N. 617 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 1999
N. 617 Ordinanza emessa il 7 luglio 1999 dalla Corte di appello di Palermo nel procedimento relativo alla dichiarazione di ricusazione presentata da Caselli Vincenzo, in proprio e n.q. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice che, in precedente giudizio in sede civile, si sia pronunciato, per lo stesso fatto, sulla responsabilita' di uno degli imputati - Incompatibilita' alla funzione di giudizio in sede penale - Mancata previsione - Disparita' di trattamento di situazioni analoghe - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio di imparzialita' del giudice. - Cod. proc. pen., 1988, art. 34. - Cost., artt. 3, 24, comma 2, e 101.(GU n.45 del 10-11-1999 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo alla dichiarazione di ricusazione presentata in data 9 giugno 1999 nei confronti del dott. Benedetto Giaimo dall'avv. Alfredo Galasso nell'interesse di Vincenzo Caselli, in nome proprio e quale procuratore speciale di Andrea Caselli, Floisa Annunzi ed Elvira Lucchetti, parte civile nel procedimento penale n. 116/1997 pendente dinanzi al tribunale di Marsala - presieduto dal dott. Giaimo - contro Giuseppe Quinci e Giuseppe Genovese, imputati: a) del delitto di cui agli artt. 110, 113, 449, comma 2, c.p. per avere, il Quinci, nella qualita' di armatore e 1 ufficiale di coperta del m/p Massimo Garau, e il Genovese, nella sua qualita' di funzionario del R.I.NA, in cooperazione tra loro e con Filippo Tumbiolo, socio della coop. Si.Na.M ed esecutore dei lavori di ristrutturazione sul natante (e con Francesco Paolo Lisma, altro socio della Si.Na.M. e Paolo Paleino, comandante del m/p ormai deceduti al pari del Tumbiolo), cagionato il naufragio del suddetto motopeschereccio - modificato per il trasporto anche di persone - per colpa determinata, nell'esercizio dei rispettivi compiti e attribuzioni, dall'adozione di particolari disposizioni tecniche e operative negligenti e imprudenti, specificamente elencate nel capo d'imputazione indicato nel decreto del 12 giugno 1997 che ha disposto il giudizio; b) del delitto di cui agli artt. 110, 113, 589, commi 1 e 3, c.p. per avere, il Quinci, nella qualita' di armatore e 1 ufficiale di coperta del m/p Massimo Garau, e il Genovese, nella sua qualita' di funzionario del R.I.NA, in cooperazione tra loro e con Filippo Tumbiolo, socio della coop. Si.Na.M. ed esecutore dei lavori di ristrutturazione sul natante (e con Francesco Paolo Lisma, altro socio della Si.Na.M. e Paolo Paleino, comandante del m/p ormai deceduti al pari del Tumbiolo), cagionato per colpa, particolarmente consistita nelle condotte imprudenti e negligenti di cui al capo che precede, la morte di diciotto persone tra le quali Caselli Geo, direttore di macchina. A largo dell'isola di Pantelleria il 16 febbraio 1987. Sentiti il p.g. e il procuratore dell'istante all'udienza in camera di consiglio del 7 luglio 1999; O s s e r v a La dichiarazione di ricusazione del dott. Benedetto Giamo, presidente del collegio penale del tribunale di Marsala, dinanzi al quale pende il procedimento su indicato, si fonda su una pretesa incompatibilita' di detto magistrato alle funzioni di giudice, avendo lo stesso fatto parte, sempre come presidente, di altro collegio dello stesso tribunale di Marsala che ha definito con sentenza del 10 gennaio 1995 il giudizio civile promosso dalla Oceanpesca S.r.l., in persona del suo ammnistratore unico Giuseppe Quinci, nei confronti delle Assicurazioni Generali S.p.a., la Navale Assicurazioni S.p.a. e l'Aurora Assicurazioni S.p.a, ed avendo in detta sentenza in modo inequivoco espresso il suo convincimento sui fatti per i quali viene celebrato il processo a carico di Quinci G. e Genovese G. Trattasi della sentenza con la quale il tribunale di Marsala convalido' ex art. 540, lettera b) cod. nav. l'abbandono alle menzionate compagnie assicuratrici, nei limiti del rischio da ciascuna assunto, del motopeschereccio Massimo Garau (presumendosi lo stesso perito a seguito del naufragio del 16 febbraio 1987) e condanno' le stesse a risarcire alla Oceanpesca S.r.l. i danni consistenti nel pagamento del montante assicurato di L. 1.100.000.000, ripartito pro quota, con rivalutazione e interessi. Nella sentenza in parola - che rigetto' l'eccezione di decadenza della Oceanpesca dalla copertura assicurativa, sollevata dalle convenute sul rilievo che il peschereccio veniva adibito ad uso diverso da quello per il quale la classe e con essa l'intera certiticazione di sicurezza erano stati rilasciati - vengono espresse - si deduce da parte del ricusante - valutazioni circa la penale responsabilita' di almeno uno degli odierni imputati (il Quindici), leggendosi in essa che "le violazioni commesse dall'armatore al massimo comportano una contravvenzione depenalizzata". Ritiene la Corte, disattendendo la tesi espressa, al riguardo, in linea principale dal ricusante, che la dedotta situazione d'incompatibilita', che ove sussistente si risolverebbe in una causa di ricusazione, non sia disciplinata da alcuna previsione di legge ( in particolare non dall'art. 34 c.p.p. ne' dall'art. 36, lettera c) dello stesso codice di rito che si riferisce a manifestazioni di giudizio espresse fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie), sicche' l'istanza - tempestivamente presentata in quanto il difensore della parte civile e' venuto a conoscenza della pretesa causa d'incompatibilita' solo nel corso del processo, come e' dimostrato dalla documentazione in atti - ove dovesse essere esaminata alla stregua della vigente normativa, dovrebbe essere, senz'altro, respinta. Va, tuttavia, considerato che i dubbi sulla costituzionalita' della normativa richiamata, oggetto dell'eccezione di legittimita' costituzionale formulata in subordine dalla parte istante, non sembrano peregrini. In un sistema improntato, con riferimento al rapporto tra giurisdizione civile e penale, all'autonomia e alla separazione, uno stesso fatto puo' essere, invero, oggetto di giudizio sia in sede penale che civile con innegabili riflessi sulla posizione di terzieta' del giudice (sotto il profilo della prevenzione) ove questi, gia' pronunciatosi nell'una o nell'altra sede, in ordine a quel fatto, sia chiamato a valutarlo nuovamente sia pure in un ambito di giurisdizione diverso. Ne', d'altra parte, il principio costituzionale del giusto processo (cui e' ispirato l'art. 34 c.p.p.) puo' reputarsi violato solo allorche' uno stesso giudice valuti piu' volte in successivi processi la responsabilita' penale di una persona in relazione ad un medesimo reato. Non puo' ragionevolmente sostenersi, invero, che la stessa esigenza d'imparzialita' non meriti di essere tutelata quando l'illecito da valutare penalmente sia stato oggetto di un precedente giudizio in sede civile da parte del medesimo magistrato, come e' avvenuto nella fattispecie nella quale il tribunale di Marsala, presieduto dal dott. Giaimo (richiamando anche il decreto di archiviazione emesso dal g.i.p. dello stesso tribunale del 4 settembre 1990 che aveva ritenuto allo stato degli atti non sostenibile l'accusa nei confronti del Quinci in ordine ai fatti colposi di naufragio e omicidio plurimo), ha reputato con la cennata sentenza civile sostanzialmente non imputabile all'armatore del m/p Massimo Garau (l'odierno imputato Giuseppe Quinci, legale rappresentante dell'Oceanpesca) il sinistro marittimo e le conseguenze che ne sono derivate (diversamente, infatti, alla societa' non sarebbe stato accordato alcun risarcimento) pervenendo a conclusioni su fatti (ad esempio sulla circostanza che la nave fosse o non adibita, invece che all'esercizio della pesca, al trasporto di passeggeri) tuttora sub judice in sede penale. Orbene, la mancata previsione della prospettata causa d'incompatibilita' appare, ad avviso di questa Corte, come eccepito dal ricusante, in contrasto con 1'art. 3 della Costituzione perche' costituisce palese violazione del principio di parita' di trattamento di situazioni analoghe, nonche' con l'art. 24, secondo comma, della stessa Costituzione per violazione del diritto di difesa, pregiudicato da convinzioni precostituite in ordine alla stessa materia del decidere e va, infine, ritenuta anche contraria al successivo art. 101 posto a presidio dell'imparzialita' della funzione giudicante. Trattandosi, alla stregua, di quanto fin qui detto, di un'omissione significativa sotto il profilo costituzionale, la questione sollevata, oltre che rilevante per la decisione sulla dichiarazione di ricusazione, risulta non manifestamente infondata. Gli atti vanno, pertanto, rimessi alla Corte costituzionale e il procedimento di ricusazione dev'essere sospeso.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di cui in motivazione, sospende la decisione sulla dichiarazione di ricusazione del dott. Benedetto Giaimo ed ordina che gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale; Ordina, altresi', che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alla parte istante e al procuratore generale presso questa Corte d'appello, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e che la stessa sia comunicata ai Presidenti delle due Camere. Palermo, addi' 7 luglio 1999. Il presidente: Giordano 99C1114