N. 24 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 luglio 1999

                                 N. 24
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 21 luglio 1999 (dalla regione Lombardia)
 Agricoltura  -  Soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per
    le  erogazioni  in  agricoltura  (AGEA)  -  Devoluzione  al  nuovo
    organismo  delle funzioni e dei beni di quello soppresso - Mancato
    trasferimento alle regioni di  compiti  di  gestione  diretta  del
    settore  agricolo e, in particolare, degli aiuti all'agricoltura -
    Eccesso di delega - Violazione dei limiti alle competenze  statali
    in   materia   -  Contrasto  con  i  principi  di  ragionevolezza,
    decentramento, buon andamento e leale cooperazione.
 Agricoltura  -  Funzioni  dell'AGEA  -  Titolarita'  dei  compiti  di
    "organismo  di coordinamento" nella gestione degli aiuti derivanti
    dalla politica agricola comune - Contestuale assunzione  (sia  pur
    in  via  transitoria) della funzione di unico organismo pagatore -
    Contrasto con la normativa comunitaria - Lesione delle  competenze
    regionali  -  Violazione  dei  principi  di  ragionevolezza,  buon
    andamento e leale collaborazione.
 Agricoltura - Gestione degli aiuti  comunitari  -  Istituzione  degli
    organismi pagatori - Potere del Ministro per le politiche agricole
    di   stabilire   il   loro  limite  numerico  e  le  procedure  di
    riconoscimento - Possibilita' per l'AGEA di avvalersi degli uffici
    regionali  nelle  more dell'istituzione e del riconoscimento degli
    organismi stessi - Lesione delle competenze regionali - Violazione
    della normativa comunitaria -  Irragionevolezza  -  Compromissione
    dell'autonomia amministrativa e finanziaria regionale.
 Agricoltura   -   Gestione   degli  aiuti  comunitari  -  "Correzioni
    finanziarie  negative"  eventualmente  imputabili  agli  organismi
    pagatori  istituiti  dalle  regioni  -  Prevista  detrazione delle
    corrispondenti somme dai finanziamenti destinati a queste ultime -
    Irragionevolezza - Lesione dell'autonomia regionale.
 Agricoltura - Personale della soppressa AIMA - Trasferimento all'AGEA
    e, residualmente, alle regioni - Fissazione dei relativi criteri e
    procedure da parte del Ministro  per  le  politiche  agricole,  di
    concerto   con  quello  della  funzione  pubblica  -  Lesione  dei
    princi'pi di ragionevolezza, buon andamento e leale cooperazione -
    Violazione  della  competenza  delle  regioni  a  disciplinare  il
    proprio personale.
 Agricoltura  -  Beni  e dotazioni finanziarie dell'AGEA - Successione
    nella totalita' dei  beni  materiali  e  immateriali  dell'AIMA  -
    Inclusione  nel  fondo  di  dotazione  di  ulteriori  assegnazioni
    statali - Irragionevolezza - Mancata attribuzione alle regioni  di
    risorse finanziarie adeguate ai compiti ad esse affidati.
 Agricoltura  -  Gestione  degli  aiuti  comunitari  - Comitato per la
    certificazione  dei  conti  annuali  degli  organismi  pagatori  -
    Previsto   avvalimento  di  personale  regionale  designato  dalla
    conferenza    Stato-regioni    -    Mancata    previsione    della
    partecipazione,  come  componenti,  di rappresentanti scelti dalle
    singole regioni - Irragionevolezza - Inidoneita'  a  salvaguardare
    la posizione delle regioni.
 - D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165, artt. 1, 2, 3, commi 1, 2, 3 e 4, 4,
    5 commi 3 e 5, 6 11 e 13, comma 1.
 -  Cost., artt. 3, 5, 11, 76, 97, 115, 117, 118 e 119; legge 15 marzo
    1997, n. 59; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 1; d.lgs. 4 giugno
    1997, n. 143, artt. 1 e 2; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 66
    e 71.
(GU n.45 del 10-11-1999 )
   Ricorso della regione Lombardia, in persona  del  Presidente  della
 Giunta regionale e legale rappresentante pro-tempore, on. dr. Roberto
 Formigoni,  rappresentata  e  difesa,  come  da  delega a margine del
 presente atto, ed in virtu' di deliberazione di giunta  regionale  n.
 VI/43960  del  2  luglio  1999  di autorizzazione a stare in giudizio
 (all. 1), dagli avv.ti  proff.  Giuseppe  Franco  Ferrari  e  Massimo
 Luciani,  ed  elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo,
 in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30;
   Contro  il  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   per   la
 dichiarazione    di   illegittimita'   costituzionale   del   decreto
 legislativo 27 maggio 1999, n. 165, pubblicato in Gazzetta  Ufficiale
 serie gen. n. 137 del 14 giugno 1999, recante "Soppressione dell'AIMA
 e istituzione dell'agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a
 norma dell'art.  11 della legge 15 marzo 1997, n. 59" (all. 2), nella
 sua interezza ed in particolare, quanto agli artt. 1 e 2, nella parte
 in  cui  dispongono la soppressione dell'AIMA per costituire un nuovo
 ente di diritto pubblico, denominato AGEA;
     quanto all'art. 3, commi 1 e 4, ed all'art. 4, nella parte in cui
 vengono delineate le funzioni ed i compiti della nuova agenzia;
     quanto  all'art.  3, commi 2 e 3, nella parte in cui si prescrive
 che con decreto del Ministro per le politiche  agricole,  sentita  la
 commissione  europea  e  d'intesa con la conferenza Stato-regioni, si
 determini un limite arbitrario - e non predefinito in norma  primaria
 - al numero degli organismi pagatori, non necessariamente coincidente
 con  il  numero  delle  regioni,  e si stabiliscano le modalita' e le
 procedure per il relativo riconoscimento,  facendo  poi  carico  alle
 regioni   di   istituire  i  servizi  ed  i  soggetti  deputati  allo
 svolgimento delle funzioni di organismi pagatori, che  devono  essere
 riconosciuti,  sentita  l'Agenzia,  previa verifica della sussistenza
 dei  requisiti  richiesti,  sulla  base  del   decreto   ministeriale
 predetto;
     quanto all'art. 5, comma 3, nella parte in cui stabilisce che, in
 mancanza   dell'istituzione   o   nelle   more   del   riconoscimento
 dell'organismo  pagatore  da  parte  delle  regioni,  l'agenzia  puo'
 avvalersi  degli  uffici  regionali per lo svolgimento delle funzioni
 relative alla gestione degli aiuti e degli interventi derivanti dalla
 politica agricola comune;
     quanto all'art. 5, comma 5, nella parte in cui si afferma che, in
 caso di correzioni  finanziarie  negative  comunque  imputabili  agli
 organismi  pagatori  istituiti dalle regioni, il Ministro del tesoro,
 su segnalazione del Ministro per le politiche agricole, stabilisce le
 somme da detrarre in sede  di  ripartizione  dei  finanziamenti  alle
 regioni;
     quanto all'art. 6, nella parte in cui detta disposizioni relative
 al  trasferimento  del personale della soppressa azienda di Stato per
 gli interventi nel mercato agricolo;
     quanto all'art. 11, nella parte in cui dispone  il  trasferimento
 dei  beni  della  soppressa AIMA alla nuova agenzia per le erogazioni
 agricole e prevede che nella dotazione  finanziaria  di  quest'ultima
 siano comprese anche "le assegnazioni a carico dello Stato occorrenti
 ad   assicurare   l'esecuzione   da  parte  del  SIAN  dei  controlli
 finalizzati alla gestione delle erogazioni effettuate dall'AGEA e dai
 servizi ed organismi di cui all'art. 3, comma 4";
     quanto all'art. 13, comma 1, nella parte in cui  dispone  che  il
 comitato  istituito  presso  il  Ministero  del  tesoro che svolge le
 funzioni di certificazione dei  conti  degli  organismi  pagatori  si
 avvalga  di personale regionale designato dalla Conferenza permanente
 Stato-regioni.
                               F a t t o
    L'azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo  (AIMA)
 e'  stata istituita, ai sensi della legge 13 maggio 1966, n. 303, con
 "compiti  di  organismo  di  intervento,  previsti  dal   regolamento
 comunitario 4 aprile 1962, n. 19".
   La  stessa  legge  prevedeva, inoltre, che all'AIMA sarebbero stati
 attribuiti  successivamente  compiti  di   intervento   sul   mercato
 eventualmente  derivanti  dall'entrata in vigore di altri regolamenti
 comunitari,    nonche'    ulteriori    funzioni     connesse     alla
 commercializzazione di prodotti agricoli.
   L'azienda  e' stata poi riformata con legge 14 agosto 1982, n. 610,
 senza che fossero apportate sostanziali innovazioni  in  ordine  alla
 competenza  sugli  interventi nel mercato agricolo sia comunitari che
 nazionali.  I  compiti  affidati  all'AIMA  trovano  elencazione,  in
 particolare,  all'art.  3  della  citata  legge,  ove  si afferma che
 l'azienda:
     "a) svolge i compiti  di  organismo  di  intervento  dello  Stato
 italiano,  secondo quanto previsto dai Regolamenti della CEE relativi
 all'organizzazione comune del mercato agricolo";
     "b) cura le operazioni di provvista e  di  acquisto  sul  mercato
 interno  e  internazionale di prodotti agricolo-alimentari ... per la
 formazione delle scorte necessarie, e quelle relative  all'immissione
 regolata  sul  mercato  interno nonche' alla collocazione sui mercati
 comunitari ed extracomunitari per scopi promozionali";
     "c)   cura   l'esecuzione   delle    forniture    dei    prodotti
 agricolo-alimentari,  disposte  dallo Stato italiano, ... per l'aiuto
 alimentare e la cooperazione economica con gli altri paesi",  nonche'
 "l'esecuzione degli analoghi aiuti disposti dalla CEE";
     d)   deroga...   prodotti  agro-alimentari  a  paesi  in  via  di
 sviluppo";
     e) cura l'erogazione delle provvidenze finanziarie, quali  aiuti,
 integrazioni  di prezzo, compensazioni finanziarie e simili, disposte
 dai regolamenti della  CEE  relativi  all'organizzazione  comune  dei
 mercati agricoli", avvalendosi eventualmente per tali attivita' anche
 della  collaborazione  delle  regioni  attraverso  la stipulazione di
 apposite convenzioni di durata pluriennale, ed infine;
     "h) esplica gli altri compiti ad essa demandati dalle leggi".
   In seguito all'intervenuta riforma della politica  agricola  comune
 (PAC),  avviata  nel  1992,  -  che  ha comportato la riduzione e, in
 prospettiva,  l'abbandono  del  sistema  degli  aiuti  ancorati  alla
 produzione  -,  gli  interventi  sul mercato sono divenuti un aspetto
 circoscritto dell'azione dell'AIMA, essendosi questa  prevalentemente
 indirizzata  al pagamento degli aiuti comunitari nelle varie forme di
 interventi diretti al sostegno del reddito degli operatori agricoli.
    In tale nuova veste, l'azienda ha assunto la funzione di organismo
 pagatore, prima solo in via provvisoria (con decreto del Ministro per
 le  politiche  agricole   del   28   novembre   1995),   quindi   con
 riconoscimento definitivo di tale qualifica (con decreto ministeriale
 16 ottobre 1997).
   Va  ricordato,  inoltre,  che  con  legge  10  luglio 1991, n. 201,
 integrata dalla legge 26 novembre  1992,  n.  468,  l'AIMA  e'  stata
 investita  di  un'ulteriore compito di rilevanza fondamentale, vale a
 dire della gestione del regime delle quote latte in Italia.
   Come sottolineato anche dalla Corte dei conti nella relazione del 2
 marzo 1999 sulla gestione finanziaria dell'azienda, le operazioni  di
 accertamento  e  controllo che l'AIMA e' stata chiamata a compiere su
 tutto il territorio nazionale, entro i ristretti tempi  previsti  dai
 regolamenti  comunitari,  per la corretta erogazione degli aiuti agli
 agricoltori rivestivano una complessita' sempre crescente e  tale  da
 richiedere,  con  urgenza, il riordino dell'agenzia e l'accelerazione
 della fase  attuativa  del  decentramento  regionale  in  materia  di
 agricoltura.
   Gia'  con  legge 4 dicembre 1993, n. 491, il Governo aveva ottenuto
 la delega per riformare l'azienda  e,  in  previsione  dell'imminente
 riordino,  l'operativita' dell'AIMA era stata limitata al 31 dicembre
 1994.  Tuttavia,  le  norme  delegate  di  riforma  non  vennero  mai
 adottate.    Con  decreto-legge  25  maggio  1994, n. 314, seguito da
 molteplici  decreti  reiterativi,  si  era  previsto che l'AIMA fosse
 temporaneamente commissariata e  quindi  trasformata  in  EIMA  (Ente
 autonomo di diritto pubblico).  Sennonche', la mancata conversione di
 tali  decreti-legge  ha comportato la cessazione dell'EIMA, che aveva
 operato  durante  la  loro  temporanea  vigenza,  ed  il   ripristino
 dell'operativita' dell'AIMA.
   Quindi,  con  d.lgs.  4  giugno  1997,  n. 143 e' stata interamente
 abrogata la citata legge n. 491/1993. Lo stesso  decreto  legislativo
 ha  contestualmente  disposto la soppressione di tutti gli istituti e
 le aziende (compresa l'AIMA) sottoposti alla vigilanza del  Ministero
 delle risorse agricole (ora delle politiche agricole), ma rinviandone
 gli  effetti  alla  data di entrata in vigore dei decreti legislativi
 "di soppressione, di accorpamento e di  riordino  adottati  ai  sensi
 degli articoli 11, 14 e 18 della legge 15 marzo 1997, n. 59".
   E'  proprio  in  pretesa  attuazione  del  citato  art. 11 legge n.
 59/1997 che si pone il d.lgs. n. 165/1999,  con  cui  il  legislatore
 delegato  non  si  e'  limitato a disporre la soppressione dell'AIMA,
 bensi' ha al contempo creato un nuovo ente, denominato AGEA, verso il
 quale ha  operato  il  trasferimento  delle  funzioni  finora  svolte
 dall'AIMA.
   Il  decreto  nella  sua  interezza, e con particolare riguardo alle
 disposizioni indicate in epigrafe, e' gravemente  illegittimo  per  i
 seguenti
                              M o t i v i
   1. - Quanto al decreto nella sua interezza violazione degli artt.
  3,  5  76,  97,  115,  117, 118, e 119 della Costituzione, anche con
 riferimento alla legge n. 59/1997 alla luce degli artt. 1 e 2  d.lgs.
 n. 143/1997.
   La  legge  n. 59 del 1997, meglio nota come "legge Bassanini", dopo
 avere disposto, all'art. 1, comma 2, il conferimento alle  Regioni  e
 agli  enti  locali  di  tutte le funzioni ed i compiti amministrativi
 relativi alla cura degli interessi e alla promozione  dello  sviluppo
 delle rispettive comunita', nonche' di tutte le funzioni ed i compiti
 amministrativi   localizzabili   nei  rispettivi  territori  in  atto
 esercitati  da  qualunque  organo  o  amministrazione  dello   Stato,
 centrale  o  periferica,  precisava, all'art. 2, che la competenza in
 ordine alla disciplina legislativa delle funzioni e dei compiti cosi'
 conferiti nell'ambito delle  materie  di  cui  all'  art.  117  della
 Costituzione  era  riservata  alle  regioni.    La stessa legge, poi,
 all'art. 11, conteneva un delega al Governo per l'emanazione di uno o
 piu' decreti diretti a "razionalizzare l'ordinamento della Presidenza
 del Consiglio dei Ministri  e  dei  Ministeri,  anche  attraverso  il
 riordino,  la  soppressione  e  la  fusione  di Ministeri, nonche' di
 amministrazioni  centrali  anche  ad  ordinamento  autonomo",   e   a
 "riordinare  gli  enti pubblici nazionali operanti in settori diversi
 dalla assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e le
 societa' per azioni, controllate direttamente o indirettamente  dallo
 Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno
 pubblico  al  sistema  produttivo  nazionale".   L'attuazione di tale
 delega doveva avvenire nel rispetto dei principi  di  sussidiarieta',
 completezza,  efficienza  ed  economicita',  cooperazione  tra Stato,
 regioni ed enti locali -  anche  al  fine  di  garantire  un'adeguata
 partecipazione   alle  iniziative  adottate  nell'ambito  dell'Unione
 europea   -   responsabilita'   ed   unicita'   dell'amministrazione,
 omogeneita',  adeguatezza  e copertura finanziaria e patrimoniale dei
 costi per l'esercizio delle funzioni amministrative  conferite.    Il
 primo  provvedimento di attuazione della delega prevista dalla citata
 legge n. 59 del 1997, adottato dal Governo nel  mese  di  giugno  del
 1997,  era  il decreto legislativo n. 143, recante "Conferimento alle
 regioni delle funzioni amministrative in  materia  di  agricoltura  e
 pesca  e  riorganizzazione  dell'Amministrazione  centrale".   Con il
 suddetto   decreto   veniva   operata   una   profonda   e   radicale
 trasformazione  dell'ordinamento  vigente:  anzitutto  si statuiva la
 soppressione del  Ministero  delle  risorse  agricole,  alimentari  e
 forestali  e  la  contestuale  istituzione del nuovo Ministero per le
 politiche agricole; quindi si disponeva il trasferimento alle regioni
 di gran  parte  delle  funzioni  fino  a  quel  momento  affidate  al
 soppresso  Ministero  in  materia  di  agricoltura,  foreste,  pesca,
 agriturismo, caccia, sviluppo  rurale  e  alimentazione;  infine,  si
 ordinava  la  soppressione  degli enti, istituti e aziende sottoposti
 alla vigilanza del Ministero delle risorse agricole,  con  effetto  a
 decorrere  dall'entrata  in  vigore  dei  decreti  delegati attuativi
 dell'art. 11, legge n. 59/1997, sentita la conferenza permanente  per
 i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
 e Bolzano.  La logica sottesa alle disposizioni sopra citate era  con
 tutta   evidenza   quella  della  decentralizzazione  delle  funzioni
 tradizionalmente svolte a livello statale in materia di agricoltura.
   Ove poi si consideri che l'art. 77 del d.P.R. n. 616/1977 demandava
 alle regioni quei compiti  di  attuazione  degli  interventi  per  la
 regolazione dei mercati che non fossero riservati all'AIMA, si desume
 chiaramente  come  l'intento del legislatore fosse quello di operare,
 proprio attraverso la soppressione dell'AIMA, un deciso e consistente
 passaggio di funzioni a favore delle regioni, mantenendo in capo allo
 Stato, e per esso  al  Ministero  per  le  politiche  agricole,  solo
 "compiti  di  disciplina  generale  e  di coordinamento nazionale" in
 materia di importazione  ed  esportazione  di  prodotti  agricoli  ed
 alimentari  e di regolazione dei mercati" (v. art. 2, comma 2, d.lgs.
 n. 143/1997).  A tale logica sono tutt'altro che ispirate, viceversa,
 le disposizioni del decreto  legislativo  qui  impugnato,  il  quale,
 benche'  dichiaratamente attuativo dei principi enunciati dalla legge
 Bassanini, in realta' mantiene del tutto  inalterato  lo  status  quo
 ante.   Vi e' dunque un evidente eccesso di delega nella parte in cui
 il d.lgs. n. 165/1999 non si  limita  a  confermare  la  soppressione
 dell'azienda  di  Stato  per  gli interventi nel mercato agricolo, al
 fine,  perseguito  dalla  legge  di  delega,  di  ridimensionare   le
 ammistrazioni  statali  nell'ottica  del  decentramento  e  quindi di
 trasferire alle regioni gran parte delle competenze a tale azienda in
 precedenza  attribuite,  ma  procede,  in   ispregio   dei   principi
 legislativi  e  quindi  costituzionali,  alla istituzione di un nuovo
 organismo, che altro non  e'  che  una  copia  della  stessa  azienda
 soppressa.    La  nuova  agenzia  per  le  erogazioni in agricoltura,
 infatti, al di la' della denominazione adottata, che farebbe  pensare
 a  qualcosa  di diverso rispetto all'AIMA, si rivela essere anch'essa
 un ente sottoposto alla vigilanza  del  Ministero  per  le  politiche
 agricole,  che  succede  in  tutto  e  per  tutto  (beni  e personale
 compresi)  all'azienda  di  Stato  per  gli  interventi  nel  mercato
 agricolo,  e  per di piu' con compiti identici a quelli fino a questo
 momento svolti dall'AIMA.  La soppressione di questa, dunque, avviene
 solo  dal  punto  di  vista formale, poiche' essa "risorge", sia pure
 sotto diverso nome, assolutamente immutata.  Non vi e' stata affatto,
 invece, la tanto auspicata "regionalizzazione", che non  solo  veniva
 invocata  a  gran  voce dalle stesse regioni, ma che rappresentava la
 scelta chiaramente operata dallo stesso legislatore del 1997. Con  il
 d.lgs.  n.  165  del 1999, alle regioni vengono affidati solo compiti
 sostanzialmente marginali e per di piu' in assenza di un  adeguato  e
 corrispondente trasferimento di risorse.  Oltre che per la violazione
 dell'art.  76 della Costistuzione, connessa al superamento dei limiti
 posti  dalla  legge  di  delega,  dunque,  il  decreto  impugnato  si
 caratterizza  altresi'  per  la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115,
 117, 118 e 119 della Costituzione, in quanto esso si pone  in  palese
 contrasto  anche  con  gli stessi limiti costituzionalmente stabiliti
 all'esercizio di funzioni statali in materia di agricoltura,  nonche'
 con i principi fondamentali di ragionevolezza, buon andamento e leale
 collaborazione.    In  primo  luogo, infatti, se deve riconoscersi la
 permanenza  in  capo  allo   Stato   di   potesta'   legislative   ed
 amministrative  nello specifico settore della regolazione dei mercati
 e del coordinamento delle politiche agricole, va peraltro rilevata la
 indubbia connessione di tali potesta' con l'esercizio di attribuzioni
 costituzionalmente affidate alle regioni.   Pertanto,  l'esigenza  di
 fornire  allo  Stato  gli strumenti necessari per il perseguimento di
 una disciplina di carattere unitario in vista del generale  interesse
 nazionale  va  raccordata  con la necessaria previsione di momenti di
 cooperazione  tra  Stato  e  regione  in  attuazione   dei   principi
 costituzionali  di  buon  andamento  e leale collaborazione (cfr., in
 tale senso, Corte Cost., 20 luglio 1995, n.  333,  in  "Le  regioni",
 1996,  113  ss.).    Sotto  tale profilo, al contrario, il decreto in
 questione, lungi dall'attribuire alle regioni un ruolo piu' attivo ed
 incisivo a  tutela  degli  interessi  agricoli  locali,  finisce  per
 estrometterle  completamente  dalla  partecipazione alla gestione del
 settore.  Il principio del buon andamento, pertanto, e' violato -  in
 una   con   quello  di  ragionevolezza  e  con  quelli  che  tutelano
 l'autonomia regionale -  in  quanto  il  decreto  delegato  ha  fatto
 completamente  saltare lo schema disegnato dal legislatore delegante.
 Secondo tale schema (ancora recepito dal d.lgs. n. 143 del 1997),  la
 gestione  del  settore  agricolo  avrebbe dovuto essere completamente
 demandata alla regioni, residuando allo Stato solo quei  compiti  che
 sono    normalmente   imposti   dal   principio   di   sussidiarieta'
 (determinazione dei  principi  generali  del  settore;  coordinamento
 dell'attivita'  amministrativa).    Il  mantenimento all'AIMA/AGEA di
 corpose ed invasive funzioni  di  gestione  operativa  e'  del  tutto
 estraneo  alla  coerente  logica  che  inizialmente aveva ispirato il
 legislatore, e determina un evidente  malfunzionamento  del  sistema,
 poiche'  nella  stessa  materia  si sovrappongono organismi che hanno
 tutti compiti gestionali.  Va da se' che la violazione  dei  principi
 di  ragionevolezza  e buon andamento, cosi' perpetrata, si risolve in
 diretto pregiudizio delle  attribuzioni  regionali,  attesa  la  loro
 competenza,  costituzionalmente garantita, in materia di agricoltura.
 Quanto al principio della leale cooperazione, e' noto che esso impone
 il costante coordinamento e la fattiva  collaborazione  tra  Stato  e
 regioni.   Qui,   invece,   la   cifra  essenziale  della  previsione
 legislativa  delegata  e'  quella  della  sovrapposizione,   con   il
 mantenimento   in   capo   all'AIMA/AGEA   di   compiti  direttamente
 gestionali, senza alcuna considerazione delle distinte esigenze delle
 singole   regioni.     Il  decreto  impugnato  va  dunque  ben  oltre
 l'attribuzione allo Stato,  e  per  esso  all'AGEA,  di  funzioni  di
 coordinamento  e  regolazione dei mercati agricoli, per perpetuare la
 illegittima sottrazione di  competenze  costituzionalmente  spettanti
 alle  regioni gia' operata a suo tempo con l'istituzione dell'AIMA: a
 ben  vedere,  infatti,  la  nuova  agenzia  per  le   erogazioni   in
 agricoltura,  oltre  a  costituire  l'organismo  di coordinamento dei
 soggetti incaricati dell'erogazione dei finanziamenti della  politica
 agricola  comune,  accentra  in  se'  altre  rilevanti competenze che
 meglio potrebbero e dovrebbero essere svolte dalle regioni.
   2. - Quanto agli artt. 1 e 2, violazione degli artt. 3, 5, 76,  97,
 115,  117  e 118 della Costituzione sotto ulteriori profili, anche in
 riferimento alla legge n. 59/1997, alla luce  degli  artt.  6  e  71,
 d.P.R.  n.  616/1977 e degli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 143/1997.  Gia' si
 e' detto sub l come il  decreto  impugnato  si  caratterizzi  per  un
 evidente  vizio  di  eccesso di delega nella parte in cui, dopo avere
 disposto all'art.  1  la  soppressione  dell'AIMA,  all'art.  2  esso
 contestualmente   da'   vita   ad  un  nuovo  soggetto,  l'AGEA,  che
 dall'azienda soppressa si differenzia  sostanzialmente  solo  per  il
 nome.    Ancora  una  volta,  dunque,  deve  essere rilevata la grave
 illegittimita' delle norme emanate dal Governo  nell'esercizio  delle
 potesta'  delegategli,  che non solo travalicano con tutta evidenza i
 limiti posti dalla stessa legge di delegazione, ma nel fare cio'  per
 di  piu'  "sconfinano"  in  ambiti  costituzionalmente riservati alle
 competenze  regionali,  andando   ben   oltre   ogni   principio   di
 ragionevolezza  e  buon  andamento.    E'  ben  noto, infatti, che la
 materia agricoltura rientra tra quelle di  cui  all'art.  117  e  118
 della  Costituzione,  nell'ambito  delle  quali  le regioni godono di
 potesta' legislativa e parallelamente  amministrativa.    La  materia
 agricoltura e' stata chiaramente definita dal d.P.R.  n. 616/1977. Da
 un  lato,  tale decreto riserva allo Stato, tra le altre, le funzioni
 concernenti "gli interventi di interesse nazionale per la regolazione
 del mercato agricolo" (art. 71, comma 1, lett.    a),  e  stabilisce,
 altresi',   che   "in   sede   di  programmazione  nazionale  per  la
 realizzazione della  politica  delle  produzioni  e  di  mercato  dei
 prodotti   agricoli   e   della   politica  dell'alimentazione,  sono
 determinati  gli  indirizzi  produttivi  e   gli   obiettivi,   anche
 quantitativi,   le   aree   da   favorire,   i   livelli  massimi  di
 incentivazione, gli strumenti  per  la  gestione  della  politica  di
 mercato,  gli  indirizzi  generali per l'attuazione dei regolamenti e
 delle direttive comunitarie,  nonche'  il  coordinamento  finanziario
 degli interventi regionali con quelli nazionali attinenti ai mercati"
 (art.   71,   comma   2).     Dall'altro  lato,  il  citato  decreto,
 nell'individuare le funzioni amministrative trasferite  alle  regioni
 in  attuazione  dell'art.  117  della  Costituzione,  specifica che a
 quest'ultime spettano, tra le altre,  le  funzioni  concernenti  "gli
 interventi  a  favore  dell'impresa e della proprieta' agraria" (art.
 66, comma 1), comprensive anche degli  interventi  di  "miglioramento
 fondiario e ammodernamento delle strutture fondiarie" (art. 66, comma
 2,  lett.  b),  "incentivazione e sostegno della cooperazione e delle
 strutture associative per  la  coltivazione,  la  lavorazione  ed  il
 commercio  dei  prodotti  agricoli" (art. 66, comma 2, lett. c), e di
 "ogni altro intervento sulle strutture agricole anche  in  attuazione
 di  direttive  e regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di
 incentivi e contributi" (art. 66, comma 2, lett. e).   Il  successivo
 d.lgs.  n.  143/1997,  a  sua  volta,  ha  precisato  che  in capo al
 Ministero  per  le  politiche  agricole  sarebbero  state  conservate
 esclusivamente  funzioni  di  disciplina  generale e di coordinamento
 nazionale in materia di interventi di regolazione dei mercati, scorte
 ed approvvigionamenti alimentari, importazione  ed  esportazione  dei
 prodotti  agricoli.    Gia'  da  queste enunciazioni di competenze e'
 agevole desumere come alle regioni debba essere riconosciuto un ruolo
 primario anche nel settore degli aiuti (sia nazionali che comunitari)
 all'agricoltura, ruolo che - come  verra'  meglio  chiarito  ultra  -
 finora  e'  stato  viceversa  rivestito  dall'AIMA  e  che il decreto
 legislativo n. 165/1999 affida ad un altro organismo, l'AGEA,  ancora
 una  volta  di  derivazione  statale  e  soggetto  alla vigilanza del
 Ministero per le politiche agricole.  Il contrasto con i limiti posti
 dalla legge di delegazione (che disponeva la soppressione degli  enti
 esistenti),  nonche' con le norme costituzionali attinenti al riparto
 delle competenze fra Stato e regioni, oltre che con i  piu'  generali
 principi  di  decentramento,  buon  andamento  e  ragionevolezza,  e'
 evidente.  A nulla varrebbe replicare che i decreti nn. 616 del  1977
 e  143  del  1997  non  possono  assumere  il  valore di parametri di
 legittimita' costituzionale delle norme qui impugnate, in  quanto  in
 realta'  essi,  integrando  i  parametri costituzionali, completano i
 conferimenti di funzioni alle regioni nelle materie di  cui  all'art.
 117  della  Costituzione.  Inoltre,  i  citati  decreti devono essere
 tenuti in considerazione in quanto il discostamento dai principi  ivi
 stabiliti   determina  irragionevolezza  e  incoerenza  delle  scelte
 legislative, anche qui in  violazione  delle  attribuzioni  regionali
 costituzionalmente riconosciute e garantite.
   3.  -  Quanto  agli artt. 3 commi 1 e 4 e 4, violazione degli artt.
 3, 5, 11, 97, 115, 117  e  118  della  Costituzione  sotto  ulteriori
 profili,  anche  in  riferimento al principio di leale collaborazione
 tra Stato e regioni ed alla legge n. 59 del 1997, alla luce dell'art.
 2 del d.lgs., n. 143 del 1997. Violazione della normativa comunitaria
 e  di  settore.     Le  disposizioni  citate   in   epigrafe   recano
 l'individuazione  dei  compiti  specificamente  attribuiti alla nuova
 agenzia per le erogazioni in agricoltura.  In particolare, l'art.  3,
 comma   1,   stabilisce  che  l'agenzia  rappresenta  l'organismo  di
 coordinamento di  cui  all'art.  4,  paragrafo  1,  lettera  b),  del
 regolamento   (CEE)   n.  729/1970  del  Consiglio,  come  modificato
 dall'art. 1 del regolamento (CEE)  n.  1287/1995  del  Consiglio,  ed
 agisce  come  unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti
 della Commissione europea per tutte le questioni relative  al  FEOGA,
 ai  sensi  del  regolamento  (CE)  n.  1663/1995  della  Commissione.
 Inoltre, l'agenzia e' dichiarata responsabile nei  confronti  dell'UE
 degli  adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla
 politica agricola comune, nonche'  degli  interventi  sul  mercato  e
 sulle  strutture  del settore agricolo finanziate dal FEOGA.  Infine,
 il comma 4 dello stesso art. 3 stabilisce  che  l'agenzia  svolge  le
 funzioni  di organismo pagatore per l'erogazione di aiuti, contributi
 e premi comunitari previsti dalla normativa comunitaria e  finanziati
 dal  FEOGA,  sia  pure  in  via transitoria, e segnatamente fino alla
 istituzione a livello regionale ed al riconoscimento degli  organismi
 pagatori.      L'art.   4   prosegue,   poi,  nell'elencazione  delle
 attribuzioni  della  nuova  agenzia, e stabilisce - ricalcando quanto
 gia' stabilito dalla legge n. 610/1982 di riordinamento  dell'AIMA  -
 che  essa,  in  pretesa  attuazione  della  normativa  comunitaria  e
 nazionale, avochi a se' tutti  i  compiti  connessi  alla  esecuzione
 delle  forniture  di prodotti agroalimentari disposte dall'UE e dallo
 Stato italiano per gli aiuti alimentari e la  cooperazione  economica
 con  altri  Paesi,  nonche'  alle  operazioni di acquisto di prodotti
 agroalimentari per  la  formazione  delle  scorte  necessarie,  e  di
 immissione  regolata  sul  mercato interno e collocazione sul mercato
 comunitario ed extracomunitario  degli  stessi  prodotti,  ed  infine
 all'intervento  sul  mercato  agricolo e agroalimentare, d'intesa con
 conferenza  Stato-regioni,  per  sostenere  comparti  in   situazioni
 contingenti,   per   periodi   di  tempo  circoscritti,  al  fine  di
 riassorbire la temporanea  sovracapacita'  produttiva  e  ristabilire
 l'equilibrio  del mercato.   Da ultimo, viene espressamente disposto,
 all'art. 4, comma 1, il subentro dell'AGEA in tutte, le  attribuzioni
 precedentemente  riconosciute  in  capo  all'AIMA da specifiche leggi
 nazionali o regolamenti comunitari.  Non vi e' chi non veda,  allora,
 come  la  soppressione dell'AIMA si configuri come un mero paravento,
 al di la' del quale si nasconde, sotto mentite spoglie,  l'intenzione
 di   ribadire  l'illegittimo  spossessamento  di  funzioni  regionali
 tradizionalmente operato a favore di  apparati  statali.    Cio'  che
 sostanzialmente  si  dispone,  con il decreto impugnato, non e' altro
 che la concentrazione presso il Ministero per le politiche  agricole,
 e   per   esso   in   capo  all'AGEA,  non  solo  delle  funzioni  di
 coordinamento, ma di tutte le attivita', amministrative  propriamente
 decisorie ed esecutive, in materia di finanziamenti per l'agricoltura
 e  di  interventi sui mercati agricoli.  In primo luogo, va detto che
 la qualifica,  sia  pure  dichiaratamente  provvisoria,  dell'agenzia
 quale organismo pagatore si pone in contrasto con la stessa normativa
 comunitaria  a  cui  il  d.lgs.  n.  165/1999  pretenderebbe  di dare
 attuazione.  Si consideri, infatti, che l'art. 4, paragrafo 1,  lett.
 b), del Regolamento 729/70/CEE, espressamente richiamato dall'art. 3,
 comma  1,  del  decreto  impugnato,  prevede  la  costituzione  di un
 "organismo di coordinamento", incaricato di centralizzare e mettere a
 disposizione della commissione le  informazioni  ad  essa  destinate,
 nonche'   di   promuovere  un'applicazione  armonizzata  delle  norme
 comunitarie, nell'ipotesi in cui sia riconosciuta una  pluralita'  di
 organismi  cosiddetti  pagatori.    La  concentrazione,  in  capo  al
 medesimo  soggetto,  delle  funzioni  di  organismo  pagatore  e   di
 coordinamento,  oltre  a  contrastare  con i fondamentali principi di
 ragionevolezza e buon andamento, confligge,  dunque,  con  la  stessa
 normativa  comunitaria,  nella  parte in cui essa prescrive una netta
 separazione tra  l'ente  deputato  al  coordinamento  ed  i  soggetti
 pagatori.    Accanto  a  cio',  si  deve,  sottolineare  come non sia
 rintracciabile,    neppure    nell'ordinamento    comunitario,    una
 disposizione  che  preveda  l'obbligo  di  un esercizio centralizzato
 delle, funzioni di gestione  degli  aiuti  derivanti  dalla  politica
 agricola  comune.    E'  ben  noto, in ogni caso, il principio, fatto
 proprio anche da codesta ecc.ma Corte (cfr., per tutte,  sentenza  24
 aprile  1996,  n.    126),  secondo  cui l'attuazione, nell'ambito di
 ciascun Stato membro, delle norme comunitarie deve tener conto  della
 struttura  (accentrata,  decentrata o federale) dello Stato medesimo.
 Ne discende che "l'Italia e' abilitata,  oltre  che  tenuta  dal  suo
 stesso  diritto  costituzionale,  a  rispettare  il  suo fondamentale
 impianto regionale" (Corte costituzionale sent. n. 126/1996, citata).
 Allo Stato non resta,  dunque,  che  una  competenza  cosiddetta  "di
 seconda   istanza",   esercitabile   non   attraverso  avocazioni  di
 competenze  a  favore  degli  apparati  centrali,   bensi'   mediante
 interventi repressivi, sostitutivi o suppletivi rispetto a violazioni
 o  carenze  nell'attuazione  o  esecuzione delle norme comunitarie da
 parte delle regioni e delle province autonome.  Sulla scorta di  tali
 premesse,  dunque, negli ambiti di competenza regionale, quale quello
 dell'agricoltura,  l'intervento  statale  in  attuazione   di   norme
 comunitarie  dovrebbe  essere  consentito  solo  -  come affermato in
 passato anche da codesta ecc.ma Corte (cfr. sent.  n. 304 del 1987) -
 se residuale e comunque sorretto da idonei presupposti giustificativi
 e costituzionali, quali  il  soddisfacimento  di  esigenze  unitarie,
 l'adempimento  di  obblighi  nell'ipotesi  di  comportamenti omissivi
 delle regioni, ovvero eccezionali motivi di urgenza.
   Tale principio, che ha trovato successivamente  conferma  anche  in
 altre  decisioni di codesta ecc.ma Corte (cfr. sent. nn. 433 del 1987
 e  448  del  1990),  esprime  indubbiamente  un'importante   garanzia
 dell'autonomia   regionale,   la   quale  puo'  trovare  giustificata
 compressione solo in nome di  fondamentali  esigenze  di  unitarieta'
 nell'attuazione della normativa comunitaria.  L'interpretazione delle
 disposizioni  comunitarie  che sta alla base della norma in esame e',
 peraltro, senza dubbio difforme dalla lettera e dallo  spirito  delle
 prescrizioni  dettate  dal  "legislatore"  europeo.    L'art.  4  del
 Regolamento CEE n. 729 del 1970 ha, infatti, previsto che nell'ambito
 di ciascuno Stato membro possano essere individuati piu'  servizi  od
 organismi  incaricati  delle  funzioni  di  soggetti pagatori.   Solo
 qualora gli organismi pagatori effettivamente istituiti siano piu' di
 uno, sorge la necessita'  di  un  controllo  pubblico  e  quindi,  di
 un'autorita'  centrale  ad  essi preposta in funzione di organismo di
 coordinamento  ai  sensi  dell'art.  4,  lettera   b),   del   citato
 Regolamento.   Viceversa, tale esigenza di coordinamento non sussiste
 laddove vi sia un unico soggetto preposto alle funzioni di  pagatore.
 A maggior ragione, quindi, incoerente con le scelte comunitarie e' la
 prevista concentrazione in capo ad uno stesso soggetto - nella specie
 l'AGEA  - dei compiti di unico organismo pagatore e, contestualmente,
 di organismo di coordinamento.  Con riferimento ad altre funzioni che
 il decreto n. 165 del 1999 attribuisce all'AGEA,  poi,  non  emergono
 particolari    esigenze   di   coordinamento   statale.   Si   pensi,
 esemplificativamente, all'immissione sul mercato interno di  prodotti
 agroalimentari,  o  agli  interventi  di  sostegno  dei  comparti  in
 situazioni contingenti, o ancora a tutti quei compiti gia' attribuiti
 all'AIMA in specifici settori, quale quello lattiero-caseario, e gia'
 contestati a suo tempo dalla  regione  Lombardia  dinanzi  a  codesta
 ecc.ma Corte.
   Quand'anche  fossero rintracciabili reali esigenze di coordinamento
 a  livello  nazionale  nel  settore,  va  precisato  che,   comunque,
 l'elaborazione  statale  dovrebbe  limitarsi  alla  determinazione di
 indirizzi generali di politica agricola, assicurando al tempo  stesso
 il  necessario coinvolgimento delle regioni, in quanto titolari delle
 relative competenze.   Tale  coinvolgimento  richiede  -  in  termini
 generali - il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e
 regioni  in  sede  di  conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del
 d.lgs.  n.  281  del  1997,  e  non certo la mera consultazione delle
 regioni, che non puo' garantire la reale partecipazione delle  stesse
 al  procedimento  decisionale.   E' indubbio, infatti, che il settore
 degli aiuti  in  agricoltura  rientra  nelle  materie  di  competenza
 regionale,   e   comunque,   se  ed  in  quanto  la  regolamentazione
 dell'intero sistema di gestione ed erogazione di tali aiuti necessiti
 di indirizzi generali ed uniformi  -  nonche'  conformi  ai  principi
 comunitari  - dettati per tutto il territorio nazionale, il principio
 di leale collaborazione imporrebbe il raccordo tra  Stato  e  regioni
 nella   forma   dell'intesa,   cosi'   da   assicurare   la  maggiore
 partecipazione possibile di queste ultime  nella  elaborazione  delle
 stesse  linee-guida.    Quanto  sopra  trova  ulteriore  ed  espressa
 conferma nel decreto delegato n. 143 del 1997, nella parte in cui  si
 prescrive  (art.  2,  comma  1)  che,  ai  fini dello svolgimento dei
 compiti di elaborazione  e  coordinamento  delle  linee  di  politica
 agricola,  agroindustriale  e  forestale  che gli sono attribuiti, il
 Ministero per le politiche agricole raggiunga una previa  intesa  con
 la conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni.  In ogni
 caso, si deve ribadire nuovamente che le funzioni attribuite all'AGEA
 dal decreto che in questa sede si contesta vanno in realta' ben oltre
 il  mero  coordinamento  nazionale,  per  dare  luogo  ad indebite ed
 intollerabili ingerenze in settori costituzionalmente riservati  alle
 competenze regionali.
   4.  -  Quanto  all'art. 3 commi 2 e 3, violazione degli artt. 3, 5,
 97, 115, 117  e  118  della  Costituzione  sotto  ulteriori  profili.
 L'art. 3, comma 2, dell'impugnato decreto demanda al Ministero per le
 politiche  agricole, sentita la commissione europea e d'intesa con la
 conferenza permanente Stato-regioni, il  compito  di  determinare  un
 limite  al  numero  degli  organismi  pagatori,  stabilendo  anche le
 modalita' e le procedure per il relativo riconoscimento.    Ai  sensi
 del successivo comma 3 dello stesso articolo, tali organismi pagatori
 devono  essere istituiti dalle regioni, anche sotto forma di consorzi
 o di societa'  a  capitale  misto,  ed  ottenere  il  riconoscimento,
 sentita  l'agenzia  e previa verifica della sussistenza dei requisiti
 richiesti, sulla  base  delle  disposizioni  contenute  nel  predetto
 decreto  ministeriale.    Cio' che viene immediatamente in rilievo e'
 l'attribuzione allo Stato, e per esso al Ministero per  le  politiche
 agricole, del compito di stabilire, del tutto arbitrariamente e senza
 alcuna  indicazione proveniente da norme di rango primario, un limite
 numerico all'istituzione di organismi pagatori, Non solo  non  vi  e'
 garanzia  alcuna  che tale numero venga determinato in misura tale da
 consentire a  tutte  le  regioni  di  procedere  all'istituzione  dei
 predetti  organismi,  ma vi e' altresi' il rischio che alcune regioni
 ottengano il riconoscimento di una pluralita' di organismi, anche  in
 numero irragionevolmente superiore rispetto ad altre, e a prescindere
 da  una adeguata ed attenta considerazione degli effettivi bisogni di
 ciascuna.  Si e' detto, poi, che i requisiti  che  occorre  possedere
 per   ottenere   il  riconoscimento  quali  organismi  pagatori  sono
 stabiliti dallo Stato in  modo  uniforme  sul  territorio  nazionale.
 Ancora   una  volta,  tuttavia,  si  deve  sottolineare  che  non  e'
 rinvenibile un'esigenza di  stabilire  criteri  di  riconoscimento  a
 livello  centrale,  al  fine  di garantire uniformita' sul territorio
 nazionale, essendo gia' ben delineate dalla normativa comunitaria  (e
 segnatamente  dall'art.    4,  par.  1,  lett.  a), del Reg. (CEE) n.
 729/1970,  e  dal punto 4 dell'allegato al Reg. (CE) n. 1663/1995) le
 caratteristiche che gli organismi pagatori devono presentare.
   Versandosi in materia di indubbia  competenza  regionale,  ciascuna
 regione  avrebbe  dovuto  essere  messa  in  condizioni di poter dare
 autonomamente attuazione alla predetta normativa comunitaria.
   Al contrario, non solo alle regioni non e' consentito  stabilire  i
 criteri  per  il  riconoscimento  degli organismi pagatori, ma per di
 piu', una  volta  stabiliti  con  decreto  ministeriale  i  requisiti
 necessari,  ad  esse  si  fa obbligo di sentire previamente l'AGEA al
 fine di ottenere il riconoscimento degli organismi da esse istituiti.
   Nessun ruolo attivo viene dunque ritagliato a favore delle regioni,
 all'interno di questa illegittima operazione di  forte  accentramento
 delle competenze in materia di gestione degli aiuti comunitari.
   Sembrerebbe,  addirittura, da un raffronto tra il nuovo ordinamento
 dell'AGEA e la previgente normativa sull'AIMA, che quella - sia  pure
 insufficiente  - forma di collaborazione tra l'AIMA e le regioni, che
 l'art. 3, comma 1, lett. e), legge n. 610/1982, contemplava  ai  fini
 dell'erogazione    delle   provvidenze   finanziarie   disposte   dai
 regolamenti CEE, sia qui del tutto scomparsa, o meglio relegata ad un
 momento antecedente, vale a dire in  sede  di  adozione  del  decreto
 ministeriale di cui all'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 165 impugnato,
 ove  si  prevede  il  raggiungimento  di  un'intesa con la conferenza
 Stato-regioni.
   Le conseguenze  di  un  siffatto  modo  di  agire  sono  facilmente
 prevedibili, specie in termini di mancato adeguamento delle politiche
 agricole  alle  realta'  profondamente  diverse che caratterizzano il
 variegato panorama dell'agricoltura in Italia.
   5. - Quanto all'art. 5 comma 3 violazione degli  artt.  3,  5,  11,
 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
   L'art.  5,  comma  3,  del  decreto  che  qui si impugna conferisce
 all'agenzia  per  le  erogazioni  in  agricoltura  la   facolta'   di
 avvalersi,   in   mancanza   dell'istituzione   o   nelle   more  del
 riconoscimento degli organismi  pagatori,  e  previa  intesa  con  le
 regioni,  degli  uffici  di  queste  ultime  per lo svolgimento delle
 funzioni relative  alla  gestione  degli  aiuti  e  degli  interventi
 derivanti dalla politica agricola comune.
   Si   trova  dunque  conferma,  nella  disposizione  appena  citata,
 dell'accentramento in capo alla nuova agenzia dei compiti di gestione
 degli aiuti comunitari per l'agricoltura e di ogni tipo di intervento
 sul mercato agricolo, benche' cio' comporti una grave ed  illegittima
 violazione   delle  prerogative  costituzionalmente  riconosciute  in
 materia alle regioni.
   Queste vengono coinvolte solo in via eventuale, nell'ipotesi in cui
 esse non  provvedano  all'istituzione  degli  organismi  pagatori,  o
 provvisoriamente,   fino   a   che  questi  ottengano  il  necessario
 riconoscimento.
   L'art. 5, comma 3, esaminato si ricollega al sopra citato art.   3,
 comma  4,  nella parte in cui vi si prevede che, fino all'istituzione
 ed al riconoscimento degli organismi pagatori, le  relative  funzioni
 siano  espletate  dall'AGEA,  previo  riconoscimento  della stessa da
 parte del Ministero.
   Asseritamente, l'art. 5, comma 3, si pone in attuazione  di  quanto
 prescritto  a  livello comunitario dal Regolamento (CE) n. 1663/1995,
 punto 4 dell'allegato, ove si afferma che "la funzione di autorizzare
 e/o il servizio tecnico possono essere delegati in tutto o  in  parte
 ad   altri  organismi",  sempreche'  essi  soddisfino  una  serie  di
 condizioni.
   Si noti pero' che nella disposizione da ultimo citata, a differenza
 che nel d.lgs. n. 165/1999, si  parla  di  "delega"  e  non  di  mero
 avvalimento,  sicche'  risulta qui violata la normativa comunitaria e
 con essa l'art.  11 della Costituzione.
   Inoltre, si consideri che l'istituzione di  organismi  pagatori  ad
 opera delle regioni ed il riconoscimento di questi sono espressamente
 subordinati,  ai  sensi  dell'art. 3, comma 2, del decreto impugnato,
 all'emanazione di un apposito decreto ministeriale di  individuazione
 delle modalita' e procedure per il riconoscimento.
   Ne  deriva che, fintantoche' il Ministero per le politiche agricole
 non adottera' il predetto decreto, l'agenzia rimarra'  in  potere  di
 avvalersi sine die di uffici regionali non meglio individuati, per di
 piu'  -  nel  silenzio  legislativo  -  in assenza di una contestuale
 assegnazione  delle  risorse  economiche  necessarie  all'adempimento
 delle funzioni cosi' affidate.
   E'  ben noto che l'avvalimento e' legittimo solo se si assicura "il
 rispetto necessario dell'autonomia  delle  regioni,  anche  sotto  il
 profilo   della   provvista   dei   mezzi  finanziari  necessari  per
 fronteggiare nuovi oneri" (cosi', da ultimo, Corte  cost.,  sent.  n.
 408 del 1998, punto 10 del "Considerato in diritto").
   Poiche'  nella  specie,  come  si  e'  detto,  nessuna provvista di
 ulteriori mezzi finanziari e' prevista, in tal modo,  aggravando  gli
 oneri  a  carico  delle  regioni, si compromette irragionevolmente il
 raggiungimento degli obiettivi perseguiti  (in  violazione  dell'art.
 97,   in   riferimento  agli  artt.  3,  5,  117,  118  e  119  della
 Costituzione)  e  si  incide   direttamente   (ed   illegittimamente)
 sull'autonomia amministrativa e finanziaria delle regioni stesse.
   6.  -  Quanto all'art. 5, comma 5, violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115, 117, 118 e 119 della Costituzione sotto ulteriori profili.
   Il successivo comma 5 del menzionato art.  5,  mentre  prevede  che
 alle  eventuali  rettifiche  negative  apportate dalla comunita' alle
 spese dichiarate dagli organismi pagatori si faccia  fronte  mediante
 assegnazione  all'apposito  conto  corrente  di  tesoreria  intestato
 "Ministero del Tesoro - FEOGA", da parte del  Ministero  del  tesoro,
 dei  fondi  occorrenti,  stabilisce che, laddove vi siano "correzioni
 finanziarie  negative"  imputabili  agli  organismi  istituiti  dalle
 regioni,  il Ministro del tesoro, su segnalazione del Ministro per le
 politiche agricole, provvede alla corrispondente detrazione di  somme
 dai finanziamenti destinati alle regioni stesse.
   La  predetta  norma,  al  di  la'  della scarsa chiarezza della sua
 formulazione, sembrerebbe stabilire che eventuali  "sfondamenti"  del
 tetto di spesa imputabili agli organismi pagatori istituiti a livello
 regionale  debbano essere sopportati dalle regioni stesse, attraverso
 una corrispondente riduzione delle somme ad esse assegnate in sede di
 ripartizione dei finanziamenti.
   Cio' e' tanto piu' illegittimo ove si consideri che le regioni  non
 hanno  voce in capitolo ne' sull'individuazione dei requisiti che gli
 organismi pagatori devono possedere per ottenere tale qualifica,  ne'
 - poi - in sede di accertamento della sussistenza di detti requisi.
   Inoltre,  esse  non  sembrano  poter  esercitare alcuna funzione di
 controllo sugli organismi da  esse  stesse  istituiti  in  base  alle
 direttive  ministeriali,  poiche'  tali  compiti  rientrano piuttosto
 nelle attribuzioni fatte proprie dall'agenzia per  le  erogazioni  in
 agricoltura.
   Questa  infatti,  in quanto unica responsabile di fronte all'Unione
 europea  degli  adempimenti  connessi  alla  gestione   degli   aiuti
 comunitari  e nella sua qualita' di organismo di coordinamento, viene
 dichiarata competente, ai sensi  dell'art.  5,  comma  1,  d.lgs.  n.
 165/1999,  a  verificare  la  conformita' alle norme comunitarie ed i
 tempi  delle  procedure  istruttorie  e  di  controllo  seguite   dai
 pagatori,  nonche'  ad  effettuare il monitoraggio delle attivita' da
 questi svolte.
   Irragionevole,  oltre  che  gravemente  illegittima,  si  configura
 dunque  la  disposizione in esame, nella parte in cui, a fronte delle
 ridottissime competenze  che  il  decreto  impugnato  riconosce  alle
 regioni    -    comunque   sproporzionate   rispetto   alle   risorse
 corrispondentemente assegnate - fa tuttavia  carico  alle  stesse  di
 eventuali  disfunzioni nel sistema dei pagamenti, ancorche' si tratti
 di disfunzioni o errori  non  riconducibili  ad  una  responsabilita'
 diretta  delle  medesime, bensi' di organismi che esse sono tenute ad
 istituire in base a criteri e con procedure arbitrariamente stabilite
 a livello ministeriale.
   7. - Quanto all'art. 6, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e
 118 della Costituzione sotto ulteriori profili.
   L'art. 6 contiene disposizioni in materia di personale, stabilendo,
 in  particolare,  al  comma  1,  che  a  decorrere  dalla   data   di
 approvazione del regolamento del personale dell'AGEA, il personale in
 servizio  presso  la  soppressa  AIMA e' trasferito, nei limiti della
 dotazione organica fissata, alla nuova  agenzia,  secondo  criteri  e
 procedure fissati dal Ministro per le politiche agricole, con decreto
 emanato  di concerto con il Ministro della funzione pubblica, sentite
 le organizzazioni  sindacali,  previa  domanda  dell'interessato.  Il
 restante personale, ai sensi del successivo comma 4 dello stesso art.
 6,  e'  trasferito  alle  regioni  unitamente  alle  relative risorse
 finanziarie.
   Ancora una volta, si deve rilevare  come  le  regioni  siano  state
 completamente escluse da ogni forma di coinvolgimento, pur versandosi
 indubitabilmente in un settore di diretta competenza regionale.
   Esse,  infatti,  non  hanno  alcuna voce in capitolo in ordine alla
 distribuzione del personale attualmente in  servizio  presso  l'AIMA,
 spettando  esclusivamente  al Ministero per le politiche agricole, di
 concerto con il Ministero della funzione pubblica, l'individuazione -
 arbitraria e senza limiti posti da fonti  di  rango  primario  -  del
 personale  da  trasferire  all'AGEA, nonche' di quello da trasferire,
 residualmente, alle regioni stesse per l'espletamento dei compiti  ad
 esse demandati dal d.lgs. n. 165/1999.
   Non  vi  e',  dunque,  alcuna  garanzia  che le regioni siano messe
 realmente in condizione di adempiere adeguatamente agli  obblighi  in
 capo ad esse sussistenti e di stabilire il quantum del loro personale
 ed il quomodo del relativo impiego.
   Accanto  a  cio',  va evidenziata l'irragionevolezza di un sistema,
 come quello qui delineato, fondato sull'individuazione a priori della
 dotazione organica da  assegnare  alle  regioni,  a  prescindere  dal
 numero  degli  organismi pagatori che ciascuna di esse sara' chiamata
 ad  istituire,  nonche'  dal  numero  effettivo  degli  organismi che
 otterranno effettivamente il riconoscimento necessario per operare.
   Viene manifestamente pretermessa ogni considerazione in merito alle
 effettive e reali esigenze di ciascuna regione, per dare  ancora  una
 volta la priorita' ad esigenze del "centro".
   Tale disposizione, pertanto, si pone in totale spregio dei principi
 di  ragionevolezza  e  buon  andamento.  E'  evidente,  del  pari, la
 violazione dell'art. 5 della Costituzione,  norma  che  indurrebbe  a
 ritenere prioritaria una vera operazione di trasferimento di funzioni
 a favore delle regioni.
   Ad  aggravare la gia' manifesta illegittimita' della norma in esame
 si aggiunge, poi, la considerazione che essa  detta  disposizioni  in
 materia  di personale deputato allo svolgimento di compiti in materia
 di  agricoltura  che  dovrebbero  essere,  alla  luce   del   dettato
 costituzionale,  riservati alle regioni, alle quali pertanto dovrebbe
 essere consentito,  quanto  meno,  un  coinvolgimento  diretto  nelle
 procedure  preordinate  al trasferimento del predetto personale dalla
 soppressa azienda per gli interventi nel mercato  agricolo  ai  nuovi
 organismi statali e regionali.
   Risultano  pertanto violati sia il principio di leale cooperazione,
 che  -  ancora  piu'  chiaramente  e  direttamente  -  la  previsione
 costituzionale  che  riserva  alle  regioni  la  disciplina  del loro
 personale.
   8. - Quanto all'art. 11, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117,
 118 e 119 della Costituzione sotto ulteriori profili.
   L'art. 11 del decreto legislativo impugnato detta  disposizioni  in
 materia di beni e dotazioni finanziarie della costituenda agenzia per
 le   erogazioni   in   agricoltura,   designandola  quale  successore
 universale della soppressa azienda di Stato per  gli  interventi  nel
 mercato agricolo.
   In  particolare,  il comma 1 stabilisce che "l'agenzia e' dotata di
 un  fondo  di  dotazione  costituito  dai  beni  mobili  e   immobili
 strumentali  alla sua attivita'. I beni materiali e immateriali della
 soppressa AIMA sono trasferiti all'agenzia".
   In altre parole,  si  conferma  ancora  una  volta  la  sostanziale
 identita'  di  funzioni  tra l'AIMA ed il nuovo ente denominato AGEA.
 Dalla disposizione citata, infatti, si ricava l'equazione secondo cui
 l'attivita' che quest'ultima e' chiamata a svolgere e' in tutto e per
 tutto pari a quella in precedenza affidata all'AIMA, se e'  vero  che
 tutti i beni dell'una confluiscono nel patrimonio dell'altra.
   Nulla  residua,  invece, per le regioni, alle quali, da un lato, e'
 attribuito un ruolo decisamente di secondo piano, in  totale  spregio
 delle  prerogative  ad  esse  costituzionalmente  riconosciute  nella
 materia agricoltura e segnatamente nel  campo  dell'erogazione  degli
 incentivi   e   contributi,   anche  in  attuazione  della  normativa
 comunitaria, e, dall'altro, non sono assegnate neppure quelle risorse
 finanziarie che si renderebbero necessarie per  poter  espletare,  in
 maniera  adeguata  ed  efficiente, in conformita' alle regole di buon
 andamento, gli esigui compiti connessi  a  tale  ruolo.  La  cosa  e'
 paradossale.
   Se   alle   regioni   deve   essere   trasferito   del   personale,
 evidentemente, e' perche' si presume che esse avranno da svolgere dei
 compiti nuovi.   Compiti  che  ovviamente  richiederebbero  l'uso  di
 ulteriori beni mobili ed immobili.
   Eppure,  mentre  il  personale  viene trasferito, i beni restano in
 capo all'AIMA/AGEA. Che ottiene - sembra di capire - il risultato  di
 "scaricare"   sulle  regioni  i  costi  del  personale  eccedentario,
 trattenendo invece tutti i beni alla agenzia.
   La violazione degli  artt.  5,  97,  115,  117,  118  e  119  della
 Costituzione   e',  dunque,  manifesta,  al  pari  della  sostanziale
 irragionevolezza, anche sotto il profilo finanziario, del complessivo
 nuovo sistema di gestione degli aiuti in agricoltura  incardinato  in
 capo all'AGEA, come delineato dal d.lgs. n. 165 del 1999.
    L'art.  11  comma  2,  include,  poi,  nell'ambito della dotazione
 finanziaria dell'AGEA, anche le assegnazioni  a  carico  dello  Stato
 occorrenti  per  l'esecuzione,  da  parte  del  SIAN,  dei  controlli
 finalizzati alla gestione delle  erogazioni  di  cui  alla  normativa
 nazionale e comunitaria.
   L'illegittimita'  di  tale  disposizione  discende  direttamente da
 quanto  gia'  detto  sopra,  in  quanto  essa  costituisce  il  mezzo
 attraverso  il  quale,  da  un lato, vengono fornite alla costituenda
 agenzia ulteriori risorse per lo svolgimento di funzioni che ad  essa
 non competono, in quanto costituzionalmente riservate alle regioni, e
 contestualmente,  dall'altro lato, viene perpetrata la violazione del
 fondamentale  principio  di  adeguatezza  delle  risorse  finanziarie
 assegnate  alle  regioni  rispetto  ai compiti - sia pure esigui - ad
 esse di fatto affidati.
   9 - Quanto all'art. 13, comma 1, violazione degli artt. 3,  5,  97,
 115, 117 e 118 della Costituzione sotto ulteriori profili.
   La  disposizione  di  cui  all'art.  13,  comma  1,  prevede che, a
 decorrere dall'anno finanziario comunitario 1999-2000, le funzioni di
 certificazione  dei  conti  annuali  degli  organismi  pagatori,  con
 specifico  riferimento  alle spese a carico del FEOGA-Garanzia, siano
 affidate ad un comitato appositamente istituito presso  il  Ministero
 del tesoro, che si avvale, oltre che del personale di tale Ministero,
 anche    di    personale   regionale   designato   dalla   conferenza
 Stato-regioni,  purche'  in   possesso   di   idonea   qualificazione
 professionale per i compiti di certificazione.
   Tale   norma   appare   del  tutto  irragionevole,  soprattutto  se
 considerata alla luce  di  quanto  stabilito  sia  dall'art.  6,  sia
 soprattutto  dall'art.   5, comma 3, dello stesso decreto legislativo
 n. 165 del 1999.
   Cio' che desta le maggiori perplessita' e' proprio la previsione di
 un coinvolgimento della conferenza permanente tra  Stato,  regioni  e
 province   autonome,   quando   si  tratti  di  procedere  alla  mera
 individuazione del personale regionale di cui  avvalersi  a  fini  di
 certificazione  dei  conti annuali degli organismi pagatori, anziche'
 un coinvolgimento diretto delle singole regioni interessate.
   La conferenza Stato-regioni,  come  codesta  Corte  ha  piu'  volte
 chiarito,  non  e'  la regione interessata, e non puo' legittimamente
 essere a questa sostituita. La scelta  dei  rappresentanti  regionali
 non  puo'  che  spettare  alle singole regioni e non alla conferenza,
 poiche' si tratta di far valere nell'organismo collegiale  la  tutela
 delle   attribuzioni  costituzionalmente  garantite  a  ciascun  ente
 autonomo.  Accanto a cio', si consideri che la disposizione in esame,
 nel prevedere l'istituzione di  un  comitato  incardinato  presso  il
 Ministero  del  tesoro,  non integra i rappresentanti regionali nella
 composizione  del comitato, ma configura la loro posizione in termini
 di mero "avvalimento" da parte di quest'ultimo.
   Indubbiamente il  comitato,  nell'espletamento  dei  suoi  compiti,
 coinvolge  anche in vario modo settori affidati alla competenza delle
 regioni, in quanto esamina anche i conti degli organismi pagatori  da
 queste  istituite.   Considerata la rilevanza delle funzioni in gioco
 (si rammenta che, ai sensi dell'art. 5, comma  5,  sulla  scorta  dei
 risultati dell'esame dei conti degli organismi pagatori, il Ministero
 puo'  decidere  di tagliare i finanziamenti alle regioni), l'istituto
 dell'avvalimento non si  dimostra,  nel  caso  di  specie,  idoneo  a
 salvaguardare  la posizione delle regioni.  A tal fine, piuttosto, si
 renderebbe necessario che l'apporto dei rappresentanti  regionali  si
 configurasse  come  vera e istituzionale partecipazione all'attivita'
 del comitato.    Poiche'  non  sembra  possibile  giungere  a  questo
 risultato  in  via  di interpretazione correttiva dell'impugnato art.
 13,  si  ritiene  che  tale  norma  sia  viziata  da   illegittimita'
 costituzionale  nella parte in cui prevede che il comitato "si avvale
 di", anziche'  "e' composto da" rappresentanti delle  regioni  (cfr.,
 ad  es.,  Corte  cost.,  21-29  ottobre 1992, n. 406, in "cons. St.",
 1992, II, 1425).
                               P. Q. M.
   Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente  ricorso,
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. 27 maggio 1999,
 n.  165,  pubblicato  in Gazzetta Ufficiale, serie gen. n. 137 del 14
 giugno 1999, nella sua interezza  e  con  particolare  riguardo  agli
 artt.  1;  2;  3,  commi  1, 2, 3 e 4; 4; 5, commi 3 e 5; 6; 11 e 13,
 comma 1.
     Milano-Roma, addi', 12 luglio 1999.
    Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. prof. Massimo Luciani
 99C1009