N. 421 SENTENZA 27 ottobre - 4 novembre 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Elezioni  -  Elezione  dei  consigli  di  circoscrizione  - Cause di
 ineleggibilita'    -    Mancata    previsione    espressa,    secondo
 l'interpretazione  privilegiata, della ineleggibilita' dei dipendenti
 comunali (anche)  alla  carica  di  consigliere  circoscrizionale  (a
 differenza  della  prevista ineleggibilita' a consigliere comunale) -
 Lamentata    violazione    del     principio     di     imparzialita'
 dell'amministrazione,  con  irrazionale diversita' di trattamento sia
 tra consigli comunali e consigli circoscrizionali sia tra gli  stessi
 dipendenti  comunali  in  quanto  ritenuti  ineleggibili al consiglio
 comunale e non anche ai consigli circoscrizionali del medesimo Comune
 - Possibilita' di una diversa, non riduttiva,  interpretazione  della
 disposizione censurata, alla luce del quadro normativo di riferimento
 - Non fondatezza della questione.
 
 (Legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, primo comma, numero 7)
 
 (Costituzione, artt. 3 e 97, primo comma)
 
(GU n.45 del 10-11-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,
 numero 7, della legge 23 aprile 1981, n. 154  (Norme  in  materia  di
 ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche  di  consigliere
 regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in  materia  di
 incompatibilita'  degli  addetti  al  Servizio  sanitario nazionale),
 promossi con due ordinanze emesse il 27 febbraio 1997  (recte:  1998)
 dalla  Corte  d'appello  di  Torino,  iscritte  ai  nn. 276 e 277 del
 registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1998;
   Visti  gli  atti  di  costituzione del comune di Torino nonche' gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza  pubblica  del  28  settembre  1999  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Uditi  l'avvocato  Donatella  Resta  per  il  comune  di  Torino  e
 l'avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del  Consiglio
 dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  L'art. 2, primo comma, numero 7, della legge 23 aprile 1981,
 n. 154 (Norme in materia di ineleggibilita' ed incompatibilita'  alle
 cariche   di   consigliere   regionale,   provinciale,   comunale   e
 circoscrizionale e in materia di incompatibilita'  degli  addetti  al
 Servizio  sanitario  nazionale)  dispone  che  "non sono eleggibili a
 consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale ... i
 dipendenti  della  regione,  della  provincia  e  del  comune  per  i
 rispettivi  consigli".  Investita di appelli avverso due sentenze del
 tribunale di  Torino,  che  avevano  risolto  in  senso  difforme  il
 problema  della  eleggibilita'  ad  un  consiglio circoscrizionale di
 quella citta' di dipendenti dello  stesso comune, la Corte  d'appello
 di  Torino,  con  due  ordinanze  del  medesimo  tenore, emesse il 27
 febbraio 1997 (recte: 1998), e pervenute a questa Corte il  2  aprile
 1998  (r.o.  n.  276  e  n.  277 del 1998), ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97,  primo
 comma,  della Costituzione, del citato art. 2, primo comma, numero 7,
 "nella parte in cui non dispone espressamente la  ineleggibilita'  di
 un  dipendente  comunale  alla  carica  di componente di un consiglio
 circoscrizionale".
   La Corte remittente premette che la disposizione impugnata andrebbe
 interpretata, in  quanto  eccezionale,  secondo  stretto  diritto,  e
 dovrebbe intendersi nel senso che l'ineleggibilita' non si applica ai
 fini   dell'elezione   nei   consigli  circoscrizionali,  essendo  le
 circoscrizioni prive di personale  dipendente,  dal  momento  che  il
 comune  provvede  ad  assegnare  ad  esse  personale  comunale, e non
 potendo quindi alle medesime riferirsi la menzione dell'elezione "per
 i rispettivi consigli".
   La norma, peraltro,  secondo  il  giudice  a  quo  si  porrebbe  in
 conflitto,   in  primo  luogo,  con  il  principio  di  imparzialita'
 dell'amministrazione  di  cui  all'art.  97,   primo   comma,   della
 Costituzione,   in   quanto   i   dipendenti  comunali,  assegnati  o
 suscettibili di essere assegnati alle circoscrizioni,  verrebbero  di
 fatto  ad  assumere,  ove  eletti  consiglieri  circoscrizionali,  la
 qualita', ad un tempo, di soggetti controllanti e controllati.
   In secondo luogo, essa confliggerebbe con gli artt. 3 e  97,  primo
 comma, della Costituzione, in quanto non assicurerebbe, nei confronti
 dell'amministrazione     decentrata     esercitata    dai    consigli
 circoscrizionali, la separazione fra potere di indirizzo  politico  e
 potere  di amministrazione che la legge sulle autonomie locali (artt.
 51 e seguenti della legge 8 giugno 1990, n. 142) sancisce in generale
 e  in  particolare  per  i  consigli  comunali,  operando  cosi'  una
 irrazionale diversificazione di  trattamento  in  relazione  ai  soli
 consigli circoscrizionali.
   Infine,  contrasterebbe  con  il principio di ragionevolezza di cui
 all'art. 3 della Costituzione, in quanto praticherebbe un trattamento
 irragionevolmente differenziato fra i dipendenti comunali, sancendo o
 meno un limite alla loro eleggibilita' a seconda che siano eletti  al
 consiglio  comunale  o  ad  un  consiglio circoscrizionale, benche' i
 poteri di quest'ultimo costituiscano una frazione dei medesimi poteri
 di cui  dispongono  i  consigli  comunali,  poteri  che  spettano  in
 definitiva al comune quale ente autarchico territoriale.
   2.  -  In  entrambi i giudizi si e' costituito il comune di Torino,
 parte nei giudizi a quibus  chiedendo,  in  via  principale,  che  la
 questione sia dichiarata inammissibile per irrilevanza, atteso che la
 disposizione  impugnata prevederebbe in realta' l'ineleggibilita' del
 dipendente  comunale  anche  per  i  consigli  circoscrizionali   del
 medesimo  comune;  in  via subordinata, che la disposizione impugnata
 sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
   La parte sostiene anzitutto che la interpretazione da essa proposta
 troverebbe conferma dalla considerazione che la circoscrizione non e'
 un ente a se' stante, ma un'articolazione territoriale del comune,  e
 che  in  conseguenza  di  tale  connotazione  essa  non ha dipendenti
 propri, ma utilizza quelli comunali. La disposizione  legislativa  in
 esame  avrebbe  tenuto  conto  che nei comuni i "rispettivi consigli"
 potrebbero essere piu' d'uno, aggiungendosi al consiglio  comunale  i
 consigli     circoscrizionali,     considerati    anch'essi    organi
 rappresentativi  della  comunita'  di  cui  il   comune   e'   l'ente
 esponenziale.
   In  subordine,  ove non dovesse accogliersi questa interpretazione,
 la   parte   chiede   che   la   norma   censurata   sia   dichiarata
 incostituzionale, per i motivi dedotti dalla Corte remittente.
   Per  quanto  attiene al contrasto con il principio di imparzialita'
 di cui all'art.  97,  primo  comma,  della  Costituzione,  il  comune
 osserva  che  l'ineleggibilita'  di  cui  si  tratta  e' motivata dal
 potenziale  conflitto   di   interessi   dell'eletto   in   relazione
 all'esercizio  delle  sue  funzioni, un rischio che si verificherebbe
 anche con l'elezione di un dipendente comunale  in  un  consiglio  di
 circoscrizione  dello stesso comune, essendo la circoscrizione organo
 di decentramento  amministrativo  del  territorio  comunale,  le  cui
 decisioni  debbono comunque inserirsi armonicamente nel contesto piu'
 ampio delle scelte adottate dal comune. Il rischio sussisterebbe  sia
 perche'  il  dipendente  potrebbe  essere assegnato agli uffici della
 circoscrizione, sia perche' l'impiegato comunale e'  comunque  legato
 da  un  rapporto  di  dipendenza  con  l'ente nel cui ambito l'organo
 circoscrizionale si inserisce, fattore questo sufficiente  a  rendere
 possibile  una  strumentalizzazione  della carica elettiva a vantaggi
 personali dell'eletto.
   Inoltre la norma contrasterebbe con il principio di ragionevolezza,
 avendo il legislatore irragionevolmente differenziato due fattispecie
 (elezione nel consiglio comunale e  nel  consiglio  circoscrizionale)
 uguali  sotto  il  profilo della presenza del rischio di conflitto di
 interessi.  Sussisterebbe  altresi'  una  irrazionale  disparita'  di
 trattamento  del  dipendente  comunale  che  intendesse candidarsi al
 consiglio comunale rispetto a  quello  che  accede  al  consiglio  di
 circoscrizione: la mancata previsione della ineleggibilita' in questa
 seconda  situazione,  identica  alla  prima,  darebbe  luogo  ad  una
 discriminazione ingiustificata, come quella censurata da questa Corte
 nella sentenza (n. 43 del 1987) che dichiaro' illegittima la  mancata
 previsione  della  ineleggibilita'  dei  componenti  dell'ufficio  di
 direzione  e  dei  coordinatori   delle   unita'   sanitarie   locali
 pluricomunali  nei  consigli  comunali  di  tutti  i  comuni compresi
 nell'ambito territoriale della medesima USL.
   3. - E' intervenuto nei giudizi il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   L'Avvocatura  erariale  osserva  che  il  divieto dell'applicazione
 analogica delle leggi che  fanno  eccezione  a  regole  generali  non
 esclude  l'applicazione  delle  altre regole ermeneutiche, fra cui la
 possibilita' di interpretazione estensiva e l'obbligo  di  scegliere,
 fra   diverse   possibili  interpretazioni,  alcune  delle  quali  in
 apparente contrasto con principi  costituzionali,  quella  che  eviti
 tale contrasto.
   Ad   avviso   dell'interveniente,   la   norma  impugnata,  secondo
 l'interpretazione   logica    e    sistematica,    gia'    sancirebbe
 l'ineleggibilita'   dei   dipendenti   comunali   nei   consigli   di
 circoscrizione   del   medesimo   comune.   Infatti,    poiche'    le
 circoscrizioni non hanno personale posto alle loro dirette dipendenze
 che  non  sia  al  contempo  dipendente  del comune, sia il consiglio
 comunale che quello circoscrizionale dovrebbero ritenersi  richiamati
 nell'espressione "rispettivi consigli".
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  questione,  sollevata  con due identiche ordinanze della
 Corte d'appello di Torino, investe l'art. 2, primo comma,  numero  7,
 della   legge   23   aprile   1981,  n.  154  (Norme  in  materia  di
 ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche  di  consigliere
 regionale,  provinciale,  comunale e circoscrizionale e in materia di
 incompatibilita' degli  addetti  al  Servizio  sanitario  nazionale),
 nella  parte  in  cui,  secondo l'interpretazione del remittente, non
 escluderebbe l'eleggibilita' dei dipendenti comunali ai  consigli  di
 circoscrizione    del   medesimo   comune,   mentre   ne   sancirebbe
 l'ineleggibilita' al solo consiglio comunale.
   La  norma  contrasterebbe  con  l'art.  97,  primo   comma,   della
 Costituzione,  in  quanto consentirebbe al dipendente comunale eletto
 nel  consiglio  circoscrizionale  di   assumere   la   posizione   di
 controllore  e  al  contempo  di  controllato,  non  garantendo cosi'
 l'imparzialita' dell'amministrazione; con gli artt.  3  e  97,  primo
 comma,  della Costituzione, in quanto non assicurerebbe, nel caso dei
 soli  consigli  circoscrizionali,  la  separazione  fra   poteri   di
 indirizzo politico e poteri di amministrazione, adottata invece per i
 consigli comunali, realizzando cosi' una irrazionale diversificazione
 di   trattamento;   con   l'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto
 praticherebbe un trattamento irragionevolmente  differenziato  fra  i
 medesimi dipendenti comunali, prevedendone la ineleggibilita' solo in
 riferimento   al   consiglio   comunale   e  non  anche  ai  consigli
 circoscrizionali, i cui poteri sarebbero  peraltro  una  frazione  di
 quelli  di  cui  dispongono  i  consigli  comunali, e che spettano in
 definitiva al comune.
   2.  - I giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riuniti
 per essere decisi con unica pronunzia.
   3. - La questione non e' fondata.
   La  Corte  remittente  muove  dalla   premessa   secondo   cui   la
 disposizione impugnata non potrebbe che essere interpretata nel senso
 che  l'ineleggibilita',  per  i dipendenti comunali, riguarda il solo
 consiglio comunale, e non anche  i  consigli  circoscrizionali  dello
 stesso  comune: e cio' perche', trattandosi di norma che fa eccezione
 alla regola della eleggibilita', essa  dovrebbe  essere  interpretata
 "secondo  stretto  diritto", ai sensi dell'art. 14 delle disposizioni
 preliminari al codice civile, che vieta  l'applicazione  delle  leggi
 eccezionali "oltre i casi e i tempi in esse considerati".
   La  premessa  non e' condivisibile. La disposizione che - elencando
 le cause di ineleggibilita' "a  consigliere  regionale,  provinciale,
 comunale   e   circoscrizionale"  -  sancisce  l'ineleggibilita'  dei
 "dipendenti della  regione,  della  provincia  e  del  comune  per  i
 rispettivi  consigli",  dal  punto  di  vista  strettamente letterale
 consente una lettura che includa, fra  i  "rispettivi  consigli"  cui
 essa   ha  riguardo,  i  consigli  circoscrizionali,  come  assemblee
 appartenenti al comune del quale  l'interessato  sia  dipendente.  Se
 anche  i  consigli  di  circoscrizione  si  collocano nell'ambito del
 comune,  sia  pure  distinti  dal  consiglio   comunale   per   sfera
 territoriale  di  rappresentativita'  e  per  competenze,  se ne puo'
 desumere  che  l'ineleggibilita'  "rispettiva"  dei  dipendenti   del
 comune,  sancita  dalla  disposizione  impugnata,  riguardi  tutti  i
 consigli elettivi esistenti nell'ambito dello stesso comune, e dunque
 sia il consiglio comunale che quelli circoscrizionali.
   Una lettura piu' restrittiva, come quella proposta  dal  giudice  a
 quo   potrebbe   giustificarsi  solo  in  chiave  logico-sistematica,
 muovendo da una ricostruzione del sistema normativo che  configurasse
 le circoscrizioni come entita' distinte e "altre" rispetto al comune,
 e  non  solo  i  consigli circoscrizionali come assemblee diverse dal
 consiglio comunale.  Ma lo stesso remittente  non  solo  non  propone
 siffatta  configurazione,  bensi',  al contrario, fonda le censure di
 illegittimita'  costituzionale  proprio  sulla   appartenenza   delle
 circoscrizioni  al  comune,  la  quale comporterebbe che i dipendenti
 comunali, ancorche' in atto non assegnati ad un  determinato  ufficio
 circoscrizionale  del comune da cui dipendono, ma solo potenzialmente
 suscettibili di esserlo, si troverebbero, se eletti in uno  qualsiasi
 dei  consigli  di circoscrizione dello stesso comune, in posizione di
 possibile conflitto di interessi.
   4. - In realta' il legislatore, ancorche' non  abbia  mai  definito
 univocamente,   in   via   generale,  la  natura  e  il  ruolo  delle
 circoscrizioni, le ha, fin dalla legge  istitutiva  (legge  8  aprile
 1976, n. 278), configurate "nell'ambito dell'unita' del comune" (art.
 2,  secondo  comma),  come  organismi nascenti dalla ripartizione del
 proprio territorio operata dallo stesso comune (art. 1 stessa legge),
 istituiti  nell'esercizio  del  potere,  attribuito  al  comune,  "di
 organizzazione  secondo  principi di ampio decentramento" (art. 1, in
 fine),  e  pertanto  disciplinati,  quanto  ad   attribuzioni   e   a
 funzionamento, da un atto di autonomia comunale, quale il regolamento
 (art.  4).  A questa luce si comprende come lo stesso legislatore del
 1976 non abbia sentito il bisogno di disciplinare in modo autonomo le
 cause  di  ineleggibilita'  e  di  incompatibilita'  dei  consiglieri
 circoscrizionali, accontentandosi di stabilire la estensione ad essi,
 "in  quanto  applicabili",  delle  cause  previste  per i consiglieri
 comunali (art. 7, terzo comma, della stessa legge n. 278 del 1976).
   La legge del 1976 era ancora in vigore quando intervenne  la  legge
 n.  154 del 1981, che, disciplinando ex novo integralmente la materia
 delle ineleggibilita' e  incompatibilita'  nelle  assemblee  elettive
 locali, detto' disposizioni esplicitamente riferite anche ai consigli
 circoscrizionali,  fra  le  quali quella oggi denunciata. Non risulta
 dai lavori preparatori (dai quali appare che l'esplicita menzione dei
 consigli   di   circoscrizione,   relativamente   alle    cause    di
 ineleggibilita'  e  incompatibilita',  comparve  solo nel corso della
 seconda lettura  del  progetto  alla  Camera  dei  deputati)  che  il
 Parlamento  abbia  voluto  sostanzialmente innovare, su questo punto,
 rispetto alla disciplina di semplice rinvio  contenuta  nell'art.  7,
 terzo comma, della legge n. 278 del 1976, in particolare limitando le
 ineleggibilita'     e    le    incompatibilita'    dei    consiglieri
 circoscrizionali alle sole ipotesi in cui le situazioni o i  rapporti
 considerati   a   tal   fine   siano   riferiti   espressamente  alla
 circoscrizione (cfr. art. 2, primo comma, n. 12; art. 3, primo comma,
 numero 7; art. 4, secondo comma), ed  escludendole  invece  nei  piu'
 numerosi  casi di situazioni o rapporti riferiti al comune (cfr. art.
 2, primo comma, n. 7, 8, 9, 10, 11; art. 3, primo comma, n. 1, 2,  3,
 4, 5, 6).
   La  successiva  legge  8  giugno  1990,  n.  142 (Ordinamento delle
 autonomie locali), che ha fra l'altro abrogato (art. 13, comma 6)  la
 legge   n.   278   del  1976,  a  sua  volta  ha  confermato  che  le
 circoscrizioni  nascono  da  una  articolazione  del  territorio  del
 comune,  obbligatoria  o  facoltativa  a  seconda della dimensione di
 quest'ultimo (art. 13, comma 1), e che il consiglio  circoscrizionale
 rappresenta  le  esigenze  della  relativa  popolazione  "nell'ambito
 dell'unita' del comune"; e ha stabilito  che  l'organizzazione  e  le
 funzioni   delle  circoscrizioni  sono  disciplinate  "dallo  statuto
 comunale e da apposito regolamento" del comune: ha cioe' ribadito che
 si tratta di organismi rimessi per la loro disciplina  allo  statuto,
 massimo  atto di autonomia, o almeno di autorganizzazione, del comune
 (art. 13, comma 2; e cfr.  art. 4, comma 2).
   5. - Tale essendo il quadro  normativo,  non  sussistono  ostacoli,
 come  invece  ritiene la Corte remittente, alla interpretazione della
 disposizione  impugnata  nel  senso  che  e'   estesa   ai   consigli
 circoscrizionali la causa di ineleggibilita' sancita per i dipendenti
 del   comune:    interpretazione  sulla  cui  base  la  questione  di
 legittimita' costituzionale sollevata non ha motivo di essere.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondata   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, numero 7, della
 legge  23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilita' ed
 incompatibilita' alle cariche di consigliere regionale,  provinciale,
 comunale  e  circoscrizionale  e in materia di incompatibilita' degli
 addetti al Servizio sanitario nazionale), sollevata,  in  riferimento
 agli  artt.  3  e  97,  primo  comma, della Costituzione, dalla Corte
 d'appello di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1999.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 novembre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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