N. 423 ORDINANZA 27 ottobre - 4 novembre 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Matrimonio - Scioglimento - Reati in materia di rapporti familiari - Violazione dell'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto, dal coniuge divorziato all'altro coniuge, dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio - Procedibilita' d'ufficio, anziche' a querela della persona offesa (come previsto dall'art. 570 cod. pen., per l'analogo reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare) - Prospettata lesione del principio di eguaglianza e del principio di tutela della famiglia - Questione non valutabile con riferimento ad uno solo degli elementi di diversita' tra le situazioni poste a raffronto - Manifesta inammissibilita'. (Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74) (Costituzione, artt. 3 e 29).(GU n.45 del 10-11-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'articolo 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), promosso con ordinanza emessa il 18 settembre 1998 dal pretore di Ancona nel procedimento penale a carico di Piero Sacchetti, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1999; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 29 settembre 1999 il giudice relatore Cesare Mirabelli; Ritenuto che con ordinanza emessa il 18 settembre 1998 nel corso di un processo penale promosso con l'imputazione di non aver adempiuto l'obbligo di corrispondere l'assegno stabilito a favore del coniuge divorziato, il pretore di Ancona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui, disponendo che al coniuge che si sottrae all'obbligo di corrispondere l'assegno fissato con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si applicano le pene stabilite dall'art. 570 del codice penale, non prevede che il reato sia punibile a querela della persona offesa; che, ad avviso del giudice rimettente, il rinvio all'art. 570 cod. pen., contenuto nella disposizione denunciata, riguarderebbe soltanto le pene previste per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ma non comprenderebbe la disciplina della punibilita' del reato a querela della persona offesa; su questa base, il pretore ritiene che il reato previsto dall'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 sia perseguibile d'ufficio anche quando riguardi l'inadempimento in danno dell'ex coniuge, a differenza del delitto previsto dall'art. 570 cod. pen., che egli considera analogo quando la violazione degli obblighi di assistenza familiare consista nella mancata corresponsione dei mezzi economici necessari al mantenimento del coniuge convivente o legalmente separato; che il pretore di Ancona denuncia la lesione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela accordata alla famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), giacche' la procedibilita' a querela soltanto del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.), e non invece dell'analogo reato commesso dal coniuge divorziato, determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento e rafforzerebbe la tutela dell'ex coniuge sotto il profilo delle modalita' di impulso processuale del reato, mentre minore sarebbe la protezione del coniuge convivente o separato; che il giudice rimettente considera la soluzione del dubbio di legittimita' costituzionale rilevante per il giudizio del quale e' investito, giacche', se la questione fosse accolta, egli dovrebbe emanare una sentenza di non doversi procedere per sopravvenuta remissione della querela; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata, sottolineando che questioni identiche sono gia' state esaminate dalla Corte e dichiarate inammissibile o manifestamente inammissibile (sentenza n. 325 del 1995 e ordinanza n. 209 del 1997). Considerato che la questione di legittimita' costituzionale e' diretta ad assimilare, quanto alla procedibilita' a querela della persona offesa, il reato commesso dall'ex coniuge che si sottrae all'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto per il mantenimento del coniuge divorziato dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, aggiunto dall'art. 21 della legge n. 74 del 1987) al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.) per la mancata corresponsione dei mezzi economici necessari al mantenimento del coniuge convivente o legalmente separato senza colpa; che il giudice rimettente, nel sollevare il dubbio di legittimita' costituzionale, interpreta il rinvio all'art. 570 cod. pen., operato dalla norma denunciata, come esclusivamente riferito alle sanzioni previste per quel reato, senza comprendere la procedibilita' a querela della persona offesa; che la questione prospettata coglie, nelle situazioni poste a raffronto, solamente l'aspetto della diversa procedibilita' del reato, senza considerare altri elementi di diversita' della disciplina, relativi anche alle condotte penalmente sanzionate, rispettivamente, dall'art.12-sexies della legge n. 898 del 1970 e dall'art. 570 cod. pen; sicche' - come questa Corte ha gia' affermato, dichiarando inammissibile (sentenza n. 325 del 1995) e manifestamente inammissibile (ordinanza n. 209 del 1997) questioni identiche o analoghe - l'intervento richiesto non renderebbe omogenee le discipline poste a raffronto, ma, riguardando soltanto il regime della procedibilita', toccherebbe esclusivamente uno degli elementi che diversificano le fattispecie considerate (cfr., inoltre, sentenza n. 472 del 1989 e ordinanza n. 299 del 1998); che l'ordinanza di rimessione invoca impropriamente l'art. 29 della Costituzione per denunciare quella che ritiene essere una minore tutela del coniuge convivente o separato rispetto all'ex coniuge, mentre l'oggetto della questione di costituzionalita' non e' la condizione del coniuge in costanza di matrimonio o separato; d'altra parte la Corte ha gia' altre volte ritenuto l'art. 29 della Costituzione parametro non utile per sindacare modalita' di impulso processuale di reati attinenti a rapporti familiari (sentenza n. 46 del 1970; ordinanza n. 535 del 1987); che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, dal pretore di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Mirabelli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 4 novembre 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C1136