N. 433 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 1999
N. 433 Ordinanza emessa il 28 aprile 1999 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra il comune di Firenze e Officina Profumo Farmaceutica di S. Maria Novella s.r.l. Astensione e ricusazione del giudice - Giudice istruttore che, dopo la chiusura dell'istruzione, si sia pronunciato nel merito sulla richiesta di ordinanza ex art. 186-quater cod. proc. civ. (nella specie, rigettandola) - Obbligo di astenersi dalla decisione della causa - Mancata previsione - Contrasto con il principio di eguaglianza e con quello di imparzialita' del giudice - Lesione del connesso diritto di azione e di difesa. (C.P.C., art. 51, n. 4). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.37 del 15-9-1999 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta a ruolo il 15 novembre 1994 al n. 9149 del ruolo affari civili contenziosi dell'anno 1994 avente ad oggetto: riassunzione di giudizio di disdetta per finita locazione promossa dal comune di Firenze, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Pezzano presso il cui studio in Firenze e' elettivamente domiciliato, come da mandato a margine della memoria di nuova costituzione del 5 giugno 1996, attore; Contro l'Officina Profumo Farmaceutica di S. Maria Novella s.r.l., corrente in Firenze, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Puliti e Cecilia Adorni Braccesi, presso il cui studio in Firenze e' elettivamente domiciliata, come da comparsa di costituzione e risposta, convenuta; O s s e r v a Nel corso del giudizio civile di cui in epigrafe (avente ad oggetto disdetta per finita locazione, il sottoscritto g.i. pronunciava in data 27-28 aprile 1998 ordinanza con cui, con motivazioni attinenti al merito della causa, rigettava istanza ex art. 186-quater c.p.c. proposta dall'attore. All'esito della precisazione delle conclusioni di cui all'udienza del 25 gennaio 1999 (celebrata innanzi al sottoscritto medesimo g.i. in virtu' di provvedimento di applicazione dello stesso alla c.d. sezione stralcio ex lege 22 luglio 1997, n. 276 da parte del Presidente del tribunale tenuto conto di quanto previsto dalla circolare 11 giugno 1998 del Consiglio superiore della magistratura) questo giudice, per effetto delle conclusioni delle parti, viene ora chiamato a pronunciarsi sullo stesso capo di domanda in relazione al quale ha gia' pronunciato ordinanza di rigetto di istanza ex art. 186-quater c.p.c. Nella specie va preso atto di come lo stesso giudice che si e' pronunciato su richiesta di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. sia chiamato a pronunciare anche sentenza per effetto di concomitanti circostanze dipendenti da un lato dall'eccezionale provvedimento di applicazione per l'insufficiente organico di c.d. giudici onorari aggregati destinati alle c.d. sezioni stralcio, dall'altro per effetto della applicabilita' degli artt. 190 e 190-bis c.c., applicandosi anche alle cause attribuite alle c.d. sezioni stralcio il rito decisorio delle cause ad attribuzione monocratica instaurate successivamente al 30 aprile 1995 e soggette alla disciplina processuale del c.d. nuovo rito (arg. ex art. 13, comma 5, legge n. 276/1997 cit.). Che lo stesso giudice che si sia pronunciato su richiesta di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. sia pure chiamato a pronunciarsi con sentenza non e' circostanza casuale o di rara verificazione - come pure potrebbe apparire dallo stretto caso di specie -, ma e' un risultato normativo per cosi' dire fisiologico, posto che l'ordinanza post-istruttoria ex art. 186-quater c.p.c., pur pensata dal legislatore in primo luogo come rimedio per lo smaltimento dell'arretrato c.d. di vecchio rito, trova sua normale applicazione anche nelle cause soggette alla disciplina del c.d. nuovo rito, a maggior ragione, purtroppo, allorquando per effetto di squilibrio fra numero di cause pendenti e numero di giudici in organico, si debba essere costretti a posticipare nel tempo la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, da cui trae origine la fase decisoria. Ritiene il g.i. che la coincidenza di persona fisica fra giudice dell'art. 186-quater c.p.c. e giudice della sentenza si pone in contrasto con piu' di un principio sancito dalla nostra carta costituzionale, in primo luogo con il principio di parita' di trattamento fra eguali situazioni di cui all'art. 3 della Costituzione ed inoltre con il principio di terzieta' del giudice, connesso al diritto di azione e difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, principio quest'ultimo che puo' essere minato dalla c.d. "forza della prevenzione", che consiste in quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento (per tutte vedi sent. Corte costituzionale 15 settembre 1995, n. 432, della Corte costituzionale 24 aprile 1996, n. 131). Ritiene inoltre il g.i. come detta coincidenza non possa essere evitata con una diversa organizzazione c.d. tabellare interna dell'ufficio, posto che essa scaturisce da un preciso ed univoco dettato legislativo, a mente del quale identico e' il giudice che provvede sull'ordinanza post-istruttoria e che decide poi con sentenza (cfr. art. 186-quater c.p.c., art. 190-bis c.p.c. e art. 48, comma 4, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'art. 88 della legge 26 novembre 1990, n. 353; la situazione non e' destinata a cambiare nemmeno per effetto dell'art. 50-ter r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'art. 56 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, di ormai prossima vigenza, per il quale fuori dei casi previsti dall'articolo 50-bis r.d. 12/1941, il tribunale giudica in composizione monocratica, in quanto trattasi in tale ultimo caso di norma che non contiene alcun indice interpretativo di segno diverso) Non puo' questo Giudice porre la richiesta di censura di illegittimita' costituzionale sotto il profilo della c.d. incompatibilita' fra giudice del 186-quater c.p.c. e giudice della decisione, dal momento che quello dell'incompatibilita' e' istituto tipico del procedimento penale (cfr. art. 34 c.p.p., come noto fatto oggetto di censura di illegittimita' costituzionale in piu' tempi e sotto molteplici profili dalla Corte costituzionale) ed estraneo al diritto processuale civile, per il quale ultimo ogni doglianza di incostituzionalita' sotto i sopra esposti profili della violazione del principio di uguaglianza e del principio di terzieta' del giudice deve avere ad oggetto le norme di un tema di astensione e ricusazione, ed in particolare dell'art. 51 n. 4 c.p.c. (sul punto cfr. Corte costituzionale, 7 novembre 1997, n. 326 e Corte costituzionale, ord. 21 novembre 1997, n. 356). Quanto alla rilevanza della questione si aggiunge come correttamente viene individuato questo giudice come giudice a quo della rimessione alla corte costituzionale, dal momento che il sospetto di incostituzionalita' investe una norma che contempla la c.d. astensione obbligatoria (che correlativamente determina la possibilita' di ricusazione, giusta l'art. 52 c.p.c., ad opera di taluna della parti), per la quale non vi e' onere di alcuna preventiva richiesta di autorizzazione al capo dell'ufficio, prevista invece dal comma 2 dell'art. 51 c.p.c. nelle ipotesi di astensione c.d. facoltativa (cfr. Cass., 23 febbraio 1981, n. 1093; Cass., sez. I, 20 febbraio 1998, n. 1842). A questo punto occorre necessariamente prendere le mosse dal recente pronunciamento della Corte costituzionale (Corte. costituzionale 7 novembre 1997, n. 326), secondo cui e' infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 c.p.c., in riferimento all'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione nella causa di merito per il giudice che abbia concesso una misura cautelare ante causam. Nella pronuncia da ultimo richiamata, a sommesso parere di questo giudice emittente, la Corte costituzionale ha tratto, con riferimento alla questione concernente la c.d. "forza della prevenzione", elementi di diversita' fra procedimento penale e procedimento civile tenendo in particolare conto della peculiarita' del caso sottoposto in esame (vertente sulla coincidenza nella specie fra giudice della cautela ante causam e giudice c.d. del merito) e proponendo comunque, quale rimedio alla violazione del principio di terzieta' del giudice, il ricorso all'istituto della c.d. astensione facoltativa, da richiedersi al capo dell'ufficio, ai sensi dell'art. 51, comma 2, c.p.c. Che quanto sopra esposto non appaia esaustivo in ordine alla questione in questa sede sottoposta ad esame emerge dall'analisi dell'impianto per cosi' dire "logico" della citata sentenza n. 326/1997, laddove - operate alcune premesse storiche sull'istituto dell'astensione e condotti altresi' alcuni rilievi sulla diversita', ma con precipuo riguardo alla sede materiae dei provvedimenti cautelari, tra procedimento penale e processo civile (vd. par.par. 2.1, 2.2, 2.3 e 2.3.1 della sentenza cit.) - i passaggi effettivamente determinanti nell'economia della decisione (vd. par. 2.3.2) sono i seguenti: a) che l'istituto dell'astensione tende e prevenire che un medesimo giudice ripercorra, nella sua attivita' decisoria, il medesimo "itinerario logico" gia' in precedenza seguito; b) che condizione necessaria per ritenere un'incompatibilita' endoprocessuale e' la preesistenza di valutazioni che cadono pressoche' sulla medesima res judicanda, o, piu' esattamente, la "duplicazione di giudizi della medesima natura presso lo stesso giudice" (giusta sentenza n. 131/1996 cit.); e richiama in proposito la Corte l'interpretazione data dalla Corte Europea di Strasburgo sul disposto dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, secondo cui il rischio di un effettivo condizionamento del giudice esiste solo ove l'ambito della precedente cognizione e quello della successiva sia il medesimo; c) che la valutazione del c.d. fumus boni iuris - equiparato in sentenza ad "un semplice giudizio di verosimiglianza", si concretizza "in una valutazione probabilistica circa le buone ragioni dell'attore"; d) che la struttura della cognizione cautelare presenta i requisiti della sommarieta' ed e' ben lungi "dall'identificarsi con una normale istruzione probatoria" (arg. ex art. 669-sexies c.p.c.); e) che "il materiale probatorio raccolto ante causam non e' di per se' destinato, appunto in ragione delle diverse finalita' istruttorie, ad assumere una sua evidenza nel successivo giudizio, rilevando semmai come mero argomento di prova"; f) che "la cognizione che il codice di procedura civile attribuisce al giudice in sede di provvedimenti cautelari ante causam lascia dunque assolutamente irrisolto il quesito circa l'esito finale del giudizio e non "anticipa" affatto la decisione del merito, mirando solo a tutelare temporaneamente un preteso diritto onde salvaguardarlo dal pregiudizio grave e irreparabile, ravvisato sulla base di una valutazione provvisoria e di semplice verosimiglianza"; g) che l'ipotizzabile coinvolgimento in concreto nel merito della causa del giudice della fase cautelare ante causam, al di la' di quanto richiesto dalle esigenze della decisione cautelare - che potrebbe indurre, in alcuna delle parti, dubbi sulla sua disponibilita' incondizionata a conoscere della lite in modo scevro da prevenzioni -, rappresenta un'eventualita' anormale, che puo' essere effetto soltanto di un marcato allontanamento dalla struttura codicistica del processo cautelare e dalla funzione essenziale di questo". A simili conclusioni, a parere di questo giudice remittente, non puo' giungersi con riferimento all'ipotesi del giudice che si sia pronunciato nel merito di una richiesta di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. (sia prendendo in considerazione l'ipotesi in cui il giudice istruttore abbia pronunciato ordinanza di pagamento, sia prendendo in considerazione, come nella specie, l'ipotesi in cui all'istanza il giudice istruttore abbia fatto seguire un suo provvedimento di rigetto per ragioni di merito in senso stretto, diverse cioe' da questioni formali, di mero rito, di insufficiente attivita' istruttoria etc.). Infatti: I) Il materiale probatorio preso in esame dal giudice che si pronuncia sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c. (vieppiu' nell'ipotesi di provvedimento positivo) e' il medesimo che poi sara' preso in esame nella vera e propria sede decisoria (lo si desume inequivocabilmente dall'espressione "esaurita l'istruzione" di cui all'art. 186-quater c.p.c.; espressione che, almeno con riferimento all'oggetto dell'istanza, equivale a "causa matura per la decisione", secondo quanto contemplato dagli artt. 187 e 188 c.p.c.); II) la valutazione del materiale probatorio avviene nell'una e nell'altra ipotesi nel rispetto rigoroso del principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. ("nei limiti in cui ritiene gia' raggiunta la prova" si esprime l'art. 186-quater c.p.c.); III) sia pure nel ristretti termini di cui all'art. 134 c.p.c. l'ordinanza sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c. deve essere motivata al pari di una sentenza (con cio' imponendo che venga ripercorso nella sua integralita' il medesimo "itinerario logico" gia' in precedenza seguito e che vengano a reiterarsi valutazioni che cadono pressoche' sulla medesima res judicanda, con cio' determinando proprio quella "duplicazione di giudizi della medesima natura presso lo stesso giudice". Ne segue che il giudice istruttore che si sia pronunciato nel merito di un'istanza ex art. 186-quater c.p.c. si trova in una situazione non dissimile a quella del giudice che, giusta l'art. 51 n. 4 c.p.c., abbia conosciuto della causa in altro grado del processo. Va pertanto dichiarata la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, dell'art. 51 n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione dal pronunciare sentenza per quel giudice che in ordine al medesimo oggetto si sia, nel merito, pronunciato su richiesta di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale.
P. Q. M. Dichiara la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione dal pronunciare sentenza per quel giudice che in ordine al medesimo oggetto si sia, nel merito, pronunciato su richiesta di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale; Sospende il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia comunicata alle parti in causa, notificata al presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Ordina infine che della presente ordinanza sia data notizia, a cura della cancelleria, al Presidente del tribunale di Firenze. Firenze, addi' 28 aprile 1999. Il giudice istruttore: Vergini 99C0862