N. 503 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1998
N. 503 Ordinanza emessa il 20 novembre 1998 dal tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Associazione italiana per il World Wildlife Found Italia - Fondo mondiale per la natura contro la regione Friuli-Venezia Giulia ed altri. Caccia - Regione Friuli-Venezia Giulia - Attivita' di cattura di uccelli - Possibilita' di esercizio, in base a concessione dell'amministrazione provinciale, da parte di privati (qualificati in base alla frequenza di un corso organizzato dall'Istituto nazionale fauna selvatica e al superamento del relativo esame, ovvero, con preferenza, senza qualificazione alcuna, ma in virtu' dell'esercizio di detta attivita' per almeno un biennio, in base ad autorizzazioni rilasciate a norma della previgente legislazione regionale) - Violazione dei principi stabiliti dalla legislazione statale in materia (attribuzione della concessione alla gestione degli impianti di cattura degli uccelli esclusivamente a dipendenti delle amministrazioni provinciali debitamente qualificati). (Legge regione Friuli-Venezia Giulia, 1 giugno 1993, n. 29, art. 3). (Statuto regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, punto 3, e 6).(GU n.40 del 6-10-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del 20 novembre 1998 sul ricorso numero 642/1998 proposto dall'Associazione italiana per il World Wildlife Found Italia - Fondo mondiale per la natura, in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Giadrossi, con domicilio eletto presso di lui in Trieste, via XXX Ottobre, 17, come da mandato a margine del ricorso; Contro la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Renato Fusco, con domicilio eletto presso l'ufficio legislativo e legale in Trieste, via Milano, 1, come da mandato a margine dell'atto di costituzione e nei confronti del Ministero delle politiche agrarie, alimentari e forestali, in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio, del Ministero dell'ambiente, in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio, dell'Associazione friulana migratoristi, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianfranco Comelli e Alfredo Antonini, con elezione di domicilio presso il secondo in Trieste, via Lazzaretto Vecchio, 2, come da mandato a margine del ricorso, per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione: del D.P.G.R. n. 0357/Pres. dell'8 ottobre 1998, con cui e' stato stabilito il numero massimo degli uccelli catturabili per l'anno 1998 in base alla l.r. 1 giugno 1993 n. 29, concernente la disciplina dell'aucupio; del decreto dell'assessore all'agricoltura, alla caccia e alla pesca n. 44/c.p. del 7 ottobre 1998, con cui e' stato approvato il calendario dell'attivita' di cattura, in base all'art. 5 della predetta legge regionale; del D.P.G.R. n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995, con cui e' stato approvato il regolamento di esecuzione della menzionata l.r. n. 29/1993 sulla disciplina dell'aucupio; Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione intimata e dell'associazione controinteressata; Udito il relatore, consigliere Enzo Di Sciascio, ed uditi altresi' i difensori delle parti costituite; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue; F a t t o L'associazione ricorrente rappresenta di aver, con piu' ricorsi a questo tribunale amministrativo, sollecitato l'annullamento del regolamento di esecuzione della disciplina dell'aucupio, cosi' come regolata dalla l.r. 1 giugno 1993, n. 29, approvato con decreto del presidente della Giunta regionale n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995, deducendo diverse censure e sollevando questione di legittimita' costituzionale sotto piu' profili. Da ultimo il t.a.r. ha parzialmente rigettato il ricorso n. 323/1996 con sentenza n. 10 del 20 gennaio 1997 ed ha quindi, con ordinanza n. 35 del 31 gennaio 1997, sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della l.r. n. 29/1993, riconosciuto rilevante per la decisione del gravame, nella parte non ancora decisa. Con ordinanza n. 264 del 9 agosto 1998 la Corte costituzionale ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione sollevata, osservando che, con la citata sentenza parziale, il giudice a quo aveva gia' fatto applicazione della norma sospettata di incostituzionalita', per cui la questione stessa era da ritenersi irrilevante per difetto di pregiudizialita'. L'amministrazione regionale erroneamente avrebbe dedotto, ad avviso della ricorrente, dalla citata pronunzia del giudice delle leggi la piena legittimita' della disciplina dell'aucupio, per cui ha immediatamente avviato, con i due atti impugnati per primi, l'apertura della relativa attivita' per l'anno 1998. Il WWF ne ha pertanto richiesto l'annullamento, in uno con quello del presupposto regolamento, previa sospensione dell'esecuzione, deducendone, attraverso una serie articolata di motivi di gravame, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili nonche' per il fatto che il citato regolamento. approvato con D.P.G.R. n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995, proponendosi di attuare la l.r. 1 giugno 1993, n. 29, sarebbe illegittimo per l'illegittimita' costituzionale di disposizioni della legge, di cui costituisce esecuzione. Viene in particolare sollevata questione di legittimita' costituzionale della l.r. n. 29/1993: 1. - in quanto, disciplinando nell'ambito dell'esercizio venatorio attivita', come quelle della cattura degli uccelli per inanellamento e cessione ai fini di richiamo, che la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (art. 4) colloca fra quelle estranee alla sfera della caccia (cui provvedono gli artt. 12 e segg.) e attinenti al diverso settore della protezione della fauna selvatica, di cui all'art. 1 della legge statale predetta, violerebbe i limiti posti dagli artt. 4, e 6 dello statuto alla potesta' legislativa regionale. Si farebbe infatti uso della potesta' esclusiva della regione Friuli-Venezia Giulia in materia di caccia nella diversa materia della protezione della fauna, in cui la regione, avendo soltanto potesta' integrativa, non potrebbe discostarsi dalle disposizioni della legge n. 157/1992, come invece avverrebbe nella legge regionale censurata; 2. - in quanto sarebbero violati gli artt. 4, 5 e 6 dello statuto sotto il diverso profilo della violazione, a mezzo della legge regionale censurata, del limite del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, sanciti dall'art. 5 della direttiva n. 409/79/CEE e dalle leggi di ratifica delle Convenzioni di Berna del 19 settembre 1979 e di Parigi del 18 ottobre 1950, nonche' dell'art. 3 della legge n. 157/1992, da ritenersi grande riforma economico-sociale, che vieterebbero l'attivita' di uccellagione e di cattura di uccelli; 3. - in quanto l'art. 3 della menzionata l.r. n. 29/1993, che prevede che la provincia competente affidi la gestione in concessione degli impianti di cattura degli uccelli, delle specie di cui e' consentita l'utilizzazione a fini di richiamo, a soggetti privati che abbiamo frequentato appositi corsi, istituiti dalla medesima amministrazione, d'intesa con l'istituto nazionale per la fauna selvatica, ovvero, con preferenza sugli altri, ai titolari di autorizzazione alla cattura di uccelli a' sensi delle leggi regionali previgenti in materia, cioe' agli ex uccellatori. Detta disposizione si porrebbe in radicale contrasto con l'art. 4 della legge n. 157/1992, che prevede invece l'esercizio degli impianti da parte delle province, che possono farli gestire solo da personale valutato idoneo dall'I.N.F.S., ente che rappresenta l'interesse nazionale alla protezione della fauna. La norma statale non sarebbe, in quanto espressione di detto interesse nazionale, derogabile nemmeno dalla potesta' legislativa esclusiva regionale in materia di caccia, ed eccederebbe inoltre la potesta' meramente integrativa, che la regione possiede in materia di tutela della fauna, con cio' violando gli artt. 4 e 6 dello statuto. Con ordinanza n. 216, resa nella camera di consiglio del 20 novembre 1998 questo tribunale riconosciuta la sussistenza del danno grave ed irreparabile, consistente nel grave pregiudizio che potrebbe derivare alle esigenze di conservazione di alcune delle specie protette per il rilevante numero di uccelli, riferito al solo ambito spaziale della regione, ancora catturabili, ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate, nei limiti da precisarsi con successiva ordinanza, le questioni di legittimita' proposte con il ricorso o sollevate d'ufficio, ed ha stabilito di accogliere provvisoriamente l'istanza inibitoria, di sospendere il seguito del giudizio cautelare fino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale e di rimettere gli atti alla Corte stessa per la pronunzia relativa al giudizio di legittimita' costituzionale sopra indicato. D i r i t t o 1. - L'istanza cautelare, che questo tribunale deve decidere, si fonda, sotto il profilo del fumus sul presupposto che tutti i provvedimenti impugnati, in quanto adottati in base alla l.r. n. 29/1993, sulla disciplina dell'aucupio, delle cui disposizioni costituiscono fedele esecuzione, sono illegittimi, oltre che per vizi propri, per l'illegittimita' costituzionale di detta legge regionale sotto i profili riassunti nella narrativa in fatto. 2. - Peraltro il collegio ritiene che alcune delle questioni sollevate, prima ancora di soffermarsi sulla loro rilevanza, siano da ritenere senz'altro manifestamente infondate. 2.1. - Non sembra innanzitutto condivisibile la prospettazione dell'associazione ricorrente secondo cui la cattura degli uccelli ai fini di inanellamento e richiamo sarebbe completamente estranea all'esercizio venatorio, risultando invece che la finalita' di acquisizione di una preda che, per giunta, in via diretta o strumentale, produce un'utilita' al detentore e' ben presente in detta attivita', che pur deve rispettare le esigenze di protezione della fauna. Appare percio' non esorbitare dalle sue competenze la regione Friuli-Venezia Giulia, che la disciplina anche nell'ambito della potesta' legislativa esclusiva che l'art. 4, punto 3), dello statuto, le riconosce in materia di caccia. Ne deriva la manifesta infondatezza della questione di cui al punto 1. delle premesse di fatto. 2.2. - Ritiene altresi' il collegio che le disposizioni comunitarie o di trattati debitamente ratificati, cui si appella parte ricorrente, per inferirne la violazione, da parte della legge regionale censurata, e quindi degli atti di essa attuativi, del limite costituzionale del rispetto, da parte del legislatore regionale, degli obblighi internazionali dello Stato non vietano in via di principio l'attivita' di cattura, cosi' come regolata dalla l.r. n. 29/1993, le cui disposizioni, nonostante quanto affermato in ricorso, si collocano nell'ambito della potesta' di deroga che dette fonti di diritto comunitario o internazionale riconoscono e non autorizzano l'uccellagione. Ne consegue la manifesta infondatezza della questione compendiata al punto 2. delle premesse di fatto. 3. - Diverso e piu' articolato discorso deve essere fatto per la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della l.r. n. 29/1993, sollevata, come risulta dal punto 3. delle premesse in fatto, sotto il profilo del radicale contrasto fra la norma in questione, che prevede la concessione da parte delle amministrazioni provinciali competenti della gestione degli impianti di cattura degli uccelli catturabili a soggetti privati, che abbiano superato specifici corsi organizzati dalle province d'intesa con l'I.N.F.S., ovvero, con precedenza, ai soggetti gia' titolari di autorizzazione alla cattura di uccelli a' sensi delle ll.rr. n. 17/1969 e n. 19/1978, cioe' quelli autorizzati a svolgere attivita' di uccellagione, e l'art. 4, comma 3, della legge n. 157/1992, che prevede invece la gestione di detti impianti da parte di personale provinciale, qualificato e valutato idoneo dall'I.N.F.S., per violazione dell'art. 4 dello statuto. 3.1. - Deve andar valutata in primo luogo la rilevanza della questione sotto il profilo della decisione circa il fumus boni iuris dell'istanza cautelare proposta, in presenza di ulteriori motivi di gravame, che deducono l'illegittimita' degli atti impugnati, senza chiamare in causa la conformita' a Costituzione della legge regionale regolatrice della materia. Va al riguardo osservato che il sistema concessorio, previsto dall'art. 3 della citata l.r. n. 29/1993, costituisce la chiave di volta della legge regionale predetta, dal quale dipendono, in quanto ne sono l'attuazione o ne presuppongono la vigenza, le disposizioni del regolamento di attuazione, approvato con D.P.G.R. n. 0256/Pres. del 4 agosto 1995, di cui si chiede la sospensione interinale e, a fortiori quelle dei due successivi atti, oggetto di gravame, emanati in esecuzione del regolamento predetto. Non e' pertanto possibile per il collegio, considerato il carattere pregiudiziale della norma menzionata, prendere in esame le censure che deducono la non conformita' del regolamento in questione alla citata legge regionale, senza fare direttamente o indirettamente applicazione proprio della norma sospettata di incostituzionalita'. Su questa base infatti lo stesso giudice delle leggi, adito su analoga questione di costituzionalita' da questo stesso t.a.r., constatato che allora si era provveduto a decidere su tutti i motivi di gravame, in gran parte analoghi a quelli proposti in questa sede, diversi dalla prospettata questione di costituzionalita', con sentenza parziale, ha concluso, con ordinanza n. 264 del 9 luglio 1998, per l'inammissibilita' della questione proposta, irrilevante per difetto di pregiudizialita' "in quanto i giudici, pronunziando nel corso dello stesso giudizio la sentenza parziale il cui oggetto comporta la necessaria applicazione della disposizione censurata, si sono ormai preclusi la possibilita' di rimetterla in discussione e di sollevare l'eccezione di legittimita' costituzionale". Deve pertanto concludersi che, per la decisione della presente istanza di sospensione, e' rilevante la soluzione della proposta eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della l.r. n. 29/1993 in sede di impugnazione del regolamento di esecuzione approvato con il menzionato decreto del presidente della Giunta regionale, nonche' degli ulteriori atti oggetto di gravame, considerato il carattere pregiudiziale della stessa rispetto all'esame dei motivi di violazione di legge proposti. 4. - La questione proposta appare altresi' al collegio non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 1 e 36 della menzionata legge n. 157/1992. Invero il comma 1 dell'art. 1 di detta legge, che fin dal titolo significativamente si propone di dettare norme per la protezione della fauna selvatica, dispone che detta fauna e' tutelata "nell'interesse della comunita' nazionale", dimodoche', al comma successivo, viene precisato che la sua conservazione costituisce limite all'esercizio della facolta' venatoria e, deduce il collegio, alla relativa potesta' legislativa regionale in materia. Per quanto concerne le regioni a statuto speciale, come il Friuli-Venezia Giulia, oltre alla disposizione del successivo comma 3, che le invita ad emanare norme in materia di tutela della fauna selvatica "in base alle competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai relativi statuti", di poco rilievo nella fattispecie, non avendo la regione intimata competenza esclusiva, ma solo integrativa in materia, ex art. 6 dello statuto, viene in rilievo in particolare il comma 7 dell'art. 36, che impone alle regioni ad autonomia differenziata di adeguare, entro un termine stabilito, "la propria legislazione ai principi ed alle norme, stabiliti dalla presente legge, nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti". In altri termini la legge n. 147/1992 si propone come paradigma dell'interesse nazionale della tutela della fauna selvatica, che la legislazione regionale, anche esclusiva, in materia di caccia non puo' compromettere. Ne e' riprova l'obbligo, di cui al citato art. 36, di adeguamento dell'intera legislazione regionale di settore "ai principi e alle norme" di detta legge, cui non sfuggono le regioni a statuto speciale. Se la locuzione predetta si interpreta come apposizione di un limite alla competenza regionale, costituito da tutte le norme della legge n. 157/1992, in quanto espressione del menzionato interesse nazionale, non pare revocabile in dubbio che l'art. 3 della l.r. n. 29/1993, poiche' disciplina le concessioni degli impianti di cattura degli uccelli cacciabili per richiamo in maniera del tutto difforme dall'art. 4 della legge statale predetta, costituisce una illegittima modalita' di esercizio della potesta' legislativa esclusiva regionale in materia di caccia, in quanto, nel caso di specie, essa non si esplica "nel rispetto degli interessi nazionali", come vorrebbe l'art. 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia. Le conclusioni, in ordine al mancato rispetto di detto limite da parte della norma in esame, peraltro non cambiano anche se si intende, come ritiene il collegio, limitato il menzionato obbligo di adeguamento da parte della legislazione regionale ai soli principi, evincibili dalla legge statale ricordata, leggendo cioe' il disposto dell'art. 36 succitato, che obbliga ad allineare le leggi regionali in materia "ai principi e alle norme" della legge n. 157/1992, come diretto a far rispettare soltanto le norme di principio, che essa contiene, nelle quali unicamente si esprimerebbe l'interesse nazionale alla protezione della fauna. Invero, ad avviso del collegio, tale qualificazione andrebbe senz'altro riconosciuta all'art. 4 della legge n. 157/1992, in quanto detta disposizione vuole garantire, attraverso la riserva della gestione degli impianti di cattura da parte di personale, dipendente dalle province a cio' autorizzate dalla regione, l'imparzialita' che, per dettato costituzionale, deve ispirare l'operato della pubblica amministrazione, e, attraverso di essa, l'effettivita' dell'equilibrato perseguimento del predetto interesse pubblico, senza compromettere la legittima attivita' di caccia, e senza sacrificarlo ad essa, in modo da non privilegiare alcuna tra le opposte sollecitazioni delle associazioni venatorie e di quelle ambientalistiche. Del pari detta norma si propone di garantire il buon andamento dell'attivita' di cattura, attraverso la prescrizione di riservare detta gestione soltanto a personale, ritenuto idoneo daIl'I.N.F.S., cioe' dalla piu' qualificata istanza tecnica nazionale del settore, onde ridurre al minimo la possibilita' di danni alle specie protette, che per incuria o insensibilita' degli operatori, possono incappare negli impianti relativi, garantendo la selettivita' di questi attraverso la professionalita' di quelli. L'imprescindibilita' del raggiungimento dei descritti obbiettivi, che possono essere garantiti soltanto dalla gestione pubblicistica degli impianti, nei termini che il predetto art. 4 disegna, ne garantiscono il carattere di disposizione di principio e di limite alla potesta' regionale, in quanto espressione di modalita' irrinunciabili di perseguimento di interessi pubblici nazionali. Al contrario detti valori sono in gran parte negletti dalla contestata disposizione dell'art. 3 della l.r. numero 29/1993, che affida la gestione degli impianti a soggetti privati "abilitati", intendendo per tali in primis "i soggetti gia' titolari di autorizzazione all'esercizio della cattura di uccelli" cioe' gli ex uccellatori, che hanno diritto di precedenza nell'ottenimento della relativa concessione, e solo secondariamente coloro che hanno superato l'esame finale a seguito di appositi corsi, in cui l'I.N.F.S. interviene peraltro solo come soggetto che concorre ad organizzarli, d'intesa con l'amministrazione provinciale, ma non necessariamente come gestore degli esami finali (per cui anzi, a' sensi dell'art. 12 del regolamento impugnato, si prevede una commissione esaminatrice di cinque membri, di cui uno solo e' designato dall'I.N.F.S. medesimo, mentre, ad esempio, due membri sono indicati dalle associazioni dei "tenditori" o ex uccellatori). Ne' l'imparzialita' ne' la qualificazione degli operatori nell'attivita' di cattura, a tutela dell'indicato interesse nazionale, sono pertanto garantiti dalla disposizione, della cui costituzionalita' si tratta. Essa configura un assetto cosi' sbilanciato a favore delle istanze venatorie, da far dubitare il collegio dell'idoneita' a essere assunta come parametro del perseguimento della tutela della fauna selvatica. In ogni caso la disposizione all'esame non appare conforme alla normativa, che fissa i principi irrinunciabili, attraverso cui l'interesse a tale tutela viene definito, con conseguente inosservanza dei limiti, posti alla potesta' legislativa esclusiva dall'art. 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia e, in parallelo, con palese violazione della legislazione statale in materia di protezione della fauna, che in base all'art. 6 medesimo statuto, la legge regionale puo' soltanto attuare o integrare. In base a quanto finora esposto, essendo stata la dedotta questione di costituzionalita' ritenuta rilevante ai fini della decisione del ricorso e non manifestamente infondata, il collegio deve disporre la sospensione del giudizio e la remissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della l.r. 1 giugno 1993, n. 29, in quanto, non facendo salva la gestione pubblicistica, con affidamento a personale dipendente dall'ente pubblico, debitamente qualificato, la gestione degli impianti di cattura degli uccelli, da destinare a richiamo per l'attivita' venatoria, nei termini di cui all'art. 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, violerebbe gli artt. 4, punto 3), e 6 dello statuto della regione Friuli-Venezia Giulia, ponendosi in contrasto con le norme statali di principio relative alla tutela dell'interesse nazionale alla protezione della fauna e con la legislazione statale in materia. Trieste, addi' 20 novembre 1999. Il presidente: Bagarotto Il relatore: Di Sciascio 99C0952