N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 febbraio 2000

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 febbraio 2000 (della provincia autonoma di Trento)
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e  forestale  -
Programmi  e  fondi  della provincia autonoma di Trento relativi alla
politica  agricola  -  Denunciato assoggettamento ad un meccanismo di
programmazione   nazionale  unitario  e  vincolante  -  Invasione  di
funzioni di spettanza provinciale.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 1, in connessione con
  il comma 5.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla 1egge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
  settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e forestale -
  Attribuzione  al  Ministro delle politiche agricole e forestali del
  potere   di   definire  "linee  di  indirizzo  e  coordinamento"  e
  "indicazioni  per  l'omogenea  redazione dei programmi regionali" -
  Denunciato  assoggettamento  della  provincia  autonoma di Trento -
  Insussistenza   dei   requisiti   procedurali   e  sostanziali  per
  l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 4.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
  settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e forestale -
  Previsto inserimento dei programmi agricoli regionali e provinciali
  nel documento programmatico agroalimentare soggetto ad approvazione
  da parte del CIPE - Denunciata invasione di funzioni amministrative
  spettanti  alla  provincia  autonoma  di  Trento - Violazione dello
  Statuto  per  il  Trentino-Alto  Adige  e  delle  relative norme di
  attuazione.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 5, in connessione con
  il comma 7.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
  settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e forestale -
  Aggiornamenti  annuali del documento programmatico agroalimentare -
  Approvazione  da  parte del CIPE, senza iniziativa e partecipazione
  della  provincia  autonoma  di  Trento  -  Denunciata  invasione di
  funzioni spettanti a quest'ultima - Violazione dello Statuto per il
  Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 6.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
  settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e forestale -
  Mancata   presentazione   dei   programmi   agricoli   regionali  e
  provinciali  -  Predisposizione  da  parte  del  Ministero ai sensi
  dell'art.  5  d.lgs.  n.  112/1998  -  Denunciata insussistenza dei
  presupposti giustificativi del potere statale sostitutivo - Lesione
  di  funzioni  amministrative  spettanti  alla provincia autonoma di
  Trento  Violazione dello Statuto per il Trentino-Alto Adige e delle
  relative norme di attuazione.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 9.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; artt. 2, 3 e 4.
Agricoltura  e  foreste  -  Razionalizzazione  degli  interventi  nei
  settori  agricolo,  agroalimentare,  agroindustriale  e forestale -
  Regimi    di    aiuto   contenuti   nel   documento   programmatico
  agroalimentare  -  Prevista  notificazione alla Commissione europea
  entro   quindici   giorni   dall'approvazione   di  quest'ultimo  -
  Denunciata  duplicazione  dell'onere gia' adempiuto dalla provincia
  autonoma   di  Trento  al  momento  dell'approvazione  delle  leggi
  provinciali  che  prevedono aiuti - Violazione dello Statuto per il
  Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione.
- Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 10.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8,
  e  16,  nonche'  titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre
  1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.
(GU n.14 del 29-3-2000 )
    Ricorso  per  la  provincia  autonoma  di  Trento, in persona del
  Presidente  della  Giunta  provinciale  pro-tempore  dott.  Lorenzo
  Dellai,  autorizzato  con  deliberazione  della  Giunta provinciale
  n. 94  del  21 gennaio 2000 (all. 1), rappresentata e difesa - come
  da  procura speciale del 25 gennaio 2000 (rep. n. 24133) rogata dal
  dott.  Claudio  Nanfito'  in  qualita'  di  ufficiale rogante della
  provincia  stessa  (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di
  Padova  e  Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso
  lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale, dell'art. 2, commi
  1,  4,  5,  6,  7,  9  e  10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499,
  "Razionalizzazione   degli   interventi   nei   settori   agricolo,
  agroalimentare,   agroindustriale   e   forestale",  pubblicata  in
  Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 305 del 30 dicembre 1999, per
  violazione  dell'art.  8, nn. 21) e 29) dello Statuto; dell'art. 9,
  n.  8)  dello  Statuto;  dell'art. 16 dello Statuto; dell'autonomia
  finanziaria  di  cui  al  titolo VI, come modificato dalla legge 30
  novembre  1989,  n.  386; delle relative norme di attuazione, ed in
  particolare  degli  artt.  2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992; dei
  principi  costituzionali  in  materia di indirizzo e coordinamento;
  per i profili e nei modi di seguito illustrati.

                              F a t t o

    La  legge 23 dicembre 1999, n. 499, oggetto del presente giudizio
  contiene    norme   rivolte,   come   appare   dal   titolo,   alla
  "Razionalizzazione   degli   interventi   nei   settori   agricolo,
  agroalimentare, agroindustriale e forestale".
    In   tale   prospettiva   l'art. 1  (che  non  forma  oggetto  di
  contestazione)   individua   le   finalita'   proprie  della  legge
  nell'"assicurare  coerenza  programmatica e continuita' pluriennale
  agli  interventi  pubblici  nei  settori  agricolo, agroalimentare,
  agroindustriale  e forestale, favorendone l'evoluzione strutturale"
  (lett.  a),  nell'"accrescere,  mediante l'armonizzazione dei costi
  medi  di  produzione  con  quelli  degli  altri  Paesi  dell'Unione
  europea,  le  capacita'  concorrenziali  del sistema agroalimentare
  italiano  nel  mercato  europeo  ed  internazionale  perseguendo la
  massima  valorizzazione  delle  produzioni agricole e la tutela del
  consumatore,  nonche'  il  riequilibrio  delle strutture produttive
  nella  diverse  aree  del  Paese"  (lett.  b), e nel "promuovere le
  politiche di sviluppo sostenibile di salvaguardia del mondo rurale,
  attraverso  il  sostegno all'economia multifunzionale nel quadro di
  uno  sviluppo sostenibile e del riequilibrio del territorio rurale"
  (lett. c).
    Si  tratta di finalita' ed obbiettivi largamente condivisibili, e
  di  fatto  anche condivisi dalla provincia autonoma di Trento nella
  legislazione  adottata  in  attuazione  della  potesta' legislativa
  primaria    ad   essa   conferita   dall'art. 8   nn. 21)   o   29)
  (rispettivamente  concernenti le materie della agricoltura, foreste
  e  Corpo forestale, patrimonio zootecnico, istituti fitopatologici,
  consorzi   agrari   e   stazioni   agrarie   sperimentali,  servizi
  antigrandine, bonifica e addestramento e formazione professionale),
  della potesta' legislativa secondaria ad essa conferita dall'art 9,
  n.  8)  (in  materia di incremento della produzione industriale) ed
  ovviamente  nell'esercizio delle rispettive potesta' amministrative
  ai sensi dell'art. 16 dello statuto di autonomia.
    Cosi'  da  tempo  la  provincia  si  e' dotata di una completa ed
  articolata  disciplina,  in particolare attraverso molteplici leggi
  provinciali  quali (limitandosi ad indicare le leggi base, e non le
  successive  integrazioni  e modificazioni); la legge provinciale 26
  novembre  1976,  n. 39,  nonche'  31 agosto 1981, n. 17, per quanto
  riguarda  l'agricoltura attraverso la legge provinciale 23 novembre
  1978,  n.  48,  per quanto riguarda le foreste; attraverso la legge
  provinciale  3  settembre  1987,  n.  21,  per  quanto  riguarda la
  formazione   professionale;   attraverso  la  legge  provinciale  3
  dicembre 1999, n. 6, per quanto riguarda il sostegno all'economia e
  lo sviluppo della nuova imprenditorialita'.
    La  questione  sollevata  con il presente ricorso non ha dunque a
  che  vedere  con i fini posti dalla legge, ma con la organizzazione
  rigidamente   concatenata   ed  unitaria,  che  essa  assegna  agli
  interventi  dei  diversi soggetti, tra cui la provincia autonoma di
  Trento,   la   cui   posizione  risulta  in  pratica  completamente
  assimilata a quella delle regioni a statuto ordinario.
    In  questi  termini, la questione investe vari commi dell'art. 2,
  che occorre ora analiticamente esaminare.
    Il  comma  1  dell'art.  2  e' dedicato alla individuazione delle
  risorse   destinate  "alle  finalita'  di  cui  all'art. 1  per  il
  quadriennio 1999-2002". Si tratta, in particolare:
        delle   "risorse   finanziarie  recate  specificamente  dalla
  presente legge", che vengono poi quantificate ai successivi commi 2
  e 3 (tali commi non sono oggetto di impugnazione, in quanto essi si
  limitano  a  definire  l'ammontare  dell'impegno  finanziario dello
  Stato);
        dei  "fondi che le regioni iscrivono autonomamente nei propri
  bilanci";
        dei  "fondi  erogati dal Fondo di rotazione di cui all'art. 5
  della   legge   16  aprile  1987,  n.  113,  per  l'attuazione  dei
  regolamenti comunitari a fini strutturali";
        dei  fondi  "recati  annualmente  dalla  legge  finanziaria e
  destinati   alle   competenze   regionali   nei  settori  agricolo,
  agroalimentare, agroindustriale e forestale";
        dei  fondi "di competenza statale destinati in particolare ai
  settori   dell'irrigazione,   dell'agroindustria   e  del  riordino
  fondiario,  per l'attuazione dei programmi di interventi in settori
  specifici";
        dei   fondi   "previsti  dal  Fondo  per  lo  sviluppo  della
  meccanizzazione  in  agricoltura  di cui all'art. 12 della legge 27
  ottobre 1996, n. 910".
    Risulta  evidente  che  in  tale elenco rientrano tutti i fondi a
  qualunque  titolo destinati dalla provincia al settore agricolo; in
  pratica  ai  soli  fondi  che  -  in  quanto riferiti al territorio
  provinciale  -  non  hanno una gestione provinciale sono quelli per
  interventi  relativi  ad  ambiti  che  rimangono  nella  competenza
  statale.
    Si  e'  gia'  detto  che  la ricorrente provincia non contesta le
  finalita' di cui all'art 1. Potrebbe dunque sembrare che non vi sia
  ragione  di  contestare  la  destinazione  "alle  finalita'  di cui
  all'art.  1"  dei  fondi  a  gestione provinciale: perche' cio' non
  farebbe che sottolinearne una destinazione gia' in atto, e comunque
  condivisa dalla provincia.
    Ma il fatto e' che i fondi elencati al comma 1 non solo risultano
  genericamente  (ed  accettabilmente) destinati a tali finalita', ma
  risultano poi ulteriormente destinati, al comma 5 dello stesso art.
  2,   a   "finanziare   gli   interventi   previsti   dal  Documento
  programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale
  nazionale".
    Cio' che la provincia autonoma di Trento contesta, dunque, non e'
  la  generale finalizzazione delle risorse destinate all'agricoltura
  da qualunque livello istituzionale alle finalita' dell'art. 1, dato
  che  tali  finalita'  sono  le  condivise  finalita' della politica
  agricola  nel  suo  complesso,  ma  l'inserimento  operativo  delle
  proprie  risorse in un meccanismo di programmazione vincolato ed in
  parte eterodiretto ad opera di organi statali, o comunque di organi
  diversi dagli organi istituzionali della ricorrente provincia.
    Esaminiamo ora in dettaglio i caratteri di tale meccanismo.
    Secondo il comma 4, dell'art. 2, entro trenta giorni dall'entrata
  in  vigore  della  legge  il  Ministro  delle  politiche agricole e
  forestali,   "in   coerenza  con  i  vincoli  posti  dagli  accordi
  internazionali  e dalla politica agricola dell'Unione europea e con
  le      indicazioni     del     Documento     di     programmazione
  economico-finanziaria",  nonche'  sulla  base  di  una  non  meglio
  definita    "Piattaforma   programmatica   di   politica   agricola
  nazionale",  "definisce  le  linee di indirizzo e coordinamento per
  gli  interventi da realizzare nei settori agricolo, agroalimentare,
  agroindustriale  e forestale, nonche' le indicazioni per l'omogenea
  redazione dei programmi regionali".
    La  legge  non  precisa  neppure  gli  effetti  delle  "linee  di
  indirizzo  e  coordinamento".  Precisa  invece (comma 5) che spetta
  sempre   al  Ministro  delle  politiche  agricole  e  forestali  di
  "presentare"  il  "Documento  programmatico agroalimentare" al CIPE
  "ai  fini della verifica di coerenza con la programmazione generale
  e  della  relativa approvazione": approvazione la quale a sua volta
  "comporta la contestuale attribuzione dei fondi di cui al comma 2",
  cioe' dei fondi specificamente recati dalla legge n. 499 del 1999.
    Si  deve qui ricordare che, come sopra enunciato, lo stesso comma
  5  vincola tutti i fondi destinati all'agricoltura, di cui al comma
  1,  al  finanziamento  degli interventi del Documento programmatico
  agroalimentare,  da  approvarsi  dal  CIPE.  Ed  infatti il comma 7
  dell'art.   2   specifica,   analiticamente,   che  tale  Documento
  programmatico agroalimentare e' costituito:
        a) dai "programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e
  forestali,  nonche'  di sviluppo rurale predisposti da ogni singola
  regione e provincia autonoma";
        b)  dai  "programmi  di  formazione  professionale,  volti ad
  agevolare l'inserimento di giovani nel settore primario, realizzati
  dalle  regioni  e dalle province autonome di intesa con istituti di
  istruzione  secondaria,  professionale  e facolta' universitarie ad
  indirizzo  agricolo-forestale  e  agroindustriale delle universita'
  degli  studi,  e dagli interventi a favore della imprenditorialita'
  giovanile";
        c)  dai  "programmi  interregionali  o  dalle  azioni  comuni
  riguardanti  l'insieme  delle regioni e delle province autonome, da
  realizzare in forma cofinanziata";
        d)  dalle  "attivita' realizzate dal Ministro delle politiche
  agricole e forestali ai sensi del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143";
        e)  dagli  "interventi  pubblici  e  dalle azioni di sostegno
  previsti  dal  d.lgs.  30  aprile  1995,  n. 173, e dalle misure di
  razionalizzazione del settore";
        f)  dai  "programmi  di interventi predisposti dalla societa'
  Sviluppo  Italia  e da altre strutture operanti a livello nazionale
  nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale".
    Ricapitolando,  il complesso e macchinoso meccanismo vincolistico
  della  programmazione  in  agricoltura di base, per quanto riguarda
  l'attivita  di  interesse  della ricorrente provincia, sui seguenti
  elementi.
    In  primo  luogo  vengono  definite  dal Ministro delle politiche
  agricole e forestali le "linee di indirizzo e coordinamento per gli
  interventi  da  realizzare  nei  settori  agricolo, agroalimentare,
  agroindustriale   e   forestale",   nonche'   "le  indicazioni  per
  l'omogenea redazione dei programmi regionali".
    In  secondo  luogo,  a cascata, si formano i "programmi agricoli,
  agroalimentari,  agroindustriali  e  forestali, nonche' di sviluppo
  rurale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma", i
  quali pero' non appaiono operativi, ma debbono essere presentati al
  Ministero,    per    "entrare"    nel    Documento    programmatico
  agroalimentare.
    In terzo luogo, in tale documento essi sono soggetti ad un potere
  di approvazione affidato al CIPE, che lo esercita sulla base di una
  "verifica  della coerenza con la programmazione generale": e sembra
  dunque  palese  che  per questa via trova sanzione anche il vincolo
  delle  regioni  e  -  per  quanto  qui  interessa - della provincia
  autonoma  di  Trento  alla misteriosa "Piattaforma programmatica dl
  politica   agricola  nazionale"  (della  quale  anche  una  ricerca
  informatica  condotta  sulla legislazione vigente non ha consentito
  di trovare notizie), e soprattutto alle predette linee di indirizzo
  e  coordinamento  per  gli  interventi  da realizzare, nonche' alle
  indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali.
    Cosi'  costruito  il meccanismo di programmazione in agricoltura,
  il  comma  6, dell'art. 2 disciplina poi, sia pure in modo alquanto
  ellittico,    l'eventuale   adeguamento   annuale   del   Documento
  programmatico agroalimentare.
    Per  ragioni  di  coerenza  normativa  si  suppone  (non  essendo
  precisato  in  modo esplicito) che vi debba provvedere il CIPE, con
  il  coinvolgimento procedimentale degli stessi organi nazionali che
  avevano  partecipato  all'approvazione.  A quel che sembra, invece,
  tale  adeguamento  prescinde  da  una  iniziativa  delle  regioni e
  province autonome.
    Infine   la  legge  prevede  addirittura  un  potere  statale  di
  sostituzione,  mediante  il  quale,  pare di intendere, il Ministro
  dello politiche agricole e forestali farebbe niente di meno ... che
  la  programmazione  agricola  locale!  Per  quanto  la  cosa appaia
  stravagante,   infatti,  tale  e'  il  significato  che  sembra  da
  attribuirsi  al comma 9 dell'art. 2, secondo cui "in mancanza della
  presentazione  di  uno  o piu' programmi regionali, o di uno o piu'
  documenti  di cui al comma 8, alla loro predisposizione si provvede
  ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112".
    Ad  avviso  della  ricorrente  provincia, tuttavia, il meccanismo
  cosi  descritto  interferisce  gravemente ed arbitrariamente con la
  potesta'  legislativa ed amministrativa ad essa spettante, violando
  le regole poste dallo stato di autonomia e dalle correlate norme di
  attuazione.
    L'interferenza,  per  vero,  e'  palese,  dato  che in pratica la
  provincia  nell'attivita'  di  programmazione  degli  interventi in
  agricoltura  dovrebbe, anziche' applicare le proprie leggi, seguire
  le  modalita'  e  le  cadenze  imposte dalla legge statale: formare
  nuovi    ed   appositi   programmi   per   il   settore   agricolo,
  agroalimentare, agroindustriale e forestale, attenendosi alle linee
  ministeriali  di  indirizzo  e  coordinamento  ed  alle  specifiche
  indicazioni per la redazione, mandare i programmi da essa approvati
  al Ministero come semplici "progetti" perche' esso li inserisca nel
  Documento programmatico agroalimentare, ed attendere l'approvazione
  di  questo  da  parto  del  CIPE,  attendersi addirittura di essere
  sostituita  dal  Ministero  qualora  non  elaborasse  o  inviasse i
  programmi  richiesti: con compressione evidente vuoi dell'autonomia
  legislativa, vuoi dell'autonomia amministrativa.
    Ma   sono   palesi   anche   l'arbitrarieta'  e  l'illegittimita'
  costituzionale  di  siffatto  quadro  della programmazione unitaria
  statale  e del forzato inserimento in esso della provincia autonoma
  di   Trento,   illegittimita'   che  colpisce  tutti  gli  elementi
  costitutivi di tale quadro, per le seguenti ragioni:

                            D i r i t t o

    1.  -  Illegittimita'  costituzionale  del potere ministeriale di
  definizione  delle  linee  di  indirizzo  e  coordinamento  per gli
  interventi  nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e
  forestale   e   delle  Indicazioni  per  l'omogenea  redazione  dei
  programmi regionali, di cui al comma 4 dell'art. 2.
    In  primo  luogo,  e' illegittimo ed arbitrario l'assoggettamento
  dei programmi provinciali alle "linee di indirizzo e coordinamento"
  ministeriali.  Tali  "linee",  palesemente,  dovrebbero  costituire
  esercizio  della  funzione di indirizzo e coordinamento, ed in cio'
  dovrebbe  stare  il  fondamento della loro legalita'. Al contrario,
  invece,  la  disciplina  loro  data  dal  comma 4 ne contraddice le
  regole costituzionali di base.
    La  contraddizione  sta  intanto,  ed  in  modo  evidente,  nella
  competenza  del  Ministro  delle  politiche  agricole  e forestali,
  anziche'  del  Consiglio  dei Ministri, cioe' del Governo nella sua
  collegialita'.  Sia consentito qui di limitarsi a richiamare quanto
  stabilito  sul  punto  da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella
  sentenza  14 dicembre 1998, n. 408, nella quale si ribadisce che la
  funzione  di  indirizzo e coordinamento "non puo' identificarsi con
  una  funzione  propria  dell'amministrazione  statale volta a volta
  competente  per materia (che', anzi, va ad incidere per definizione
  in  ambiti  di azione amministrativa che spettano alle regioni), ma
  e'  espressione  del  potere,  demandato  in  concreto  al  Governo
  nazionale,  di  assicurare la salvaguardia di interessi unitari non
  frazionabili".
    Sicche'  -  come  prosegue la citata sentenza - "la deliberazione
  necessaria  del Consiglio dei Ministri esprime appunto l'assunzione
  di  responsabilita'  a  livello  dell'organo  chiamato a delineare,
  sotto  la  direzione  del  Presidente  del  Consiglio, la "politica
  generale  del  Governo (art. 95 della Costituzione), in ordine alla
  esigenza  di  indirizzare e coordinare l'attivita' delle regioni in
  vista   di   interessi   unitari   individuati  dalla  legge  della
  Repubblica".
    Ne'  puo'  obbiettarsi  che il comma 4 dell'art. 2 della legge n.
  499  del  1999 espressamente subordina l'emanazione ministeriale di
  tali  linee  all'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
  tra  lo  Stato,  le  regioni  e le province autonome di Trento e di
  Bolzano.
    A  tale  possibile  obbiezione ha infatti gia' risposto la stessa
  Corte  costituzionale,  nella  stessa  sentenza  ora ricordata, ove
  espressamente   si   statuisce   che  "tale  competenza  collegiale
  necessaria  non  puo'  venir  meno  neanche nell'ipotesi di atti di
  indirizzo  su  cui  si  sia  raggiunta  l'intesa  nella  conferenza
  Stato-regioni",  per la doppia ragione che da un lato "si tratta di
  una  competenza  radicata nelle norme costituzionali concernenti la
  struttura  e  l'attivita'  di Governo, e dunque non disponibile", e
  dall'altro  lato  "nemmeno  l'intesa,  tanto  piu'  se conseguita a
  maggioranza,  potrebbe  consentire  l'introduzione di nuovi vincoli
  all'autonomia  delle  singole  regioni  al di fuori dei presupposti
  sostanziali e procedurali costituzionalmente necessari".
    Le  stesse  esplicite  parole  di  codesta  Corte  costituzionale
  appaiono   dunque   sancire  l'arbitrarieta'  costituzionale  della
  competenza  ministeriale  all'emanazione delle Linee di indirizzo e
  coordinamento    per   gli   interventi   nei   settori   agricolo,
  agroalimentare, agroindustriale e forestale.
    Ma  l'illegittimita'  del  potere  di  indirizzo  e coordinamento
  istituito dalla legge si rivela evidente anche sotto il profilo del
  contenuto,  o  meglio della omessa predeterminazione legislativa di
  un qualunque contenuto tipico e proprio dell'atto.
    In  effetti,  l'unica  determinazione  contenutistica  e'  che si
  tratti  di linee di indirizzo e coordinamento, come ora detto degli
  "interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e
  forestale": come dire della politica agricola. Ma e' palese che non
  si   tratta  qui  di  altro  che  di  una  tautologica  ripetizione
  dell'ambito  stesso  della  grande  materia  "agricoltura"  nel suo
  profilo produttivo.
    Ne'  maggiori  precisazioni  derivano  dal fatto che le "Linee di
  indirizzo e coordinamento" siano chiamate ad un vincolo di coerenza
  -  del  resto  ovvio - con gli accordi internazionali e di politica
  agricola  comunitaria  o  con  le  "indicazioni  del  Documento  di
  programmazione economico-finanziaria".
    Tali  indicazioni,  in  particolare,  hanno  ovviamente carattere
  ancor piu' generale, e generico, piu' marcatamente politico, e sono
  in  ogni  modo del tutto inidonee a contenere quella specificazione
  della  funzione  di  indirizzo in termini di legalita' sostanziale,
  pacificamente  necessaria  per  la legittima previsione legislativa
  della   funzione,  come  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha
  statuito  sin  dalla  sentenza  n.  150  del  1982  ed  in  seguito
  costantemente  confermato:  da  ultimo con la recente sentenza piu'
  volte sopra citata.
    Meno    ancora,   naturalmente,   tali   indicazioni   potrebbero
  legittimamente   risultare   dalla   Piattaforma  programmatica  di
  politica agricola nazionale: pur nella confessata ignoranza - forse
  incolpevole - di che cosa essa sia.
    Analoghe   considerazioni   valgono   per  la  definizione  delle
  Indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali.
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'inserimento dei programmi
  regionali  nel  Documento programmatico agroalimentare e dal potere
  di  approvazione affidato al CIPE, di cui al comma 5 dell'art. 2, e
  del potere di aggiornamento di cui al comma 6.
    Ad  avviso della ricorrente provincia l'illustrata illegittimita'
  del  generico  potere  ministeriale di dettare Linee di indirizzo e
  coordinamento  della politica agricola, vincolanti per le regioni e
  le  province autonome, gia' di per se' travolge l'intero meccanismo
  di  programmazione previsto dai commi 5 e 6 dell'art. 2 della legge
  n. , 499 del 1999.
    Sembra  chiaro  infatti  che  nessuna  verifica  di coerenza puo'
  compiersi  ove  venga  meno il parametro in base al quale essa deve
  essere  effettuata.  Ma  l'inserimento  nel Documento programmatico
  agroalimentare ed il potere assegnato al CIPE dal comma 6 dell'art.
  2  della  legge  n.  499  del  1999 di verifica ed approvazione dei
  programmi  regionali  e  provinciali  appaiono  anche  di  per  se'
  costituzionalmente illegittimi ed arbitrari.
    Esso  infatti  si traduce in null'altro che nella pura e semplice
  subordinazione dell'efficacia dei piani della provincia autonoma di
  Trento   ad   un   atto  di  approvazione  statale,  cioe'  in  una
  inaccettabile  forma  di  ingerenza  nella  funzione amministrativa
  statutariamente spettante alla provincia stessa.
    Lo Stato verrebbe addirittura a partecipare, con ruolo oltretutto
  determinante    e    decisorio,    all'esercizio   della   funzione
  amministrativa  in  sede  locale.  Ma cio' non solo e' aberrante in
  se',   ma   e'   direttamente   contrario  all'espressa  previsione
  dell'art. 4  del  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266, ai sensi del quale
  "nelle materie di competenza propria della regione o delle province
  autonome  la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni
  amministrative,   comprese   quelle   di   vigilanza,   di  polizia
  amministrativa  e  di  accertamento  di  violazioni amministrative,
  diverse  da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale
  e le relative norme di attuazione".
    Si noti che il vincolo all'approvazione dei programmi provinciali
  da  parte  del CIPE sarebbe costituzionalmente illegittimo anche se
  fosse riferito soltanto a quei "fondi di cui al comma 2", dei quali
  al  comma  6  si  dice  che  l'approvazione del CIPE ne comporta la
  "contestuale attribuzione".
    Da  una  parte  tale  vincolo  continuerebbe a contrastare con la
  norma  di  attuazione  appena  citata,  dall'altra  esso verrebbe a
  contrastare  anche  con  le disposizioni dell'art. 5 della legge 30
  novembre 1989, n. 386. Si tratterebbe infatti di una partecipazione
  provinciale  a  finanziamenti recati da una legge statale: i quali,
  secondo  l'accennata  disposizione,  "sono  assegnati alle province
  autonome,  ed  affluiscono  al  bilancio  delle  stesse  per essere
  utilizzati,   secondo   normative   provinciali,   nell'ambito  del
  corrispondente   settore"   (comma   2),  fermo  restando  che  per
  l'assegnazione   e  per  l'erogazione  di  tali  finanziamenti  "si
  prescinde  da  qualunque adempimento previsto dalla stesse leggi ad
  eccezione  di  quelli  relativi all'individuazione, dei parametri o
  delle quote di riparto".
    Ne     risulta    ulteriormente    dimostrata    l'illegittimita'
  costituzionale  della  subordinazione  dell'efficacia dei programmi
  provinciali    all'inserimento    nel    Documento    programmatico
  agroalimentare ed alla approvazione da parte del CIPE.
    Analogamente  ed  a maggiore ragione cio' dicasi, ovviamente, per
  il  potere  di  aggiornamento del Documento, che addirittuta appare
  disconnesso  dalla  stessa  previa  elaborazione in sede locale dei
  programmi da aggiornare.
    3.  - Illegittimita' costituzionale del potere sostitutivo di cui
  al comma 9 dell'art. 2.
    Come  esposto  in  narrativa,  la  legge  qui  impugnata  prevede
  addirittura un potere statale di sostituzione, mediante il quale il
  Ministro delle politiche agricole e forestali si sostituirebbe alle
  regioni  e  province autonome "inadempienti" nella stessa attivita'
  di   programmazione  agricola  locale.  Precisamente,  il  comma  9
  dell'art. 2  dispone  che "in mancanza della presentazione di uno o
  piu' programmi regionali, o di uno o piu' documenti di cui al comma
  8,  alla  loro predisposizione si provvede ai sensi dell'art. 5 del
  d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112".
    Ad   avviso   della   ricorrente   provincia   tale   potere   e'
  incostituzionale  sia  ove  commisurato  con  i  generali parametri
  costituzionali, operanti in relazione a tutte le autonomie, sia ove
  commisurata  con i parametri relativi alle sole autonomie speciali,
  sia in particolare ove commisurato alle specifiche regole stabilite
  per  la provincia autonoma di Trento dallo statuto speciale e dalle
  norme di attuazione.
    Dal  primo  punto  di  vista  (delle  regole  valido per tutte le
  regioni)  va  osservato  che  nel  caso  non  ricorrono  affatto  i
  presupposti  che  nell'art. 5  del  d.lgs.  31  marzo  1996, n. 112
  giustificano l'esercizio del potere sostitutivo.
    Qui  non  si  tratta  infatti,  come  presupposto dall'art. 5, di
  inadempimento  ad un qualche specifico obbligo derivante all'Italia
  dall'appartenza all'Unione europea, ne' di una inerzia che comporti
  pericolo  di  grave pregiudizio agli interessi nazionali. Si tratta
  invece   del   normale   esercizio  della  funzione  amministrativa
  regionale  in  una  delle materie di competenza propria, per quanto
  riguarda   il  profilo  della  programmazione  dell'intera  propria
  attivita':  e  sembra evidente che un simile potere non puo' essere
  ragionevolmente esercitato che dalla regione interessata.
    L'ipotesi  del  "non esercizio" della funzione corrisponde in se'
  ad una ipotesi remotissima di estremo malfunzionamento complessivo,
  che non puo' trovare rimedio in un potere sostitutivo, ma puo' solo
  essere sanzionato dai meccanismi della responsabilita' politica dei
  responsabili regionali.
    Ne'  si  dica  che  l'inerzia  di  una  regione  comprometterebbe
  l'intero  Documento  programmatico,  con  lesione  degli  interessi
  nazionali  e  delle  altre  regioni:  perche' qui il difetto appare
  semmai proprio del macchinoso sistema previsto dalla legge. Si vuol
  dire  che,  ammesso  che un danno derivi dall'ipotizzata inerzia di
  una  regione,  il rimedio non puo' consistere nella creazione di un
  abnorme potere sostitutivo, ma nel prendere atto della incongruita'
  e  della  bizzarria  di  un sistema "unitario" delle programmazioni
  regionali!
    Dal  secondo  punto di vista, e' evidente che l'art. 5 del d.lgs.
  n.  112 del 1993 si riferisce esclusivamente alle regioni a statuto
  ordinario,  conformemente  al potere delegato ricevuto con la legge
  n.  59  del  1997,  mentre  i  rapporti tra lo Stato e le autonomie
  speciali  non  possono  che  trovare  espressione, anche per quanto
  riguarda  la  previsione  di  eventuali  poteri  sostitutivi, e nei
  limiti  della  loro  ammissibilita'  costituzionale, nei rispettivi
  statuti e nelle relative norme di attuazione.
    Per  quanto  poi riguarda la provincia autonoma di Trento, sembra
  assolutamente  evidente  che  il  potere  sostitutivo disegnato dal
  comma  9  dell'art.  2  della legge n. 499 del 1999, contraddice le
  regole  statutarie e di attuazione, nel momento stesso in cui viola
  la   esclusiva   riserva   alla   provincia   di   ogni   attivita'
  amministrativa,  espressa mediante il divieto sopra riportato posto
  dall'art. 4 del d.lgs. 6 marzo 1992, n. 266.
    Ma  piu'  in  generale,  dallo  stesso  statuto  e dalle norme dl
  attuazione  ed  in  particolare proprio dal decreto legislativo ora
  citato,  risulta  in modo chiaro che il sistema delle relazioni tra
  lo Stato da una parte, la regione Trentino-Alto Adige e le province
  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  dall'altra,  risulta  in toto
  determinato,  sia  quanto al rapporto tra atti normativi che quanto
  al  rapporto  tra  atti  amministrativi, nei termini espressi dalle
  fonti   ricordate,  e  che  nessuno  spazio  rimane  per  l'anomala
  introduzione  di  ulteriori  poteri  da parte di leggi ordinarie di
  settore.
    4.   -  Illegittimita'  costituzionale  dell'onere  di  ulteriore
  notifica dei regimi di aiuto di cui al comma 10 dell'art. 2.
    Su  un  diverso piano si colloca la contestazione, da parte della
  ricorrente  provincia,  del  disposto  del comma 10 dell'art. 2, ai
  sensi  del  quale  "i  regimi  di  aiuto  contenuti  nel  Documento
  programmatico   agroalimentare,   entro   quindici   giorni   dalla
  approvazione di quest'ultimo sono notificati alla Commissione delle
  comunita'  europee,  e  costituiscono  il  riferimento  in ordine a
  quanto stabilito dagli artt. 87 e 88 del Trattato che istituisce la
  comunita'  europea".  L'onere  di  notifica  dei  regimi  di aiuto,
  infatti,  e'  in  quanto  tale  ovviamente fuori discussione: lo e'
  talmente,  che  esso  viene  gia' adempiuto al momento stesso della
  approvazione delle leggi che li prevedono.
    Quello che e' qui in discussione e' invece il riferimento di tale
  onore  ai  "regimi  di  aiuto contenuti nel Documento programmatico
  agroalimentare".  In effetti, anche a prescindere dall'impugnazione
  dell'intero  meccanismo  di  programmazione vincolante ed unitaria,
  sopra  prospettato,  non  esistono  ne'  possono esistere regimi di
  aiuto  contenuti nel Documento programmatico agroalimentare che non
  siano  gia'  prima specificamente previsti dalle leggi regionali, e
  nella  specie  dalle  leggi  della provincia autonoma di Trento. Si
  tratta di una ovvia conseguenza del principio di legalita', e su di
  essa non occorre soffermarsi ulteriomente.
    Va  invece  sottolineato  che,  proprio  per  il  fatto di essere
  previsti   dalle  leggi,  le  quali  poi  vengono  attuate  in  via
  amministrativa,  l'onere  di  notifica  viene  soddisfatto  in modo
  compiuto  al  momento  dell'approvazione della legge, che non viene
  promulgata  e non entra in vigore sino a quando non sia intervenuta
  la verifica prevista dagli artt. 87 e 88 del Trattato comunitario.
    La   previsione   del   comma   10  non  solo  sembra  prevedere,
  incostituzionalmente,  una  obbligatoria fase di ulteriore verifica
  di  tali  regimi  di aiuto, ma ne dispone la centralizzazione in un
  sistema unitario, e persino in un documento unico.
    Si  vuol  dire  che,  se  anche  in  ipotesi  in attuazione della
  normativa  comunitaria  si dovesse provvedere ad ulteriore notifica
  di  regimi  di aiuto gia' in vigore, in quanto previsti dalle leggi
  della  ricorrente  provincia,  anche  per  tale  ulteriore notifica
  ipoteticamente  necessaria  dovrebbe  seguirsi la via ordinaria, ad
  iniziativa ed opera della stessa Provincia individualmente intesa.
    Cio'  non  impedisce,  ovviamente  che  lo Stato presenti in sede
  comunitaria, ove lo ritenga opportuno o ne sia richiesto, documenti
  di  sintesi,  anche compilati con la collaborazione delle regioni e
  province autonome ma a tali documenti non puo' certo legittimamente
  attribuirsi il valore giuridico di unico e necessario tramite delle
  notifiche.
    Il  sistema  previsto  dal  comma  10  costituisce d'altronde una
  ulteriore riprova del carattere che l'art. 2 della legge n. 499 del
  1999  assegna  al  "Documento  programmatico agroalimentare", quale
  atto  statale  che  sostanzialmente  ed  innovativamente verrebbe a
  disciplinare l'attivita' amministrativa della ricorrente provincia,
  persino  sostituendosi  alla legislazione provinciale: con evidente
  violazione  delle  regole  statutarie  e  di  attuazione,  quali in
  particolare  definite  dal  d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, come gia'
  sopra argomentato.
                              P. Q. M.
    Chiede    all'ecc.ma    Corte    costituzionale   di   dichiarare
  l'illegittimita'   costituzionale,  nei  termini  sopra  illustrati
  dell'art. 2,  commi  1,  4, 5, 6, 7, 9 e 10, della legge n. 499 del
  1999,   per   violazione  dei  principi  e  regole  costituzionali,
  statutari ed attuativi indicati in premessa, in quanto:
        l'art. 2,  comma 1, in connessione con il comma 5, assoggetta
  i  programmi  provinciali  relativi  alla  politica  agricola ad un
  meccanismo di programmazione nazionale unitario e vincolante;
        l'art. 2, comma 4, assoggetta la provincia autonoma di Trento
  ad  un  potere di indirizzo e coordinamento generico ed innominato,
  affidandone  in  piu'  l'esercizio  all'amministrazione  statale di
  settore;
        l'art. 2,  comma  5,  in  connessione con il comma 7, prevede
  l'inserimento  dei  programmi regionali nel Documento programmatico
  agroalimentare, e la presentazione di questo da parte del Ministero
  al CIPE per l'approvazione;
        l'art.  2, comma 6, prevede gli stessi poteri di approvazione
  quanto   all'aggiornamento   del   Documento,  per  di  piu'  senza
  iniziativa e partecipazione della provincia autonoma di Trento;
        l'art. 2,   comma   9,   prevede   un  arbitrario  potere  di
  sostituzione  del  Ministero  alla  provincia  autonoma  di  Trento
  nell'elaborazione dei programmi provinciali di politica agricola;
        l'art.   2,   comma   10,   impone   la   duplicazione  della
  notificazione  dei  regimi  di aiuto alla Commissione europea, e in
  ogni  modo  vincola  le notificazioni all'inserimento dei programmi
  nel Documento programmatico agroalimentare.
          Padova-Roma, addi' 27 gennaio 2000.
          Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi
00C0164