N. 503 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1998

                                N. 503
  Ordinanza emessa il 20 novembre 1998  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per  il  Friuli-Venezia  Giulia  sul  ricorso  proposto da
 Associazione italiana per il World  Wildlife  Found  Italia  -  Fondo
 mondiale  per  la  natura  contro la regione Friuli-Venezia Giulia ed
 altri.
 Caccia  -  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  - Attivita' di cattura di
    uccelli  -  Possibilita'  di  esercizio,  in  base  a  concessione
    dell'amministrazione provinciale, da parte di privati (qualificati
    in  base  alla  frequenza  di  un  corso organizzato dall'Istituto
    nazionale fauna selvatica e al  superamento  del  relativo  esame,
    ovvero,  con preferenza, senza qualificazione alcuna, ma in virtu'
    dell'esercizio di detta attivita' per almeno un biennio,  in  base
    ad autorizzazioni rilasciate a norma della previgente legislazione
    regionale)  - Violazione dei principi stabiliti dalla legislazione
    statale in materia (attribuzione della concessione  alla  gestione
    degli   impianti   di   cattura  degli  uccelli  esclusivamente  a
    dipendenti   delle   amministrazioni    provinciali    debitamente
    qualificati).
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia, 1 giugno 1993, n. 29, art.  3).
 (Statuto regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, punto 3, e 6).
(GU n.40 del 6-10-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del
 20   novembre   1998   sul   ricorso   numero    642/1998    proposto
 dall'Associazione italiana per il World Wildlife Found Italia - Fondo
 mondiale   per  la  natura,  in  persona  del  legale  rappresentante
 pro-tempore rappresentata e difesa  dall'avv.  Alessandro  Giadrossi,
 con  domicilio  eletto presso di lui in Trieste, via XXX Ottobre, 17,
 come da mandato a margine del ricorso;
    Contro la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente
 in carica della Giunta regionale, rappresentata  e  difesa  dall'avv.
 Renato  Fusco,  con  domicilio  eletto presso l'ufficio legislativo e
 legale in Trieste, via Milano, 1, come da mandato a margine dell'atto
 di  costituzione  e  nei  confronti  del  Ministero  delle  politiche
 agrarie,  alimentari  e forestali, in persona del Ministro in carica,
 non costituito in giudizio, del Ministero dell'ambiente,  in  persona
 del Ministro in carica, non costituito in giudizio, dell'Associazione
 friulana   migratoristi,   in   persona   del  legale  rappresentante
 pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianfranco Comelli
 e Alfredo Antonini, con elezione di domicilio presso  il  secondo  in
 Trieste,  via  Lazzaretto  Vecchio,  2, come da mandato a margine del
 ricorso, per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione:
     del D.P.G.R. n. 0357/Pres. dell'8 ottobre 1998, con cui e'  stato
 stabilito il numero massimo degli uccelli catturabili per l'anno 1998
 in  base  alla    l.r. 1 giugno 1993 n. 29, concernente la disciplina
 dell'aucupio;
     del decreto dell'assessore all'agricoltura, alla  caccia  e  alla
 pesca  n.  44/c.p.  del 7 ottobre 1998, con cui e' stato approvato il
 calendario dell'attivita'  di  cattura,  in  base  all'art.  5  della
 predetta legge regionale;
     del  D.P.G.R.  n.  0256/Pres. del 4 agosto 1995, con cui e' stato
 approvato il regolamento  di  esecuzione  della  menzionata  l.r.  n.
 29/1993 sulla disciplina dell'aucupio;
   Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
   Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione intimata e
 dell'associazione controinteressata;
   Udito  il relatore, consigliere Enzo Di Sciascio, ed uditi altresi'
 i difensori delle parti costituite;
   Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
                               F a t t o
   L'associazione  ricorrente  rappresenta di aver, con piu' ricorsi a
 questo  tribunale  amministrativo,  sollecitato  l'annullamento   del
 regolamento  di  esecuzione della disciplina dell'aucupio, cosi' come
 regolata dalla l.r. 1 giugno 1993, n. 29, approvato con  decreto  del
 presidente  della  Giunta  regionale n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995,
 deducendo diverse censure  e  sollevando  questione  di  legittimita'
 costituzionale sotto piu' profili.
   Da  ultimo  il  t.a.r.  ha  parzialmente  rigettato  il  ricorso n.
 323/1996 con sentenza n. 10 del 20 gennaio 1997  ed  ha  quindi,  con
 ordinanza   n.  35  del  31  gennaio  1997,  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  l.r.  n.  29/1993,
 riconosciuto  rilevante per la decisione del gravame, nella parte non
 ancora decisa.
   Con ordinanza n. 264 del 9 agosto 1998 la Corte  costituzionale  ha
 ritenuto   manifestamente   inammissibile   la  questione  sollevata,
 osservando che, con la citata sentenza parziale,  il  giudice  a  quo
 aveva   gia'   fatto   applicazione   della   norma   sospettata   di
 incostituzionalita', per cui la questione  stessa  era  da  ritenersi
 irrilevante per difetto di pregiudizialita'.
   L'amministrazione regionale erroneamente avrebbe dedotto, ad avviso
 della  ricorrente,  dalla citata pronunzia del giudice delle leggi la
 piena  legittimita'  della  disciplina  dell'aucupio,  per   cui   ha
 immediatamente   avviato,   con  i  due  atti  impugnati  per  primi,
 l'apertura della relativa attivita' per l'anno 1998.
   Il WWF ne ha pertanto richiesto l'annullamento, in uno  con  quello
 del  presupposto  regolamento,  previa  sospensione  dell'esecuzione,
 deducendone, attraverso una serie articolata di motivi di gravame,
  per violazione di legge ed eccesso di potere sotto  diversi  profili
 nonche'  per  il  fatto  che  il  citato  regolamento.  approvato con
 D.P.G.R.  n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995, proponendosi di attuare la
 l.r.  1 giugno 1993, n. 29, sarebbe illegittimo per  l'illegittimita'
 costituzionale  di  disposizioni  della  legge,  di  cui  costituisce
 esecuzione.
   Viene  in   particolare   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale della l.r. n. 29/1993:
   1.  - in quanto, disciplinando nell'ambito dell'esercizio venatorio
 attivita', come quelle della cattura degli uccelli per  inanellamento
 e  cessione  ai  fini  di richiamo, che la legge 11 febbraio 1992, n.
 157 (art. 4) colloca fra quelle estranee alla sfera della caccia (cui
 provvedono gli artt. 12 e segg.) e attinenti al diverso settore della
 protezione della fauna selvatica,  di  cui  all'art.  1  della  legge
 statale  predetta, violerebbe i limiti posti dagli artt. 4, e 6 dello
 statuto alla potesta' legislativa regionale. Si farebbe  infatti  uso
 della  potesta'  esclusiva  della  regione  Friuli-Venezia  Giulia in
 materia di caccia nella diversa materia della protezione della fauna,
 in cui la regione, avendo soltanto potesta' integrativa, non potrebbe
 discostarsi dalle disposizioni della legge n. 157/1992,  come  invece
 avverrebbe nella legge regionale censurata;
   2.  -  in quanto sarebbero violati gli artt. 4, 5 e 6 dello statuto
 sotto il diverso  profilo  della  violazione,  a  mezzo  della  legge
 regionale   censurata,   del   limite  del  rispetto  degli  obblighi
 internazionali dello Stato, sanciti dall'art. 5  della  direttiva  n.
 409/79/CEE  e  dalle leggi di ratifica delle Convenzioni di Berna del
 19 settembre 1979 e di Parigi del 18 ottobre 1950, nonche'  dell'art.
 3   della   legge   n.   157/1992,   da   ritenersi   grande  riforma
 economico-sociale,  che vieterebbero l'attivita' di uccellagione e di
 cattura di uccelli;
   3. - in quanto l'art. 3  della  menzionata  l.r.  n.  29/1993,  che
 prevede che la provincia competente affidi la gestione in concessione
 degli  impianti  di  cattura  degli  uccelli,  delle specie di cui e'
 consentita l'utilizzazione a fini di richiamo, a soggetti privati che
 abbiamo  frequentato  appositi  corsi,   istituiti   dalla   medesima
 amministrazione,  d'intesa  con  l'istituto  nazionale  per  la fauna
 selvatica,  ovvero,  con  preferenza  sugli  altri,  ai  titolari  di
 autorizzazione alla cattura di uccelli a' sensi delle leggi regionali
 previgenti in materia, cioe' agli ex uccellatori.
   Detta  disposizione si porrebbe in radicale contrasto con l'art.  4
 della legge n.  157/1992,  che  prevede  invece    l'esercizio  degli
 impianti  da  parte delle province, che possono farli gestire solo da
 personale  valutato  idoneo    dall'I.N.F.S.,  ente  che  rappresenta
 l'interesse  nazionale  alla protezione della fauna. La norma statale
 non sarebbe, in quanto  espressione  di  detto  interesse  nazionale,
 derogabile  nemmeno dalla potesta' legislativa esclusiva regionale in
 materia di caccia,  ed  eccederebbe  inoltre  la  potesta'  meramente
 integrativa,  che  la  regione  possiede  in  materia di tutela della
 fauna, con cio' violando gli artt. 4 e 6 dello statuto.
   Con ordinanza n.  216,  resa  nella  camera  di  consiglio  del  20
 novembre  1998 questo tribunale riconosciuta la sussistenza del danno
 grave ed irreparabile, consistente nel grave pregiudizio che potrebbe
 derivare alle  esigenze  di  conservazione  di  alcune  delle  specie
 protette  per il rilevante numero di uccelli, riferito al solo ambito
 spaziale della regione, ancora catturabili, ha ritenuto  rilevanti  e
 non manifestamente infondate, nei limiti da precisarsi con successiva
 ordinanza,  le  questioni  di  legittimita' proposte con il ricorso o
 sollevate d'ufficio, ed ha stabilito di  accogliere  provvisoriamente
 l'istanza inibitoria, di sospendere il seguito del giudizio cautelare
 fino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale
 e  di  rimettere gli atti alla Corte stessa per la pronunzia relativa
 al giudizio di legittimita' costituzionale sopra indicato.
                             D i r i t t o
   1. - L'istanza cautelare, che questo tribunale  deve  decidere,  si
 fonda,  sotto  il  profilo  del  fumus  sul  presupposto  che tutti i
 provvedimenti impugnati, in quanto adottati  in  base  alla  l.r.  n.
 29/1993,   sulla  disciplina  dell'aucupio,  delle  cui  disposizioni
 costituiscono fedele esecuzione, sono illegittimi, oltre che per vizi
 propri, per l'illegittimita' costituzionale di detta legge  regionale
 sotto i profili riassunti nella narrativa in fatto.
   2.  -  Peraltro  il  collegio  ritiene  che  alcune delle questioni
 sollevate, prima ancora di soffermarsi sulla loro rilevanza, siano da
 ritenere senz'altro manifestamente infondate.
   2.1. - Non  sembra  innanzitutto  condivisibile  la  prospettazione
 dell'associazione  ricorrente secondo cui la cattura degli uccelli ai
 fini di  inanellamento  e  richiamo  sarebbe  completamente  estranea
 all'esercizio  venatorio,  risultando  invece  che  la  finalita'  di
 acquisizione  di  una  preda  che,  per  giunta,  in  via  diretta  o
 strumentale,  produce  un'utilita'  al  detentore  e' ben presente in
 detta attivita', che pur deve rispettare le  esigenze  di  protezione
 della fauna.
   Appare  percio'  non  esorbitare  dalle  sue  competenze la regione
 Friuli-Venezia Giulia, che  la  disciplina  anche  nell'ambito  della
 potesta' legislativa esclusiva che l'art. 4, punto 3), dello statuto,
 le riconosce in materia di caccia.
   Ne deriva la manifesta infondatezza della questione di cui al punto
 1. delle premesse di fatto.
   2.2. - Ritiene altresi' il collegio che le disposizioni comunitarie
 o   di   trattati   debitamente  ratificati,  cui  si  appella  parte
 ricorrente,  per  inferirne  la  violazione,  da  parte  della  legge
 regionale  censurata,  e  quindi  degli  atti  di essa attuativi, del
 limite  costituzionale  del  rispetto,  da  parte   del   legislatore
 regionale,  degli  obblighi internazionali dello Stato non vietano in
 via di principio l'attivita' di cattura, cosi'  come  regolata  dalla
 l.r.  n. 29/1993, le cui disposizioni, nonostante quanto affermato in
 ricorso, si collocano nell'ambito della potesta' di deroga che  dette
 fonti  di  diritto  comunitario  o  internazionale  riconoscono e non
 autorizzano l'uccellagione.
   Ne consegue la manifesta infondatezza della  questione  compendiata
 al punto 2. delle premesse di fatto.
   3.  -  Diverso  e piu' articolato discorso deve essere fatto per la
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art. 3 della l.r.   n.
 29/1993,  sollevata,  come  risulta  dal  punto  3. delle premesse in
 fatto, sotto il profilo del   radicale  contrasto  fra  la  norma  in
 questione,  che prevede la concessione da parte delle amministrazioni
 provinciali competenti della gestione degli impianti di cattura degli
 uccelli  catturabili  a  soggetti  privati,  che   abbiano   superato
 specifici  corsi  organizzati dalle province d'intesa con l'I.N.F.S.,
 ovvero, con precedenza, ai soggetti gia' titolari  di  autorizzazione
 alla  cattura  di  uccelli  a'  sensi  delle  ll.rr.  n. 17/1969 e n.
 19/1978,  cioe'  quelli   autorizzati   a   svolgere   attivita'   di
 uccellagione,  e  l'art.  4,  comma  3,  della legge n. 157/1992, che
 prevede invece la gestione di detti impianti da  parte  di  personale
 provinciale,   qualificato   e  valutato  idoneo  dall'I.N.F.S.,  per
 violazione dell'art. 4 dello  statuto.
   3.1. - Deve andar  valutata  in  primo  luogo  la  rilevanza  della
 questione  sotto il profilo della decisione circa il fumus boni iuris
 dell'istanza cautelare proposta, in presenza di ulteriori  motivi  di
 gravame,  che  deducono  l'illegittimita' degli atti impugnati, senza
 chiamare in causa la conformita' a Costituzione della legge regionale
 regolatrice della materia.
   Va al riguardo  osservato  che  il  sistema  concessorio,  previsto
 dall'art.    3 della citata l.r. n. 29/1993, costituisce la chiave di
 volta della legge regionale predetta, dal quale dipendono, in  quanto
 ne  sono  l'attuazione o ne presuppongono la vigenza, le disposizioni
 del regolamento di attuazione, approvato con D.P.G.R.  n.  0256/Pres.
 del    4 agosto 1995, di cui si chiede la sospensione interinale e, a
 fortiori quelle dei due successivi atti, oggetto di gravame,  emanati
 in esecuzione del regolamento predetto.
   Non e' pertanto possibile per il collegio, considerato il carattere
 pregiudiziale  della  norma  menzionata, prendere in esame le censure
 che deducono la non conformita' del  regolamento  in  questione  alla
 citata  legge  regionale,  senza  fare  direttamente o indirettamente
 applicazione proprio della norma sospettata di incostituzionalita'.
   Su  questa  base  infatti  lo  stesso giudice delle leggi, adito su
 analoga questione  di  costituzionalita'  da  questo  stesso  t.a.r.,
 constatato  che allora si era provveduto a decidere su tutti i motivi
 di gravame, in gran parte analoghi a quelli proposti in questa  sede,
 diversi   dalla   prospettata  questione  di  costituzionalita',  con
 sentenza parziale, ha concluso, con ordinanza n.  264  del  9  luglio
 1998,  per  l'inammissibilita'  della questione proposta, irrilevante
 per difetto di pregiudizialita' "in quanto  i  giudici,  pronunziando
 nel  corso  dello stesso giudizio la sentenza parziale il cui oggetto
 comporta la necessaria applicazione della disposizione censurata,  si
 sono ormai preclusi la possibilita' di rimetterla in discussione e di
 sollevare l'eccezione di legittimita' costituzionale".
   Deve  pertanto  concludersi  che,  per  la decisione della presente
 istanza di sospensione, e'  rilevante  la  soluzione  della  proposta
 eccezione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della  l.r.  n.
 29/1993  in  sede  di  impugnazione  del  regolamento  di  esecuzione
 approvato  con  il  menzionato  decreto  del  presidente della Giunta
 regionale,  nonche'  degli  ulteriori  atti   oggetto   di   gravame,
 considerato   il   carattere   pregiudiziale  della  stessa  rispetto
 all'esame dei motivi di violazione di legge proposti.
   4.  -  La  questione  proposta  appare  altresi'  al  collegio  non
 manifestamente  infondata,  con  riferimento  agli artt. 1 e 36 della
 menzionata legge n. 157/1992.
   Invero il comma 1 dell'art. 1 di detta legge, che  fin  dal  titolo
 significativamente  si  propone  di  dettare  norme per la protezione
 della  fauna  selvatica,  dispone  che  detta   fauna   e'   tutelata
 "nell'interesse  della  comunita'  nazionale",  dimodoche',  al comma
 successivo, viene precisato  che  la  sua  conservazione  costituisce
 limite  all'esercizio della facolta' venatoria e, deduce il collegio,
 alla relativa potesta' legislativa regionale in materia.
   Per  quanto  concerne  le  regioni  a  statuto  speciale,  come  il
 Friuli-Venezia  Giulia,  oltre alla disposizione del successivo comma
 3, che le invita ad emanare norme in materia di  tutela  della  fauna
 selvatica  "in  base  alle competenze esclusive, nei limiti stabiliti
 dai relativi statuti", di poco rilievo nella fattispecie, non  avendo
 la  regione  intimata  competenza  esclusiva,  ma solo integrativa in
 materia, ex art. 6 dello statuto, viene in rilievo in particolare  il
 comma   7   dell'art.  36,  che  impone  alle  regioni  ad  autonomia
 differenziata di adeguare, entro un termine  stabilito,  "la  propria
 legislazione  ai  principi  ed  alle  norme, stabiliti dalla presente
 legge, nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti".
   In altri termini la legge n. 147/1992  si  propone  come  paradigma
 dell'interesse  nazionale  della tutela della fauna selvatica, che la
 legislazione regionale, anche esclusiva, in  materia  di  caccia  non
 puo' compromettere.
   Ne  e'  riprova l'obbligo, di cui al citato art. 36, di adeguamento
 dell'intera legislazione regionale di settore  "ai  principi  e  alle
 norme"  di  detta  legge,  cui  non  sfuggono  le  regioni  a statuto
 speciale.
   Se la locuzione predetta  si  interpreta  come  apposizione  di  un
 limite  alla competenza regionale, costituito da tutte le norme della
 legge n. 157/1992, in quanto  espressione  del  menzionato  interesse
 nazionale,  non  pare revocabile in dubbio che l'art. 3 della l.r. n.
 29/1993, poiche' disciplina le concessioni degli impianti di  cattura
 degli  uccelli  cacciabili per richiamo in maniera del tutto difforme
 dall'art.      4   della  legge  statale  predetta,  costituisce  una
 illegittima  modalita'  di  esercizio  della   potesta'   legislativa
 esclusiva  regionale  in  materia  di  caccia, in quanto, nel caso di
 specie, essa non si esplica "nel rispetto degli interessi nazionali",
 come  vorrebbe  l'art.  4  dello  statuto  speciale   della   regione
 Friuli-Venezia Giulia.
   Le  conclusioni,  in  ordine al mancato rispetto di detto limite da
 parte della norma  in  esame,  peraltro  non  cambiano  anche  se  si
 intende,  come ritiene il collegio, limitato il menzionato obbligo di
 adeguamento da parte della legislazione regionale ai  soli  principi,
 evincibili  dalla legge statale ricordata, leggendo cioe' il disposto
 dell'art.  36 succitato, che obbliga ad allineare le leggi  regionali
 in  materia "ai principi e alle norme" della legge  n. 157/1992, come
 diretto a far rispettare soltanto le norme  di  principio,  che  essa
 contiene,   nelle   quali   unicamente  si  esprimerebbe  l'interesse
 nazionale alla protezione della fauna.
   Invero,  ad  avviso  del  collegio,  tale  qualificazione  andrebbe
 senz'altro riconosciuta all'art. 4 della legge n. 157/1992, in quanto
 detta  disposizione  vuole  garantire,  attraverso  la  riserva della
 gestione degli impianti di  cattura da parte di personale, dipendente
 dalle province a cio' autorizzate dalla regione, l'imparzialita' che,
 per
  dettato  costituzionale,  deve  ispirare  l'operato  della  pubblica
 amministrazione,    e,    attraverso    di    essa,    l'effettivita'
 dell'equilibrato perseguimento del predetto interesse pubblico, senza
 compromettere la legittima attivita' di caccia, e senza  sacrificarlo
 ad   essa,  in  modo  da  non  privilegiare  alcuna  tra  le  opposte
 sollecitazioni   delle   associazioni   venatorie   e    di    quelle
 ambientalistiche.
   Del  pari  detta  norma  si  propone di garantire il buon andamento
 dell'attivita' di cattura, attraverso la  prescrizione  di  riservare
 detta  gestione  soltanto a personale, ritenuto idoneo daIl'I.N.F.S.,
 cioe' dalla piu' qualificata istanza tecnica nazionale  del  settore,
 onde ridurre al minimo la possibilita' di danni alle specie protette,
 che  per  incuria o insensibilita' degli operatori, possono incappare
 negli  impianti  relativi,  garantendo  la  selettivita'  di   questi
 attraverso la professionalita' di quelli.
   L'imprescindibilita'  del  raggiungimento dei descritti obbiettivi,
 che possono essere garantiti soltanto  dalla  gestione  pubblicistica
 degli  impianti,  nei  termini  che  il  predetto  art. 4 disegna, ne
 garantiscono il carattere di disposizione di principio  e  di  limite
 alla   potesta'   regionale,   in  quanto  espressione  di  modalita'
 irrinunciabili di perseguimento di interessi pubblici nazionali.
   Al contrario  detti  valori  sono  in  gran  parte  negletti  dalla
 contestata  disposizione  dell'art.  3 della l.r. numero 29/1993, che
 affida la gestione degli impianti  a  soggetti  privati  "abilitati",
 intendendo  per  tali  in  primis    "i  soggetti  gia'  titolari  di
 autorizzazione all'esercizio della cattura di uccelli" cioe'  gli  ex
 uccellatori,  che  hanno diritto di precedenza nell'ottenimento della
 relativa  concessione,  e  solo  secondariamente  coloro  che   hanno
 superato   l'esame  finale  a  seguito  di  appositi  corsi,  in  cui
 l'I.N.F.S. interviene peraltro solo come  soggetto  che  concorre  ad
 organizzarli,  d'intesa  con  l'amministrazione  provinciale,  ma non
 necessariamente come gestore degli esami finali  (per  cui  anzi,  a'
 sensi   dell'art.  12  del  regolamento  impugnato,  si  prevede  una
 commissione esaminatrice  di  cinque  membri,  di  cui  uno  solo  e'
 designato dall'I.N.F.S. medesimo, mentre, ad esempio, due membri sono
 indicati dalle associazioni dei "tenditori" o ex uccellatori).
   Ne'   l'imparzialita'   ne'   la   qualificazione  degli  operatori
 nell'attivita'  di  cattura,   a   tutela   dell'indicato   interesse
 nazionale,  sono  pertanto  garantiti  dalla  disposizione, della cui
 costituzionalita' si tratta.
   Essa configura un assetto cosi' sbilanciato a favore delle  istanze
 venatorie,  da  far  dubitare  il  collegio  dell'idoneita'  a essere
 assunta come parametro del perseguimento  della  tutela  della  fauna
 selvatica.
   In  ogni  caso  la  disposizione all'esame non appare conforme alla
 normativa,  che  fissa  i  principi  irrinunciabili,  attraverso  cui
 l'interesse   a   tale   tutela   viene   definito,  con  conseguente
 inosservanza dei limiti, posti alla  potesta'  legislativa  esclusiva
 dall'art.  4  dello  statuto  speciale  della  regione Friuli-Venezia
 Giulia e, in parallelo,  con  palese  violazione  della  legislazione
 statale  in materia di protezione della fauna, che in base all'art. 6
 medesimo  statuto,  la  legge  regionale  puo'  soltanto  attuare   o
 integrare.
   In base a quanto finora esposto, essendo stata la dedotta questione
 di  costituzionalita'  ritenuta rilevante ai fini della decisione del
 ricorso e non manifestamente infondata, il collegio deve disporre  la
 sospensione  del  giudizio  e  la  remissione  degli  atti alla Corte
 costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.   134   della   Costituzione,   1   della   legge
 costituzionale  9  febbraio  1948,  n.  1, 23 e segg. della legge  11
 marzo 1953, n.  87;
   Sospende il giudizio e rimette gli atti alla  Corte  costituzionale
 per  l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 3 della l.r. 1 giugno 1993, n. 29, in quanto, non  facendo  salva  la
 gestione   pubblicistica,  con  affidamento  a  personale  dipendente
 dall'ente  pubblico,  debitamente  qualificato,  la  gestione   degli
 impianti  di  cattura  degli  uccelli,  da  destinare  a richiamo per
 l'attivita' venatoria, nei termini di cui all'art. 4 della  legge  11
 febbraio  1992,   n. 157, violerebbe gli artt. 4, punto 3), e 6 dello
 statuto della regione Friuli-Venezia Giulia, ponendosi  in  contrasto
 con le norme statali di principio relative alla tutela dell'interesse
 nazionale  alla  protezione della fauna e con la legislazione statale
 in materia.
     Trieste, addi' 20 novembre 1999.
                       Il presidente: Bagarotto
                                              Il relatore: Di Sciascio
 99C0952