N. 31 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 1 settembre 1999

                                 N. 31
  Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 1
 settembre 1999 (della regione Trentino-Alto Adige)
 Banca  -  Note  dei direttori delle filiali di Trento e Bolzano della
    Banca d'Italia in data 24 giugno 1999, rispettivamente individuate
    con  i  n.  005141  e  n.  003469,  indirizzate  alle  banche  con
    articolazione  territoriale  regionale  - Richissta a dette banche
    della disapplicazione della legislazione regionale e della diretta
    applicazione della normativa regolamentare statale in  materia  di
    requisiti  di  professionalita'  per  i  componenti   del collegio
    sindacale - Asserita  violazione  della  competenza  regionale  in
    materia di ordinamento degli enti di credito a carattere regionale
    nonche'  di  sviluppo  della  cooperazione  e  di  vigilanza sulle
    cooperative.
 - Nota  del 24 giugno 1999 n. 003469 del direttore Banca  d'Italia  -
    filiale  Bolzano di Bolzano, nota del 24 giugno 1999 n. 005141 del
    direttore Banca d'Italia - filiale Trento di Trento.
 - Statuto regione Trentino-Alto Adige, artt. 5, n. 3, 4, n. 9, e  16;
    d.P.R.  del  26  marzo  1977, n. 234; d.P.R. del 28 marzo 1975, n.
    472; d.lgs. del 1 settembre 1993, n.  385;  d.P.R.  del  16  marzo
    1992, n. 266, art. 2.
(GU n.45 del 10-11-1999 )
   Ricorso  per  conflitto di attribuzioni della regione Trentino-Alto
 Adige, in persona del Presidente della Giunta  regionale  pro-tempore
 dott.ssa  Margherita Cogo, autorizzata con deliberazione della Giunta
 regionale n. 937 del 29 luglio 1999 (all. 1), rappresentata e  difesa
 -  come  da procura speciale del 3 agosto 1999 (rep. n. 2909), rogata
 dall'ufficiale rogante avv. Franco  Conci,  segretario  della  Giunta
 regionale della regione Trentino-Alto Adige (all. 2) - dagli avvocati
 Giandomenico  Falcon  di  Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio
 eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri 5;
   Contro  il  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   per   la
 dichiarazione  che  non  spetta  allo  Stato  e  per  esso alla Banca
 d'Italia, filiali di Trento e di Bolzano, di indirizzare alle "banche
 con  articolazione  territoriale  regionale"  note   con   le   quali
 arbitrariamente  si  richiede alle predette banche la disapplicazione
 della  legislazione  regionale  e  la  diretta   applicazione   della
 normativa   regolamentare   statale   in   materia  di  requisiti  di
 professionalita' per i componenti del collegio sindacale; nonche' per
 il conseguente annullamento, delle note dei direttori  delle  filiali
 di  Trento  e di Bolzano della Banca d'Italia di data 24 giugno 1999,
 rispettivamente individuate con i numeri 005141 e 003469  (all.  3  e
 4),  non  inviate alla regione, con le quali si pretende dalle banche
 locali il comportamento sopra indicato; per violazione:
     degli artt. 5, n. 3, e  4,  n.  9,  nonche'  dell'art.  16  dello
 Statuto di autonomia;
     delle  relative  norme di attuazione, ed in particolare di quelle
 emanate con d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, e con d.P.R. 28 marzo 1975,
 n. 472, e successive modificazioni;
     dell'art.  159  del  d.lgs.  1  settembre 1993, n. 385, in quanto
 questo ribadisce le competenze e prerogative delle regioni a  statuto
 speciale in materia;
     dell'art. 2 del d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266;
 per i profili e nei modi di seguito illustrati.
                            Fatto e diritto
   La ricorrente regione Trentino-Alto Adige ha competenza legislativa
 ed  amministrativa  in  materia di "ordinamento degli enti di credito
 fondiario e di credito agrario, delle  casse  di  risparmio  e  delle
 casse rurali nonche' delle aziende di credito a carattere regionale",
 ai  sensi  dell'art.  5,  n.  3,  e  dell'art.  16  dello  statuto di
 autonomia.
   Le relative potesta' sono state in concreto trasferite alla regione
 con le norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 marzo  1977,  n.  234,
 con   il   quale   e'  stato  disposto  che  "le  attribuzioni  delle
 amministrazioni dello Stato, esercitate sia direttamente dagli organi
 centrali e periferici dello Stato, sia per il tramite di  enti  e  di
 istituti  pubblici  a  carattere  nazionale o sovraprovinciale, nella
 materia di ordinamento degli  enti  e  delle  aziende  di  credito  a
 carattere  regionale  sano  esercitate  dalla  regione  Trentino-Alto
 Adige" (art.  1, comma 1).
   Inoltre  la  regione  ha  anche  potesta'  legislativa  primaria  e
 potesta'  amministrativa in materia di "sviluppo della cooperazione e
 vigilanza sulle cooperative", ai sensi dell'art. 4, n. 9, e dell'art.
 16 dello Statuto. E l'art. 1 del d.P.R. 28 marzo  1975,  n.  472,  ha
 disposto  il  concreto trasferimento delle attribuzioni gia' statali,
 in termini corrispondenti a quelli sopra enunciati per la materia del
 credito.
   Nell'esercizio delle proprie competenze la regione ha  tra  l'altro
 emanato  la  legge regionale 22 marzo 1987, n. 1, recante "Attuazione
 della direttiva, in  data  12  dicembre  1977,  del  Consiglio  delle
 comunita'  europee  n. 77/1980 in materia creditizia, in applicazione
 della legge 5 marzo 1985, n. 1". Tale legge disciplina, tra  l'altro,
 i  requisiti  di  professionalita' e di onorabilita' dei quali devono
 essere in possesso gli esponenti delle aziende di credito, e tra essi
 i membri del collegio sindacale.
   Precisamente, l'art. 3 di  tale  legge  disciplina,  per  gli  enti
 creditizi  locali  in generale, i requisiti professionali relativi al
 presidente  del  consiglio  di  amministrazione,   all'amministratore
 delegato  ed  agli  amministratori  che  abbiano poteri in materia di
 concessione del credito, nonche' al direttore generale o equivalente.
   Per quanto riguarda in particolare le casse rurali ed artigiane, le
 banche popolari aventi non piu' di  tre  sportelli,  ed  i  monti  di
 credito,  l'art.  4,  comma  1,  dispone  che la carica (oltre che di
 presidente  del  consiglio  di  amministrazione)  di  presidente  del
 collegio  sindacale  possa  essere ricoperta, oltre che dalle persone
 che possiedano i piu' severi  requisiti  stabiliti  dall'art.  3,  da
 altre persone che "abbiano svolto, per un periodo non inferiore a tre
 anni:  a)  attivita'  di  amministrazione,  direzione  o controllo in
 imprese agricole, commerciali o artigiane; b) attivita' professionali
 o  di  insegnamento  in  materia  attinente  al  settore  creditizio,
 finanziario o assicurativo"; mentre il comma 2 dispone poi che "nelle
 casse  rurali  ed  artigiane  e  nelle  banche  popolari  di  cui  al
 precedente  comma  la  carica  di  presidente  puo'  altresi'  essere
 ricoperta  da  persone  che  abbiano  esercitato,  per un periodo non
 inferiore ad un  anno,  attivita'  di  amministrazione,  direzione  o
 controllo  nel  settore  della  cooperazione  o  in  enti a carattere
 mutualistico".
   La  descrizione  della   disciplina   regionale   degli   esponenti
 aziendali,  e  tra  essi  dei  sindaci,  va completata ricordando che
 accanto ai requisiti "positivi" vi sono le cause di incompatibilita',
 disciplinate dagli artt. 5 e 6 della legge regionale. In particolare,
 l'art. 6 prevede che non possano  essere,  tra  l'altro,  sindaci  le
 persone che si trovino in stato di interdizione, che siano sottoposte
 a  misure  di  prevenzione ai sensi della legislazione antimafia, che
 siano stati  irrevocabilmente  condannati  a  determinate  pene,  per
 determinati reati.
   Nell'insieme,  risulta  evidente  che la legislazione regionale non
 richiede per i membri del collegio sindacale  l'iscrizione  ad  alcun
 albo  professionale: e cio' non per sbadataggine o per leggerezza, ma
 per mantenere e  valorizzare  la  rete  di  competenze  create  nella
 societa'  civile  dall'attivita'  delle  banche  locali,  ed al tempo
 stesso per mantenere il collegamento di tali banche  con  il  proprio
 retroterra  culturale  e  sociale.  Il  tipo  di persone che la legge
 regionale individua per l'esercizio  della  funzione  puo'  evincersi
 proprio  dai requisiti minimi richiesti dall'art. 4 per il presidente
 del collegio sindacale:  persone provenienti dallo  stesso  mondo  di
 cui  la  banca  e'  espressione,  e  che in esso hanno maturato nella
 pratica specifiche competenze.
   Si noti che la legge regionale e' in vigore da molti anni, e che la
 sua applicazione non ha mai evidenziato alcun problema gestionale.
   Le  competenze  e  la   legislazione   della   ricorrente   regione
 Trentino-Alto  Adige  sono  espressamente  riconosciute e fatte salve
 dalla legislazione statale in materia bancaria.
   Va qui ricordato che l'art. 159, comma 3.  del  testo  unico  delle
 leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia,  approvato  con  decreto
 legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel disporre (con  disposizione
 generale,  e  salva per la regione Trentino-Alto Adige l'applicazione
 degli specifici meccanismi di cui al d.P.R.  n.  266  del  1992)  che
 "sono  inderogabili  e  prevalgono  sulle contrarie disposizioni gia'
 emanate le norme dettate dai commi 1 e 2 nonche' dagli artt. 15,  16,
 26  e  47",  ha  cura  tuttavia  di  specificare  contestualmente che
 "restano  peraltro  ferme  le  competenze  attribuite   agli   organi
 regionali  nella  materia  disciplinata dall'art.   26": la quale e',
 come chiaramente risulta dalla stessa intitolazione di tale articolo,
 quella dei "Requisiti di professionalita'  e  di  onorabilita'  degli
 esponenti    aziendali",    ovvero    proprio   quella   disciplinata
 nell'esercizio delle potesta' statuarie dalla legge regionale n.    1
 del 1987, sopra sommariamente esposta nei punti qui rilevanti.
   Si  noti che anche sul piano letterale l'art. 159, comma 3, prevede
 (per tutte  le  regioni  speciali)  che  prevalgano  sulle  contrarie
 disposizioni  "le  norme  dettate dai commi 1 e 2 nonche' dagli artt.
 15, 16, 26 e 47", e non affatto le norme dettate da altri  organi  in
 via  regolamentare sulla base di tali articoli. Al contrario, proprio
 nella materia propria dell'art. 26 vengono fatti espressamente  salvi
 i poteri regionali.
   Risulta evidente che il "regolamento del Ministro del tesoro" che a
 termini  dell'art. 26, comma 1 e dell'art. 159, comma 3, e' destinato
 a disciplinare in relazione alle banche  diverse  da  quelle  cui  si
 estende   la   competenza  delle  regioni  speciali  i  requisiti  di
 professionalita'  ed  onorabilita'  degli   esponenti   bancari   non
 costituisce  fonte  di  diretta disciplina normativa, nelle regioni a
 statuto speciale: e cio'  per  lo  stesso  disposto  della  normativa
 bancaria,  ed  a prescindere dall'operare della generale salvaguardia
 prevista per la sola regione  Trentino-Alto  Adige  dall'art.  2  del
 d.P.R. n. 266 del 1992, in base al quale nelle materie assegnate alla
 regione  e alle province autonome la normativa statale non si applica
 direttamente,  ma  solo  attraverso  l'adeguamento  della   normativa
 locale, in quanto esso sia dovuto.
   D'altronde, benche' il punto non sia qui direttamente rilevante, va
 osservato che dal regolamento del Ministro del tesoro neppure possono
 derivare  per  la regione Trentino-Alto Adige vincoli di adeguamento;
 essendo pacifico che lo stesso regolamento governativo (ed a maggiore
 ragione quello semplicemente ministeriale)  non  costituisce  -  come
 piu' volte ribadito da codesta ecc.ma Corte costituzionale (v. tra le
 altre  sent.  n. 482 del 1995) - fonte idonea a recare quei "principi
 fondamentali"  di  legislazione  che  nelle   materia   di   potesta'
 concorrente comportano l'adeguamento della legislazione regionale. Ma
 si  ripete che nell'ambito del presente conflitto il punto rimane del
 tutto irrilevante, trattandosi qui di  giudicare  non  la  perdurante
 validita'  della  legislazione statale, ma l'arbitraria pretesa della
 Banca d'Italia di applicare alle  banche  regionali  direttamente  la
 normativa regolamentare statale.
   La  conclusione  generale  che  se  ne  deve  qui  trarre e' che la
 legislazione regionale recata  dalla  legge  n.  1  del  1987,  sopra
 illustrata,  costituisce tuttora la disciplina positiva della materia
 per le banche regionali, e che essa non e' stata e non poteva  essere
 derogata   o  abrogata  dalla  normativa  regolamentare  dello  Stato
 prevista dall'art. 26 t.u. bancario ed in seguito emanata con decreto
 18 marzo 1998, n. 161: sia per il chiaro disposto dell'art. 159 della
 legge bancaria, sia  per  le  garanzie  speciali  date  alla  regione
 Trentino-Alto  Adige  con  il  d.P.R.    n.  266  del 1992, sia per i
 principi generali in materia  di  rapporti  tra  fonti  regolamentari
 statali e legge regionale.
   In  particolare,  dunque,  non  costituisce  disciplina attualmente
 applicabile  nel  Trentino-Alto  Adige  l'art.  3   del   regolamento
 ministeriale.
   Alla  luce  di  quanto  esposto  appare  evidente,  ad avviso della
 ricorrente regione, la totale erroneita' delle note qui impugnate,  e
 la  totale  arbitrarieta' della pretesa di adeguamento da parte delle
 banche regionali ivi espressa. In effetti, gli  organi  autori  delle
 circolari  (si  tratta  degli organi locali della Banca d'Italia, che
 riflettono tuttavia un orientamento derivante dagli  organi  centrali
 della  stessa, come e' reso evidente dal fatto che in esse si accenni
 "a titolo esemplificativo" alla situazione del  Trentino-Alto  Adige:
 il  che non avrebbe senso in una prospettiva puramente locale) errano
 tre  volte:  errano  quando  ritengono  che  il  corpo  dei  principi
 fondamentali  vincolanti  per  il legislatore regionale in materia di
 professionalita' ed onorabilita' degli esponenti bancari debba  ormai
 ricavarsi  non  dalla  disciplina  statale  di  rango primario, ma in
 realta' dal solo regolamento ministeriale di cui al decreto 18  marzo
 1998, n. 161; ma errano prima ancora quando del tutto arbitrariamente
 ritengono   che   la  normativa  ministeriale  statale  sia  essa  la
 disciplina  direttamente  operante  per  le  banche   regionali,   in
 sostituzione  della  disciplina  regionale;  ed  errano infine ancora
 prima quando ritengono che spetti ad essi, anziche'  alla  ricorrente
 regione,  di  dare  istruzioni  amministrative  alle banche regionali
 nella materia qui in questione, oggetto legittimo e  riconosciuto  di
 disciplina regionale.
   Si  noti  che  tali  errori, benche' interconnessi, sono in realta'
 indipendenti: persino se si trattasse di  applicare  direttamente  la
 normativa ministeriale statale - il che non e' - spetterebbe comunque
 alla  ricorrente  regione,  e  non  alla  Banca  d'Italia, di dare le
 relative istruzioni alle banche regionali, mentre la  Banca  d'Italia
 potrebbe al piu' segnalare il suo punto di vista ai competenti organi
 della   regione,  richiedendo  ad  essi  un  comportamento  conforme:
 comportamento che comunque la regione dovrebbe  e  potrebbe  valutare
 secondo la propria analisi del diritto vigente.
   Errate  le  premesse risulta dunque erronea, arbitraria e lesiva la
 pretesa della Banca d'Italia di ingiungere alle banche  regionali  il
 comportamento richiesto dalla circolare.
   Solo   per  scrupolo  e  completezza  difensiva  risulta  opportuno
 soffermarsi ancora sul contenuto delle circolari qui impugnato.
   In primo luogo  tale  contenuto  e'  sostanzialmente  identico,  in
 quanto  entrambe  attingono  dalla  stessa fonte - apparentemente una
 nota  interpretativa  della  sede  centrale   -   solo   diversamente
 articolandone  l'uso.  Precisamente,  i1  direttore  della filiale di
 Trento ingloba l'intero testo in una propria nota rivolta "a tutte le
 banche con articolazione territoriale regionale", mentre il direttore
 della filiale di Bolzano utilizza in parte il testo come elemento  di
 una  piu'  breve  propria  nota,  conservando il resto come (anonimo)
 "allegato": ma la sostanza, come detto, non cambia.
   In  entrambi  i  casi  si  pretende  di   applicare   alle   banche
 destinatarie  sia  l'art.  3 del decreto ministeriale n. 161 del 1998
 sia l'art.  7, che prevede il termine  di  12  mesi  dall'entrata  in
 vigore   (sempre   ed   ovviamente   del   regolamento   stesso)  per
 l'adeguamento. Espressamente si chiede alle  banche  destinatarie  di
 "provvedere alla verifica della sussistenza in capo ai componenti del
 collegio  sindacale  del requisito in questione", cioe' del requisito
 della iscrizione nel registro dei revisori dei conti.
   La base interpretativa di tale pretesa consiste  nella  assunzione,
 la   cui   erroneita'   e'   gia'   stata   sopra  illustrata,  della
 vincolativita' del regolamento ministeriale  per  la  regione  e  per
 giunta della sua diretta operativita'.
   D'altronde,  le  note  qui  impugnate  palesemente confondono i due
 profili della questione erroneamente deducendo da un asserito vincolo
 esercitato dalla normativa regolamentare la sua diretta vigenza nella
 regione, e sovrapponendo la questione della  supposta  illegittimita'
 di  una  legislazione regionale che si discostasse da quanto disposto
 dal regolamento statale alla questione della effettiva vigenza  della
 disciplina della regione Trentino-Alto Adige.
   D'altronde,  e'  paradossale  che  le  note  impugnate richiamino a
 proprio sostegno la  normativa  della  regione  siciliana,  la  quale
 all'art.  54 della l.r. n. 10 del 1999 ha rinviato alle "disposizioni
 statali  vigenti":  e'  evidente, infatti, che l'esistenza del rinvio
 operato  dalla  legge siciliana prova proprio il contrario della tesi
 sostenuta nelle note, cioe' prova che in assenza di  tale  rinvio  la
 normativa regolamentare statale non si sarebbe applicata.
   Vanamente,  ad avviso della ricorrente regione, le note della Banca
 d'Italia   richiamano   la   sentenza   di   codesta   ecc.ma   Corte
 costituzionale  n. 224 del 1994. Infatti tale sentenza si e' limitata
 a sancire la correttezza della qualificazione delle norme  richiamate
 dall'art.    159 (artt. 15, 16, 26 e 47) come inderogabili, ma non ha
 preso posizione alcuna sul significato del  doppio  richiamo  operato
 all'art.  26,  una  volta  come  norma  inderogabile  per  le regioni
 speciali ed una volta per salvaguardare  nella  relativa  materia  le
 competenze regionali.
   Ne',  infine, supporto alle tesi sostenute nelle note qui impugnate
 viene davvero - come pure esse pretendono - dalla considerazione  dei
 profili di diritto comunitario.
   Secondo   la   Banca   d'Italia  andrebbe  osservato,  a  "conforto
 ulteriore" delle proprie tesi, che "il d.m. n. 161/1998  proprio  con
 riguardo  ai requisiti di professionalita' dei componenti il collegio
 sindacale delle banche, ivi comprese quelle cooperative,  costituisce
 anche attuazione della normazione comunitaria in materia di controllo
 dei  conti  annuali e consolidati delle banche, la quale richiede che
 questi ultimi siano verificati  da  persone  abilitate  al  controllo
 legale dei conti".
   E'   agevole  osservare  che  se  il  significato  della  normativa
 comunitaria richiamata fosse quello  cosi'  affermato,  la  normativa
 regolamentare  non farebbe che ripetere un obbligo comunque derivante
 da disposizioni di direttive autoapplicative (in quanto gia'  scadute
 e  presuntivamente  precise  sul  punto).  Ma la realta' e' del tutto
 diversa.
   E' vero che la normativa comunitaria, a partire dalla direttiva  n.
 78/660/CEE,  richiede che le societa' debbano "far controllare i loro
 conti annuali da una o piu' persone abilitate ai  sensi  della  legge
 nazionale  alla  revisione dei conti" (art. 51, lett. a): ma cio' non
 comporta affatto che l'unico modo di attuare tale disciplina consista
 in un corrispondente  requisito  posto  per  i  membri  del  collegio
 sindacale.
   Al  contrario,  e'  evidente  che la regola comunitaria puo' essere
 osservata in diverso modo,  distinguendo  tra  l'organo  abilitato  a
 seguire  in  termini  di  controllo  la  gestione  nel  suo  sviluppo
 quotidiano - cioe' il collegio sindacale - e l'attivita'  annuale  di
 certificazione  dei  conti,  che puo' bene essere svolta dall'esterno
 della societa' per il tramite di appositi specialisti.
   Verrebbe anzi da dire che questa seconda modalita'  garantisce  una
 verifica assai piu' efficace della prima, dato che l'organo che segue
 costantemente  l'amministrazione della societa' (e che di fatto tende
 a  divenirne  una  parte,  immedesimandosi  nei   suoi   problemi   e
 collaborando  alla  ricerca  delle  soluzioni)  non  e' quello cui e'
 affidato il riscontro obbiettivo sui conti.
   In  questo  senso  e'  orientata  la   disciplina   della   regione
 Trentino-Alto  Adige,  la quale ammette che il collegio sindacale sia
 composto  da  persone  che  rimangono  piu'  vicine  all'ambiente  di
 formazione   proprio  delle  banche  rurali  e  popolari,  mentre  il
 riscontro oggettivo annuale sui conti sara'  affidato  a  societa'  e
 specialisti esterni, ovviamente abilitati secondo la legge.
   In  ogni  modo,  ed  in  estremo  subordine, persino se in denegata
 ipotesi si dovesse ritenere direttamente  applicabile  nella  regione
 Trentino-Alto   Adige  la  disciplina  del  d.m.  n.  168  del  1998,
 spetterebbe comunque  alla  ricorrente  regione,  e  non  alla  Banca
 d'Italia, di dare alle banche regionali le opportune istruzioni circa
 il  comportamento  da  tenere,  salva la potesta' di diversi organi o
 istituzioni  interessate  di  contestare  nelle  competenti  sedi  la
 correttezza  dell'applicazione che la regione da' al diritto vigente,
 trattandosi di funzioni amministrative attinenti  alla  verifica  dei
 requisiti  di  professionalita'  e  di  onorabilita',  oggetto  della
 potesta' legislativa regionale.
                               P. Q. M.
   Chiede all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare  che  non  spetta
 allo  Stato  e  per  esso alla Banca d'Italia, filiali di Trento e di
 Bolzano, di indirizzare alle "banche con  articolazione  territoriale
 regionale"  circolari  con  le quali arbitrariamente si richiede alle
 predette banche la disapplicazione della legislazione regionale e  la
 diretta applicazione della normativa regolamentare statale in materia
 di  requisiti  di  professionalita'  per  i  componenti  del collegio
 sindacale;
   Nonche' conseguentemente annullare le circolari dei direttori delle
 filiali di Trento e di Bolzano della Banca d'Italia di data 24 giugno
 1999 (all. 3 e 4), non inviate alla regione, con le quali si pretende
 dalle banche locali il comportamento sopra indicato,  per  violazione
 delle   disposizioni   aventi   rango  costituzionale,  attuativo  ed
 ordinario indicate in premessa.
     Padova-Roma, addi' 20 agosto 1999.
           Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
 99C0932