N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 aprile 1999

                                 N. 13
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 1 aprile 1999 (della provincia autonoma di Bolzano)
 Sanita' pubblica - Strutture dedicate all'assistenza palliativa e  di
 supporto  per  pazienti  affetti da patologia neoplastica terminale -
 Norme per la realizzazione  e  il  funzionamento  -  Adozione  di  un
 programma  nazionale con decreto del Ministro della sanita', d'intesa
 con la Conferenza permanente Stato-regioni - Fissazione, nel medesimo
 decreto, di criteri e contenuti cui devono attenersi i progetti delle
 regioni e  delle  province  relativi  alle  strutture  -  Valutazione
 ministeriale   di   congruita',  per  l'ammissione  dei  progetti  al
 finanziamento  statale  -  Ricorso  della  provincia  di  Bolzano   -
 Denunciata   lesione  delle  competenze  provinciali  attinenti  alle
 strutture sanitarie - Interferenza di fonte governativa secondaria in
 materia di spettanza provinciale - Violazione,  sotto  piu'  profili,
 della  speciale  disciplina  degli  atti di indirizzo e coordinamento
 contenuta nelle norme di attuazione statutaria.
 Sanita' pubblica - Strutture dedicate all'assistenza palliativa e  di
 supporto  per  pazienti  affetti da patologia neoplastica terminale -
 Requisiti  minimi  per  l'esercizio  delle  attivita'   sanitarie   e
 modalita'  di  verifica  dei  risultati - Prevista determinazione con
 atto di indirizzo e coordinamento  adottato  ai  sensi  dell'art.  8,
 legge  n.  59/1997  - Ricorso della provincia di Bolzano - Denunciata
 violazione della  speciale  disciplina  degli  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento  contenuta  nelle  norme  di  attuazione  statutaria  -
 Lesione delle competenze provinciali.
 (D.-L. 28 dicembre 1998,  n.  450,  art.  1,  commi  1,  2,  3  e  4,
 convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1999, n. 39).
 (Statuto  regione  Trentino-Alto Adige, art. 9, comma 1, nn. 10 e 16;
 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992,  n.  266,
 art. 3).
(GU n.31 del 4-8-1999 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 presidente  della   Giunta   provinciale   pro-tempore   dott.   Luis
 Durnwalder,  giusta deliberazione della Giunta provinciale n. 800 del
 22 marzo 1999, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale
 del 22 marzo 1999, rogata dal segretario generale della  Giunta  avv.
 Adolf Auckenthaler (rep. n. 18987) - dagli avvocati professori Sergio
 Panunzio  e  Roland  Riz,  e  presso  il  primo di essi elettivamente
 domiciliato in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284;
   Contro la Presidenza del Consiglio dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente   del   Consiglio   in   carica,   per   la  dichiarazione
 d'incostituzionalita' dell'art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, del   d.-l.  28
 dicembre  1998,  n.  450,  convertito  con  modificazioni in legge 26
 febbraio 1999, n. 39.
                               F a t t o
   1. - Lo statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige,  (d.P.R.  31
 agosto 1972, n. 670), dopo avere attribuito alla regione - con l'art.
 4, primo comma, n. 7 - competenza esclusiva in materia di ordinamento
 degli  enti  sanitari  ed  ospedalieri, con l'art. 9, primo comma, n.
 10, affida  invece  alle  province  autonome  competenza  legislativa
 concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza
 sanitaria  ed ospedaliera. Come gia' rilevato anche da codesta ecc.ma
 Corte (sentenza n. 182 del  1997),  nelle  norme  d'attuazione  dello
 statuto  "le due diverse sfere di competenza sono state puntualizzate
 nel senso che alla regione spetta  la  ''disciplina  del  modello  di
 organizzazione  delle  istituzioni  ed  enti  sanitari'', mentre alle
 provincie   autonome   e'   attribuita   potesta'   legislativa    ed
 amministrativa attinente al funzionamento ed alla gestione degli enti
 sanitari  (art.  2,  primo  e  secondo comma, del decreto legislativo
 emanato con d.P.R. n. 474 del 1975, come sostituito dall'art.  1  del
 decreto legislativo n.  267 del 1992)".
   Cio'  premesso,  con  la  legge  n.  39  del  26  febbraio  1999 il
 Parlamento ha recentemente convertito, con modificazioni, il d.-l. 28
 dicembre  1998,  n.  450,  recante   "Disposizioni   per   assicurare
 interventi  urgenti  di  attuazione  del  Piano  sanitario  nazionale
 1998-2000". Viene in evidenza,  ai  fini  del  presente  ricorso,  la
 disciplina contenuta nei primi quattro commi dell'art. 1 del suddetto
 decreto-legge n. 450/1998.
   Il primo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 450/1998 stabilisce
 che il Ministro della sanita' - d'intesa con la Conferenza permanente
 per  i  rapporti tra, lo Stato, le regioni e le provincie autonome di
 Trento e Bolzano - dovra' provvedere  all'adozione  di  un  programma
 nazionale  che  preveda  la  realizzazione,  in  tutte  le  regioni e
 provincie autonome, "di una o piu' strutture, ubicate nel  territorio
 in modo da consentire un'agevole accessibilita' da parte dei pazienti
 e  delle  loro  famiglie,  dedicate  all'assistenza  palliativa  e di
 supporto   prioritariamente  per  i  pazienti  affetti  da  patologia
 neoplastica  terminale  che  necessitano  di  cure   finalizzate   ad
 assicurare una migliore qualita' della loro vita e di quella dei loro
 familiari". Aggiunge sempre il primo comma che "Le suddette strutture
 dovranno  essere realizzate prioritariamente attraverso l'adeguamento
 e la riconversione di strutture di proprieta'  di  aziende  sanitarie
 locali  o  di  aziende  ospedaliere, inutilizzate anche parzialmente,
 ovvero di strutture che si  siano  rese  disponibili  in  conseguenza
 della  ristrutturazione  della  rete  ospedaliera  di cui all'art. 2,
 comma  5,  della  legge  28  dicembre  1995,  n.  549,  e  successive
 modificazioni".
   Il secondo comma dell'art. 1 prevede, a sua volta, l'adozione di un
 atto d'indirizzo e coordinamento adottato ai sensi dell'art. 8, comma
 4,  della  legge  n.  59  del  1997  (ed  integrativo  di quello gia'
 approvato con d.P.R. 14 gennaio 1997) con il  quale  dovranno  essere
 stabiliti  "i  requisiti  strutturali,  tecnologici  ed organizzativi
 minimi per   l'esercizio delle attivita'  sanitarie  da  parte  delle
 strutture di cui al comma 1 nonche' le modalita' di verifica dei
  risultati".
   Il  terzo  comma  dell'art.  1  stabilisce  poi che le regioni e le
 province autonome debbono presentare al Ministero della sanita'  "nei
 termini  e  con  le  modalita'  previste  nel decreto ministeriale di
 adozione  del  programma  di  cui  al  comma  1,   i   progetti   per
 l'attivazione  o  la  realizzazione  delle  strutture,  conformi alle
 indicazioni   del   programma   medesimo   e   tali   da   assicurare
 l'integrazione  delle  nuove  strutture e dell'assistenza domiciliare
 con le altre attivita' di assistenza  sanitaria  erogate  nell'ambito
 della regione o della provincia. A tali progetti deve essere allegato
 un  piano  della  regione  o  della  provincia  autonoma che assicuri
 l'integrazione dell'attivita' delle strutture con le altre  attivita'
 di  assistenza  ai pazienti indicati nel comma 1, erogate nell'ambito
 della regione o della provincia autonoma. Il contributo finanziario a
 carico dello bilancio dello Stato per la realizzazione del  programma
 di  cui  al comma 1 non puo' superare l'importo di L. 155.895 milioni
 per l'anno 1998, di L. 100.616 milioni per l'anno 1999 e di L. 53.532
 milioni per l'anno 2000".
   Infine, il quarto comma dell'art. 1  stabilisce  che  il  Ministero
 della sanita' "valuta i progetti di cui al comma 3 ed i piani ad essi
 allegati  secondo  i  criteri  stabiliti  nel decreto di adozione del
 programma.  La  congruita'  dei  progetti  e  dei  piani  ai  criteri
 stabiliti  consente  alla  regione  di  accedere al finanziamento del
 Ministero della sanita' per il raggiungimento dell'obiettivo  di  cui
 al comma 1".
   In  relazione  a quest'ultima disposizione giova peraltro precisare
 sin d'ora che, in realta', la provincia autonoma  di  Bolzano  (cosi'
 come  quella  di  Trento  e  la  regione  autonoma Valle d'Aosta) non
 partecipano ai finanziamenti di cui sopra:  cio'  in  base  a  quanto
 stabilito  in  via  generale  dall'art.  34,  comma 3, della legge 23
 dicembre 1994, n. 724, e come e' infatti confermato dalla  tabella  A
 allegata allo stesso decreto-legge n. 450/1998.
   La  disciplina  del  decreto  n. 450 del 1998, dianzi riportata, e'
 lesiva delle competenze costituzionalmente spettanti  alla  provincia
 autonoma  di  Bolzano  che, pertanto, con il presente atto la impugna
 per i seguenti motivi;
                             D i r i t t o
   1.  -  Violazione,  da parte delle diverse disposizioni legislative
 impugnate, delle competenze provinciali di cui agli artt. 9, comma 1,
 n. 10), e 16),  dello  statuto  speciale  d'autonomia  della  regione
 Trentino-Alto  Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme
 d'attuazione (spec. art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, ed art.   3,
 d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266).
   1.1.  -  La  disciplina  legislativa in questione regola un aspetto
 della materia "igiene e  sanita'"  che,  come  ritenuto  anche  dalla
 giurisprudenza  di  codesta ecc.ma Corte gia' richiamata - rientra ad
 ogni effetto nelle competenze che lo statuto  speciale  Trentino-Alto
 Adige  e  le relative norme d'attuazione attribuiscono alla provincia
 autonoma di Bolzano: per l'appunto il  funzionamento  e  la  gestione
 delle strutture sanitarie.
   Sotto   un   primo   profilo   tale   disciplina   risulta   essere
 incostituzionale per il fatto che con essa si pretende di regolare in
 modo assai analitico una materia nella quale invece, essendo essa  di
 competenza  provinciale,  la legge dello Stato deve limitarsi a porre
 principi, lasciando invece alla provincia  ricorrente  il  potere  di
 stabilire  autonomamente  la  normativa di dettaglio (con particolare
 riguardo alla materia in questione v. infatti sentt. n. 373/1995 e n.
 61/1997). Infatti la disciplina legislativa impugnata  (direttamente,
 o  rinviando  a  successivi  atti  normativi  statali) regola sin nel
 dettaglio  caratteristiche  e  modi  di  istituzione  di   specifiche
 strutture  sanitarie,  dedicate  alla  cura di particolari patologie,
 sino al punto - per esempio - di imporre alla provincia ricorrente di
 utilizzare  (riconvertendole)  strutture  gia'  esistenti,   anziche'
 realizzare  strutture nuove ove invece la provincia lo ritenesse piu'
 opportuno (art. 1, comma 1, secondo periodo); come pure di realizzare
 strutture autonome, anziche' integrate in strutture piu' ampie  (art.
 1,  comma  1, primo periodo).  Non solo, tale disciplina vincola essa
 stessa direttamente i  contenuti  dei  progetti  provinciali  per  la
 realizzazione   delle   nuove   strutture   in  questione  (cfr.,  in
 particolare,  il  terzo  comma  dell'art.  1,   primo   periodo),   e
 predetermina  i  contenuti  anche  della  attivita' di programmazione
 provinciale in materia (cfr. in particolare il terzo comma  dell'art.
 1,  secondo periodo, relativamente al "piano" provinciale allegato al
 "progetto" di cui al periodo precedente).
   Si tratta di vincoli puntuali che  appaiono  inammissibili,  specie
 ove  si  consideri che - come gia' ricordato - le spese relative alle
 suddette strutture sono a totale carico della  provincia  ricorrente,
 senza  alcun  apporto  a  carico del bilancio dello Stato; e che quei
 particolari vincoli sono estranei  alla  garanzia  di  erogazione  di
 quelle  "prestazioni  di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera
 non  inferiori  agli  standards  minimi  previsti   dalle   normative
 nazionali e comunitaria" (che in base all'art. 2, comma 2, del citato
 d.P.R.    n.  474/1995  costituisce  un  limite per l'esercizio delle
 potesta' provinciali in  materia),  trattandosi  appunto  di  vincoli
 relativi  a profili organizzativi delle strutture anziche' ai livelli
 delle prestazioni da esse erogate.
   1.2.1. - Piu' specificamente, va sottolineato il fatto che il primo
 comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato attribuisce al  Ministro  della
 sanita'  il potere di adottare un programma nazionale, da emanare con
 apposito decreto ministeriale (cfr. commi 3 e 4  dello  stesso  comma
 1),   con   il   quale   saranno   ulteriormente   (ed   ancora  piu'
 analiticamente)   disciplinate   le   modalita'    di    istituzione,
 organizzazione  e  gestione  delle particolari strutture sanitarie in
 questione, sia sotto i profili gia'  richiamati  in  precedenza,  sia
 sotto  profili  ulteriori.  Infatti, secondo le suddette disposizioni
 legislative impugnate, il decreto ministeriale conterra' prescrizioni
 vincolanti in ordine al contenuto dei progetti provinciali volti alla
 realizzazione delle strutture  in  questione  (cfr.  il  terzo  comma
 dell'art.  1,  primo  periodo);  nonche'  criteri  vincolanti  per  i
 suddetti  progetti  provinciali  relativi  alla  realizzazione  delle
 particolari  strutture  sanitarie  in questione (cfr. il quarto comma
 dell'art. 1), criteri il cui rispetto e' condizione per  accedere  ai
 finanziamenti statali (ai quali peraltro - come si e' gia' detto - la
 provincia ricorrente in realta' non ha titolo|).
   Orbene, la stessa previsione legislativa di un decreto ministeriale
 avente il suddetto contenuto e' di per se' incostituzionale perche' -
 come  piu'  volte  affermato  dalla  giurisprudenza di codesta ecc.ma
 Corte (fra le tante,  sentenza  n.  61  del  1997  ed  ivi  ulteriori
 riferimenti)  - un regolamento ministeriale, quale sarebbe il decreto
 previsto dalle disposizioni legislative impugnate, o comunque un atto
 di normazione statale di livello secondario,  non  puo'  intervenire,
 pena  appunto  la  sua  invalidita',  a  porre una disciplina volta a
 limitare la sfera delle competenze delle regioni  e  delle  provincie
 autonome in materie loro costituzionalmente attribuite.
   1.2.2.  -  D'altronde,  se  il  programma ministeriale previsto dal
 primo comma dell'art. 1 del d.-l. impugnato  si  dovesse  configurare
 non  gia'  come  un  atto  normativo,  ma  piuttosto  come un atto di
 indirizzo e coordinamento di natura amministrativa, egualmente quella
 previsione  legislativa  sarebbe  incostituzionale  e  lesiva   delle
 competenze della provincia autonoma ricorrente.
   In  tal  caso,  infatti,  risulterebbe  violata, sotto molteplici e
 concorrenti profili, la speciale disciplina degli atti amministrativi
 statali di indirizzo e coordinamento che, a specifica garanzia  della
 speciale  autonomia  della  provincia  ricorrente, e' stabilita nelle
 norme d'attuazione dello statuto Trentino-Alto Adige (art. 3,  d.lgs.
 n. 266/1966).
   Cio', innanzi tutto, perche' si tratterebbe di un atto di indirizzo
 emanato  senza  la  previa  e  diretta  consultazione della provincia
 autonoma ricorrente in ordine alla  compatibilita'  dell'atto  stesso
 con lo statuto speciale, prescritta dal terzo comma del citato art. 3
 del  decreto  legislativo  n. 266/1992. Previo parere della provincia
 che certamente non e' surrogabile dalla previa  intesa  del  Ministro
 con la "Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
 e  le province autonome di Trento e Bolzano" prevista dal primo comma
 dell'art.  1  del  d.-l.  impugnato.   Cio'   per   i   motivi   gia'
 perspicuamente  illustrati  da  codesta  ecc.ma  Corte  (sentenza  n.
 121/1977):  quali  il  diverso  rango  delle  fonti  che   prevedono,
 rispettivamente,  il parere della provincia (norme d'attuazione dello
 statuto) ed invece l'intesa con la conferenza (legge  ordinaria);  il
 fatto  che  l'intesa  verrebbe  fatta  con  "un  organo  in  cui sono
 presenti, e non da sole, tutte le  regioni,  mentre  il  (parere)  e'
 espresso dalla sola regione Trentino-Alto Adige o dalle sole province
 di  Trento  e  di Bolzano, a seconda delle rispettive competenze"; il
 fatto  che  mentre  l'intesa  con  la conferenza avrebbe un contenuto
 "generico" invece il  parere  della  provincia  verte  specificamente
 sulla compatibilita' dell'atto di indirizzo con lo statuto speciale e
 le relative norme d'attuazione.
   In  secondo  luogo  la  speciale  (e  non  derogabile  dalla legge)
 disciplina delle norme d'attuazione  dello  statuto  sarebbe  violata
 perche'  in  base  ad  essa (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 266/1992) gli
 atti d'indirizzo del Governo possono vincolare la provincia "solo  al
 conseguimento  degli  obiettivi  e  risultati in essi stabiliti", non
 gia' contenere  -  come  previsto  per  il  decreto  ministeriale  in
 questione  -  norme  di  dettaglio, recanti prescrizioni analitiche e
 vincoli puntuali (sentenze n. 69/1995, n. 381/1996  e  n.  263/1997).
 Cio'  anche  perche' - come e' espressamente stabilito dalla suddetta
 norma  d'attuazione  -  "L'emanazione  delle  norme  occorrenti   per
 l'attuazione   degli  atti  predetti  e'  riservata,  per  quanto  di
 rispettiva competenza, alla regione o alle province autonome".
   In terzo luogo perche' solo il parere  della  provincia  prescritto
 dalle   norme   d'attuazione,  ma  non  l'intesa  con  la  Conferenza
 Stato-regioni,   e'   in   grado   (se   negativo)   di    sospendere
 temporaneamente  l'efficacia  dell'atto  d'indirizzo  nel  territorio
 provinciale (art. 3, comma 4, d.lgs. n. 266/1992).
   Infine, se il decreto  ministeriale  in  questione  dovesse  essere
 configurato  come  atto  di  indirizzo  e  coordinamento  la relativa
 previsione legislativa sarebbe incostituzionale anche perche' -  come
 piu'  volte affermato da codesta ecc.ma Corte (per tutte, sentenze n.
 250  e  n.    381/1996)  -  la  funzione  governativa  d'indirizzo  e
 coordinamento  deve essere svolta a livello collegiale, cioe' con una
 formale delibera del Consiglio dei Ministri e  non  con  un  semplice
 decreto ministeriale.
   1.3.  -  Comunque,  anche  a  prescindere  da  questi ultimi e piu'
 specifici   -   ma   assai   gravi   ed   evidenti   -   profili   di
 incostituzionalita'  (sopra  illustrati  sub  1.2.1  e  1.2.2.),  dal
 complesso della disciplina indicata  -  quella  gia'  oggi  contenuta
 nelle disposizioni legislative impugnate, ed ancor piu' una volta che
 sara'  integrata da quella stabilita dal decreto ministeriale, di cui
 al primo comma, e dall'atto di indirizzo e coordinamento, di  cui  al
 secondo comma - esce fuori una regolamentazione oltremodo analitica e
 dettagliata  delle modalita' di istituzione, funzionamento e gestione
 di particolari  strutture  sanitarie  provinciali:    una  disciplina
 vincolante  che  va,  come  si  e'  visto, dalla individuazione delle
 strutture edilizie da utilizzare  prioritariamente;  al  collegamento
 delle  medesime rispetto ad altre strutture sanitarie provinciali; al
 contenuto necessario dei progetti provinciali per l'attivazione delle
 strutture  e  dello  specifico  servizio  di   assistenza   di   loro
 competenza;   agli   stessi   piani   provinciali   delle   attivita'
 d'assistenza sanitaria. Il tutto, fra l'altro, senza che a fronte  di
 tali  inammissibili  vincoli vi sia neppure, per i motivi gia' detti,
 un contributo finanziario dello Stato per  l'attivazione  e  gestione
 del servizio sanitario in questione.
   In  conclusione,  la  provincia  ricorrente  non intende ovviamente
 contestare la necessita' che  anche  nel  suo  territorio  funzionino
 strutture  sanitarie dedicate alla particolare assistenza "palliativa
 e di supporto"  prevista  dal  primo  comma  dell'art.  1  del  d.-l.
 impugnato;  ne'  che  tali strutture debbano garantire prestazioni di
 assistenza non inferiori a quelle stabilite dalla normativa nazionale
 o  comunitaria.    Cio'  che  invece  essa  fermamente contesta e' la
 pretesa dello Stato, di  impedirle,  con  la  disciplina  legislativa
 impugnata,  di esercitare in modo autonomo le potesta' legislative ed
 amministrative  ad  essa  spettanti  in  ordine   alla   istituzione,
 funzionamento   e   gestione   delle   suddette  strutture  sanitarie
 provinciali.
   2. - Violazione delle competenze  provinciali  di  cui  alle  norme
 statutarie  e  d'attuazione  gia' citate (specialmente art. 3, d.lgs.
 16 marzo 1992, n. 266), con particolare  riguardo  al  secondo  comma
 dell'art. 1 del decreto-legge n. 450/1998.
   Palesemente  incostituzionale e lesiva delle competenze provinciali
 e' poi, in particolare, la disciplina  contenuta  nel  secondo  comma
 dell'art. 1 dell'impugnato decreto-legge n. 450 del 1998.
   La   suddetta  disciplina,  infatti,  stabilisce  che  un  atto  di
 indirizzo e coordinamento "adottato ai sensi dell'art. 8 della  legge
 15  marzo  1997,  n.  59"  dovra' stabilire "i requisiti strutturali,
 tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio  delle  attivita'
 sanitarie  da  parte  delle  strutture  di cui al comma 1, nonche' le
 modalita' di verifica dei risultati". Ma  cosi'  disponendo  essa  ha
 violato   la   speciale   disciplina   degli   atti  di  indirizzo  e
 coordinamento governativi che, a garanzia  della  speciale  autonomia
 della  provincia  ricorrente,  e'  stabilita  dalla gia' citata norma
 statutaria.
   Invero, il richiamato art. 8 della legge n. 59 del 1997 si limita a
 richiedere che l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento nei
 confronti  delle  regioni  siano  preceduti  da  una  intesa  con  la
 "Conferenza  permanente  per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
 province autonome di Trento e di Bolzano, o con  la  singola  regione
 interessata". Nel caso in questione, dunque, si avrebbe che l'atto di
 indirizzo   e   coordinamento  di  cui  all'impugnato  secondo  comma
 dell'art.  1 (in cio' analogamente al decreto ministeriale di cui  al
 primo  comma), essendo rivolto indifferentemente a tutte le regioni e
 province  autonome,  sarebbe  preceduto  solo  dall'intesa   con   la
 Conferenza  Stato-regioni.    Valgono  pertanto  nei  confronti della
 disposizione del secondo comma dell'art. 1 tutte le  censure  rivolte
 nei  confronti  della  disciplina  relativa  al  decreto ministeriale
 contenente  il  programma  nazionale,   di   cui   al   primo   comma
 dell'impugnato  art.  1,  che sono gia' state formulate in precedenza
 nel motivo n. 1.2.2. del presente ricorso  e  che,  per  semplicita',
 vengono qui integralmente richiamate.
   Un  ultimo rilievo e' opportuno aggiungere a questo riguardo. Cioe'
 che  la  disciplina  del  secondo  comma  risulta   ulteriormente   e
 specificamente incostituzionale e lesiva delle competenze provinciali
 la'  dove  essa  demanda all'atto di indirizzo governativo perfino la
 disciplina  delle  "modalita'  di  verifica  dei  risultati".  Ma  la
 disciplina  di  tali  modalita'  (come  in  genere  la  verifica  del
 conseguimento degli obiettivi e dei risultati stabiliti negli atti di
 indirizzo e di coordinamento) rientra integralmente nelle  competenze
 provinciali,  come  infatti risulta confermato dal precedente atto di
 indirizzo  in  materia  di  requisiti  strutturali   tecnologici   ed
 organizzativi   minimi  per  l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie
 emanato con il d.P.R. 14 gennaio 1997 (del quale  il  previsto  nuovo
 atto  d'indirizzo  - secondo quanto affermato dalla stessa disciplina
 legislativa  impugnata  -  dovrebbe  costituire integrazione), che al
 secondo  comma  dell'art.  2  stabilisce  infatti  che  "Le   regioni
 disciplinano  le  modalita'  per  l'accertamento  e  la  verifica del
 rispetto dei requisiti minimi".
                               P. Q. M.
   Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del  presente
 ricorso,  dichiarare  incostituzionale  in  parte qua le disposizioni
 legislative impugnate e meglio indicate in epigrafe.
     Roma-Bolzano, addi' 25 marzo 1999.
                    Prof. avv. Sergio Panunzio - prof. avv. Roland Riz
 99C0364