N. 367 ORDINANZA 14 - 28 luglio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Indennita'  di amministrazione (gia' indennita'
 giudiziaria) - Attribuzione anche al  personale  dei  comuni  addetti
 agli uffici di conciliazione - Omessa previsione - Assunta disparita'
 di  trattamento tra categorie omogenee, per funzioni e condizioni, di
 personale  pubblico,  in  particolare  tra   dipendenti   statali   e
 dipendenti  degli enti locali - Difetto di motivazione in ordine alla
 rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 22 giugno 1988, n. 221, art. 2; legge  15  febbraio  1989,  n.
 51, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3 e 27).
 
(GU n.31 del 4-8-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 22
 giugno 1988, n. 221  (Provvedimenti  a  favore  del  personale  delle
 cancellerie  e  segreterie giudiziarie), e dell'art. 1 della legge 15
 febbraio 1989, n. 51  (Attribuzione  dell'indennita'  giudiziaria  al
 personale   amministrativo   delle  magistrature  speciali);  giudizi
 promossi con dieci ordinanze emesse il 18 dicembre 1997 dal Tribunale
 amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di  Lecce,
 rispettivamente  iscritte  ai  nn. 254, 255, 256, 257, 258, 259, 260,
 261, 262 e  263  del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  n. 16, prima serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Visti gli atti di costituzione di Marzulli  Lucia,  Tursi  Eugenio,
 Latorrata  Cosima,  Pignatelli Anna Maria, Costanzo Liliana, Laruccia
 Elia, Carallo Paolo, Gallone Cataldo, Lezza Pietro e  del  comune  di
 Taranto,  nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio
 dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1999 il giudice  relatore
 Francesco Guizzi;
   Udito  l'avvocato  Rocco  Maggi  per Marzulli Lucia, Tursi Eugenio,
 Latorrata Cosima, Pignatelli Anna Maria, Costanzo  Liliana,  Laruccia
 Elia, Carallo Paolo, Gallone Cataldo, Lezza Pietro e l'Avvocato dello
 Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
   Ritenuto  che  a  seguito dei ricorsi proposti da alcuni dipendenti
 del  comune  di  Taranto,  i  quali  chiedevano  il  pagamento  delle
 indennita'  di  amministrazione  (gia' indennita' giudiziaria) per il
 lavoro svolto negli uffici di conciliazione del comune, il  Tribunale
 amministrativo  regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce,
 con dieci ordinanze di identico  contenuto,  tutte  del  18  dicembre
 1997,   ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2
 della  legge  22  giugno  1988,  n.  221  (Provvedimenti a favore del
 personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art.  1
 della  legge  15  febbraio  1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennita'
 giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali),
 nella parte in cui non dispongono l'attribuzione di  tale  indennita'
 anche al personale dei comuni addetti agli uffici di conciliazione;
     che,  allo  stato  attuale  della  legislazione,  l'indennita'  -
 secondo il giudice a quo - e' attribuita  al  personale  in  servizio
 presso   le  cancellerie  e  le  segreterie  giudiziarie  nonche'  al
 personale comandato o distaccato fuori ruolo  presso  quegli  uffici,
 anche se appartenente a comparti diversi da quelli ministeriali (alla
 sola  condizione  di  avere  un  formale provvedimento di comando per
 quelle funzioni, del  quale,  tuttavia,  il  personale  degli  uffici
 comunali sarebbe sprovvisto);
     che  sotto  il  profilo  funzionale e istituzionale gli uffici di
 conciliazione andrebbero considerati come organi  statali;  ma  sotto
 l'aspetto  organizzativo  e  per  gli  oneri economici essi farebbero
 carico ai comuni (il rapporto di lavoro subordinato, ove sussistente,
 dovrebbe considerarsi instaurato con il comune);
     che  si  creerebbe,  in  tal  modo,  una  palese  disparita'   di
 trattamento  fra  le  categorie  di personale pubblico che espleta le
 stesse  funzioni  e  nelle  medesime  condizioni:  il  personale  del
 comparto  degli enti locali, comandato a prestare servizio presso gli
 uffici di pretura, di tribunale  o  di  corte  di  appello,  godrebbe
 infatti della speciale indennita', mentre il contrario accadrebbe per
 il personale destinato agli uffici di conciliazione;
     che   ne   conseguirebbe  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di costituzionalita' delle leggi n. 221 del 1988  e  n.  51
 del 1989, nella parte in cui riservano l'indennita' solo al personale
 appartenente  agli uffici giudiziari sopra indicati, nulla disponendo
 in ordine a quello addetto alle conciliazioni;
     che i ricorrenti si sono costituiti  con  memoria  scritta,  e  -
 riprendendo   letteralmente   la   formulazione   dell'ordinanza   di
 rimessione  -  hanno  chiesto   alla   Corte   di   dichiarare   "non
 manifestamente infondata" la questione di costituzionalita' sollevata
 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia;
     che  le  parti  private  premettono  di  aver  svolto  la propria
 attivita' presso la conciliazione di Taranto (con l'eccezione di  uno
 di  loro,  comandato  a  prestare  servizio negli uffici della locale
 Pretura penale) e rilevano che  il  personale,  militare  e  non,  in
 servizio  presso  i  tribunali  militari e i tribunali amministrativi
 regionali si sarebbe  visto  riconoscere  il  diritto  all'indennita'
 giudiziaria,  mentre  i dipendenti della conciliazione di Taranto non
 avrebbero ancora ottenuto lo stesso  riconoscimento,  pur  avendo  un
 rapporto  di lavoro subordinato con il comune e appartenendo, a tutti
 gli effetti, all'ordine giudiziario, e  cio'  sia  "per  il  servizio
 prestato che per le mansioni e l'impegno di lavoro assunto";
     che vi sarebbe, insomma, una palese disparita' di trattamento tra
 i dipendenti statali e quelli degli enti locali;
     che  si  e'  costituito  tardivamente anche il comune di Taranto,
 concludendo per l'inammissibilita' o, comunque, per la infondatezza;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  concludendo
 analogamente   per   l'inammissibilita'   e,   in   subordine,    per
 l'infondatezza;
     che,   in  prossimita'  dell'udienza  pubblica,  l'Avvocatura  ha
 depositato  una  memoria  con   cui   ribadisce   la   richiesta   di
 inammissibilita'   per   carenza   di   motivazione  in  ordine  alla
 comparazione con altre categorie di dipendenti;
     che, per l'interventore, la giurisprudenza costituzionale, attesa
 la discrezionalita'  legislativa  che  caratterizza  la  materia,  fa
 obbligo  al  rimettente  di motivare, in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione,  circa  la  pretesa  irrazionalita'  della   disciplina
 legislativa;
     che,  in  particolare,  sarebbe  del tutto assente l'accertamento
 della  situazione  di  parallelismo,  considerata  dalla  Corte  come
 fondamento   dell'estensione   dell'indennita'   anche  al  personale
 amministrativo;
     che, inoltre, mancherebbe la ricognizione dello status  economico
 dei  ricorrenti,  da  cui  risulti  l'esclusione  di  un  trattamento
 similare a quello richiesto;
     che presso gli uffici di conciliazione, secondo l'Avvocatura, non
 presterebbe  servizio  una   magistratura   appartenente   all'ordine
 giudiziario o "alle categorie equiparate", ma un personale che, posto
 al  di  fuori  di  esso,  non potrebbe godere dell'indennita', che si
 vorrebbe estendere per ragioni di mero parallelismo dei trattamenti;
     che i ricorrenti - conclude la difesa del Governo  -  godono  dei
 benefici   economici   propri  del  comparto  di  contrattazione  del
 personale degli enti locali e degli accessori stabiliti dal CCNL  del
 6 aprile 1995.
   Considerato  che,  con  dieci ordinanze di rimessione, il Tribunale
 amministrativo regionale per la Puglia - sezione distaccata di  Lecce
 -  ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 2 della legge 22 giugno 1988, n.  221  (Provvedimenti  a  favore  del
 personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art.  1
 della  legge  15  febbraio  1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennita'
 giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali),
 nella parte in cui non dispongono l'attribuzione di  tale  indennita'
 anche  al  personale dei comuni addetti agli uffici di conciliazione,
 perche' - in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione  -  si
 produrrebbe  una disparita' di trattamento fra categorie di personale
 pubblico che svolgono le stesse funzioni  nelle  medesime  condizioni
 (il  personale  del  comparto degli enti locali, comandato a prestare
 servizio presso gli uffici di pretura, di tribunale  o  di  corte  di
 appello,  godrebbe  della  speciale  indennita',  mentre  ne  sarebbe
 escluso   il   medesimo   personale   destinato   agli   uffici    di
 conciliazione);
     che  la  questione,  identica  in  tutte  le ordinanze, impone la
 riunione dei giudizi e la trattazione congiunta;
     che l'intervento del comune di Taranto e'  irricevibile,  perche'
 proposto tardivamente;
     che  il  personale in servizio presso gli uffici di conciliazione
 si  distingue  nelle  figure  dei  cancellieri   e   dei   messi   di
 conciliazione;
     che  -  secondo  la  consolidata giurisprudenza sia ordinaria sia
 amministrativa - tale personale intrattiene con gli  uffici  comunali
 una  pluralita'  di  rapporti  di  lavoro,  non tutti riconducibili a
 quello   subordinato   e,   nell'ambito   di   questo,   non   sempre
 esclusivamente riservato agli uffici di conciliazione;
     che la mancata motivazione in ordine alle categorie di lavoratori
 ricorrenti  e al tipo di rapporto intrattenuto con il comune, nonche'
 specificamente alla parte della prestazione svolta  negli  uffici  di
 conciliazione,  rende  non  verificabile la rilevanza della questione
 nei giudizi a quibus;
     che tale nebulosita' e' comprovata dalla presenza d'un ricorrente
 che risulta in servizio presso gli uffici di pretura;
     che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 22
 giugno 1988, n. 221  (Provvedimenti  a  favore  del  personale  delle
 cancellerie  e  segreterie giudiziarie), e dell'art. 1 della legge 15
 febbraio 1989, n. 51  (Attribuzione  dell'indennita'  giudiziaria  al
 personale  amministrativo delle magistrature speciali), sollevata, in
 riferimento agli artt. 3  e  97  della  Costituzione,  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce,
 con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0848