N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 novembre 1999

                                 N. 37
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 30 novembre 1999 (della provincia autonoma di Trento)
 Sanita'  pubblica  -  Formazione  specifica  in  medicina  generale -
    Diplomi  di  formazione  -  Previsto  rilascio  da   parte   degli
    assessorati   regionali   e   necessaria  conformita'  al  modello
    predisposto con decreto ministeriale - Denunciata  violazione  del
    principio   di   leale   collaborazione  fra  Stato  e  regioni  -
    Interferenza  nelle  funzioni   amministrative   della   provincia
    autonoma  di Trento.   Art. 24, comma 2, d.lgs. 17 agosto 1999, n.
    368.  Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 1) e  29),  9,  n.
    10),  e  16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 1 novembre 1973,
    n. 689; d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 3; legge 24 aprile
    1998, n. 128, art. 2, comma 1, lett. h).
 Sanita'  pubblica  -  Formazione  specifica  in  medicina  generale -
    Concorsi per l'ammissione ai corsi biennali - Poteri  ministeriali
    in  ordine  all'emanazione  del  bando e alla determinazione delle
    procedure,  nonche'  previsioni   di   dettaglio   relative   allo
    svolgimento   delle  prove  -  Denunciata  lesione  di  competenze
    legislative ed amministrative della provincia autonoma di Trento.
     D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, art.  25,  commi  2,  3,  4  e  5.
    Statuto  Trentino-Alto  Adige, artt. 8, nn. 1) e 29), 9, n. 10), e
    16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 1 novembre 1973, n.  689;
    d.P.R.  16  marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 3; legge 24 aprile 1998,
    n. 128, art. 2, comma 1, lett. h).
 Sanita' pubblica - Formazione specifica in medicina generale - Poteri
    del Ministero della sanita' di  determinare  obiettivi  didattici,
    metodologie di insegnamento-apprendimento e programmi di attivita'
    teoriche  e  pratiche,  nonche'  di  articolare la formazione e di
    individuare le strutture e i dipartimenti in cui essa si svolge  -
    Denunciata  arbitraria  invasione  di  competenze  della provincia
    autonoma di Trento.  D.Lgs. 17 agosto1999, n. 368, art. 26,  commi
    1, 2 e 3.
 Statuto  Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 1) e 29), 9, n. 10), e 16;
    d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R.  1  novembre  1973,  n.  689;
    d.P.R.  16  marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 3; legge 24 aprile 1998,
    n. 128, art. 2, comma 1, lett. h).
(GU n.5 del 2-2-2000 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona   del
 presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Lorenzo Dellai,
 autorizzata con deliberazione della Giunta provinciale n. 7293 del 12
 novembre  1999  (all.  1),  rappresentata  e difesa - come da procura
 speciale del 16 novembre 1999 (rep. n. 23914) rogata dal dr.  Tommaso
 Sussarellu  nella  sua  qualita'  ufficiale  rogante  della provincia
 stessa (all.  2) - dagli avvocati Giandomenico  Falcon  di  Padova  e
 Luigi  Manzi  di  Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio
 dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5;
   Contro  il  presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   per   la
 dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale del d.lgs. 17 agosto
 1999, n.  368,  recante  "Attuazione  della  direttiva  93/16/CEE  in
 materia   di   libera   circolazione   dei   medici  e  di  reciproco
 riconoscimento  dei  loro  diplomi  certificati  ed  altri   titoli",
 pubblicato  in  Gazzetta  Ufficiale,  serie  generale  n.  250 del 23
 ottobre  1999,  supplemento   ordinario,   nelle   disposizioni   che
 attribuiscono  allo  Stato e in particolare al Ministro della sanita'
 determinati compiti e poteri che  si  sovrappongono  alle  competenze
 provinciali  ed  interferiscono con esse, o direttamente disciplinano
 oggetti riservati alla disciplina provinciale, e precisamente:
     dell'art. 24, comma 2,  in  relazione  alla  predisposizione  del
 modello di diploma di formazione in medicina generale, da rilasciarsi
 al  termine  del  corso  di  formazione  da  parte  degli assessorati
 regionali alla sanita';
     dell'art. 25, commi 2, 3, 4, e 5, in  relazione  alla  emanazione
 del   bando  di  concorso  per  l'ammissione  al  corso  biennale  di
 formazione   specifica   in   medicina   generale,    nonche'    alla
 determinazione delle relative procedure concorsuali;
     dell'art. 26, commi 1, 2 e 3, in relazione alla determinazione di
 obbiettivi  didattici, di metodologie di insegnamento-apprendimento e
 di  programmi  delle  attivita'   teoriche   e   pratiche,   e   alla
 articolazione  della  formazione,  nonche'  alla individuazione delle
 strutture   ospedaliere,   delle   strutture   distrettuali   e   dei
 dipartimenti in cui si svolge la formazione;
     dei  predetti  artt. 24, comma 2, e 25, commi 4 e 5, in relazione
 alla diretta individuazione  dell'organo  provinciale  competente  al
 rilascio  del  diploma  di  formazione  a  conclusione  del  corso, e
 comunque in quanto vincolano la provincia con norme di dettaglio, per
 violazione:
      dell'art. 8, nn.  1  e  29,  e  dell'art.  9,  n.  10),  nonche'
 dell'art.  16 della Statuto;
      delle  norme  di attuazione dello Statuto, ed in particolare del
 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e del d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689;
      del sistema di relazioni tra Stato e province autonome stabilito
 dal d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266, ed in particolare degli artt.  2  e
 3,  concernenti  rispettivamente i rapporti fra legge statale e legge
 provinciale ed i  rapporti  tra  potesta'  amministrativa  statale  e
 potesta' amministrativa provinciale;
      del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni;
      dei  principi  posti in favore delle regioni e province autonome
 dalla legge di delega 24 aprile  1998,  n.  128,  e  segnatamente  di
 quello posta dall'art. 2, comma 1, lett. h), per i profili e nei modi
 di seguito illustrati.
                            Fatto e diritto
   Il  presente  ricorso  si  connette  (pur  senza  sovrapporsi)  con
 l'impugnazione gia' proposta dalla stessa provincia avverso l'art. 14
 del d.lgs.  n. 229 del 1999, nella parte in cui questo,  introducendo
 gli  artt.    16-quinquies e 16-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992, ha
 introdotto poteri statali in materia di "Formazione manageriale e  di
 Strutture per la formazione".
   Esso  investe  talune  disposizioni  del d.lgs. n. 368 del 1999, in
 relazione ad uno degli oggetti cui e' dedicata la normativa  statale,
 e  precisamente  in  relazione alla "Formazione specifica in medicina
 generale" disciplinata al Titolo IV.
   Conviene infatti precisare che non vi  e'  controversia  ne'  sulla
 materia  dei Titoli II e V, rispettavamente "Reciproco riconoscimento
 dei titoli e Riconoscimento titoli" (pur se puo' restare  incerta  la
 ragione  per  la  quale  l'unico  articolo  del titolo V non e' stato
 inserito nel Titolo II, considerata l'omogeneita' della materia), ne'
 sulla materia del Titolo VI, "Formazione dei medici specialisti":  la
 quale ultima, appunto, pur riguardando il settore  della  formazione,
 si  riferisce  specificamente  alla  formazione  universitaria  nelle
 scuole di  specializzazione,  materia  attualmente  in  qualche  modo
 riservata  all'autonomia  della stessa universita', come affermato da
 codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 316  del  1993,
 salvi  i  compiti  regionali  e  provinciali,  in  particolare  nella
 individuazione del fabbisogno.
   Quanto invece alla formazione postlaurea in medicina generale,  non
 di carattere universitario, di cui al titolo IV, non e' dubbio che si
 tratti  di  ambito di materia affidato alla competenza legislativa ed
 amministrativa provinciale, sia sotto  il  profilo  della  assistenza
 sanitaria che sotto quello della formazione.
   Da  un  lato  infatti  l'art.  8,  n. 29, dello Statuto affida alle
 province la  potesta'  legislativa  in  materia  di  addestramento  e
 formazione  professionale, dall'altro l'art. 9, n. 10, affida ad esse
 la potesta' legislativa in materia  di  igiene  e  sanita'  pubblica,
 compresa  l'assistenza sanitaria e ospedaliera: e per entrambe l'art.
 16,  secondo  la  regola  generale  del  parallelismo,  assegna  alle
 province altresi' la potesta' amministrativa.
   Tali  attribuzioni  di  competenza  sono  state  concretizzate  con
 apposite norme di attuazione. Precisamente, si tratta  per  la  parte
 sanitaria  del  d.P.R.  28  marzo 1975, n. 474, per la parte relativa
 alla formazione del d.P.R. 10 novembre 1973, n. 689.
   In particolare l'art. 5, comma  3,  del  d.P.R.  n.  689  del  1973
 (aggiunto  dall'art.  3  del  d.lgs.  n.  267 del 1992 dispone che le
 province  autonome  "possono  attivare  e  gestire  corsi  di  studio
 orientati  al  conseguimento della formazione richiesta da specifiche
 aree professionali", e che "gli attestati rilasciati  ai  termine  di
 tali  corsi abilitano all'esercizio di una attivita' professionale in
 corrispondenza alle norme comunitarie".
   Che tale competenza si riferisca anche alla  "formazione  specifica
 in  medicina  generale"  di  cui  alle direttive comunitarie e' stato
 stabilito da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la  sentenza  n.
 316  del  1993, nell'ambito di una controversia proposta allora dalla
 provincia autonoma di Bolzano, proprio sulla base  della  distinzione
 tra  formazione  universitaria e formazione pratica nell'ambito delle
 strutture sanitarie (si noti  che  la  direttiva  qui  attuata  93/16
 conferma  la formazione in questione come "piu' pratica che teorica",
 negli stessi termini della direttiva n. 86/457, sulla  cui  base  era
 stata pronunciata la citata sentenza).
   D'altronde,  il decreto legislativo qui impugnato non disconosce la
 titolarita' regionale e provinciale della materia, ed all'art.    28,
 ad esempio, espressamente afferma che "i corsi sono organizzati dalle
 regioni   e   dalle   province  autonome",  sia  pure  con  onere  di
 comunicazione al Ministero della sanita' ai fini informativi.
   Sennonche' esso non solo non contiene alcuna disposizione  generale
 di  salvaguardia  delle  prerogative  e  degli speciali meccanismi di
 adeguamento  alla  normazione  statale  previsti  per  la   provincia
 ricorrente,   ma   contiene   invece  alcune  disposizioni  che  tali
 prerogative e garanzie direttamente  contraddicono:  formulandole  in
 modo   tale  da  rendere  inevitabile  la  conclusione  che  esse  si
 riferiscono direttamente e  in  quanto  tali  anche  alla  ricorrente
 provincia.
   Si  tratta,  in primo luogo, della previsione di poteri statali, ed
 in concreto ministeriali, di determinazione di oggetti in  ordine  ai
 quali   ogni  potesta'  legislativa  ed  amministrativa  spetta  alla
 provincia autonoma di Trento, nei soli limiti eventualmente derivanti
 dai principi ordinamentali e di  riforma  e,  in  quanto  prevista  e
 necessario,  dagli  atti  di indirizzo e coordinamento vincolanti nel
 (solo) risultato, esclusa ogni attivita' amministrativa  direttamente
 o indirettamente svolta da organi statali.
   Si  tratta,  in secondo luogo, di ulteriori disposizioni che, al di
 fuori delle regole ora ricordate, direttamente  individuano  l'organo
 provinciale  competente  (al  rilascio  del  diploma  di formazione a
 conclusione del corso), o che comunque  vincolano  la  provincia  con
 norme di dettaglio.
   Cosi'  facendo,  le disposizioni qui contestate violano non sola le
 garanzie disposte  dallo  Statuto  di  autonomia  e  dalle  norme  di
 attuazione,  come meglio si illustrera', ma altresi' i principi della
 legge di delega 24 aprile 1998, n.  128,  ed  in  particolare  quello
 posto  proprio  a  tutela delle regioni e province autonome dall'art.
 2, comma 1, lett. h), che espressamente precisa che "nelle materie di
 competenza delle regioni a  statuto  ordinario  e  speciale  e  delle
 province  autonome di Trento e di Bolzano saranno osservati l'art.  9
 della legge 9 marzo 1989, n. 86, e l'art. 6, comma 1, del d.P.R.   24
 luglio 1977, n. 616".
   E  sia  consentito  ricordare  che  il  primo, al comma 3, non sola
 vincola la legislazione statale nelle materie di competenza regionale
 ad indicare espressamente le disposizioni di principio, ma  specifica
 che,  "nelle  materie  di  competenza esclusiva, le regioni a statuto
 speciale e le province autonome si adeguano alla  legge  dello  Stato
 nei  limiti  della  Costituzione  e  dei  rispettivi statuti", mentre
 l'art.   6, comma  1,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  ribadisce  la
 titolarita'  regionale  delle  funzioni  amministrative nelle materie
 oggetto di direttiva.
   Giova inoltre  precisare  che  ne'  la  riserva  allo  Stato  delle
 funzioni   qui   in   contestazione,   ne'  ovviamente  il  carattere
 iperdettagliato di talune disposizioni sono minimamente imposte dalla
 attuazione della direttiva comunitaria.
   Nessuna  delle  disposizioni  del  Titolo  IV  della  direttiva  n.
 93/16/CEE  del  5  aprile  1993  comporta  una  speciale ripartizione
 interna di competenze, che assicuri ai livelli centrali  dello  Stato
 compiti determinati.
   Dunque, la legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui al
 decreto  legislativo  n. 368 del 1999 va commisurata a soli parametri
 di diritto costituzionale nazionale, esclusa  ogni  "alterazione"  di
 diritto comunitario.
   Occorre  dunque  ora  considerare  analiticamente  le  disposizioni
 contestate.
   Da quanto sopra illustrato discende in primo luogo l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 24, comma  2,  nella  parte  in  cui  questo
 dispone  che  il  diploma  di  formazione  in  medicina  generale, da
 rilasciarsi al termine  del  corso  di  formazione  "da  parte  degli
 assessorati regionali alla sanita'", debba essere conforme al modello
 predisposto con decreto del Ministro della sanita'".
   Una   simile   disposizione,   nelle  sue  diverse  parti  (diretta
 individuazione di una competenza addirittura assessorile, conformita'
 ad un modello ministeriale uniforme), esprime una concezione che vede
 nel settore della sanita' non una cooperazione tra diversi livelli di
 governo, da svolgersi secondo regole e principi costituzionali, ma un
 apparato amministrativo  unitario  di  cui  il  Ministro  continua  a
 considerarsi il vertice.
    Va affermata l'illegittimita' costituzionale, che si vorrebbe dire
 quasi  ovvia (secondo la consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma
 Corte costituzionale), della disposizione che direttamente  individua
 negli "assessorati" gli organi competenti al rilascio dei diplomi. Ma
 va affermata altresi' l'illegittimita' della disposizione che vincola
 il  contenuto  specifico  dei diplomi ad un modello uniforme e per di
 piu' "ministeriale".
   In  primo  luogo,  infatti,  il diploma dovra' evidentemente essere
 chiaramente riconoscibile come tale, ma non esiste alcuna ragione per
 la quale debba corrispondere ad un modello uniforme.
   Se pure vi  fossero  ragioni  di  uniformita',  a  queste  dovrebbe
 corrispondersi  secondo  un  principio  collaborativo  - cioe' con la
 collaborazione delle regioni e  province  autonome  -  e  nell'ambito
 della   funzione  istituzionalmente  deputata  a  tale  scopo,  cioe'
 nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento.
   Un potere ministeriale solitario ed autoritativo in  questo  ambito
 non  esiste  e  non  puo'  esistere:  cio'  che puo' esistere, ove ne
 sussistano i presupposti di interesse  nazionale  (che  per  vero  in
 questa  occasione parrebbe scomodato senza ragione), e' la previsione
 legislativa della  funzione  di  indirizzi,  secondo  i  suoi  tipici
 contenuti e regole di funzionamento.
   Diversamente,  si  tratta semplicemente di una interferenza statale
 nell'esercizio   delle   funzioni   amministrative   di    competenza
 provinciale.
   Ugualmente   ad  avviso  della  provincia  autonoma  di  Trento  va
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25, commi 2,  3,
 4, e 5, sotto distinti profili.
   Comune ad essi e' lo stesso atteggiamento di burocratica disciplina
 unitaria  che  gia'  caratterizzava,  nella parte considerata, l'art.
 24.
   Dal sistema previsto dai primi due commi emerge che le regioni e le
 province  autonome  si  limiterebbero  in  realta'  a  "fornire"   al
 Ministero,  "entro  il  31  ottobre  di  ogni  anno", la "entita' del
 contingente numerico" da ammettere annualmente ai  corsi:  cioe',  in
 altre parole, il numero dei partecipanti ai corsi.
   Su  questa  base  sarebbe  poi il Ministro della sanita' ad emanare
 entro il  28  febbraio  di  ogni  anno  "il  bando  di  concorso  per
 l'ammissione al corso biennale di formazione".
   Ora,  che  vi  possano essere esigenze "nazionali" di informazione,
 affinche' chi risiede in diversa area territoriale  possa  essere  in
 grado  di presentare domanda di partecipazione ai corsi, la provincia
 ricorrente non lo nega, ed in questo  spirito  non  ha  impugnato  il
 comma  1  dell'art.  25:  ma  e'  evidente, a suo avviso, che ad essa
 compete in proprio l'organizzazione dei corsi dall'inizio alla  fine,
 ivi  compreso  il  bando  di  ammissione, e (come subito si dira') la
 disciplina delle relative procedure nel quadro della propria potesta'
 legislativa primaria.
   Eventuali ulteriori esigenze di coordinamento  che  il  legislatore
 ravvisasse  potrebbero,  come gia' detto sopra, trovare soddisfazione
 mediante la previsione della funzione di indirizzo  e  coordinamento,
 secondo le regole proprie di essa.
   Con  il  seguente  comma  3,  l'art.  25 del d.lgs. n. 368 non solo
 inizia a disciplinare in modo diretto ed incredibilmente  dettagliato
 lo  svolgimento dei concorsi per l'ammissione ai corsi di formazione,
 ma prevede ulteriori poteri ministeriali nella gestione  "accentrata"
 dei concorsi.
   Precisamente  vi  si  stabilisce  che  "il concorso consiste in una
 prova scritta, soluzione di quesiti a risposta multipla su  argomenti
 di  medicina  clinica, unica su tutto il territorio nazionale, che si
 svolge nel giorno ed ora fissati dal Ministero della  sanita'  e  nel
 luogo stabilito da ciascuna regione o provincia autonoma".
   Sembra quasi scontato, anche se il legislatore non ha neppure preso
 la  cura di dirlo, che il Ministero provvedera' anche a determinare i
 quesiti oggetto della prova.
   Ora, tutto cio' rappresenta  null'altro  che  la  sostituzione  del
 Ministero  alla  provincia  autonoma  di  Trento nell'esercizio delle
 funzioni  amministrative  proprie  della  provincia:  con  violazione
 dell'autonomia    legislativa    e,    sul    piano    dell'attivita'
 amministrativa, in piena contraddizione con l'art. 16  dello  Statuto
 ed in particolare con la norme di attuazione di cui all'art. 5, comma
 3,  del  d.P.R. n.   689 del 1973 (aggiunto dall'art 3, d.lgs. n. 267
 del 1992), secondo il quale le province autonome "possono attivare  e
 gestire  corsi  di studio orientati al conseguimento della formazione
 richiesta da specifiche  aree  professionali":  attivare  e  gestire,
 sembra  ovvio,  in  proprio,  e  non  secondo  regole  ed uniformita'
 ministeriali.
   Ancora, va  ribadito,  ad  eventuali  esigenze  di  uniformita'  va
 eventualmente   fatto   fronte  secondo  gli  strumenti  della  leale
 cooperazione, ed in particolare mediante l'attivazione della funzione
 di indirizzo e coordinamento  e  le  connesse  procedure  di  intesa,
 escluso  comunque  un  potere statale di stabilire in modo preciso il
 contenuto ed il giorno delle prove.
   Con i commi 4 e 5 dell'art. 25 il  d.lgs.  n.  368/1999  disciplina
 nella stessa logica in modo dettagliato altri aspetti della procedura
 concorsuale.  Cosi',  secondo il comma 4, del giorno e dell'ora della
 prova scritta dovrebbe  essere  data  comunicazione  -  evidentemente
 nella  prospettiva della unicita' per tutto il territorio nazionale -
 attraverso pubblicazione di avviso nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie
 "Concorsi  ed esami"; laddove la provincia autonoma di Trento ritiene
 di dovere pubblicare il giorno e l'ora della prova da essa  stabilita
 nel  proprio  Bollettino  ufficiale,  se  si  vuole con pubblicazione
 meramente notiziale nella Gazzetta Ufficiale.
   In modo dettagliato, poi, si prescrive che "del luogo  della  prova
 scritta   e   dell'ora   di  convocazione  dei  candidati"  sia  data
 comunicazione "a mezzo avviso  pubblicato  nel  Bollettino  ufficiale
 della  regione o della provincia autonoma e affisso presso gli ordini
 provinciali dei medici chirurghi e degli odontoiatri della regione  o
 della provincia autonoma"
   Il comma 5 stabilisce poi addirittura che "nel caso di costituzione
 di   piu'   commissioni   i   candidati  sono  assegnati  a  ciascuna
 commissione,  fino  al  raggiungimento  del  numero  massimo  di  250
 candidati per commissione, in base alla localita' di residenza ovvero
 in  ordine  alfabetico  ovvero  in  base ad altro criterio obbiettivo
 stabilito dalla regione o provincia autonoma".
   Appare qui un legislatore  delegato,  che,  incapace  di  stabilire
 regole  e  principi per l'armonizzazione dell'attivita' di un sistema
 di amministrazioni collegate ma autonome, assume su di se' il compito
 sostanzialmente   regolamentare   di   disciplinare    ogni    regola
 procedurale, al punto che persino quando "autorizza" le regioni (e le
 province  autonome)  a  stabilire  un  proprio criterio, non rinuncia
 pedantescamente a proporre loro due criteri alternativi.
   E' quasi inutile sottolineare che non e' questo il modo in  cui  lo
 Statuto  di  autonomia e le norme di attuazione, ed in particolare il
 d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266, concepiscono le relazioni tra  Stato  e
 province  autonome  quanto  ai  rapporti  tra  legge  statale e legge
 provinciale, previste dall'art. 2 come relazioni  di  attuazione  nei
 limiti previsti dallo Statuto: ovvero, in questo caso, nei limiti dei
 principi ordinamentali e dei principi di riforma, che nel caso non si
 direbbero davvero in gioco.
   Per   ragioni   attinenti   all'impropria   istituzione  di  poteri
 ministeriali, analoghe a quelle sopra esposte, va altresi'  censurata
 la  legittimita'  costituzionale  dell'art. 26, commi 1, 2 e 3, nella
 parte in cui esso prevede:
     che   "gli    obbiettivi    didattici,    le    metodologie    di
 insegnamento-apprendimento  ed i programmi delle attivita' teoriche e
 pratiche e l'articolazione della formazione" vengano  stabiliti  "con
 decreto  del Ministro della sanita', sentita la Federazione nazionale
 degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri" (comma 1). Anche  in
 questo  caso  va  ribadito che eventuali esigenze di uniformita' e di
 coordinamento non possono che essere soddisfatte mediante  l'apposita
 funzione  di indirizzo e coordinamento e nel rispetto dei suoi modi e
 limiti, e non mediante la sottrazione alle autonomie costituzionali e
 l'appropriazione al Ministero  della  sanita'  di  parti  sostanziali
 della  materia;  e  sia  consentito di notare che nell'ambito di tale
 funzione va acquisita l'intesa della Conferenza Stato-regioni, mentre
 appare  paradossale  oltre  che  illegittimo  che   nella   procedura
 ministeriale  stabilita  dall'art. 26, comma 1, le regioni e province
 autonome non siano neppure sentite;
     che le "strutture ospedaliere e le strutture  distrettuali  ed  i
 dipartimenti  ove  si  svolge  la formazione di cui al comma 2" siano
 "quelli individuati  a  tal  fini  con  decreto  del  Ministro  della
 sanita',   su  proposta  delle  regioni  o  province  autonome":  ove
 costituisce lesione delle prerogative costituzionali della  provincia
 ricorrente  la riduzione delle proprie potesta' amministrative ad una
 funzione di "proposta"  e  la  statuizione  della  necessita'  di  un
 decreto  ministeriale di individuazione, che costituirebbe oltretutto
 esercizio diretto da parte dello  Stato  di  funzioni  amministrative
 locali,  in  palese violazione dell'art.  4 del d.P.R. 16 marzo 1992,
 n. 266.
   Si noti che il ruolo che il Ministro  verrebbe  ad  esercitare  non
 puo'  essere  altro  che  quello  di  un  improprio  controllo  sulla
 correttezza dell'esercizio del potere di individuazione  attuato  con
 la proposta dei competenti organi provinciali.
   E'  ovvio  pero'  che  i  poteri  di  controllo  che  lo Stato puo'
 esercitare  sulla  provincia  sono  puntualmente  ed   esaustivamente
 definiti  dallo  statuto  di autonomia e dalle norme di attuazione, e
 che nessun altro  potere  del  genere  puo'  essere  surrettiziamente
 introdotto  mediante  un arbitrario coinvolgimento del Ministro nelle
 funzioni amministrative locali. Il potere ministeriale  in  questione
 non  rappresenta  dunque  altro  che una ingiustificata ed arbitraria
 spoliazione della competenza provinciale.
                               P. Q. M.
   Chiede all'ecc. Corte  costituzionale  dichiarare  l'illegittimita'
 costituzionale  delle  contestate  disposizioni del d.lgs. n. 368 del
 1999, per violazione dello Statuto di  autonomia  e  delle  norme  di
 attuazione,  cosi' come indicato in premessa e secondo i profili e le
 ragioni illustrate nel ricorso.
           Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
 99C2223