N. 508 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 1998

                                N. 508
  Ordinanza  emessa  il  18  dicembre 1998 dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di Forli' nel  procedimento  pernale  a
 carico di Lombardi Giuseppe ed altri
 Processo   penale   -  Astensione  del  giudice  -  Dichiarazione  di
    astensione presentata dal giudice per incompatibilita'  di  natura
    oggettiva   -   Decisione  (nella  specie  rigetto  da  parte  del
    Presidente del tribunale dell'istanza di astensione presentata dal
    giudice  per  incompatibilita'  a  pronunciarsi  in  ordine   alla
    richiesta  di emissione di decreto penale di condanna, avendo gia'
    emesso  ordinanza  ex  art.  554  cod.  proc.    pen.)  -  Dedotta
    valutazione discrezionale del Presidente del tribunale della Corte
    d'appello  o  della  Corte  di  cassazione  -  Irragionevolezza  -
    Violazione del principio del giudice  naturale  precostituito  per
    legge - Lesione del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 36, comma 3, combinato disposto e 1, lett. g)).
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.40 del 6-10-1999 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Nel  procedimento  contro  Lombardi Giuseppe piu' due, decidendo in
 camera di consiglio, solleva questione di legittimita' costituzionale
 nei seguenti termini;
   1. - Il p.m. presso la pretura ha richiesto, in data  10  settembre
 1997, decreto di archiviazione a questo giudice, che invece ha emesso
 ordinanza ex art. 554 c.p.p. il 25 settembre 1998.
   2.  -  In  data  29 ottobre 1998 il p.m. emise richiesta di decreto
 penale a  carico  dei  medesimi  imputati,  per  i  reati  ipotizzati
 nell'ordinanza  del  giudice che, e' appena il caso di precisarlo, e'
 la stessa persona fisica che redige il presente provvedimento.
   3. - Questo  giudice  ha  inoltrato  al  presidente  del  tribunale
 dichiarazione di astensione secondo il combinato disposto degli artt.
 36,  lett.    g) e 34 c.p.p., astensione che e' stata respinta con la
 motivazione "V, si rileva che il giudice puo' emettere decreto penale
 di condanna.
   L'incompatibilita' si determinera' in caso di opposizione".
   4. - A  parere  di  questo  giudice,  tuttavia,  l'incompatibilita'
 sussiste  ed  e' stata rilevata da codesta Corte con sentenza n. 346,
 del 13-21  novembre  1997.  Tuttavia,  poiche'  la  dichiarazione  di
 astensione  e'  stata  rigettata  questo giudice dovrebbe procedere o
 all'emissione del decreto penale (anche alla luce  dell'ordinanza  ex
 art.  554  c.p.p.,  che  rende  alquanto  remota  la  possibilita' di
 emettere sentenza ex art. 129), o a ordinanza  ex  art.  459  c.p.p.,
 qualora la pena fosse ritenuta incongrua.
   5.  - La disciplina dell'astensione e dell'incompatibilita' appare,
 ad avviso di chi  scrive,  irragionevole:  se  infatti  e'  piu'  che
 corretto  che  nei  casi  di  cui all'art. 36, lettere a), c), d), h)
 c.p.p. la valutazione del  presidente  del  tribunale  sia  piu'  che
 sufficiente  per  garantire  un  corretto  esercizio  dei  poteri del
 giudice, dato che le situazioni ivi contemplate sono suscettibili  di
 valutazione  discrezionale,  per  altri  casi,  e  in particolare per
 quanto riguarda  la  situazione  contemplata  dall'art.  36,  lett.g)
 c.p.p.,  si  tratta  di incompatibilita' documentalmente accertabili,
 derivanti dal compimento di atti formali, o dal legame di parentela o
 coniugio con altri magistrati che hanno svolto  le  proprie  funzioni
 nel procedimento.
   L'incompatibilita'  e',  semplificando, obbligata e non discende da
 valutazioni  discrezionali.  Nel  caso  di  specie,  in  particolare,
 occorre  solo verificare se il giudice ha compiuto o no un certo atto
 del procedimento, facilmente identificabile, come l'ordinanza ex art.
 554.2 c.p.p. Collegare a tale situazione oggettiva una valutazione di
 carattere  soggettivo,  significa  conferire  all'organo  che  decide
 sull'astensione il potere di disapplicare una norma di  legge  (nella
 fattispecie l'art. 34 c.p.p.).
   6. - Le conseguenze di tale costruzione sono evidenti e i risultati
 paradossali.  Si  pensi  al  caso  del  pretore che deve giudicare un
 imputato chiamato a giudizio in seguito a decreto di citazione emesso
 dal coniuge e che, astenutosi ex art. 35 c.p.p., si  veda  respingere
 l'astensione.    E cio' perche' il meccanismo dell'astensione e della
 valutazione della stessa, come del resto  quello  della  ricusazione,
 mal  si  attaglia  alla regolazione di una situazione oggettiva quale
 quella prevista dagli artt. 34 e 35 c.p.p..
   Di qui l'irragionevolezza del combinato  disposto  dell'art.  36.1,
 lett.  g)  e 36.3 c.p.p. nella parte in cui prevede che anche qualora
 il giudice versi in una situazione  di  incompatibilita'  determinata
 dall'aver  compiuto  atti  del procedimento sia necessario seguire la
 procedura  prevista  per  gli  altri  casi  di   astensione,   e   la
 contrarieta' all'art. 3 della Costituzione, che impone un trattamento
 differenziato  per  situazioni  differenti. Infatti e' evidente, come
 detto  sopra,  che  altro  e'  la  verifica  di  una  situazione   di
 "inimicizia", o di "interesse" nel procedimento da parte del giudice;
 altro e' la verifica della presenza nel fascicolo di un atto compiuto
 da un certo giudice.
   7. - E' ben vero che alcune delle "incompatibilita'" che sono state
 introdotte  grazie a sentenze della Corte costituzionale, non sono di
 carattere  esclusivamente  oggettivo,  e   quindi   giustificano   un
 intervento  valutativo  dell'organo indicato nell'art. 36.3 c.p.p. Si
 pensi al caso del giudice che ha fatto parte del  tribunale  ex  art.
 310  c.p.p.    che  si  sia pronunciato su aspetti non esclusivamente
 formali  di  un'ordinanza  in  materia  cautelare.  In  questo   caso
 l'astensione  deriva non solo dall'aver fatto parte di quel collegio,
 ma anche dal contenuto del provvedimento e quindi  dalla  valutazione
 dello stesso (meramente formale o anche sostanziale).
   Tuttavia,  a prescindere dalla considerazione che si tratta di casi
 limitati, cio' puo' valere solo a escludere dalla censura che oggi si
 muove i predetti casi,  ma  non  a  legittimare  l'instaurazione  del
 procedimento ex art. 36.3 per gli altri.
   8.  -  In  altre  parole,  la  censura  che oggi si muove, riguarda
 esclusivamente i casi in cui l'incompatibilita'  ex  artt.  34  e  35
 c.p.p.  discenda esclusivamente da ragioni oggettive e obiettivabili,
 senza   che   sia   prevista   alcuna    valutazione    discrezionale
 sull'esistenza delle stesse.
   9.  -  Questo  giudice  non ignora che anche altre ipotesi previste
 dall'art. 36  c.p.p.  sono  egualmente  "oggettive"  (ad  esempio  la
 lettera  e)),  che  tuttavia, non possono essere sottoposte al vaglio
 della Corte perche' non attinenti a questo procedimento.
   10. - Pare poi a questo giudice che il combinato disposto dell'art.
 36, lett. g) e 36.3 c.p.p. sia in contrasto anche  con  il  principio
 del  giudice naturale precostituito per legge. E' infatti innegabile,
 nel caso di specie, il giudice naturale, precostituito per legge, non
 possa essere  colui  che  ha  gia'  ordinato  al  p.m.  di  formulare
 l'imputazione,  avendo  formulato  un giudizio di merito penetrante e
 sicuramente piu'  profondo  del  giudice  che,  ad  esempio,  si  sia
 limitato a inoltrare una denuncia di reato.
   E'  ben  vero  che  il  rispetto  di questo principio e' assicurato
 dall'art.   34 c.p.p., che rende  il  giudice  incompatibile  con  il
 procedimento.    Tuttavia  il  legislatore,  inserendo  l'obbligo  di
 astensione e regolando lo stesso secondo  i  canoni  dell'art.  36.1,
 lett.  g)  e  36.3  c.p.p.,  crea  un meccanismo che puo' distogliere
 l'imputato dal suo giudice naturale (come nel caso di specie), e cio'
 senza che nessuno possa porre rimedio a tale situazione, non  essendo
 previsti strumenti di impugnazione avverso i provvedimenti ex art. 36
 c.p.p.  del presidente del tribunale (o della Corte d'appello o della
 Corte di cassazione).
   11. - Ne' si puo' sostenere che il mancato controllo del presidente
 comporti rischi di abusi. Si tratta infatti di prendere atto  di  una
 situazione  oggettiva,  e  in  caso  di  errata  allegazione ben puo'
 provvedere  il  dirigente  dell'ufficio,  o   addirittura,   in   via
 preventiva, possono regolare il caso le tabelle di composizione degli
 uffici.
   12. - Inoltre viene violato il diritto di difesa dell'imputato, che
 in  sede  di  decreto  penale  non  ha  possibilita' di far valere in
 contraddittorio o direttamente al giudice, le proprie ragioni;  anzi,
 normalmente  neppure  sa che un procedimento pende e tanto meno se vi
 e' richiesta di decreto penale; egli, quindi, non  potrebbe  ricusare
 il  giudice ne' ricorrere per Cassazione contro l'eventuale decisione
 negativa del Collegio.
   Del  resto  neppure  si  puo'  invocare,  a  tale   proposito,   la
 circostanza  che  in  questo  caso  l'imputato puo' comunque proporre
 opposizione ponendo  nel  nulla  il  decreto.  L'opposizione  infatti
 potrebbe non intervenire, e comunque all'imputato non sarebbe data la
 possibilita'  di  avvantaggiarsi  di  una sentenza ex art. 129 c.p.p.
 (sulla questione codesta Corte si e' espressa  gia'  proprio  con  la
 sentenza n. 346/1991).
   13. - Quanto alla rilevanza della questione, si osserva che qualora
 la  stessa  venisse  accolta,  questo giudice non dovrebbe seguire la
 procedura dell'astensione ma si potrebbe  limitare  a  rimettere  gli
 atti  al  consigliere  pretore dirigente per la designazione di altro
 giudice o per l'assegnazione al supplente, il che peraltro accade una
 volta che sia esaurita, e accolta, la procedura di  astensione.    Di
 conseguenza  non  si occuperebbe piu' di questo processo, in ossequio
 ai principi costituzionali sopra accennati e all'art. 34 c.p.p.
   14. - Occorre quindi  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione  di costituzionalita' del combinato disposto
 dell'art. 36.1, lett. g) e  36.3  c.p.p.  che  estende  l'obbligo  di
 astensione   e   la  valutazione  discrezionale  del  presidente  del
 tribunale, della Corte d'appello o della Cassazione anche ai casi  di
 incompatibilita'    (determinata    dall'aver    compito   atti   del
 procedimento) oggettiva, come specificata al punto 8  della  presente
 ordinanza,   cioe'   laddove  tale  incompatibilita'  sia  di  natura
 oggettiva e non discenda,  anche  solo  parzialmente,  da  valutaziom
 discrezionali.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  3,  24  e 25 della Costituzione e 23 della legge
 costituzionale n. 87 del 1953;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale del combinato  disposto  dell'art.  36.1,
 lett.  g) e 36.3 c.p.p. laddove consente la valutazione discrezionale
 del  presidente  del  tribunale,  della  Corte  d'appello   o   della
 Cassazione  anche  ai  casi  di incompatibilita' ex art. 34 c.p.p. di
 natura oggettiva  che  non  discenda,  anche  solo  parzialmente,  da
 valutazioni discrezionali del contenuto degli atti emanati;
   Ordina  la  trasmissione degli atti, a cura della cancelleria, alla
 Corte costituzionale;
   Sospende il procedimento;
   Ordina che, a cura della cancelleria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
     Forli', addi' 18 dicembre 1998.
                           Il giudice: Celli
 99C0957