N. 54 SENTENZA 9 - 15 febbraio 2000

 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Inquinamento delle acque - Tutela della
    laguna  di  Venezia  -  Requisiti  di  qualita'  delle   acque   e
    caratteristiche  degli  impianti  di  depurazione  - Provvedimento
    ministeriale  in  materia  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  per
    conflitto  di  attribuzione  -  Mancato  rispetto  dei  criteri di
    ripartizione delle competenze tra Stato e Regione  -  Accoglimento
    del  ricorso  -  Annullamento  in parte qua del decreto impugnato.
    Decreto del Ministro dell'ambiente 23 aprile 1998 (di concerto con
    il Ministro dei lavori pubblici), punto 6, commi 4 e 5.
  Costituzione, artt. 117 e 118.

(GU n.9 del 23-2-2000 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici: prof. Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.
 Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof.
 Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof.
 Guido NEPPI MODONA, prof. Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  prof.  Annibale
 MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
 decreto  23  aprile  1998  emanato  dal  Ministro  dell'ambiente,  di
 concerto  con  il Ministro dei lavori pubblici, recante "Requisiti di
 qualita' delle acque e caratteristiche degli impianti di  depurazione
 per  la  tutela  della laguna di Venezia", promosso con ricorso della
 Regione  Veneto,  notificato  il  6  agosto   1998,   depositato   in
 cancelleria  il  7  successivo  ed  iscritto  al  n.  23 del registro
 conflitti 1998.
   Visti l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e la successiva revoca;
   Udito nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
   Udito l'avv. Luigi Manzi per la Regione Veneto.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con ricorso notificato il 6 agosto 1998, la Regione Veneto ha
 proposto   conflitto  di  attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,
 chiedendo l'annullamento  del  decreto  del  Ministro  dell'ambiente,
 emanato di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, il 23 aprile
 1998  (pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  il  18  giugno  1998),
 relativo ai requisiti di qualita' delle acque ed alle caratteristiche
 degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia.
   La Regione Veneto chiede che si dichiari che spetta ad essa, in via
 generale ed esclusiva, definire le migliori tecnologie di processo  e
 di  depurazione  disponibili,  da applicare agli impianti industriali
 esistenti che scarichino nella laguna di Venezia e nei  corpi  idrici
 del  suo  bacino  scolante,  ed  approvare  i progetti di adeguamento
 finalizzati   all'eliminazione   degli   scarichi   di    idrocarburi
 policiclici    aromatici,    pesticidi   organoclorurati,   diossina,
 policlorobifenili  e  tributilstagno  da  presentarsi  da  parte  dei
 titolari  delle  autorizzazioni  agli  scarichi esistenti. La Regione
 chiede che,  di  conseguenza,  si  annulli  il  decreto  nella  parte
 indicata  come  invasiva delle proprie competenze, previa sospensione
 di tale atto.
   Il decreto del Ministro  dell'ambiente  fissa  (nel  punto  1)  gli
 obiettivi  di  qualita'  da  perseguire nella laguna di Venezia e nei
 corpi idrici del suo bacino scolante, per  assicurare  la  protezione
 della   vita  acquatica  e  l'esercizio  delle  attivita'  di  pesca,
 molluschicoltura e  balneazione,  indicando  in  apposita  tabella  i
 valori  ammessi.  Il  decreto  rinvia  (nel punto 2) ad un successivo
 provvedimento dello stesso Ministro  dell'ambiente  (da  adottare  su
 proposta  di  una  commissione  tecnica  composta da membri designati
 anche dalla Regione Veneto, dalla Provincia e dal comune di  Venezia)
 per la fissazione dei carichi massimi ammissibili complessivi e netti
 di  inquinanti  in laguna e nei corpi idrici del suo bacino scolante,
 compatibili  con  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di   qualita'
 fissati.  Lo  stesso  decreto  stabilisce  inoltre  (nei punti 3 e 4)
 procedure (alle quali partecipano la Regione Veneto, le province ed i
 comuni interessati) per l'aggiornamento dei valori  limite  stabiliti
 dalle  norme  di  tutela della citta' di Venezia e del suo territorio
 dagli inquinamenti delle acque (d.P.R.  20 settembre 1973,  n.  962),
 in  attuazione  di quanto prevedono le norme relative agli interventi
 urgenti per il risanamento e l'adeguamento dei sistemi di smaltimento
 delle acque usate  e  degli  impianti  igienico-sanitari  nei  centri
 storici e nelle isole dei comuni di Venezia e di Chioggia (art. 2 del
 decreto-legge  29 marzo 1995, n. 96, convertito nella legge 31 maggio
 1995,  n.  206).  Il  decreto  prevede  infine  (nel  punto   5)   la
 definizione, sulla base della proposta della commissione tecnica gia'
 menzionata,  dei  carichi massimi ammissibili complessivi e netti per
 tutte le diverse forme di inquinamento, la fissazione di nuovi limiti
 agli scarichi industriali e civili che versano  nella  laguna  e  nel
 bacino  scolante, la definizione dei tempi e delle modalita' tecniche
 per l'adeguamento degli scarichi esistenti e per la  revisione  delle
 relative  autorizzazioni  tenendo  conto delle migliori tecnologie di
 processo e di depurazione disponibili.
   Nella parte denunciata  dalla  Regione  Veneto  (il  punto  6),  il
 decreto  del  Ministro  dell'ambiente, dopo avere stabilito che nelle
 nuove  autorizzazioni  agli  scarichi  industriali  nella  laguna  di
 Venezia  e nei corpi idrici del suo bacino scolante e nelle modifiche
 alle autorizzazioni esistenti e' vietato lo  scarico  di  determinate
 sostanze    considerate   particolarmente   inquinanti   (idrocarburi
 policiclici   aromatici,   pesticidi    organoclorurati,    diossina,
 policlorobifenili  e tributilstagno), prevede che per la verifica del
 rispetto del divieto di rilascio non si tiene conto  delle  quantita'
 inquinanti  residue a seguito dell'adozione delle migliori tecnologie
 di  processo  e  di  depurazione  disponibili.    Per  gli   impianti
 industriali esistenti il Ministro dell'ambiente definisce le migliori
 tecnologie   disponibili  da  applicare  ed  approva  i  progetti  di
 adeguamento presentati dai  titolari  delle  autorizzazioni;  per  il
 periodo necessario alla realizzazione dei progetti di adeguamento non
 si applica il divieto di scarico delle sostanze sopra indicate.
   La  Regione  Veneto  ritiene  che  queste  disposizioni, contenendo
 puntuali prescrizioni in ordine  alle  autorizzazioni  agli  scarichi
 industriali   relativamente   a   sostanze  reputate  particolarmente
 inquinanti (capoversi I-V del  punto  6  del  decreto  ministeriale),
 siano  illegittime  e  lesive  delle competenze ad essa attribuite in
 materia di tutela  dell'ambiente  e  disinquinamento,  con  specifico
 riguardo  agli  impianti  di  depurazione.    Difatti  in base a tale
 decreto il Ministro dell'ambiente, di concerto con  il  Ministro  dei
 lavori pubblici, puo' sia definire le migliori tecnologie di processo
 e  depurazione  disponibili,  sia  approvare  i  singoli  progetti di
 adeguamento che adottino quelle tecnologie, consentendo  ai  titolari
 di  autorizzazioni  esistenti  di  sottrarsi  al  divieto mediante la
 presentazione del progetto e per i tempi della sua realizzazione.
   In tal modo la Regione Veneto verrebbe del tutto  esautorata  delle
 proprie   competenze   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
 dall'inquinamento, riconosciute invece dagli artt. 117  e  118  della
 Costituzione  e  dalle successive norme di attuazione, che dettano la
 disciplina generale della materia o quella speciale per la tutela del
 territorio di Venezia dagli inquinamenti delle acque.
   In particolare il decreto interministeriale denunciato  violerebbe:
 a) l'art. 2, secondo comma, lettera c) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n.
 8,   che  ha  trasferito  alle  Regioni  le  funzioni  amministrative
 concernenti  le  opere  igieniche  di  interesse  locale,  le   quali
 comprendono  fognature  e  impianti  di  depurazione  delle acque; b)
 l'art. 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che ha trasferito  alle
 Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e
 periferici   dello   Stato   in   ordine   all'igiene   del  suolo  e
 dell'inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico,  compresi
 gli  aspetti  igienico  sanitari  delle  industrie  insalubri,  ed in
 particolare le funzioni concernenti la disciplina degli scarichi e la
 programmazione degli interventi di conservazione e depurazione  delle
 acque  e di smaltimento dei rifiuti liquidi e idrosolubili nonche' la
 tutela dall'inquinamento idrico di impianti termici ed industriali  e
 da qualunque altra fonte.
   Queste  competenze  sarebbero state confermate dagli artt. 79, 80 e
 81 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,  che  ha  conferito
 funzioni  e  compiti  amministrativi  dello Stato alle regioni e agli
 enti locali in attuazione del Capo I della legge 15  marzo  1997,  n.
 59;  si  tratta  di  norme  che  avrebbero accresciuto, nelle materie
 considerate, le funzioni dell'amministrazione regionale,  attribuendo
 ad essa in particolare poteri di pianificazione.
   Gli  stessi  criteri  di  riparto  di  competenze  sarebbero  stati
 recepiti e meglio specificati dalla legislazione speciale per Venezia
 (legge 16 aprile 1973, n. 171; d.P.R.  20  settembre  1973,  n.  962;
 legge  29 novembre 1984, n. 798; decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96),
 che riconoscerebbe  un  ruolo  centrale  alla  Regione  Veneto  nella
 pianificazione,  regolamentazione  e  controllo  delle  opere  per il
 disinquinamento dell'ambiente lagunare.
   La Regione ricorrente ritiene che il  decreto  sia  stato  adottato
 anche  in  violazione  del principio di legalita', giacche' l'art. 2,
 comma 1, del decreto-legge n.  96  del  1995  abilitava  il  Ministro
 dell'ambiente,  di  concerto con quello dei lavori pubblici, soltanto
 all'aggiornamento dei valori limite fissati dalla tabella allegata al
 d.P.R. n. 962 del 1973, ma non autorizzava a modificare il riparto di
 competenze in materia, gia' stabilito sulla base di  norme  attuative
 dei principi costituzionali.
   Inoltre  il decreto denunciato avrebbe natura di regolamento e come
 tale  avrebbe  dovuto  essere  adottato  con  la  procedura  prevista
 dall'art.    17,  comma  3,  della  legge 23 agosto 1988, n. 400, che
 richiede il parere del Consiglio di  Stato;  parere  che,  dal  testo
 dello stesso provvedimento, non risulta sia stato acquisito.
   Anche il quadro complessivo delle leggi della Regione Veneto (legge
 regionale 16 aprile 1985, n. 33; legge regionale 27 febbraio 1990, n.
 17) confermerebbe la competenza esclusiva della Regione sia in ordine
 all'individuazione    delle   caratteristiche   degli   impianti   di
 trattamento e depurazione  delle  acque  provenienti  dagli  scarichi
 industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino
 scolante,   sia  in  ordine  all'approvazione  dei  progetti  per  la
 realizzazione o modificazione di detti impianti.
   Secondo  la  Regione  ricorrente  sarebbe  irragionevole,   e   non
 risponderebbe    a    regole    di    buona    amministrazione,   che
 l'amministrazione statale - la quale non ha diretta conoscenza  della
 realta'  locale  e  degli  elementi necessari per le valutazioni e le
 determinazioni da assumere, e senza che sia prevista alcuna forma  di
 partecipazione  degli  altri enti territoriali per la acquisizione di
 tali elementi - introduca, limitatamente al solo bacino  lagunare,  i
 criteri  generali  ed  uniformi  di adeguamento, validi per tutti gli
 scarichi industriali ivi esistenti, senza considerare  le  specifiche
 peculiarita' di ogni sistema produttivo.
   Risponderebbe,   invece,   al   principio  costituzionale  di  buon
 andamento   dell'amministrazione   ed   a    quello    generale    di
 sussidiarieta',   ritenere   che   gli  interessi  che  si  intendono
 perseguire con le disposizioni del decreto impugnato  possano  essere
 piu' adeguatamente tutelati e realizzati a livello di amministrazione
 regionale.
   2.  - Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza la Regione
 Veneto ha illustrato e ribadito gli argomenti a sostegno del ricorso.
   3. - Il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, ha depositato atto di
 costituzione. Successivamente, con atto depositato  il  21  settembre
 1999,  l'Avvocatura  ha ritirato la propria costituzione, non essendo
 stata adottata dal Consiglio dei ministri la relativa delibera.
                         Considerato in diritto
   1. -   Il conflitto di  attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,
 sollevato  dalla  Regione  Veneto,  investe  il  decreto del Ministro
 dell'ambiente,  emanato  di  concerto  con  il  Ministro  dei  lavori
 pubblici  il  23 aprile 1998, relativo ai requisiti di qualita' delle
 acque e degli impianti di depurazione per la laguna di Venezia.
   La Regione denuncia la lesione di  competenze  ad  essa  attribuite
 dagli  artt. 117 e 118 della Costituzione e dalle successive norme di
 attuazione: sia da quelle  che  dettano  la  disciplina  generale  in
 materia  di  tutela  dell'ambiente e dall'inquinamento, sia da quelle
 che stabiliscono una disciplina speciale per la tutela del territorio
 di Venezia dagli inquinamenti delle acque. Difatti, in base al  punto
 6    del    decreto   interministeriale   denunciato,   il   Ministro
 dell'ambiente, sentito il  Ministro  dei  lavori  pubblici,  dovrebbe
 definire   le  migliori  tecnologie  di  processo  e  di  depurazione
 disponibili da  applicare  agli  impianti  industriali  esistenti  in
 relazione   allo   scarico   di   determinate  sostanze,  considerate
 particolarmente  nocive,  e  dovrebbe   approvare   i   progetti   di
 adeguamento  presentati  dai titolari di autorizzazioni agli scarichi
 esistenti, escludendo in tal modo, per  il  periodo  necessario  alla
 realizzazione  dei progetti, l'applicazione del divieto di scarico di
 quelle sostanze specificamente indicate.
   Il decreto denunciato modificherebbe il riparto delle  attribuzioni
 tra   Stato  e  Regione  e  riserverebbe  al  Ministro  dell'ambiente
 l'esercizio  di  funzioni  di  competenza  regionale.  Cio'  con   un
 provvedimento  che,  tra l'altro, sarebbe stato assunto in violazione
 del  principio  di  legalita',  perche'  l'art.  2,  comma   1,   del
 decreto-legge  29 marzo 1995, n. 96 (convertito nella legge 31 maggio
 1995, n. 206) ne prevedeva l'emanazione, sentita la  Regione  Veneto,
 soltanto  per l'aggiornamento dei valori limite degli effluenti degli
 impianti industriali previsti dalla tabella  allegata  al  d.P.R.  20
 settembre  1973, n. 962, relativo alla tutela della citta' di Venezia
 e del suo territorio dagli inquinamenti delle acque.
   2. - Il ricorso e' fondato nei limiti di seguito precisati.
   3. -  In  materia  di  protezione  ambientale  e  di  tutela  dagli
 inquinamenti    e'    riconosciuta    una    competenza    regionale,
 costituzionalmente garantita, per il collegamento funzionale  che  la
 salvaguardia  dell'ambiente  ha con le materie che, nella elencazione
 dell'art. 117 della Costituzione,  piu'  direttamente  riguardano  il
 territorio  ed  implicano  la  preservazione  della  salubrita' delle
 condizioni   del   suolo,   dell'aria   e   dell'acqua    a    fronte
 dell'inquinamento (sentenze n. 183 del 1987 e n. 53 del 1991).
   In  attuazione  di  tali  attribuzioni  sono state progressivamente
 trasferite  alle  Regioni  funzioni  concernenti  gli   impianti   di
 depurazione  delle  acque  (art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8),
 l'igiene del suolo e l'inquinamento atmosferico, idrico,  termico  ed
 acustico,  con particolare riguardo alla disciplina degli scarichi ed
 agli  interventi  di  depurazione  delle  acque  e di smaltimento dei
 rifiuti (art. 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).  Sono  rimasti,
 invece,  affidati  allo  Stato compiti di rilievo nazionale, quali la
 fissazione dei valori  limite  di  emissione  di  sostanze  e  agenti
 inquinanti  e  degli  obiettivi  minimi  di qualita' dei corpi idrici
 recettori, come pure la definizione di criteri e norme  tecniche  per
 la  disciplina  degli  scarichi  nelle  acque  del  mare (art. 80 del
 decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112).
   In questo contesto normativo generale, una  disciplina  speciale  -
 prevista dalla legge sugli interventi per la salvaguardia di Venezia,
 diretti  ad  assicurare  la protezione delle acque della laguna dagli
 inquinamenti mediante la determinazione delle  caratteristiche  degli
 impianti  di  depurazione e dei requisiti delle acque scaricate (art.
 9 della legge 16 aprile 1973, n. 171) - e'  stata  stabilita  con  le
 norme  di  tutela  della citta' di Venezia e del suo territorio dagli
 inquinamenti delle acque (d.P.R.  20  settembre  1973,  n.  962).  In
 particolare,   secondo   tale  disciplina  e  per  quanto  qui  possa
 interessare, gli impianti  di  depurazione  delle  acque  di  rifiuto
 industriale  devono  comprendere  trattamenti  di riduzione ai limiti
 stabiliti da apposita tabella  per  le  diverse  sostanze  inquinanti
 (art.  3);  sono  descritti  i  trattamenti  da adottare, che possono
 essere sostituiti da altri  equivalenti  ai  fini  della  depurazione
 delle  acque  (art.  2),  purche'  la  validita' di questi ultimi sia
 verificata, sulla base del progetto delle opere, dal magistrato  alle
 acque di Venezia e sia definitivamente accertata dalla Regione Veneto
 in sede di approvazione del progetto (art. 3).
   Da tutto cio' risulta che la ripartizione delle attribuzioni tra lo
 Stato  e  la  Regione,  che  concorrono  ad  assicurare la protezione
 dell'ambiente dagli inquinamenti, e' configurata ammettendo i  poteri
 dell'uno  e dell'altra nello stesso settore materiale, distinguendoli
 tuttavia secondo il loro diverso grado di concretezza (cfr.  sentenza
 n. 53 del 1991).
   Allo  Stato  sono  riservate  competenze  di carattere generale: in
 particolare per la fissazione, nel settore considerato, dei limiti di
 accettabilita' delle emissioni, delle caratteristiche degli  impianti
 di  depurazione,  dei  requisiti di qualita' delle acque effluenti da
 tali impianti. Queste  determinazioni  per  un  verso  rispondono  ad
 esigenze  generali  o  unitarie,  per altro verso sono collegate alla
 conoscenza tecnica delle caratteristiche inquinanti delle sostanze  e
 delle migliori tecnologie disponibili per eliminarne la nocivita'.
   Alla Regione sono attribuite, invece, per i profili che interessano
 nel  presente giudizio, le competenze relative ai procedimenti per le
 autorizzazioni agli scarichi ed ai relativi  provvedimenti  che,  nel
 rispetto  delle  tecnologie  per  la  depurazione  e  dei  limiti  di
 accettabilita' previsti in via generale, implicano la valutazione dei
 molteplici interessi che vengono in gioco  nella  specificita'  delle
 diverse situazioni.
   4.  -  Il  decreto del Ministro dell'ambiente 23 aprile 1998, nella
 parte denunciata dalla Regione Veneto,  non  rispetta  i  criteri  di
 ripartizione delle competenze tra Stato e Regione.
   Il  decreto  prevede  e  disciplina, senza che cio' risponda ad una
 base legislativa, una procedura speciale  per  l'autorizzazione  alla
 prosecuzione  di  scarichi  industriali che riversano nella laguna di
 Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante  sostanze  vietate
 per  la  loro  ritenuta  nocivita',  consentendo  ai  titolari  delle
 autorizzazioni  esistenti  di  presentare  progetti  di   adeguamento
 finalizzati   all'eliminazione  di  tali  sostanze  inquinanti  dagli
 scarichi o, piu' esattamente, di limitarne la quantita', giacche'  lo
 stesso  decreto  prevede  che  ai  fini  del  rispetto del divieto di
 rilascio di tali sostanze non si tenga conto delle quantita'  residue
 alla  adozione delle migliori tecnologie di processo e di depurazione
 disponibili.  L'approvazione  dei  progetti  di   adeguamento   degli
 impianti  da  parte  del  Ministro  dell'ambiente, di concerto con il
 Ministro dei lavori  pubblici,  esclude  inoltre  l'applicazione  del
 divieto per il tempo necessario alla realizzazione dei progetti.
   Pur  senza  considerare  la  equivocita'  del  generale  divieto di
 scarichi contenenti  determinate  sostanze  ritenute  particolarmente
 nocive (divieto contraddetto dall'ammissibilita' dello stesso scarico
 non  sulla  base di livelli di accettabilita', ma tenendo conto della
 tecnologia adottata nel processo produttivo),  e'  da  rilevare,  per
 quanto  forma  oggetto di denuncia da parte della Regione ricorrente,
 che   questa    speciale    procedura,    delineata    dal    decreto
 interministeriale  in esame, e' destinata non gia' a stabilire limiti
 di accettabilita' degli scarichi  e  nemmeno  a  individuare  in  via
 generale tecnologie idonee a limitare o escludere alla fonte sostanze
 inquinanti,  ne'  e'  diretta  a  stabilire  quali  siano le migliori
 tecnologie di depurazione da adottare.  La  procedura  delineata  dal
 decreto   denunciato   e',   invece,   preordinata   all'adozione  di
 provvedimenti autorizzatori puntuali,  ai  quali  la  Regione  Veneto
 rimane  del  tutto estranea. Cio' che, appunto, viola le attribuzioni
 regionali. In questa parte il decreto denunciato deve essere pertanto
 annullato.
   Ogni altro profilo rimane assorbito.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che  non  spetta  allo  Stato,  e  per  esso  al  Ministro
 dell'ambiente,  di  concerto  con  il  Ministro  dei lavori pubblici,
 definire  le  migliori  tecnologie  disponibili  da  applicare   agli
 impianti  esistenti  ed  approvare  i  progetti  di  adeguamento alle
 migliori tecnologie disponibili da esso individuate,  presentati  dai
 titolari  delle  autorizzazioni agli scarichi esistenti e finalizzati
 all'eliminazione degli scarichi di idrocarburi policiclici aromatici,
 pesticidi    organoclorurati,    diossina,    policlorobifenili     e
 tributilstagno;
   Annulla,  di  conseguenza,  il  punto 6, commi quarto e quinto, del
 decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il  Ministro  dei
 lavori  pubblici, 23 aprile 1998 (Requisiti di qualita' delle acque e
 caratteristiche degli impianti di depurazione  per  la  tutela  della
 laguna di Venezia).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2000.
                        Il Presidente: Vassalli
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2000.
                       Il cancelliere: Fruscella
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