N. 445 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile 1997

                               N. 445
  Ordinanza  emessa  il  23  aprile  1997 dal pretore di Pordenone nel
 procedimento civile vertente tra Russo Domenico e Ente Poste Italiane
 Poste e telecomunicazioni - Ente Poste Italiane - Dipendenti  assunti
    con contratto a tempo determinato - Trasformazione del rapporto di
    lavoro  in  rapporto  a  tempo  indeterminato, cosi' come previsto
    dalla precedente disciplina - Esclusione -  Indebita  interferenza
    sulla  funzione giurisdizionale, per la sottrazione al giudice del
    potere   di   interpretazione   dei   fatti   rilevanti   per   la
    qualificazione  del  rapporto  -  Riferimento  alla sentenza della
    Corte costituzionale n.  115/1994.
 (D.-L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9, comma 21, convertito in  legge
    28 novembre 1996, n. 608).
 (Cost., artt. 101 e 104).
(GU n.37 del 15-9-1999 )
                              IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva che precede:
                            Osserva in fatto
   Con  ricorso  depositato  in  data  10  agosto  1996 Russo Domenico
 esponeva di essere stato assunto con contratto  a  tempo  determinato
 dal 9 agosto 1995 al 6 novembre 1995 dall'Ente Poste Italiane.
   Cio'  premesso  in  fatto e ritenuto in diritto che difettavano nel
 caso di specie i presupposti  di  validita'  del  contratto  a  tempo
 determinato previsti dalla normativa vigente (art. 8 CCNL applicabile
 e  legge n. 230/1962), in particolare quello relativo alla ricorrenza
 delle "punte di  piu'  intensa  attivita'  stagionale",  chiedeva  il
 ricorrente:
     che  fosse  dichiarata  la  conversione  del  contratto  da tempo
 determinato a tempo indeterminato;
     che fosse dichiarata inefficace la risoluzione del rapporto;
     che l'Ente fosse condannato a reintegrarlo nel posto di lavoro ex
 art. 18 della legge n. 300/1970 con corresponsione delle retribuzioni
 maturate dal licenziamento  alla  reintegra  con  assolvimento  degli
 oneri previdenziali ed assistenziali.
   Si  costituiva  l'Ente  rilevando  l'infondatezza della domanda con
 riferimento al disposto dell'art. 9, comma 21  del  d.-l.  1  ottobre
 1996,  n.  510,  convertito  in  legge  29 novembre 1996, n. 608, che
 testualmente prevede: "Le assunzioni di personale  con  contratto  di
 lavoro  a  tempo  determinato  effettuate dall'Ente Poste Italiane, a
 decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non  oltre  il
 30  giugno  1997,  non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo
 indeterminato  e  decadono allo scadere del termine finale di ciascun
 contratto".
                              In diritto
   Giova premettere:
     l'art. 13, comma 2 della legge n. 498/1992, sostituito  dall'art.
 6-bis  del  d.-l.  n. 9 del 1993, convertito in legge n. 67 del 1993,
 stabilisce che "Le province, i comuni, le comunita' montane e i  loro
 consorzi  e le istituzioni pubbliche di beneficenza ed assistenza non
 sono soggetti, relativamente ai contratti d'opera o  per  prestazioni
 professionali    a   carattere   individuale   da   essi   stipulati,
 all'adempimento di  tutti  gli  obblighi  derivanti  dalle  leggi  in
 materia  di  assistenza  e  previdenza,  non  ponendo  in  essere,  i
 contratti stessi, rapporti di subordinazione";
     chiamata a decidere  in  ordine  alla  prospettata  questione  di
 incostituzionalita'  di tale norma con riferimento, tra l'altro, agli
 artt. 101 e 104 della Costituzione, codesta Corte  dichiarava  (23-31
 marzo  1994)  non  fondata,  "nei  sensi  di  cui in motivazione", la
 questione stessa;
     ritenuto fuori discussione,  come  rilevato  nelle  ordinanze  di
 rimessione, il principio della soggezione del giudice alla legge e ad
 essa  soltanto,  e  quello dell'indipendente esercizio della funzione
 giurisdizionale (artt. 101 e 104 della Costituzione), nel  senso  che
 non  puo'  essere  sottratto  al  giudice  il  potere di interpretare
 autonomamente non gia' le disposizioni di legge, ma gli stessi  fatti
 rilevanti   per   la  qualificazione  del  rapporto,  nella  predetta
 decisione ("interpretativa di rigetto") veniva sottolineato  che  "La
 norma   si  limita  ad  escludere  che  ai  contratti  d'opera  e  di
 prestazione professionale da essa considerati siano  estensibili  gli
 obblighi  previdenziali  ed  assistenziali  previsti  per  il  lavoro
 subordinato.
   Ma  da  cio'  non  e'  dato  inferire  che  tale  esclusione  trovi
 applicazione  anche alle ipotesi in cui il rapporto, in contrasto con
 il titolo contrattuale, abbia di fatto assunto contenuti e  modalita'
 di  svolgimento propri del rapporto di lavoro subordinato; tanto meno
 e' dato inferire un piu' generale precetto  (che  stravolgerebbe  gli
 stessi  fondamenti  del  diritto  del lavoro) secondo cui il rapporto
 descritto nel  contratto  come  rapporto  d'opera  o  di  prestazione
 professionale  non sia mai suscettibile di una diversa qualificazione
 neppure in caso di contrasto tra il contratto  e  le  risultanze  del
 rapporto svoltosi tra le parti.
   Disattesa in questi sensi l'interpretazione presupposta dai giudici
 remittenti,  la questione da essi proposta deve essere dichiarata non
 fondata".
   Cio' premesso si ritiene che:
     l'art. 9, comma 21 del  d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510,  convertito
 in  legge  29  novembre  1996,  n.  608, richiamato nella comparsa di
 costituzione dal convenuto Ente Poste Italiane,  violi  il  principio
 costituzionale    dell'indipendente    esercizio    della    funzione
 giurisdizionale (artt.  101 e 104 della Costituzione)  da  parte  del
 giudice  ordinario  (principio  gia'  affermato  da codesta Corte con
 decisione 121 del  1993)  sottraendogli  il  potere  di  interpretare
 autonomamente  non gia' le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti
 rilevanti  per  la  qualificazione  del  rapporto  (caso  di  specie:
 valutazione  dei  fatti  giustificanti,  alla  luce  della  normativa
 contrattualistica  collettiva  e  legislativa vigente nella specifica
 materia, la conversione del rapporto da  tempo  determinato  a  tempo
 indeterminato);
     che   la   disposizione  in  questione,  diversamente  da  quella
 esaminata nella richiamata decisione "interpretativa di rigetto", non
 consente una lettura tale da  non  doversi  ritenere  necessaria  una
 rimessione a codesta Corte della prospettata questione.
                                P. Q. M
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ritenuta  d'ufficio  rilevante  e  non  manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma  21  del
 d.-l.  1  ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 29 novembre 1996,
 n. 608, con riferimento agli artt. 101 e 104 della Costituzione;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Sospende il giudizio in corso e dispone che la  presente  ordinanza
 sia notificata, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio
 dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e
 del Senato della Repubblica.
     Pordenone, addi' 23 aprile 1997.
                        Il pretore: Passannante
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