la realizzazione delle strutture, conformi alle indicazioni del programma medesimo e tali da assicurare l'integrazione delle nuove strutture e dell'assistenza domiciliare con le altre attivita' di assistenza sanitaria erogate nell'ambito della regione o della provincia. A tali progetti deve essere allegato un piano della regione o della provincia autonoma che assicuri l'integrazione dell'attivita' delle strutture con le altre attivita' di assistenza ai pazienti indicati nel comma 1, erogate nell'ambito della regione o della provincia autonoma. Il contributo finanziario a carico dello bilancio dello Stato per la realizzazione del programma di cui al comma 1 non puo' superare l'importo di L. 155.895 milioni per l'anno 1998, di L. 100.616 milioni per l'anno 1999 e di L. 53.532 milioni per l'anno 2000". Infine, il quarto comma dell'art. 1 stabilisce che il Ministero della sanita' "valuta i progetti di cui al comma 3 ed i piani ad essi allegati secondo i criteri stabiliti nel decreto di adozione del programma. La congruita' dei progetti e dei piani ai criteri stabiliti consente alla regione di accedere al finanziamento del Ministero della sanita' per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al comma 1". In relazione a quest'ultima disposizione giova peraltro precisare sin d'ora che, in realta', la provincia autonoma di Bolzano (cosi' come quella di Trento e la regione autonoma Valle d'Aosta) non partecipano ai finanziamenti di cui sopra: cio' in base a quanto stabilito in via generale dall'art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e come e' infatti confermato dalla tabella A allegata allo stesso decreto-legge n. 450/1998. La disciplina del decreto n. 450 del 1998, dianzi riportata, e' lesiva delle competenze costituzionalmente spettanti alla provincia autonoma di Bolzano che, pertanto, con il presente atto la impugna per i seguenti motivi; D i r i t t o 1. - Violazione, da parte delle diverse disposizioni legislative impugnate, delle competenze provinciali di cui agli artt. 9, comma 1, n. 10), e 16), dello statuto speciale d'autonomia della regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme d'attuazione (spec. art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, ed art. 3, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266). 1.1. - La disciplina legislativa in questione regola un aspetto della materia "igiene e sanita'" che, come ritenuto anche dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte gia' richiamata - rientra ad ogni effetto nelle competenze che lo statuto speciale Trentino-Alto Adige e le relative norme d'attuazione attribuiscono alla provincia autonoma di Bolzano: per l'appunto il funzionamento e la gestione delle strutture sanitarie. Sotto un primo profilo tale disciplina risulta essere incostituzionale per il fatto che con essa si pretende di regolare in modo assai analitico una materia nella quale invece, essendo essa di competenza provinciale, la legge dello Stato deve limitarsi a porre principi, lasciando invece alla provincia ricorrente il potere di stabilire autonomamente la normativa di dettaglio (con particolare riguardo alla materia in questione v. infatti sentt. n. 373/1995 e n. 61/1997). Infatti la disciplina legislativa impugnata (direttamente, o rinviando a successivi atti normativi statali) regola sin nel dettaglio caratteristiche e modi di istituzione di specifiche strutture sanitarie, dedicate alla cura di particolari patologie, sino al punto - per esempio - di imporre alla provincia ricorrente di utilizzare (riconvertendole) strutture gia' esistenti, anziche' realizzare strutture nuove ove invece la provincia lo ritenesse piu' opportuno (art. 1, comma 1, secondo periodo); come pure di realizzare strutture autonome, anziche' integrate in strutture piu' ampie (art. 1, comma 1, primo periodo). Non solo, tale disciplina vincola essa stessa direttamente i contenuti dei progetti provinciali per la realizzazione delle nuove strutture in questione (cfr., in particolare, il terzo comma dell'art. 1, primo periodo), e predetermina i contenuti anche della attivita' di programmazione provinciale in materia (cfr. in particolare il terzo comma dell'art. 1, secondo periodo, relativamente al "piano" provinciale allegato al "progetto" di cui al periodo precedente). Si tratta di vincoli puntuali che appaiono inammissibili, specie ove si consideri che - come gia' ricordato - le spese relative alle suddette strutture sono a totale carico della provincia ricorrente, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato; e che quei particolari vincoli sono estranei alla garanzia di erogazione di quelle "prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle normative nazionali e comunitaria" (che in base all'art. 2, comma 2, del citato d.P.R. n. 474/1995 costituisce un limite per l'esercizio delle potesta' provinciali in materia), trattandosi appunto di vincoli relativi a profili organizzativi delle strutture anziche' ai livelli delle prestazioni da esse erogate. 1.2.1. - Piu' specificamente, va sottolineato il fatto che il primo comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato attribuisce al Ministro della sanita' il potere di adottare un programma nazionale, da emanare con apposito decreto ministeriale (cfr. commi 3 e 4 dello stesso comma 1), con il quale saranno ulteriormente (ed ancora piu' analiticamente) disciplinate le modalita' di istituzione, organizzazione e gestione delle particolari strutture sanitarie in questione, sia sotto i profili gia' richiamati in precedenza, sia sotto profili ulteriori. Infatti, secondo le suddette disposizioni legislative impugnate, il decreto ministeriale conterra' prescrizioni vincolanti in ordine al contenuto dei progetti provinciali volti alla realizzazione delle strutture in questione (cfr. il terzo comma dell'art. 1, primo periodo); nonche' criteri vincolanti per i suddetti progetti provinciali relativi alla realizzazione delle particolari strutture sanitarie in questione (cfr. il quarto comma dell'art. 1), criteri il cui rispetto e' condizione per accedere ai finanziamenti statali (ai quali peraltro - come si e' gia' detto - la provincia ricorrente in realta' non ha titolo|). Orbene, la stessa previsione legislativa di un decreto ministeriale avente il suddetto contenuto e' di per se' incostituzionale perche' - come piu' volte affermato dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (fra le tante, sentenza n. 61 del 1997 ed ivi ulteriori riferimenti) - un regolamento ministeriale, quale sarebbe il decreto previsto dalle disposizioni legislative impugnate, o comunque un atto di normazione statale di livello secondario, non puo' intervenire, pena appunto la sua invalidita', a porre una disciplina volta a limitare la sfera delle competenze delle regioni e delle provincie autonome in materie loro costituzionalmente attribuite. 1.2.2. - D'altronde, se il programma ministeriale previsto dal primo comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato si dovesse configurare non gia' come un atto normativo, ma piuttosto come un atto di indirizzo e coordinamento di natura amministrativa, egualmente quella previsione legislativa sarebbe incostituzionale e lesiva delle competenze della provincia autonoma ricorrente. In tal caso, infatti, risulterebbe violata, sotto molteplici e concorrenti profili, la speciale disciplina degli atti amministrativi statali di indirizzo e coordinamento che, a specifica garanzia della speciale autonomia della provincia ricorrente, e' stabilita nelle norme d'attuazione dello statuto Trentino-Alto Adige (art. 3, d.lgs. n. 266/1966). Cio', innanzi tutto, perche' si tratterebbe di un atto di indirizzo emanato senza la previa e diretta consultazione della provincia autonoma ricorrente in ordine alla compatibilita' dell'atto stesso con lo statuto speciale, prescritta dal terzo comma del citato art. 3 del decreto legislativo n. 266/1992. Previo parere della provincia che certamente non e' surrogabile dalla previa intesa del Ministro con la "Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano" prevista dal primo comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato. Cio' per i motivi gia' perspicuamente illustrati da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 121/1977): quali il diverso rango delle fonti che prevedono, rispettivamente, il parere della provincia (norme d'attuazione dello statuto) ed invece l'intesa con la conferenza (legge ordinaria); il fatto che l'intesa verrebbe fatta con "un organo in cui sono presenti, e non da sole, tutte le regioni, mentre il (parere) e' espresso dalla sola regione Trentino-Alto Adige o dalle sole province di Trento e di Bolzano, a seconda delle rispettive competenze"; il fatto che mentre l'intesa con la conferenza avrebbe un contenuto "generico" invece il parere della provincia verte specificamente sulla compatibilita' dell'atto di indirizzo con lo statuto speciale e le relative norme d'attuazione. In secondo luogo la speciale (e non derogabile dalla legge) disciplina delle norme d'attuazione dello statuto sarebbe violata perche' in base ad essa (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 266/1992) gli atti d'indirizzo del Governo possono vincolare la provincia "solo al conseguimento degli obiettivi e risultati in essi stabiliti", non gia' contenere - come previsto per il decreto ministeriale in questione - norme di dettaglio, recanti prescrizioni analitiche e vincoli puntuali (sentenze n. 69/1995, n. 381/1996 e n. 263/1997). Cio' anche perche' - come e' espressamente stabilito dalla suddetta norma d'attuazione - "L'emanazione delle norme occorrenti per l'attuazione degli atti predetti e' riservata, per quanto di rispettiva competenza, alla regione o alle province autonome". In terzo luogo perche' solo il parere della provincia prescritto dalle norme d'attuazione, ma non l'intesa con la Conferenza Stato-regioni, e' in grado (se negativo) di sospendere temporaneamente l'efficacia dell'atto d'indirizzo nel territorio provinciale (art. 3, comma 4, d.lgs. n. 266/1992). Infine, se il decreto ministeriale in questione dovesse essere configurato come atto di indirizzo e coordinamento la relativa previsione legislativa sarebbe incostituzionale anche perche' - come piu' volte affermato da codesta ecc.ma Corte (per tutte, sentenze n. 250 e n. 381/1996) - la funzione governativa d'indirizzo e coordinamento deve essere svolta a livello collegiale, cioe' con una formale delibera del Consiglio dei Ministri e non con un semplice decreto ministeriale. 1.3. - Comunque, anche a prescindere da questi ultimi e piu' specifici - ma assai gravi ed evidenti - profili di incostituzionalita' (sopra illustrati sub 1.2.1 e 1.2.2.), dal complesso della disciplina indicata - quella gia' oggi contenuta nelle disposizioni legislative impugnate, ed ancor piu' una volta che sara' integrata da quella stabilita dal decreto ministeriale, di cui al primo comma, e dall'atto di indirizzo e coordinamento, di cui al secondo comma - esce fuori una regolamentazione oltremodo analitica e dettagliata delle modalita' di istituzione, funzionamento e gestione di particolari strutture sanitarie provinciali: una disciplina vincolante che va, come si e' visto, dalla individuazione delle strutture edilizie da utilizzare prioritariamente; al collegamento delle medesime rispetto ad altre strutture sanitarie provinciali; al contenuto necessario dei progetti provinciali per l'attivazione delle strutture e dello specifico servizio di assistenza di loro competenza; agli stessi piani provinciali delle attivita' d'assistenza sanitaria. Il tutto, fra l'altro, senza che a fronte di tali inammissibili vincoli vi sia neppure, per i motivi gia' detti, un contributo finanziario dello Stato per l'attivazione e gestione del servizio sanitario in questione. In conclusione, la provincia ricorrente non intende ovviamente contestare la necessita' che anche nel suo territorio funzionino strutture sanitarie dedicate alla particolare assistenza "palliativa e di supporto" prevista dal primo comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato; ne' che tali strutture debbano garantire prestazioni di assistenza non inferiori a quelle stabilite dalla normativa nazionale o comunitaria. Cio' che invece essa fermamente contesta e' la pretesa dello Stato, di impedirle, con la disciplina legislativa impugnata, di esercitare in modo autonomo le potesta' legislative ed amministrative ad essa spettanti in ordine alla istituzione, funzionamento e gestione delle suddette strutture sanitarie provinciali. 2. - Violazione delle competenze provinciali di cui alle norme statutarie e d'attuazione gia' citate (specialmente art. 3, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266), con particolare riguardo al secondo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 450/1998. Palesemente incostituzionale e lesiva delle competenze provinciali e' poi, in particolare, la disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 1 dell'impugnato decreto-legge n. 450 del 1998. La suddetta disciplina, infatti, stabilisce che un atto di indirizzo e coordinamento "adottato ai sensi dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59" dovra' stabilire "i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita' sanitarie da parte delle strutture di cui al comma 1, nonche' le modalita' di verifica dei risultati". Ma cosi' disponendo essa ha violato la speciale disciplina degli atti di indirizzo e coordinamento governativi che, a garanzia della speciale autonomia della provincia ricorrente, e' stabilita dalla gia' citata norma statutaria. Invero, il richiamato art. 8 della legge n. 59 del 1997 si limita a richiedere che l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento nei confronti delle regioni siano preceduti da una intesa con la "Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, o con la singola regione interessata". Nel caso in questione, dunque, si avrebbe che l'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'impugnato secondo comma dell'art. 1 (in cio' analogamente al decreto ministeriale di cui al primo comma), essendo rivolto indifferentemente a tutte le regioni e province autonome, sarebbe preceduto solo dall'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Valgono pertanto nei confronti della disposizione del secondo comma dell'art. 1 tutte le censure rivolte nei confronti della disciplina relativa al decreto ministeriale contenente il programma nazionale, di cui al primo comma dell'impugnato art. 1, che sono gia' state formulate in precedenza nel motivo n. 1.2.2. del presente ricorso e che, per semplicita', vengono qui integralmente richiamate. Un ultimo rilievo e' opportuno aggiungere a questo riguardo. Cioe' che la disciplina del secondo comma risulta ulteriormente e specificamente incostituzionale e lesiva delle competenze provinciali la' dove essa demanda all'atto di indirizzo governativo perfino la disciplina delle "modalita' di verifica dei risultati". Ma la disciplina di tali modalita' (come in genere la verifica del conseguimento degli obiettivi e dei risultati stabiliti negli atti di indirizzo e di coordinamento) rientra integralmente nelle competenze provinciali, come infatti risulta confermato dal precedente atto di indirizzo in materia di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita' sanitarie emanato con il d.P.R. 14 gennaio 1997 (del quale il previsto nuovo atto d'indirizzo - secondo quanto affermato dalla stessa disciplina legislativa impugnata - dovrebbe costituire integrazione), che al secondo comma dell'art. 2 stabilisce infatti che "Le regioni disciplinano le modalita' per l'accertamento e la verifica del rispetto dei requisiti minimi".
P. Q. M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare incostituzionale in parte qua le disposizioni legislative impugnate e meglio indicate in epigrafe. Roma-Bolzano, addi' 25 marzo 1999. Prof. avv. Sergio Panunzio - prof. avv. Roland Riz 99C0364