N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1999
N. 48 Ordinanza emessa il 23 settembre 1999 dal tribunale di Avellino sugli atti relativi a Pagnozzi Stella Mafia - Misure di prevenzione - Applicazione - Effetti - Conviventi del prevenuto - Estensione del divieto di provvedimenti ampliativi (licenze, concessioni, iscrizioni ed erogazioni) o decadenza dagli stessi - Preclusione di prova o accertamento contrario - Irragionevolezza - Lesione del diritto al lavoro e di quello di difesa Violazione del principio della responsabilita' penale personale - Contrasto con il principio di liberta' di iniziativa economica. Legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10, quarto comma. Costituzione, artt. 3, 4, 24, 27 e 41.(GU n.9 del 23-2-2000 )
IL TRIBUNALE Letta la nota della prefettura di Avellino del 28 giugno 1999 con la quale e' stata chiesta l'applicazione nei confronti di Pagnozzi Stella, nata il 6 novembre 1962 a S. Martino Valle Caudina, ivi residente via Paduli n. 1, moglie di Panella Renato, nato a Benevento il 13 marzo 1960 e residente a S. Martino Valle Caudina alla via Paduli n. 1, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni due ai sensi della legge antimafia n. 575/1965, del divieto di iscrizione nel registro degli esercenti il commercio ai sensi dell'art. 10, quarto comma della legge antimafia n. 575/1965; Vista la nota della Questura di Avellino, la quale, su richiesta di informazioni, ha fatto conoscere che la predetta misura della sorveglianza speciale e' divenuta definitiva il 7 febbraio 1997; Ritenuto che nel caso in esame sono ravvisabili evidenti profili di illegittimita' costituzionale della norma dell'art. 10, quarto comma della legge n. 675/1965; Rilevato che la questione, sollevata con riferimento agli artt. 3, 4, 27, 41 e 97 della Costituzione, fu gia' affrontata e risolta non di recente dalla Corte costituzionale, la quale la dichiaro' manifestamente infondata con ordinanza 16 giugno 1988, n. 675, ritenendo ragionevole la presunzione di intestazione fittizia dei beni per eludere la norma; Ritenuto, tuttavia, che sono ravvisabili, anche sulla scia di notevoli osservazioni e dubbi di incostituzionalita' sollevati dalla giurisprudenza e dalla dottrina (vedansi t.a.r. Lazio 22 agosto 1987 in foro Amm. 1987, pag. 3441, t.a.r. Lombardia 7 novembre 1985 e 9 dicembre 1985 in Giur. della Costituzione 1986, II, p. 884, G. Insolera, Considerazioni sulla nuova legge antimafia in Pol. Dir. 1982, p. 698; G. Conte, Poteri di accertamento, misure patrimoniali e sanzioni amministrative antimafia, in Foro it. 1984, V, p. 262; P. Celentano, Verso una giurisdizionalizzazione delle misure di prevenzione, in Riv. pen. econ. 1992, p. 522; G. De Chiara, Commenti articolo per articolo, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (antimafia) art. 22-bis in Leg. pen. 1993, p. 236), profili ulteriori, rispetto a quelli gia' esaminati dalla Consulta, di illegittimita' costituzionale della norma dell'art. 10, quarto comma della legge n. 575/1965 rilevanti ai fini della decisione che il tribunale deve adottare ed in particolare riguardanti la suddetta norma nella parte in cui impone al giudice di applicare al convivente di chi sia stato sottoposto a misura di prevenzione antimafia il divieto di iscrizione nei registri della Camera di commercio e quindi il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni all'esercizio del commercio; Considerato, in particolare, che, secondo la citata dottrina (cfr. G. De Chiara, cit.), le misure interdittive vengono applicate a carico di chi non abbia subito alcun procedimento, per cui essere verrebbero ad assumere il carattere di pena accessoria se collegate con la sentenza di condanna e quello di effetto accessorio patrimoniale con finalita' di prevenzione se collegate con la irrogazione di una misura di prevenzione definitiva; Ritenuto, per quanto qui interessa e con riferimento alle conclusioni cui e' pervenuta la citata ordinanza della Corte costituzionale, che non puo' considerarsi ragionevole la presunzione di intestazione fittizia dei beni per eludere la norma nella ipotesi di estensione dei divieti ai conviventi del sottoposto a misura di prevenzione, in quanto il carattere assoluto della predetta presunzione non regge ad un giudizio di ragionevolezza; Ritenuto, in altri termini, che il profilo di inconstituzionalita' e' da ravvisare proprio nella parte in cui la norma denunciata non consente alcuna prova contraria perche' e' appunto per effetto dell'apoditticita' della presunzione che essa assume evidenti profili di irragionevolezza; infatti, sarebbero sempre possibili accertamenti patrimoniali per stabilire se il prevenuto disponga di beni immobili o di capitali investibili nell'attivita' commerciale che il convivente intenda intraprendere oppure se quest'ultimo abbia capitali propri o comunque disponga di mezzi finanziari di provenienza non sospetta; Considerato in particolare, con stretto riguardo al caso in esame, che la predetta presunzione di intestazione fittizia dei beni, definibile anche, per meglio intendersi, come presunzione che l'attivita' commerciale che il convivente voglia intraprendere costituisca attivita' di copertura di quella di stampo mafioso esercitata dal sottoposto alla misura di prevenzione, non puo' ritenersi sempre corrispondente alla realta', la quale invece puo' offrire l'esempio di casi concreti in cui l'attivita' commerciale viene iniziata e svolta con capitali propri del convivente, cioe' non provenienti da quella, socialmente pericolosa, che ha dato luogo alla irrogazione della misura di prevenzione; Rilevato che un esempio puo' indicarsi proprio nel caso in esame, nel quale, essendo il Panella Renato, marito della Pagnozzi Stella, detenuto da lungo tempo (risulta infatti a questo tribunale che, condannato ad anni sei di reclusione per spaccio di stupefacenti, lo stesso ha subito un ulteriore condanna, con aumento per la continuazione di ulteriori anni quattro di reclusione con sentenza di questo tribunale del 15 luglio 1999 e trovasi tuttora detenuto), sorge quanto meno il dubbio che egli possa finanziare il coniuge ai fini dell'esercizio commerciale predetto; Considerato in definitiva che e' appunto l'assolutezza della presunzione contenuta nel quarto comma dell'art. 10 della legge 575/1965 a violare il principio di ragionevolezza, e, imponendo al giudice di applicare il divieto di esercizio di un'attivita' economica senza alcuna possibilita' di indagine o di accertamento, a porsi in contrasto con gli altri principi costituzionali dettati dall'art. 3 (rimozione, nella specie, di un ostacolo di ordine sociale al lavoro, perche' anche l'essersi unito in matrimonio o il convivere con una persona e' una condizione di vita sociale, non sempre scelta in piena liberta'), dall'art. 4 (effettivita' del diritto al lavoro), dall'art. 27 (estensione di conseguenze comunque di carattere penale - perche' anche l'applicazione di una misura di prevenzione presuppone l'accertamento di una responsabilita' di ordine penale, essendo diverso, rispetto all'irrogazione di una pena, soltanto il grado di certezza che si assume come presupposto - ad una persona rimasta estranea al procedimento di prevenzione), dall'art. 24 (applicazione di conseguenze dannose comunque derivanti da un procedimento del tutto assimilabile a quello penale ad una persona che in quel procedimento non ha avuto alcuna possibilita' di difendersi, a proposito del quale si richiama l'attenzione sulla progressiva giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione), dall'art. 41 (ostacolo alla libera iniziativa economica, frapposto per effetto di una presunzione, come si e' detto, irragionevolmente assoluta).
P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, quarto comma della legge 31 maggio 1965, n. 575, in relazione agli artt. 3, 4, 24, 27, 41 della Costituzione nella parte in cui la suindicata norma, estendendo ai conviventi i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2, non consente alcuna prova o accertamento contrario; Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente procedimento; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al pubblico ministero, alla prefettura di Avellino, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Avellino, addi' 23 settembre 1999. Il presidente e relatore: Iannarone 00C0106