N. 681 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 1999

                                N. 681
  Ordinanza emessa il 15 marzo 1999  dal  tribunale,  sezione  per  il
 riesame di Napoli sull'appello proposto da Russo Giuseppe
 Processo  penale - Misure cautelari personali - Custodia cautelare in
    carcere - Durata massima - Limite complessivo e limite di  fase  -
    Ipotesi di decorrenza ex novo dei termini in seguito a regressione
    del  procedimento o rinvio ad altro giudice - Perdita di efficacia
    della misura solo nel caso di superamento del  termine  di  durata
    complessiva  e  non  anche  nel caso di superamento del doppio del
    termine  di  fase  -  Disparita'  di  trattamento  rispetto   alla
    disciplina  dei casi di sospensione dei termini di custodia di cui
    all'art. 304, comma 6, cod. proc. pen.
     Cod. proc. pen. 1988, art. 303, comma 4.
  Costituzione, art. 3.
(GU n.51 del 22-12-1999 )
                               IL TRIBUNALE
   Ha    emesso    la   seguente   ordinanza   sull'appello   proposto
 nell'interesse di Russo Giuseppe avverso l'ordinanza emessa in data 8
 settembre 1998 dalla Corte  di  assise  di  S.  Maria  C.V.,  sezione
 feriale,  con  la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione per
 scadenza, nella fase delle indagini preliminari, del termine  massimo
 della custodia cautelare;
                             O s s e r v a
   1. - Come risulta dagli atti trasmessi dall'a.g. procedente e dalla
 "posizione  giuridica"  successivamente  acquisita, Russo Giuseppe e'
 sottoposto  a  custodia  cautelare  in  carcere  per  il   reato   di
 associazione  mafiosa  in  forza  di  ordinanza coercitiva emessa dal
 g.i.p. del tribunale di  Napoli  nell'ambito  del  procedimento  c.d.
 Spartacus, notificata all'indagato il 5 dicembre 1995.
   L'appellante  venne  rinviato  a giudizio con decreto del g.i.p. di
 Napoli dell'8 novembre 1996 avanti alla Corte di assise di Napoli, la
 quale, pero', con sentenza 22  ottobre  1997,  dichiaro'  la  propria
 incompetenza  per  territorio  e rimise gli atti al p.m. della D.D.A.
 di Napoli perche' promuovesse l'azione penale avanti  alla  Corte  di
 assise di S. Maria C.V. A tanto il p.m. ha poi provveduto e in data 4
 aprile  1998  e'  stato  emesso  dal g.i.p. nuovo decreto di rinvio a
 giudizio.
   La  difesa  ha  formulato  istanza   di   scarcerazione   invocando
 l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con
 sentenza  n.  292/98 e, con l'appello proposto ai sensi dell'art. 310
 del c.p.p.  avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise
 di S. Maria C.V., deduce: "Preliminare alla valutazione di merito  e'
 la  dovuta considerazione della valenza delle sentenze interpretative
 di rigetto.
   La Corte di assise di S. Maria C.V. correttamente  ha  sottolineato
 la  limitata  efficacia delle stesse nell'ambito del procedimento nel
 corso del quale e'  stata  sollevata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale.
   Tuttavia  e' opportuno notare la peculiarita' della pronuncia della
 Corte costituzionale che nel caso in esame si limita al  richiamo  ad
 una  corretta  interpretazione  letterale  dell'art. 304, comma 6 del
 c.p.p.
   In tale ottica risulta evidente che le argomentazioni dedotte dalla
 Corte a sostegno di  quanto  sopra  valgono  a  rafforzare  e  non  a
 chiarire  il  senso  di  una  norma che esplicitamente, attraverso il
 richiamo al comma 2 dell'art. 303 del c.p.p., va applicata  nel  caso
 in esame.
   E'  necessario,  dunque, considerare che la sentenza invocata nella
 misura in cui richiama una norma di segno  univoco  non  puo'  essere
 disattesa attraverso motivazioni di ordine generale.
   Se e' vero come e' vero che la norma di cui all'art. 304 del c.p.p.
 fa  riferimento  anche  alle  ipotesi  di regressione del processo e'
 altrettanto vero che il giudice  chiamato  alla  pronuncia  non  puo'
 disconoscerne  la  portata,  poiche' in questa ipotesi non solo viene
 disattesa la pronuncia della Corte costituzionale  ma  anche  violata
 una norma giuridica cogente".
   Deduce  ancora la difesa dell'appellante che "...la Corte di assise
 dopo aver preso le istanze da quella che viene definita una  sentenza
 interpretativa    di   rigetto,   ...   incorre   in   una   evidente
 contraddizione.
   Infatti, da un lato, la Corte ritiene che ''le statuizioni  di  cui
 all'art.  304  del  c.p.p. (Sospensione dei termini di durata massima
 della  custodia  cautelare)  ...  vanno  considerate   di   carattere
 eccezionale  ed in quanto tali sono insuscettibili di interpretazione
 analogica'', dall'altro  che  ''la  citata  normativa  abbia  valenza
 generale  costituendo  una  regola  di  chiusura applicabile anche in
 ipotesi diverse dalla sospensione'' (pag. 4 ordinanza di rigetto).
   Se puo' condividersi la natura eccezionale dei primi quattro  commi
 dell'art. 304 del c.p.p. non puo' dirsi altrettanto dei commi 5 e 6.
   Questi  ultimi  recuperano  la  funzione  di  tutela della liberta'
 personale ... tanto da porre degli sbarramenti alle  eccezioni  poste
 con   l'istituto  della  sospensione.  Sicche'  il  riferimento  alla
 impossibilita' di estendere per applicazione analogica la regola  del
 comma 6 dell'art.  304 del c.p.p. e' infondato.
   Inoltre  vorra'  il  tribunale  considerare che il giudice adito ha
 tratto dalla rubrica della  norma  di  cui  sopra  ''Sospensione  dei
 termini'',   l'esclusivo  elemento  interpretativo  della  stessa  e,
 pertanto,  ha  ritenuto  nella  premessa  che  poi  ha  contraddetto,
 applicabile  la disciplina di cui al comma 6 unicamente a statuizioni
 relative all'istituto della sospensione ... in evidente contrasto con
 il tenore letterale della norma.
   Infine non e' condivisibile l'ordinanza  nella  parte  in  cui  ...
 rigetta  l'istanza  difensiva  ...  perche'  il  periodo  di custodia
 cautelare sofferto andrebbe computato, ai fini del  calcolo  relativo
 alla  decorrenza  dei  termini, sottraendo lo spazio temporale che va
 dall'8 novembre 1996 al 22 ottobre 1997 e cioe' dal decreto di rinvio
 a giudizio ... alla sentenza di incompetenza territoriale resa  dalla
 V   sezione   della   Corte   di  assise  di  Napoli,  rappresentando
 quest'ultima  fase  un  periodo  disomogeneo  visto  l'incardinamento
 dibattimentale del processo ...
   Qualora dovesse aderirsi all'assunto della Corte di assise la norma
 in  esame  non  avrebbe  piu' alcun significato maturandosi, salvo in
 ipotesi di diverse regressioni, sempre il termine di  fase  prima  di
 quello di fase raddoppiato".
   Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente uguale a
 quello  dell'ordinanza  pubblicata  in  precedenza    (Reg.  ord.  n.
 680/1999).
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