N. 454 ORDINANZA 13 - 17 dicembre 1999

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Processo  penale - Richiesta di applicazione della pena - Termine per
    la formulazione fino all'apertura del dibattimento di primo  grado
    -  Sentenza di non doversi procedere pronunciata in primo grado in
    limine litis (ex art. 129 cod.  proc.  pen.)  -  Impugnazione  del
    pubblico   ministero   -   Presentazione   della   richiesta   nel
    procedimento  di  appello  quando  in   esso   si   proceda   alla
    rinnovazione   del   dibattimento   -   Preclusione  -  Denunciata
    disparita' di trattamento tra imputati, con incidenza sul  diritto
    di difesa - Manifesta infondatezza della questione.
     Cod. proc. pen., art. 446, comma 1.
     Costituzione, artt. 3 e 24.
     
(GU n.51 del 22-12-1999 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare MIRABELLI,   prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.  Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,   prof. Gustavo ZAGREBELSKY,  prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,   prof.  Guido
 NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,  prof. Annibale MARINI,
 dott. Franco BILE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 446, comma 1,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  18
 giugno  1998 dalla Corte d'appello di Venezia nel procedimento penale
 a carico di B. A. ed altro, iscritta al n. 821 del registro ordinanze
 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  45,
 prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  costituzione  di  Harry  Richter in proprio e in
 qualita' di legale rappresentante della "ICI Italia" S.p.a;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  novembre  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Udito l'avvocato Perla Sciretti per Harry Richter.
   Ritenuto  che  la  Corte  di  appello  di  Venezia ha sollevato, in
 riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  446,  comma 1, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede la  possibilita'  di
 applicazione  della  pena su richiesta delle parti anche nel giudizio
 di  appello,  quando  in  esso  si  proceda  alla  rinnovazione   del
 dibattimento a norma dell'art. 604, comma 6, cod. proc. pen;
     che  il  rimettente  premette  che nel giudizio di primo grado il
 pretore, dopo aver  dichiarato  la  contumacia  di  un  imputato,  in
 accoglimento   dell'eccezione   preliminare  della  difesa  di  altro
 imputato,  a  cui  aveva  aderito  la  difesa  del  contumace,  aveva
 pronunciato  in  limine  litis, prima dell'apertura del dibattimento,
 sentenza di non doversi procedere ai sensi degli artt. 129 e 529 cod.
 proc. pen. per mancanza di valida querela;
     che avverso  la  sentenza  aveva  proposto  appello  il  pubblico
 ministero e che la Corte di appello, nella prima udienza del giudizio
 di  impugnazione,  ritenuta la validita' dell'atto di querela, si era
 riservata di  disporre  la  rinnovazione  del  dibattimento  a  norma
 dell'art. 604, comma 6, cod. proc. pen., previo esame delle eccezioni
 preliminari delle parti;
     che  alla  successiva  udienza  la  difesa  dell'imputato rimasto
 contumace  aveva  depositato  procura  speciale  con   richiesta   di
 applicazione  della  pena,  sulla  quale ilprocuratore generale aveva
 espresso il proprio consenso, mentre la parte civile si era  opposta,
 osservando  che l'imputato era decaduto dalla facolta' di chiedere il
 patteggiamento, in quanto l'art. 446, comma 1,  cod.  proc.  pen.  ne
 prevede   l'esercizio   sino   alla  dichiarazione  di  apertura  del
 dibattimento di primo grado;
     che il giudice rimettente rileva che  la  formulazione  letterale
 dell'art.  446, comma 1, cod. proc. pen. non consente interpretazioni
 estensive  e,  comunque,  preclude  la   possibilita'   di   chiedere
 l'applicazione  della  pena  nel  giudizio  di  appello, anche quando
 l'istruzione dibattimentale venga svolta per la prima volta  in  tale
 fase ai sensi dell'art. 604, comma 6, cod. proc. pen;
     che  pertanto  la  richiesta di applicazione della pena formulata
 per la prima volta nel giudizio di appello doveva ritenersi tardiva;
     che la preclusione di cui all'art. 446, comma 1, cod. proc.  pen.
 impedirebbe   all'imputato   di   usufruire   dei  vantaggi  connessi
 all'istituto dell'applicazione della pena  solo  perche'  nella  fase
 degli  atti introduttivi al dibattimento il giudice di primo grado ha
 emesso una erronea sentenza di proscioglimento;
     che in tale situazione - in cui, ad  avviso  del  rimettente,  il
 mancato  esercizio  della  facolta'  di chiedere l'applicazione della
 pena non e' addebitabile in alcun modo "ad errata scelta  processuale
 dell'imputato  o  a sua colposa inerzia", avendo questi esercitato il
 diritto di proporre questioni  preliminari  circa  la  procedibilita'
 dell'azione  penale  prima della richiesta di cui all'art. 444, comma
 1, cod. proc. pen.  -  verrebbe  a  determinarsi  una  ingiustificata
 compressione  del  diritto  di  difesa,  derivante  da "un evento non
 evitabile ed esterno alla volonta' del prevenuto"  (al  riguardo,  il
 rimettente  richiama  la  sentenza  di questa Corte n. 101 del 1993),
 nonche' una irragionevole disparita' di trattamento nei confronti  di
 quegli  imputati  ai  quali  sia precluso in appello, a seguito della
 rinnovazione del dibattimento ai sensi dell'art. 604, comma  6,  cod.
 proc. pen., di usufruire dei benefici del patteggiamento;
     che  si  e'  costituito  nel  presente giudizio Harry Ricther, in
 proprio e in qualita' di legale  rappresentante  della  "ICI  Italia"
 S.p.a.,  parte  civile  nel procedimento penale davanti alla Corte di
 appello di Venezia, rappresentato e difeso dagli avvocati Corso Bovio
 e  Perla  Sciretti,  chiedendo  che  la  questione   sia   dichiarata
 infondata;
     che,  in  particolare, la parte costituita rileva che all'esordio
 del dibattimento di primo grado - e, dunque,  entro  il  termine  per
 proporre  richiesta  di  applicazione  della  pena  -  il difensore e
 procuratore  speciale  dell'imputato  contumace  aveva  "ritenuto  di
 concentrare  la  difesa sull'obiettivo processuale" della sentenza di
 improcedibilita' per difetto di valida querela,  senza  coltivare  la
 possibilita'   di   presentare  anche  richiesta  di  patteggiamento;
 richiesta  che  non  avrebbe  comunque  precluso   alla   difesa   di
 sollecitare  anche  la  pronuncia  di  una  sentenza  di  non luogo a
 procedere per difetto di valida querela, ai sensi degli artt.  129  e
 444, comma 2, cod. proc. pen;
     che,   pertanto,  la  sentenza  additiva  richiesta  dal  giudice
 rimettente in realta' mirerebbe a  porre  rimedio  ad  una  omissione
 della  difesa  dell'imputato,  mediante l'introduzione di un istituto
 che verrebbe ad ampliare la disciplina del cosiddetto  patteggiamento
 in appello previsto dall'art. 599 cod. proc. pen.
   Considerato  che  la  Corte  di  appello  di  Venezia  ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 446, comma 1, cod.
 proc.   pen., nella parte in  cui  non  prevede  la  possibilita'  di
 formulare  richiesta di applicazione della pena anche nel giudizio di
 appello quando in esso si proceda alla rinnovazione del  dibattimento
 a  norma  dell'art.  604,  comma  6,  cod.  proc.  pen., in quanto la
 disciplina censurata comporterebbe  una  ingiustificata  compressione
 del  diritto  di  difesa,  in  violazione  degli  artt.  3 e 24 della
 Costituzione;
     che il  giudice  rimettente,  nel  prospettare  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  muove  dal  presupposto  che  l'omessa
 presentazione della richiesta di applicazione  della  pena  entro  il
 termine  previsto dalla norma censurata sia conseguenza di "un evento
 non evitabile ed esterno alla volonta' del prevenuto",  rappresentato
 dalla sentenza di non doversi procedere per difetto di querela emessa
 dal  pretore  nella  fase  degli atti introduttivi al dibattimento di
 primo grado, poi ritenuta errata dal giudice di appello;
     che  tale  presupposto  non   trova   riscontro   nella   vicenda
 processuale   su  cui  si  e'  innestata  la  presente  questione  di
 legittimita' costituzionale;
     che infatti, come emerge dalla stessa ordinanza di rimessione, la
 sentenza di non doversi procedere, pronunciata ex  artt.  129  e  529
 cod.  proc.  pen.  in  limine  litis  e  cioe'  prima  della  formale
 dichiarazione di apertura del dibattimento, era stata sollecitata  al
 pretore,  subito dopo la costituzione del rapporto processuale, dalla
 difesa di entrambi gli imputati;
     che  l'anticipazione dell'epilogo dibattimentale e il conseguente
 superamento del termine ultimo entro cui doveva essere presentata  la
 richiesta  di  applicazione  della  pena sono dipesi dal fatto che in
 primo  grado  il  difensore  dell'imputato  rimasto  contumace  aveva
 aderito all'eccezione preliminare relativa alla regolarita' dell'atto
 di querela proposta dal difensore del coimputato, senza esercitare la
 facolta'  di  presentare  contestualmente, e in subordine, tempestiva
 richiesta di patteggiamento;
     che  pertanto   l'omessa   presentazione   della   richiesta   di
 applicazione  della  pena entro il termine di cui all'art. 446, comma
 1, cod. proc.   pen. e' dipesa dalla  scelta  difensiva,  liberamente
 esercitata,   di   sollecitare  in  via  esclusiva  la  richiesta  di
 proscioglimento  anticipato  per  un  supposto  vizio  dell'atto   di
 querela;
     che  non e' quindi conferente il richiamo alla sentenza di questa
 Corte  n.  101  del  1993,  che  si  riferisce  ad  un  caso  in  cui
 l'inosservanza   del   termine   per   presentare   la  richiesta  di
 applicazione della pena era stata effettivamente "determinata  da  un
 evento  non  evitabile dall'interessato", e cioe' dal suo legittimo e
 assoluto impedimento, del quale era pervenuta in ritardo  notizia,  a
 presenziare all'udienza dibattimentale;
     che ove l'imputato, se presente al dibattimento di primo grado, o
 il  suo  difensore, se munito di procura speciale, avesse esercitato,
 subordinatamente alla richiesta di proscioglimento ex  art. 129  cod.
 proc.  pen.,  la  facolta' di presentare tempestivamente richiesta di
 applicazione della pena, il giudice di  appello  avrebbe  potuto,  in
 applicazione  dell'art.  604,  comma  6, cod. proc. pen., pronunciare
 sentenza   di   patteggiamento   in   riforma   della   sentenza   di
 proscioglimento di primo grado;
     che,  di conseguenza, la questione di legittimita' costituzionale
 deve essere dichiarata manifestamente infondata.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  446,  comma  1,  del  codice  di procedura
 penale,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3   e   24   della
 Costituzione,  dalla  Corte di appello di Venezia, con l'ordinanza in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1999.
                        Il Presidente: Vassalli
                       Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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