N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 1999
N. 63 Ordinanza emessa il 29 ottobre 1999 dal tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania sul ricorso proposto da Federazione lavoratori della funzione pubblica C.G.I.L. ed altri contro la provincia regionale di Messina. Giustizia amministrativa - Controversie relative a rapporto di lavoro contrattualizzato o privatizzato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche - Riserva al giudice amministrativo delle controversie in materia di procedure concorsuali per l'assegnazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni - Mancata previsione della devoluzione al giudice ordinario di qualsiasi controversia riguardante il rapporto di lavoro contrattualizzato o privatizzato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, ivi comprese le procedure concorsuali per l'assegnazione ed in cui comunque la valutazione di un atto sia connesso con questioni concernenti il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, con attribuzione al giudice ordinario di un generale potere di cognizione piena e di annullamento degli atti presupposti illegittimi, ancorche' di organizzazione e non di gestione - Irrazionalita' della disciplina impugnata per la connessione in subiecta materia tra questioni attribuite alla cognizione del giudice ordinario e questioni riservate al giudice amministrativo, con conseguente necessita' per il dipendente di adire entrambi i giudici e rischio di contrasto di giudicati - Incidenza sul principio della tutela giurisdizionale. D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 68 e successive modificazioni. Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.9 del 23-2-2000 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1220/99 r.g., proposto dalla Federazione lavoratori della funzione pubblica C.G.I.L., segreteria provinciale di Messina, in persona del segretario pro-tempore Teodoro Lamonica, dalla U.I.L. Enti locali, segreteria provinciale di Messina, in persona del segretario pro-tempore Andrea Costantino, nonche' di Coledi Giovanni, Capillo Stellario, rappresentanti e difesi dall'avv. Mario Intilisano e dall'avv. Pietro Intilisano, domiciliati ex lege presso la segreteria del tribunale; Contro la provincia regionale di Messina, in persona del presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Lo Castro, domiciliata ex lege presso la segreteria del tribunale per l'annullamento, previa sospensione, della deliberazione della giunta provinciale di Messina n. 2112 del 31 dicembre 1998, avente ad oggetto "Regolamento per il conferimento di incarichi di funzioni di direzione, dirigenziali e di alta specializzazione, collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalita' per uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo", pubblicata all'albo della provincia regionale dal 6 gennaio 1999 al 20 gennaio 1999; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Relatore la dott.ssa Rosalia Messina; Uditi, alla pubblica udienza del 27 ottobre 1999, l'avv. Mario Intilisano per le parti ricorrenti, e l'avv. Alfio Pappalardo per la resistente Provincia regionale di Messina; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso depositato il 20 marzo 1999, e deposito il successivo 3 aprile, la Federazione lavoratori della funzione pubblica C.G.I.L. (Federazione provinciale di Messina), la U.I.L. Enti locali (Federazione provinciale di Messina), Giovanni Coledi e Stellario Capillo hanno impugnato la deliberazione della giunta provinciale di Messina n. 2112 del 31 dicembre 1998, avente ad oggetto "Regolamento per il conferimento di incarichi di funzioni di direzione, dirigenziali e di alta specializzazione, collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalita' per uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo", pubblicata all'albo della provincia regionale dal 6 gennaio 1999 al 20 gennaio 1999. I ricorrenti denunciano innanzitutto la: illegittimita' derivata della deliberazione impugnata, sulla quale si riverbererebbe la illegittimita' della deliberazione del Consiglio provinciale n. 109 del 26 ottobre 1998, impugnata con ricorso straordinario e censurata per violazione del contratto collettivo nazionale sulla dirigenza e del contratto collettivo nazionale comparto enti locali (primo motivo), violazione delle disposizioni di cui alle leggi n. 142/1990 e 127/1997, mancanza assoluta dei requisiti minimi richiesti al regolamento dei servizi (secondo motivo), difetto assoluto di motivazione sulla istituzione di uffici posti alla diretta collaborazione dell'organo di governo (terzo motivo), ed inoltre, per vizi propri, per violazione del contratto collettivo nazionale sulla dirigenza e del contratto collettivo nazionale comparto enti locali (sotto altro profilo, quarto motivo); illegittimita' dell'art. 3, comma 1, nella parte in cui attribuisce il potere di deliberare la nomina ed approvare il bando al presidente e non alla giunta, e dell'art. 2, comma 7, nella parte in cui prevede la revoca del direttore generale per il venir meno del rapporto fiduciario (quinto motivo); illegittimita' dell'art. 4 nella parte in cui prevede in capo al direttore generale la formazione di proposte al presidente ed alla giunta di atti di indirizzo politico amministrativo; illegittimita' dell'art. 6 nella parte in cui prevede che i dirigenti collaborino alla formazione dell'indirizzo politico ed amministrativo (sesto motivo); illegittimita' dell'art. 4 nella parte in cui prevede in capo al direttore generale il potere di proporre misure sanzionatorie a carico dei dirigenti per responsabilita' di risultato (settimo motivo); illegittimita' dell' art. 4 nella parte in cui prevede in capo al direttore generale il potere di verificare e controllare l'attivita' dei dirigenti, anche mediante l'esercizio delegato del potere di avocazione o sostituzione; illegittimita' dell'art. 9, comma 2, 3, 4 e 6 nella parte in cui attribuiscono anche al presidente l'esercizio del potere di avocazione; illegittimita' del comma 5 nella parte in cui affida il potere di avocazione in caso di mancata nomina del direttore generale, ad un dirigente ad acta e non al segretario generale (ottavo motivo); illegittimita' dell'art. 8 nella parte in cui prevede come causa di revoca oltre ai criteri di cui all'art. 51, comma 6, l'ipotesi in cui venga meno l'intuitus personae (nono motivo); illegittimita' dell'art. 10 per contrasto con l'art. 64 dello statuto della provincia regionale (decimo motivo); illegittimita' dell'art. 10 nella parte in cui prevede la copertura dei posti di qualifica dirigenziale solo mediante stipula di contratto di diritto privato e non di contratto di cui al C.c.n.l. di cui al d.lgs. n. 29/1993 (undicesimo motivo); illegittimita' dell'art. 11 nella parte in cui prevede la stipula dei contratti di cui all'art. 51-bis, legge n. 142/1990 (contratti al di fuori della pianta organica nei limiti del 5%) nella forma del contratto di diritto privato e non in quella del contratto di cui al C.c.n.l. (dodicesimo motivo); illegittimita' dell'art. 10 e dell'art. 11 nella parte in cui attribuiscono alla giunta provinciale il solo potere di conferire la nomina e non anche il potere di deliberare riguardo tutto l'iter concorsuale (approvazione del bando individuazione del soggetto, nomina); illegittimita' del medesimo articolo nella parte in cui attribuisce al presidente la facolta' di decidere se coprire i posti vacanti in pianta organica mediante la stipula di contratti a tempo determinato (tredicesimo motivo); illegittimita', per indeterminatezza, dell'art. 11, comma 3, nella parte in cui prevede il conferimento degli incarichi a: b) qualificazione connessa alla specificita' delle prestazioni richieste; d) persone impegnate in attivita' di particolare qualificazione cui e' notoriamente riconosciuta una specifica competenza (quattordicesimo motivo); illegittimita' dell'art. 13 nella parte in cui ha previsto la creazione di uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo in mancanza di espressa previsione nei criteri generali (quindicesimo motivo); illegittimita' dell'art. 13, comma 7, nella parte in cui prevede il conferimento alla giunta del potere di deliberare altre strutture di diretta collaborazione con gli organi di governo (sedicesimo ed ultimo motivo). La provincia regionale di Messina, costituitasi in resistenza, ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso sotto il duplice profilo del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo - richiamando genericamente il d.lgs. n. 80/1998 - e della non immediata impugnabilita' del regolamento che disciplina il conferimento degli incarichi, insuscettibile, secondo parte resistente, di determinare ex se alcuna lesione di posizioni giuridiche altrui, potendosi tale lesione realizzare soltanto con l'emanazione di atti applicativi. Parte resistente ha altresi' sostenuto la infondatezza del gravame. E' emersa, nel corso delle udienze tenutesi il 29 giugno 1999 e 28 ottobre 1999, la circostanza sopravvenuta della emanazione, da parte dell'amministrazione, di una successiva deliberazione (della Giunta provinciale, n. 816 del 23 giugno 1999, recante modificazioni al regolamento adottato con la deliberazione impugnata), che e' stata annullata dal Co.re.co., sez. provinciale di Messina, con decisione n. 9033, prot. n. 11165, adottata il 19 ottobre 1999. Le parti hanno ulteriormente illustrato le tesi difensive con memoria. D i r i t t o 1. - Preliminarmente, il collegio ritiene opportuno soffermarsi su alcune questioni in rito, onde sgombrare il campo da dubbi sulla rilevanza della questione di costituzionalita' che con la presente ordinanza si intende sollevare d'ufficio. Innanzitutto, deve rilevarsi che - nonostante l'emanazione di una deliberazione successiva a quella impugnata, e modificativa di quest'ultima - sussiste l'interesse alla decisione, in quanto la seconda deliberazione e' stata annullata dal Co.re.co., sez. provinciale di Messina. Pertanto, la deliberazione della giunta provinciale di Messina n. 2112 del 31 dicembre 1998, avente ad oggetto "Regolamento per il conferimento di incarichi di funzioni di direzione, dirigenziali e di alta specializzazione, collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalita' per uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo", e' ancora valida ed efficace, e non ha subito modificazioni di sorta. 2. - Il collegio ritiene inoltre non fondata, almeno in parte, l'eccezione di inammissibilita' del gravame per asserita mancanza di lesivita' attuale dell'impugnato regolamento, sollevata dalla resistente provincia regionale. Va infatti rilevato che, se mai, di tale mancanza di lesivita' e' possibile dubitare in relazione ai ricorrenti Coledi e Stellario, la cui qualita' non viene espressamente indicata nel ricorso - anche se e' altamente probabile che ad essi si riferisca un accenno, a pagina 22 del medesimo, ai rappresentanti aziendali che avrebbero interesse sia come tali sia come dipendenti - e che, ove fossero puramente e semplicemente dipendenti dell'ente, potrebbero ricevere pregiudizio delle loro sfere giuridiche soltanto una volta emanati gli atti applicativi del regolamento; altrettanto non puo' dirsi per i soggetti sindacali (Federazione dei lavoratori della funzione pubblica C.g.i.l., U.i.l. enti locali), soggetti in capo ai quali sussiste l'interesse ad impugnare la deliberazione di cui trattasi, innanzitutto perche' adottata in asserita violazione delle disposizioni del C.c.n.l. sulla dirigenza negli enti locali relative alle relazioni sindacali, ed in secondo luogo perche' comunque ritenuta lesiva di interessi di categoria dei quali tali soggetti collettivi sono portatori istituzionali (cfr., in relazione a varie fattispecie in cui e' stata riconosciuta la legittimazione ad agire delle organizzazioni sindacali: t.a.r. Lazio, II, n. 318/1997; t.a.r. Brescia, n. 907/1996; t.a.r. L'Aquila, n. 592/l993; t.a.r. Venezia, I, n. 25/1992; Idem, n. 637/1991; t.a.r. Catanzaro, n. 323/1991). Pertanto, riservata ovviamente alla sentenza definitiva ogni determinazione sull'eccezione in esame, e' per ora sufficiente osservare che, ad avviso del rimettente collegio, sotto tale profilo nulla osta alla rilevanza della questione di costituzionalita' che fra breve sara' illustrata, come invece sarebbe da ritenere ove il ricorso fosse inammissibile, posto che esso tutt'al piu' potrebbe rivelarsi nel prosieguo del giudizio soltanto parzialmente inammissibile, con riferimento alla legittimazione, allo stato non dimostrata, dei ricorrenti Coledi e Stellario. 3. - La resistente provincia regionale ha altresi' sollevato l'eccezione di inammissibilita' del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sostenendo che, essendo stato il regolamento adottato in data successiva al 30 giugno 1998, la materia rientrerebbe fra quelle devolute ormai alla giurisdizione del giudice ordinario (precisamente, dall'art. 68, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, da ultimo intervenute con l'art. 29, d.lgs. n. 80/1998). Il collegio ritiene l'eccezione parzialmente fondata, per le ragioni che saranno poco oltre piu' dettagliatamente illustrate; ed infatti, come si vedra', nella controversia in esame occorre "ritagliare" questioni che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, e questioni che rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo. Orbene, il collegio dubita della legittimita' costituzionale delle norme poco sopra citate, alla stregua degli artt. 3 e 24 della Carta, sotto il profilo della ingiustificata ed irragionevole disparita' che viene a determinarsi fra dipendenti privati, che per le controversie aventi ad oggetto qualsivoglia segmento del rapporto di lavoro devono rivolgersi ad un solo giudice, e dipendenti di amministrazioni pubbliche, che, a seguito della c.d. contrattualizzazione, possono essere costretti, come nella fattispecie, a sottoporre una medesima vicenda al vaglio di entrambi i giudici, poiche' con riguardo ad una medesima ed unitaria vicenda - addirittura, come avviene nella controversia all'esame del collegio, con riguardo all'impugnativa di un'unica deliberazione - taluni aspetti rientrano nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario, ed altri in quella del giudice amministrativo, senza che, per altro - ad avviso del collegio - il legislatore abbia adeguatamente provveduto a regolamentare i rapporti fra le due giurisdizioni in modo da non rendere dispendioso e difficile l'esperimento dei mezzi di tutela giurisdizionale da parte del dipendente di una p.a., e da evitare la possibilita' del contrasto di giudicati. 4. - Prima di illustrare nel dettaglio le conseguenze del fenomeno sopra indicato con riferimento alla specifica fattispecie in esame, anche al fine di vagliare la rilevanza la non manifesta infondatezza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, legge costituzionale n. 1/1948, e dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, della questione di costituzionalita' delle norme sopra richiamate, e' opportuno ricordare che la contrattualizzazione trova le sue fonti nell'art. 2/2, d.lgs. n. 29/1993 ("i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa...".) - norma integralmente confermata dall'art. 2/2, d.lgs. n. 80/1998 - e nel successivo comma 3 ("i rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente"), nonche' nell'art. 4, comma 2, del ripetuto d.lgs. n. 80/1998) secondo cui, nell'ambito dei rapporti di lavoro privatizzati o contrattualizzati "... le determinazioni per l'organizzazione degli uffici le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro", mentre rimangono invece qualificabili come atti amministrativi soltanto quegli atti con cui vengono delineate le linee fondamentali dell'organizzazione degli uffici di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 29/1993, nel testo sostituito dall'art. 3 del d.lgs. n. 80/1998, e quindi gli atti aventi funzione di indirizzo politico-amministrativo, di definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, di individuazione e ripartizione delle risorse, ecc., oltre, ovviamente gli atti e i provvedimenti relativi ai procedimenti concorsuali, cosi' come espressamente prescritto dall'art. 68/4. Orbene, dal fatto che i dipendenti pubblici devono rivolgersi per alcune tipologie di controversie al giudice ordinario e per altre al giudice amministrativo, attesa la stretta connessione e l'intreccio continuo tra profili pubblicistici e situazioni privatistiche, derivano - ad avviso del collegio - conseguenze costituzionalmente non corrette. Di tali conseguenze si parlera' diffusamente in seguito, ma e' opportuno precisare che il collegio ritiene che per evitarle il legislatore avrebbe dovuto prevedere la concentrazione della tutela del dipendente contrattualizzato della p.a., e di tutte le lesioni della sfera giuridica che egli subisce in quanto tale, presso un unico giudice, che, ad avviso del collegio, non puo' che essere il giudice ordinario. L'art. 68/1, d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall'art. 29, d.lgs. n. 80/1998, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, "... incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro e le indennita' di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti", con la precisazione che, ove tali ultimi atti "siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice amministrativo li disapplica, se illegittimi" ed inoltre, che "l'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non e' causa di sospensione del processo". I problemi interpretativi sorgono soprattutto, se non esclusivamente, per la fase costitutiva del rapporto, dal momento che da un lato il gia' richiamato art. 29, comma 1, d.lgs. n. 29/1993, come sostituito dall'art. 68, d.lgs. n. 80/1998, affida alla giurisdizione ordinaria "le controversie concernenti l'assunzione, al lavoro ... ancorche' vengano in questione atti amministrativi", dall'altro il comma 4 della stessa disposizione conserva la giurisdizione amministrativa per "le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". Nessun problema di ricerca di criteri discretivi la norma pone all'interprete in relazione a tutte le controversie inerenti ad un rapporto di lavoro, gia' costituito, in cui il datore di lavoro sia una p.a., attesa la formulazione ampia e generica, che va letta, per altro, in collegamento alle disposizioni che hanno introdotto la c.d. contrattualizzazione, modificando la natura del rapporto e di tutti gli atti che dall'assunzione in poi, ed in costanza di esso, vengono adottati dalla p.a. Con riferimento all'assunzione e' invece necessario dare un senso alla su richiamata duplice previsione di inclusione delle relative controversie fra quelle devolute al g.o. (comma 1 della norma), e di attribuzione al g.a. delle controversie relative alle procedure concorsuali per l'assunzione al lavoro (comma 4). Il collegio ritiene, schematizzando quanto piu' e' possibile un discorso complesso, posto che nella fattispecie in esame tale specifico aspetto non rileva, che tutte le controversie che investono direttamente o indirettamente la "nomina" (espressione ormai destinata a scomparire dalla terminologia che riguarda il pubblico impiego contrattualizzato, per essere sostituita dalla locuzione "stipulazione del contratto di lavoro") sono transitate al giudice ordinario, che disapplichera' eventuali atti autoritativi presupposti, come espressamente previsto dall'art. 68/1, d.lgs. n. 29/1993, e, successive modificazioni ed integrazioni, cit., mentre quelle il cui oggetto rimane all'interno della procedura concorsuale finalizzata all'assunzione al lavoro, senza riflettersi sul diritto alla "nomina" (rectius: all'assunzione) - esemplificando: impugnative di bandi che contengano clausole che comportino l'esclusione dalla partecipazione, impugnative di graduatorie al fine esclusivo dell'attribuzione di un miglior punteggio, dall'accoglimento delle quali ultime non derivi immediatamente l'assunzione al lavoro - rimangono affidate alla giurisdizione del g.a. (questo orientamento la sezione ha espresso in numerose pronunce in sede cautelare - cfr., fra molte altre, ord. n. 1334/1999, ord. n. 1698/1999, ord. n. 1710/1999 - ed anche, sia pure incidentalmente, nella sentenza n. 2104/1999). Vale la pena di precisare, per completare il quadro di riferimento, che le controversie relative a procedure concorsuali che non siano finalizzate all'assunzione al lavoro, e dunque i concorsi interni, o comunque le procedure selettive che comportano una progressione in carriera di soggetti che gia' sono assunti dalla p.a., rientrano ora nella giurisdizione dell'a.g.o., trattandosi di una vicenda che attiene ad un rapporto di lavoro gia' costituito (cfr., ex multis, la gia' citata sentenza di questa sezione n. 2104/1999). 5. - Nella controversia in esame, in cui viene impugnato un regolamento avente ad oggetto il conferimento di incarichi di funzioni di direzione, dirigenziali e di alta specializzazione, e di collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalita' per uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo nell'ambito di un ente locale - la provincia regionale di Messina - il collegio osserva che la soluzione sulla questione della giurisdizione non puo' essere unitaria, e che per alcuni segmenti della vicenda la giurisdizione, ai sensi della normativa sopra indicata, appartiene al g.o., mentre per altri segmenti appartiene al g.a. Proprio a causa di cio' il collegio dubita della costituzionalita' della normativa da applicare, in quanto il dipendente di una p.a. e' costretto, pur in presenza di fattispecie strutturalmente unitarie - come quella in esame - ad adire entrambi gli ordini giurisdizionali, con aggravio della possibilita' di ottenere la tutela processuale delle situazioni giuridiche afferenti lo status di pubblico dipendente. Rinviando per il momento al seguito la puntuale indagine sulla non manifesta infondatezza della questione, il collegio, ai fini dell'esame sulla rilevanza della questione ha controversia in esame, sottolinea che: la natura dell'atto impugnato, che e' un regolamento, costituisce un elemento per cosi' dire neutro, ai fini della attribuzione della giurisdizione, in quanto nel nuovo assetto del riparto fra i due ordini giurisdizionali i criteri tradizionali finora utilizzati (natura autoritativa o "paritetica" dell'atto, natura della situazione giuridica dedotta, natura del potere esercitato) non soccorrono piu', dovendo guardarsi al contenuto sostanziale della vicenda contenziosa, tenendo presente che in ogni caso nell'ambito dei rapporti di lavoro privatizzati o contrattualizzati "le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro" (art. 4/2, d.lgs. n. 80, piu' volte cit.); il regolamento in questione contiene previsioni attinenti a diverse situazioni, alcune delle quali sembrano appartenere, ratione materiae, alla giurisdizione del giudice amministrativo, altre alla giurisdizione del giudice ordinario, come in dettaglio si vedra' oltre; di fronte a simili situazioni, all'interprete non sono offerti, dalla disciplina normativa da applicare, criteri che consentano di "attrarre" la controversia nell'ambito della cognizione dell'uno o dell'altro giudice, posto che, al di fuori di esplicite deroghe legislative che in materia non si rintracciano, ed a differenza della competenza che puo' essere modificata per ragioni di connessione, nel nostro ordinamento vige il principio generale della inderogabilita' per ragioni di connessione delle rispettive giurisdizioni del giudice ordinario e del giudice amministrativo (cfr., fra altre: Cass. ss.uu., 1 marzo 1989, n. 1108), come si ricava anche dall'art. 37 c.p.c., in base al quale "il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali e' rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo". Pertanto, il collegio ritiene rilevante nel presente giudizio la questione di costituzionalita' gia' cennata supra e che adesso sara' meglio illustrata, in quanto l'applicazione dei principi esposti e della normativa applicabile condurrebbe al risultato di una pronuncia parzialmente declinatoria della giurisdizione, con conseguente necessita', per le organizzazioni sindacali ricorrenti, di adire anche il giudice ordinario per ottenere una risposta giurisdizionale su tutti gli aspetti della controversia, e cio', ad avviso del collegio, in violazione sia del principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), sia del principio di eguaglianza (medesimo art. 3), vulnerato in quanto il dipendente privato deve adire soltanto il g.o. per ottenere la tutela delle medesime situazioni giuridiche, differenziate ormai soltanto dal fatto che il datore di lavoro e' nell'un caso un privato, nell'altro una p.a., mentre il dipendente pubblico, in relazione ad alcune tipologie di controversie deve adire sia l'uno sia l'altro giudice, con possibile contrasto di giudicati, e con sostanziale violazione anche dell'art. 24 della Costituzione, stante l'aggravio dell'esperimento dei mezzi di tutela giurisdizionale. Ed infatti: a) quanto al primo motivo di ricorso, con il quale si censura il regolamento de quo per illegittimita' derivata, come riflesso della illegittimita' della deliberazione del consiglio provinciale n. 109 del 26 ottobre 1998, impugnata con ricorso straordinario e censurata per violazione del contratto collettivo nazionale sulla dirigenza e del contratto collettivo nazionale comparto enti locali, ed in particolare dell'art. 4 e dell'art. 5 del primo contratto collettivo, e delle corrispondenti disposizioni del secondo, si ritiene che, ai sensi dell'art. 68/3, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni - il quale stabilisce che: "Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'A.R.A.N. o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'art. 45 ss. del presente decreto" - la giurisdizione non appartiene al giudice adito; b) quanto al secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il regolamento per violazione delle disposizioni di cui alle leggi n. 142/1990 e n. 127/1997, e per mancanza assoluta dei requisiti minimi richiesti al regolamento dei servizi, la giurisdizione, ad avviso del collegio appartiene al giudice adito, posto che le illegittimita' denunciate non soltanto investono il regolamento nella sua totalita', ma riguardano il momento genetico del procedimento che ha condotto alla sua emanazione ed all'assetto delle competenze dell'ente locale, esulando pertanto dallo stretto ambito delle controversie di lavoro; c) quanto al terzo motivo di doglianza, con il quale si deduce il vizio di difetto assoluto di motivazione sulla istituzione di uffici posti alla diretta collaborazione dell'organo di governo, il collegio ritiene di declinare la propria giurisdizione, in quanto il contenuto del regolamento e', per questa parte, espressione in un potere c.d. di microorganizzazione, sussumibile nella lata accezione delle "determinazioni per l'organizzazione degli uffici" nonche' dei "poteri del privato datore di lavoro" di cui all'art. 4/2, d.lgs. n. 80, piu' volte citato; d) quanto alla doglianza espressa con il quarto motivo del gravame in epigrafe - violazione del contratto collettivo nazionale sulla dirigenza e del contratto collettivo nazionale comparto enti locali, ed in particolare dell'art. 4 del primo di detti contratti collettivi e della corrispondente disposizione del secondo, con riferimento all'obbligo di preventiva e tempestiva informazione scritta delle rappresentanze sindacali negli enti ove siano in servizio almeno 5 dirigenti - il collegio ritiene doversi declinare la giurisdizione del giudice amministrativo in favore del g.o., per le stesse ragioni gia' espresse sub a), nell'esaminare il primo motivo di ricorso; e) quanto al quinto motivo di ricorso - illegittimita' dell'art. 3, comma 1, nella parte in cui attribuisce il potere di deliberare la nomina ed approvare il bando al presidente e non alla giunta, e dell'art. 2, comma 7, nella parte in cui prevede la revoca del direttore generale per il venir meno del rapporto fiduciario - il collegio ritiene, posto che il contenuto della prima disposizione regolamentare denunciata attiene ad una procedura di selezione pubblica, che, per questa parte sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, alla luce del chiaro disposto dell'art. 68/4, d.lgs. n. 29 cit., che riserva al giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; mentre, quanto alla seconda delle denunciate disposizioni, dato il contenuto della stessa, attinente ad una vicenda modificativa di un rapporto di impiego gia' esistente (revoca), la giurisdizione e' del giudice ordinario, come per altro in relazione ai dirigenti espressamente stabilito dall'art. 18, d.lgs. n. 387/1998, che ha modificato ulteriormente il primo comma dell'art. 68, d.lgs. n. 29/1993, aggiungendo, fra le controversie devolute all'a.go. - anche se con formulazione non felice - "le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilita' dirigenziale"; f) quanto al sesto motivo di ricorso, con il quale viene denunciata la illegittimita' di altre due disposizioni regolamentari - dell'art. 4 nella parte in cui prevede in capo al direttore generale la formazione di proposte al presidente ed alla giunta di atti di indirizzo politico amministrativo; dell'art. 6 nella parte in cui prevede che i dirigenti collaborino alla formazione dell'indirizzo politico ed amministrativo - la natura microorganizzativa, secondo una terminologia usata in dottrina, degli atti, delle funzioni e dei poteri che entrambe le disposizioni sono intese a regolamentare, comporta lo spostamento, ad avviso del collegio, della giurisdizione al giudice ordinario; g) quanto alla illegittimita' dell'art. 4 nella parte in cui prevede in capo, al direttore generale il potere di proporre misure sanzionatorie a carico dei dirigenti per responsabilita' di risultato - dedotta con il settimo motivo di ricorso - ritiene il collegio che la previsione in esame, concretando una modificazione del contenuto del rapporto di lavoro di tutti i dirigenti in servizio presso l'ente resistente, non solo rientra a pieno titolo gia' nella dizione assai lata (come gia' rilevato) dell'art. 68/1, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, che abbraccia "tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni", ma inoltre, giusta la modificazione da ultimo, come gia' ricordato ivi introdotta dall'art. 18, d.lgs. n. 387/1998, rientra fra le controversie espressamente devolute all'a.g.o., e che pertanto per tale parte non sussiste la giurisdizione del giudice adito; h) quanto alle illegittimita' denunciate con l'ottavo motivo di ricorso - illegittimita' dell'art. 4 nella parte in cui prevede in capo al direttore generale il potere di verificare e controllare l'attivita' dei dirigenti, anche mediante l'esercizio delegato del potere di avocazione o sostituzione; illegittimita' dell'art. 9, comma 2, 3, 4 e 6 nella parte in cui attribuiscono anche al presidente l'esercizio del potere di avocazione; illegittimita' del comma 5 nella parte in cui affida il potere di avocazione, in caso di mancata nomina del direttore generale, ad un dirigente ad acta e non al segretario generale - devono, ad avviso del collegio, ripetersi le considerazioni gia' esposte sub g); i) identiche considerazioni valgono anche in relazione al nono motivo di gravame, con il quale le parti ricorrenti hanno dedotto la illegittimita' dell'art. 8 nella parte in cui prevede come causa di revoca oltre ai criteri di cui all'art. 51, comma 6, l'ipotesi in cui venga meno l'intuitus personae; j) quanto alle censure afferenti all'art. 10 del regolamento impugnato (decimo motivo) - e precisamente l'asserito contrasto della previsione ivi contenuta (ricorso a personale esterno sia per coprire posti di alta specializzazione, sia per posti di qualifica dirigenziale), in contrasto con la previsione statutaria dell'ente (art. 64) - non sussiste, ad avviso del collegio, la giurisdizione del giudice amministrativo, posto che l'accesso ai posti di qualifica dirigenziale presi in considerazione dalla disposizione regolamentare non avviene, per espressa previsione di questa, attraverso una procedura concorsuale, bensi' per chiamata diretta, anche se "mediante selezione" (comma 1); k) analoga conclusione, ad avviso del collegio, deve raggiungersi in relazione all'undicesimo motivo di ricorso, con il quale si censura sotto altro profilo l'art. 10 del regolamento impugnato, precisamente nella parte in cui esso prevede la copertura dei posti di qualifica dirigenziale solo mediante stipula di contratto di diritto privato e non di contratto di cui al C.c.n.l. di cui al d.lgs. n. 29/1993, in quanto per questo aspetto la controversia concerne si' l'assunzione da parte di una pubblica amministrazione, ma non una procedura concorsuale finalizzata a tale assunzione, ed ancora in quanto, in relazione ai dirigenti, vi e' l'espressa previsione inserita con l'art. 18, d.lgs. n. 387/1998; l) quanto al dodicesimo motivo di ricorso, con il quale si deduce la illegittimita' dell'art. 11 nella parte in cui prevede la stipula dei contratti di cui all'art. 51-bis, legge n. 142/1990 (contratti al di fuori della pianta organica nei limiti del 5%) nella forma del contratto di diritto privato e non in quella del contratto di cui al C.c.n.l., il collegio ritiene che la materia rientra nella dizione omnicomprensiva dell'art. 68/1, d.lgs. n. 29 piu' volte citato, e nell'espressa previsione, gia' altrove ricordata, introdotta dall'art. 18, d.lgs. n. 387/1998, con conseguente attribuzione della controversia alla giurisdizione del g.o.; m) quanto al tredicesimo articolato motivo di gravame - illegittimita' dell'art. 10 e dell'art. 11 nella parte in cui attribuiscono alla giunta provinciale il solo potere di conferire la nomina e non anche il potere di deliberare riguardo tutto l'iter concorsuale (approvazione del bando, individuazione del soggetto, nomina); illegittimita' del medesimo articolo nella parte in cui attribuisce al presidente la facolta' di decidere se coprire i posti vacanti in pianta organica mediante la stipula di contratti a tempo determinato - devono ripetersi, ad avviso del collegio, le considerazioni gia' espresse con riguardo al secondo motivo di ricorso, e cioe' che si tratta, per questo aspetto, di controversia che attiene al momento genetico del procedimento che ha condotto alla emanazione del regolamento impugnato ed all'assetto delle competenze dell'ente locale, esulando pertanto dallo stretto ambito delle controversie di lavoro, con conseguente appartenenza della giurisdizione al giudice amministrativo; n) quanto al quattordicesimo motivo di gravame, con il quale si deduce la illegittimita', per indeterminatezza, dell'art. 11, comma 3, nella parte in cui prevede il conferimento degli incarichi a persone dotate di qualificazione connessa alla specificita' delle prestazioni richieste, nonche' a persone impegnate in attivita' di particolare qualificazione cui e' notoriamente riconosciuta una specifica competenza, rileva il collegio che la disposizione censurata stabilisce i requisiti che devono presentare gli aspiranti al conferimento degli incarichi dirigenziali e di alta specializzazione, l'accesso dei quali non avviene mediante procedura concorsuale, di tal che la giurisdizione - trattandosi di controversia avente ad oggetto l'assunzione di dirigenti, ma in cui non viene in rilievo una procedura concorsuale - appartiene al giudice ordinario, secondo l'art. 68/1, d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall'art. 18, d.lgs. n. 387/1998; o) quanto al quindicesimo motivo di gravame - con il quale si denuncia la illegittimita' dell'art. 13 nella parte in cui ha previsto la creazione di uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo in mancanza di espressa previsione nei criteri generali - trattasi, ad avviso del collegio, di esercizio di poteri datoriali riconducibili alla previsione dell'art. 4/2, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, secondo la quale, come si e' reiteratamente ricordato, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario; p) quanto, infine, al sedicesimo ed ultimo motivo di ricorso - illegittimita' dell'art. 13, comma 7, nella parte in cui prevede il conferimento alla giunta del potere di deliberare altre strutture di diretta collaborazione con gli organi di governo - valgono le considerazioni gia' svolte in ordine alle altre doglianze rivolte avverso disposizioni concernenti l'assetto delle competenze dell'ente locale, e, pertanto, si ritiene sussistere la giurisdizione dei giudice amministrativo. Tutto cio' premesso, appare evidente che la risoluzione della questione di costituzionalita' della normativa da applicare, si pone assolutamente ed incontrovertibilmente, a norma dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, quale necessaria pregiudiziale per la definizione della controversia portata alla cognizione del collegio, dato che, come si e' detto, soltanto la declaratoria di illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge denunciate consentira' al collegio di spogliarsi in toto della controversia, senza procedere a quella frammentazione della controversia stessa che da un lato puo' sfociare in giudicati contrastanti, dall'altro costringerebbe le parti ricorrenti ad esperire diversi mezzi di tutela, in violazione dei principi costituzionali gia' supra individuati (artt. 3 e 24 della Costituzione), e come meglio si illustrera' al paragrafo successivo, ai fini della valutazione di non manifesta infondatezza della questione sollevata. 6. - E' pertanto evidente, alla luce delle superiori considerazioni, che per ottenere una tutela giurisdizionale completa, le parti ricorrenti sarebbero costrette ad adire sia il g.o., sia il g.a.; orbene, non appare ne' ragionevole ne' equo che il dipendente di una p.a. non abbia nel giudice ordinario l'unico giudice del rapporto ormai contrattualizzato, e che in ragione delle peculiarita' delle fattispecie, e della commissione di profili pubblicistici e privatistici, organizzativi e di gestione, debbano duplicarsi ed intrecciarsi i mezzi di tutela, con l'ulteriore (e non marginale) conseguenza della possibilita' di contrasto di giudicati, tutte le volte in cui l'atto amministrativo entri nella cognizione di entrambi i giudici, e ne venga valutata diversamente la legittimita', di tal che un atto ritenuto legittimo dal giudice amministrativo possa venire diversamente valutato, e pertanto disapplicato, dal giudice ordinario, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 68, comma 1, secondo inciso, d.lgs. n. 29/1993. 7. - Vale appena la pena di ricordare che la disciplina che ha introdotto la contrattualizzazione e' stata sotto altri, e piu' generali - forse addirittura generici - profili sospettata di incostituzionalita' per asserito contrasto con l'art. 97 della Costituzione, come gia' da tempo rilevato dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato nel parere reso in data 31 agosto 1992 n. 146; ma il giudice delle leggi, con le decisioni n. 313 del 18-25 luglio 1996, n. 309 del 16 ottobre 1997, ha sancito la legittimita' costituzionale della disciplina in questione, sotto i profili della violazione dell'art. 97 appena citato; in particolare, in questa seconda pronuncia, al punto 2.1.2, si afferma che "L'organizzazione, nel suo nucleo essenziale, resta necessariamente affidata alla massima sintesi politica espressa dalla legge nonche' alla potesta' amministrativa nell'ambito di regole che la stessa pubblica amministrazione previamente pone, mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti viene attratto dall'orbita della disciplina civilistica per tutti quei profili che non sono connessi al momento esclusivamente pubblico dell'azione amministrativa" (si vedano anche, con riferimento a profili piu' specifici e settoriali, che qui non rilevano, le pronunce della Corte n. 359 del 26-30 luglio 1993, e n. 88 del 25-28 marzo 1996). Proprio seguendo fino in fondo questa direzione, che sarebbe ormai antistorico ritenere di potere e dovere tentare di invertire, deve pero', allora, operarsi una piu' profonda e radicale revisione anche della disciplina processuale, in mancanza della quale molte enunciazioni di principi e di linee-guida rischiano di rimanere, appunto, soltanto enunciazioni. Se dunque e' vero che la pubblica amministrazione opera autoritativamente con atti funzionalizzati solo nell'ambito organizzativo, mentre la gestione dei rapporti di lavoro viene attuata in posizione paritaria, con atti non piu' "amministrativi" ma semplicemente "della pubblica amministrazione", come in dottrina si e' sottolineato, e se per converso e' vero anche che, come pure in dottrina si e' esattamente rilevato, non si puo' negare che le suddette sfere di azione possono in concreto presentare un certo grado di connessione o di sovrapposizione, allora il legislatore avrebbe, ad avviso del collegio, dovuto prevedere meccanismi processuali che tengano conto di queste connessioni e sovrapposizioni e le disciplinino ai fini di operare un compiuto spostamento della tutela giurisdizionale del rapporto di lavoro contattualizzato alle dipendenze di una p.a. al giudice ordinario. Rileva in proposito il collegio che non sussistono difficolta' insuperabili di ordine costituzionale nel concepire una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, con poteri di annullamento di atti di qualsivoglia contenuto e natura. Due cose sono da osservare in proposito: da un lato, un'operazione riformatrice "rivoluzionaria" ed imponente quale e' stata la contrattualizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche avrebbe richiesto, per una compiuta attuazione sul piano della tutela processuale del dipendente, una altrettanto "rivoluzionaria" rilettura dei poteri del g.o. in materia; in altri termini, se e' vero che, come e' stato da piu' parti rilevato, soprattutto a seguito del d.lgs. n. 80/1998, e' stato spostato il confine della privatizzazione dalla gestione dei rapporti di lavoro ad una parte dell'attivita' organizzativa, non riducibile alla prima, allora anche sul riparto della giurisdizione l'intervento avrebbe richiesto maggiore incisivita' e "coraggio", onde superare un'interpretazione degli artt. 103 e 113 della Costituzione che, se pure prevalente, non e' tuttavia incontrastata. Infatti, a fronte dell'orientamento che vede nelle norme citate un limite costituzionale alla possibilita' di concepire una giurisdizione esclusiva del g.o., di cui espressamente non si parla, voci anche autorevoli si sono espresse in favore della attribuibilita' di una sfera di giurisdizione esclusiva anche al g.o.; in proposito, il collegio osserva innanzitutto che l'ultimo comma dell'art. 113 della Carta - secondo cui "la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa" - consente al legislatore ordinario di stabilire nuove ipotesi di giurisdizione del giudice ordinario non limitate in ragione della situazione tutelata e con cognizione piena, e non soltanto incidentale e tendente alla mera disapplicazione, degli atti dell'amministrazione ed in secondo luogo - come in dottrina e' stato anche sottolineato - che in realta' il legislatore ha da sempre ritenuto di poter attribuire al giudice ordinario, in alcune materie, poteri di annullamento. L'esempio piu' importante e' costituito dalla legge n. 681/1989, che, in tema di sanzioni amministrative attribuisce in unico grado anche per il merito alla giurisdizione del pretore le opposizioni avverso provvedimenti che comminano dette sanzioni, con conseguente potere del g.o. di annullare, in tutto od in parte, l'ordinanzaingiunzione, ed anche di modificarla nel merito, con possibilita' di sindacare anche la misura della sanzione. Pertanto, ai sensi degli articoli 22 e seguenti, legge n. 689/1981, il controllo giurisdizionale sull'esercizio del potere sanzionatorio amministrativo viene ad atteggiarsi non soltanto come sindacato di legittimita', ma anche come sindacato di merito sulle valutazioni spettanti all'amministrazione, secondo il modello dei poteri decisori del giudice amministrativo, sicche' si e' parlato, in proposito, di una tendenza della legislazione ad incentrare la ripartizione della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo non tanto e non solo sulla natura della situazione giuridica soggettiva tutelata, quanto sul contenuto del potere decisorio del giudice cui e' attribuito il potere di annullamento, e, talvolta, anche di modificazione dell'atto amministrativo. Per altro - seconda osservazione - ove si volessero prendere le mosse da diverse premesse teoriche, pure astrattamente possibili, ove cioe' si volesse ritenere - come in dottrina da alcuni si dice - che il dipendente di una amministrazione pubblica e' ormai titolare soltanto di diritti soggettivi, e non anche di interessi legittimi, tutta la problematica si "sdrammatizzerebbe", risultando in siffatta impostazione del tutto coerente e naturale la devoluzione piena della giurisdizione in materia al giudice ordinario, senza sacche residue di giurisdizione del giudice amministrativo, che residuerebbe soltanto per i rapporti non contrattualizzati. 8. - Il collegio ritiene non inutile richiamare, a supporto delle tesi qui sostenute, anche alcune argomentazioni - tratte da una recente e "rivoluzionaria" sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (n. 500 del 26 marzo-22 luglio 1999), in tema di risarcibilita' degli interessi legittimi - che fanno emergere un quadro normativo complessivo in cui alcune impostazioni appaiono ormai superate. La pronuncia appena citata, occupandosi dei criteri di riparto della giurisdizione (tematica, e' intuitivo, inevitabilmente e strettamente correlata a quella della risarcibilita' degli interessi legittimi), richiamata, appunto, la "indubbia forza innovativa" della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 80/1998, conclude - dopo avere ricordato il contenuto degli articoli 29, 33 e 34 di detto decreto - che "risulta in tal modo compiuta dal legislatore una decisa scelta nel senso del superamento del tradizionale sistema del riparto della giurisdizione in riferimento alla dicotomia diritto soggettivo - interesse legittimo, a favore della previsione di un riparto affidato al criterio della materia"; inoltre, con un significativo obiter dictum, le sezioni unite accennano alla necessita', particolarmente avvertita in materie nevralgiche, della concentrazione della tutela potenzialmente esaustiva per la situazione soggettiva lesa dall'esercizio illegittimo della funzione pubblica, ed altresi', proprio con riferimento alla giurisdizione in materia di pubblico impiego, alla grave limitazione che, per l'effettivita' della tutela giurisdizionale, costituisce il "successivo ricorso a due giudici diversi". 9. - Conclusivamente, atteso che le dedotte questioni di costituzionalita' appaiono rilevanti per la decisione del ricorso, e non manifestamente infondate, si rende necessario sospendere il presente giudizio in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla eccezione di incostituzionalita' dell'art. 68, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui - al di fuori delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per il personale non contrattualizzato o privatizzato (seconda parte del comma 4 dell'art. 68) - non devolve al giudice ordinario la giurisdizione in ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle concernenti le procedure concorsuali per l'assunzione (comma 4 del predetto art. 68), ed in cui comunque la valutazione della legittimita' di un atto sia connessa con questioni concernenti il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, attribuendo al giudice ordinario un generale potere di cognizione piena e di annullamento degli atti presupposti illegittimi che incidano la sfera giuridica del dipendente, ancorche' si tratti di atti di organizzazione e non soltanto di gestione, si' da non costringere il dipendente a duplici impugnative, dinanzi al giudice amministrativo e dinanzi al giudice ordinario, con l'ulteriore conseguenza della possibilita' di contrasto di giudicati.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953, cosi' statuisce: a) solleva d'ufficio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di incostituzionalita' dell'art. 68, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non devolve al giudice ordinario la giurisdizione in ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro contrattualizzato o privatizzato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle concernenti le procedure concorsuali per l'assunzione (comma 4 del predetto art. 68), ed in cui comunque la valutazione della legittimita' di un atto sia connessa con questioni concernenti il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, attribuendo al giudice ordinario un generale potere di cognizione piena e di annullamento degli atti presupposti illegittimi, ancorche' atti di organizzazione e non di gestione; b) sospende il giudizio; c) dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La presente ordinanza sara' eseguita dall'autorita' amministrativa; essa viene depositata in segreteria che provvedera' a notificarne copia alle parti ed al Presidente del Consiglio de Ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Catania, addi' 29 ottobre 1999. Il presidente: Zingales Il relatore ed estensore: Messina 00C0150