N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 febbraio 2000
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 febbraio 2000 (della provincia autonoma di Trento) Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Programmi e fondi della provincia autonoma di Trento relativi alla politica agricola - Denunciato assoggettamento ad un meccanismo di programmazione nazionale unitario e vincolante - Invasione di funzioni di spettanza provinciale. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 1, in connessione con il comma 5. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla 1egge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4. Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Attribuzione al Ministro delle politiche agricole e forestali del potere di definire "linee di indirizzo e coordinamento" e "indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali" - Denunciato assoggettamento della provincia autonoma di Trento - Insussistenza dei requisiti procedurali e sostanziali per l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 4. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4. Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Previsto inserimento dei programmi agricoli regionali e provinciali nel documento programmatico agroalimentare soggetto ad approvazione da parte del CIPE - Denunciata invasione di funzioni amministrative spettanti alla provincia autonoma di Trento - Violazione dello Statuto per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 5, in connessione con il comma 7. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4. Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Aggiornamenti annuali del documento programmatico agroalimentare - Approvazione da parte del CIPE, senza iniziativa e partecipazione della provincia autonoma di Trento - Denunciata invasione di funzioni spettanti a quest'ultima - Violazione dello Statuto per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 6. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4. Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Mancata presentazione dei programmi agricoli regionali e provinciali - Predisposizione da parte del Ministero ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 112/1998 - Denunciata insussistenza dei presupposti giustificativi del potere statale sostitutivo - Lesione di funzioni amministrative spettanti alla provincia autonoma di Trento Violazione dello Statuto per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 9. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; artt. 2, 3 e 4. Agricoltura e foreste - Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale - Regimi di aiuto contenuti nel documento programmatico agroalimentare - Prevista notificazione alla Commissione europea entro quindici giorni dall'approvazione di quest'ultimo - Denunciata duplicazione dell'onere gia' adempiuto dalla provincia autonoma di Trento al momento dell'approvazione delle leggi provinciali che prevedono aiuti - Violazione dello Statuto per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione. - Legge 23 dicembre 1999, n. 499, art. 2, comma 10. - Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 21 e 29, 9, n. 8, e 16, nonche' titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4.(GU n.14 del 29-3-2000 )
Ricorso per la provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 94 del 21 gennaio 2000 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 25 gennaio 2000 (rep. n. 24133) rogata dal dott. Claudio Nanfito' in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, dell'art. 2, commi 1, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, "Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale", pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 305 del 30 dicembre 1999, per violazione dell'art. 8, nn. 21) e 29) dello Statuto; dell'art. 9, n. 8) dello Statuto; dell'art. 16 dello Statuto; dell'autonomia finanziaria di cui al titolo VI, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; delle relative norme di attuazione, ed in particolare degli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992; dei principi costituzionali in materia di indirizzo e coordinamento; per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o La legge 23 dicembre 1999, n. 499, oggetto del presente giudizio contiene norme rivolte, come appare dal titolo, alla "Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale". In tale prospettiva l'art. 1 (che non forma oggetto di contestazione) individua le finalita' proprie della legge nell'"assicurare coerenza programmatica e continuita' pluriennale agli interventi pubblici nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, favorendone l'evoluzione strutturale" (lett. a), nell'"accrescere, mediante l'armonizzazione dei costi medi di produzione con quelli degli altri Paesi dell'Unione europea, le capacita' concorrenziali del sistema agroalimentare italiano nel mercato europeo ed internazionale perseguendo la massima valorizzazione delle produzioni agricole e la tutela del consumatore, nonche' il riequilibrio delle strutture produttive nella diverse aree del Paese" (lett. b), e nel "promuovere le politiche di sviluppo sostenibile di salvaguardia del mondo rurale, attraverso il sostegno all'economia multifunzionale nel quadro di uno sviluppo sostenibile e del riequilibrio del territorio rurale" (lett. c). Si tratta di finalita' ed obbiettivi largamente condivisibili, e di fatto anche condivisi dalla provincia autonoma di Trento nella legislazione adottata in attuazione della potesta' legislativa primaria ad essa conferita dall'art. 8 nn. 21) o 29) (rispettivamente concernenti le materie della agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica e addestramento e formazione professionale), della potesta' legislativa secondaria ad essa conferita dall'art 9, n. 8) (in materia di incremento della produzione industriale) ed ovviamente nell'esercizio delle rispettive potesta' amministrative ai sensi dell'art. 16 dello statuto di autonomia. Cosi' da tempo la provincia si e' dotata di una completa ed articolata disciplina, in particolare attraverso molteplici leggi provinciali quali (limitandosi ad indicare le leggi base, e non le successive integrazioni e modificazioni); la legge provinciale 26 novembre 1976, n. 39, nonche' 31 agosto 1981, n. 17, per quanto riguarda l'agricoltura attraverso la legge provinciale 23 novembre 1978, n. 48, per quanto riguarda le foreste; attraverso la legge provinciale 3 settembre 1987, n. 21, per quanto riguarda la formazione professionale; attraverso la legge provinciale 3 dicembre 1999, n. 6, per quanto riguarda il sostegno all'economia e lo sviluppo della nuova imprenditorialita'. La questione sollevata con il presente ricorso non ha dunque a che vedere con i fini posti dalla legge, ma con la organizzazione rigidamente concatenata ed unitaria, che essa assegna agli interventi dei diversi soggetti, tra cui la provincia autonoma di Trento, la cui posizione risulta in pratica completamente assimilata a quella delle regioni a statuto ordinario. In questi termini, la questione investe vari commi dell'art. 2, che occorre ora analiticamente esaminare. Il comma 1 dell'art. 2 e' dedicato alla individuazione delle risorse destinate "alle finalita' di cui all'art. 1 per il quadriennio 1999-2002". Si tratta, in particolare: delle "risorse finanziarie recate specificamente dalla presente legge", che vengono poi quantificate ai successivi commi 2 e 3 (tali commi non sono oggetto di impugnazione, in quanto essi si limitano a definire l'ammontare dell'impegno finanziario dello Stato); dei "fondi che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci"; dei "fondi erogati dal Fondo di rotazione di cui all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 113, per l'attuazione dei regolamenti comunitari a fini strutturali"; dei fondi "recati annualmente dalla legge finanziaria e destinati alle competenze regionali nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale"; dei fondi "di competenza statale destinati in particolare ai settori dell'irrigazione, dell'agroindustria e del riordino fondiario, per l'attuazione dei programmi di interventi in settori specifici"; dei fondi "previsti dal Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura di cui all'art. 12 della legge 27 ottobre 1996, n. 910". Risulta evidente che in tale elenco rientrano tutti i fondi a qualunque titolo destinati dalla provincia al settore agricolo; in pratica ai soli fondi che - in quanto riferiti al territorio provinciale - non hanno una gestione provinciale sono quelli per interventi relativi ad ambiti che rimangono nella competenza statale. Si e' gia' detto che la ricorrente provincia non contesta le finalita' di cui all'art 1. Potrebbe dunque sembrare che non vi sia ragione di contestare la destinazione "alle finalita' di cui all'art. 1" dei fondi a gestione provinciale: perche' cio' non farebbe che sottolinearne una destinazione gia' in atto, e comunque condivisa dalla provincia. Ma il fatto e' che i fondi elencati al comma 1 non solo risultano genericamente (ed accettabilmente) destinati a tali finalita', ma risultano poi ulteriormente destinati, al comma 5 dello stesso art. 2, a "finanziare gli interventi previsti dal Documento programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale nazionale". Cio' che la provincia autonoma di Trento contesta, dunque, non e' la generale finalizzazione delle risorse destinate all'agricoltura da qualunque livello istituzionale alle finalita' dell'art. 1, dato che tali finalita' sono le condivise finalita' della politica agricola nel suo complesso, ma l'inserimento operativo delle proprie risorse in un meccanismo di programmazione vincolato ed in parte eterodiretto ad opera di organi statali, o comunque di organi diversi dagli organi istituzionali della ricorrente provincia. Esaminiamo ora in dettaglio i caratteri di tale meccanismo. Secondo il comma 4, dell'art. 2, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge il Ministro delle politiche agricole e forestali, "in coerenza con i vincoli posti dagli accordi internazionali e dalla politica agricola dell'Unione europea e con le indicazioni del Documento di programmazione economico-finanziaria", nonche' sulla base di una non meglio definita "Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale", "definisce le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, nonche' le indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali". La legge non precisa neppure gli effetti delle "linee di indirizzo e coordinamento". Precisa invece (comma 5) che spetta sempre al Ministro delle politiche agricole e forestali di "presentare" il "Documento programmatico agroalimentare" al CIPE "ai fini della verifica di coerenza con la programmazione generale e della relativa approvazione": approvazione la quale a sua volta "comporta la contestuale attribuzione dei fondi di cui al comma 2", cioe' dei fondi specificamente recati dalla legge n. 499 del 1999. Si deve qui ricordare che, come sopra enunciato, lo stesso comma 5 vincola tutti i fondi destinati all'agricoltura, di cui al comma 1, al finanziamento degli interventi del Documento programmatico agroalimentare, da approvarsi dal CIPE. Ed infatti il comma 7 dell'art. 2 specifica, analiticamente, che tale Documento programmatico agroalimentare e' costituito: a) dai "programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonche' di sviluppo rurale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma"; b) dai "programmi di formazione professionale, volti ad agevolare l'inserimento di giovani nel settore primario, realizzati dalle regioni e dalle province autonome di intesa con istituti di istruzione secondaria, professionale e facolta' universitarie ad indirizzo agricolo-forestale e agroindustriale delle universita' degli studi, e dagli interventi a favore della imprenditorialita' giovanile"; c) dai "programmi interregionali o dalle azioni comuni riguardanti l'insieme delle regioni e delle province autonome, da realizzare in forma cofinanziata"; d) dalle "attivita' realizzate dal Ministro delle politiche agricole e forestali ai sensi del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143"; e) dagli "interventi pubblici e dalle azioni di sostegno previsti dal d.lgs. 30 aprile 1995, n. 173, e dalle misure di razionalizzazione del settore"; f) dai "programmi di interventi predisposti dalla societa' Sviluppo Italia e da altre strutture operanti a livello nazionale nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale". Ricapitolando, il complesso e macchinoso meccanismo vincolistico della programmazione in agricoltura di base, per quanto riguarda l'attivita di interesse della ricorrente provincia, sui seguenti elementi. In primo luogo vengono definite dal Ministro delle politiche agricole e forestali le "linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale", nonche' "le indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali". In secondo luogo, a cascata, si formano i "programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonche' di sviluppo rurale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma", i quali pero' non appaiono operativi, ma debbono essere presentati al Ministero, per "entrare" nel Documento programmatico agroalimentare. In terzo luogo, in tale documento essi sono soggetti ad un potere di approvazione affidato al CIPE, che lo esercita sulla base di una "verifica della coerenza con la programmazione generale": e sembra dunque palese che per questa via trova sanzione anche il vincolo delle regioni e - per quanto qui interessa - della provincia autonoma di Trento alla misteriosa "Piattaforma programmatica dl politica agricola nazionale" (della quale anche una ricerca informatica condotta sulla legislazione vigente non ha consentito di trovare notizie), e soprattutto alle predette linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare, nonche' alle indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali. Cosi' costruito il meccanismo di programmazione in agricoltura, il comma 6, dell'art. 2 disciplina poi, sia pure in modo alquanto ellittico, l'eventuale adeguamento annuale del Documento programmatico agroalimentare. Per ragioni di coerenza normativa si suppone (non essendo precisato in modo esplicito) che vi debba provvedere il CIPE, con il coinvolgimento procedimentale degli stessi organi nazionali che avevano partecipato all'approvazione. A quel che sembra, invece, tale adeguamento prescinde da una iniziativa delle regioni e province autonome. Infine la legge prevede addirittura un potere statale di sostituzione, mediante il quale, pare di intendere, il Ministro dello politiche agricole e forestali farebbe niente di meno ... che la programmazione agricola locale! Per quanto la cosa appaia stravagante, infatti, tale e' il significato che sembra da attribuirsi al comma 9 dell'art. 2, secondo cui "in mancanza della presentazione di uno o piu' programmi regionali, o di uno o piu' documenti di cui al comma 8, alla loro predisposizione si provvede ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112". Ad avviso della ricorrente provincia, tuttavia, il meccanismo cosi descritto interferisce gravemente ed arbitrariamente con la potesta' legislativa ed amministrativa ad essa spettante, violando le regole poste dallo stato di autonomia e dalle correlate norme di attuazione. L'interferenza, per vero, e' palese, dato che in pratica la provincia nell'attivita' di programmazione degli interventi in agricoltura dovrebbe, anziche' applicare le proprie leggi, seguire le modalita' e le cadenze imposte dalla legge statale: formare nuovi ed appositi programmi per il settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, attenendosi alle linee ministeriali di indirizzo e coordinamento ed alle specifiche indicazioni per la redazione, mandare i programmi da essa approvati al Ministero come semplici "progetti" perche' esso li inserisca nel Documento programmatico agroalimentare, ed attendere l'approvazione di questo da parto del CIPE, attendersi addirittura di essere sostituita dal Ministero qualora non elaborasse o inviasse i programmi richiesti: con compressione evidente vuoi dell'autonomia legislativa, vuoi dell'autonomia amministrativa. Ma sono palesi anche l'arbitrarieta' e l'illegittimita' costituzionale di siffatto quadro della programmazione unitaria statale e del forzato inserimento in esso della provincia autonoma di Trento, illegittimita' che colpisce tutti gli elementi costitutivi di tale quadro, per le seguenti ragioni: D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale del potere ministeriale di definizione delle linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale e delle Indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali, di cui al comma 4 dell'art. 2. In primo luogo, e' illegittimo ed arbitrario l'assoggettamento dei programmi provinciali alle "linee di indirizzo e coordinamento" ministeriali. Tali "linee", palesemente, dovrebbero costituire esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, ed in cio' dovrebbe stare il fondamento della loro legalita'. Al contrario, invece, la disciplina loro data dal comma 4 ne contraddice le regole costituzionali di base. La contraddizione sta intanto, ed in modo evidente, nella competenza del Ministro delle politiche agricole e forestali, anziche' del Consiglio dei Ministri, cioe' del Governo nella sua collegialita'. Sia consentito qui di limitarsi a richiamare quanto stabilito sul punto da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza 14 dicembre 1998, n. 408, nella quale si ribadisce che la funzione di indirizzo e coordinamento "non puo' identificarsi con una funzione propria dell'amministrazione statale volta a volta competente per materia (che', anzi, va ad incidere per definizione in ambiti di azione amministrativa che spettano alle regioni), ma e' espressione del potere, demandato in concreto al Governo nazionale, di assicurare la salvaguardia di interessi unitari non frazionabili". Sicche' - come prosegue la citata sentenza - "la deliberazione necessaria del Consiglio dei Ministri esprime appunto l'assunzione di responsabilita' a livello dell'organo chiamato a delineare, sotto la direzione del Presidente del Consiglio, la "politica generale del Governo (art. 95 della Costituzione), in ordine alla esigenza di indirizzare e coordinare l'attivita' delle regioni in vista di interessi unitari individuati dalla legge della Repubblica". Ne' puo' obbiettarsi che il comma 4 dell'art. 2 della legge n. 499 del 1999 espressamente subordina l'emanazione ministeriale di tali linee all'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. A tale possibile obbiezione ha infatti gia' risposto la stessa Corte costituzionale, nella stessa sentenza ora ricordata, ove espressamente si statuisce che "tale competenza collegiale necessaria non puo' venir meno neanche nell'ipotesi di atti di indirizzo su cui si sia raggiunta l'intesa nella conferenza Stato-regioni", per la doppia ragione che da un lato "si tratta di una competenza radicata nelle norme costituzionali concernenti la struttura e l'attivita' di Governo, e dunque non disponibile", e dall'altro lato "nemmeno l'intesa, tanto piu' se conseguita a maggioranza, potrebbe consentire l'introduzione di nuovi vincoli all'autonomia delle singole regioni al di fuori dei presupposti sostanziali e procedurali costituzionalmente necessari". Le stesse esplicite parole di codesta Corte costituzionale appaiono dunque sancire l'arbitrarieta' costituzionale della competenza ministeriale all'emanazione delle Linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale. Ma l'illegittimita' del potere di indirizzo e coordinamento istituito dalla legge si rivela evidente anche sotto il profilo del contenuto, o meglio della omessa predeterminazione legislativa di un qualunque contenuto tipico e proprio dell'atto. In effetti, l'unica determinazione contenutistica e' che si tratti di linee di indirizzo e coordinamento, come ora detto degli "interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale": come dire della politica agricola. Ma e' palese che non si tratta qui di altro che di una tautologica ripetizione dell'ambito stesso della grande materia "agricoltura" nel suo profilo produttivo. Ne' maggiori precisazioni derivano dal fatto che le "Linee di indirizzo e coordinamento" siano chiamate ad un vincolo di coerenza - del resto ovvio - con gli accordi internazionali e di politica agricola comunitaria o con le "indicazioni del Documento di programmazione economico-finanziaria". Tali indicazioni, in particolare, hanno ovviamente carattere ancor piu' generale, e generico, piu' marcatamente politico, e sono in ogni modo del tutto inidonee a contenere quella specificazione della funzione di indirizzo in termini di legalita' sostanziale, pacificamente necessaria per la legittima previsione legislativa della funzione, come codesta ecc.ma Corte costituzionale ha statuito sin dalla sentenza n. 150 del 1982 ed in seguito costantemente confermato: da ultimo con la recente sentenza piu' volte sopra citata. Meno ancora, naturalmente, tali indicazioni potrebbero legittimamente risultare dalla Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale: pur nella confessata ignoranza - forse incolpevole - di che cosa essa sia. Analoghe considerazioni valgono per la definizione delle Indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'inserimento dei programmi regionali nel Documento programmatico agroalimentare e dal potere di approvazione affidato al CIPE, di cui al comma 5 dell'art. 2, e del potere di aggiornamento di cui al comma 6. Ad avviso della ricorrente provincia l'illustrata illegittimita' del generico potere ministeriale di dettare Linee di indirizzo e coordinamento della politica agricola, vincolanti per le regioni e le province autonome, gia' di per se' travolge l'intero meccanismo di programmazione previsto dai commi 5 e 6 dell'art. 2 della legge n. , 499 del 1999. Sembra chiaro infatti che nessuna verifica di coerenza puo' compiersi ove venga meno il parametro in base al quale essa deve essere effettuata. Ma l'inserimento nel Documento programmatico agroalimentare ed il potere assegnato al CIPE dal comma 6 dell'art. 2 della legge n. 499 del 1999 di verifica ed approvazione dei programmi regionali e provinciali appaiono anche di per se' costituzionalmente illegittimi ed arbitrari. Esso infatti si traduce in null'altro che nella pura e semplice subordinazione dell'efficacia dei piani della provincia autonoma di Trento ad un atto di approvazione statale, cioe' in una inaccettabile forma di ingerenza nella funzione amministrativa statutariamente spettante alla provincia stessa. Lo Stato verrebbe addirittura a partecipare, con ruolo oltretutto determinante e decisorio, all'esercizio della funzione amministrativa in sede locale. Ma cio' non solo e' aberrante in se', ma e' direttamente contrario all'espressa previsione dell'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, ai sensi del quale "nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione". Si noti che il vincolo all'approvazione dei programmi provinciali da parte del CIPE sarebbe costituzionalmente illegittimo anche se fosse riferito soltanto a quei "fondi di cui al comma 2", dei quali al comma 6 si dice che l'approvazione del CIPE ne comporta la "contestuale attribuzione". Da una parte tale vincolo continuerebbe a contrastare con la norma di attuazione appena citata, dall'altra esso verrebbe a contrastare anche con le disposizioni dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386. Si tratterebbe infatti di una partecipazione provinciale a finanziamenti recati da una legge statale: i quali, secondo l'accennata disposizione, "sono assegnati alle province autonome, ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore" (comma 2), fermo restando che per l'assegnazione e per l'erogazione di tali finanziamenti "si prescinde da qualunque adempimento previsto dalla stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione, dei parametri o delle quote di riparto". Ne risulta ulteriormente dimostrata l'illegittimita' costituzionale della subordinazione dell'efficacia dei programmi provinciali all'inserimento nel Documento programmatico agroalimentare ed alla approvazione da parte del CIPE. Analogamente ed a maggiore ragione cio' dicasi, ovviamente, per il potere di aggiornamento del Documento, che addirittuta appare disconnesso dalla stessa previa elaborazione in sede locale dei programmi da aggiornare. 3. - Illegittimita' costituzionale del potere sostitutivo di cui al comma 9 dell'art. 2. Come esposto in narrativa, la legge qui impugnata prevede addirittura un potere statale di sostituzione, mediante il quale il Ministro delle politiche agricole e forestali si sostituirebbe alle regioni e province autonome "inadempienti" nella stessa attivita' di programmazione agricola locale. Precisamente, il comma 9 dell'art. 2 dispone che "in mancanza della presentazione di uno o piu' programmi regionali, o di uno o piu' documenti di cui al comma 8, alla loro predisposizione si provvede ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112". Ad avviso della ricorrente provincia tale potere e' incostituzionale sia ove commisurato con i generali parametri costituzionali, operanti in relazione a tutte le autonomie, sia ove commisurata con i parametri relativi alle sole autonomie speciali, sia in particolare ove commisurato alle specifiche regole stabilite per la provincia autonoma di Trento dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione. Dal primo punto di vista (delle regole valido per tutte le regioni) va osservato che nel caso non ricorrono affatto i presupposti che nell'art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1996, n. 112 giustificano l'esercizio del potere sostitutivo. Qui non si tratta infatti, come presupposto dall'art. 5, di inadempimento ad un qualche specifico obbligo derivante all'Italia dall'appartenza all'Unione europea, ne' di una inerzia che comporti pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali. Si tratta invece del normale esercizio della funzione amministrativa regionale in una delle materie di competenza propria, per quanto riguarda il profilo della programmazione dell'intera propria attivita': e sembra evidente che un simile potere non puo' essere ragionevolmente esercitato che dalla regione interessata. L'ipotesi del "non esercizio" della funzione corrisponde in se' ad una ipotesi remotissima di estremo malfunzionamento complessivo, che non puo' trovare rimedio in un potere sostitutivo, ma puo' solo essere sanzionato dai meccanismi della responsabilita' politica dei responsabili regionali. Ne' si dica che l'inerzia di una regione comprometterebbe l'intero Documento programmatico, con lesione degli interessi nazionali e delle altre regioni: perche' qui il difetto appare semmai proprio del macchinoso sistema previsto dalla legge. Si vuol dire che, ammesso che un danno derivi dall'ipotizzata inerzia di una regione, il rimedio non puo' consistere nella creazione di un abnorme potere sostitutivo, ma nel prendere atto della incongruita' e della bizzarria di un sistema "unitario" delle programmazioni regionali! Dal secondo punto di vista, e' evidente che l'art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1993 si riferisce esclusivamente alle regioni a statuto ordinario, conformemente al potere delegato ricevuto con la legge n. 59 del 1997, mentre i rapporti tra lo Stato e le autonomie speciali non possono che trovare espressione, anche per quanto riguarda la previsione di eventuali poteri sostitutivi, e nei limiti della loro ammissibilita' costituzionale, nei rispettivi statuti e nelle relative norme di attuazione. Per quanto poi riguarda la provincia autonoma di Trento, sembra assolutamente evidente che il potere sostitutivo disegnato dal comma 9 dell'art. 2 della legge n. 499 del 1999, contraddice le regole statutarie e di attuazione, nel momento stesso in cui viola la esclusiva riserva alla provincia di ogni attivita' amministrativa, espressa mediante il divieto sopra riportato posto dall'art. 4 del d.lgs. 6 marzo 1992, n. 266. Ma piu' in generale, dallo stesso statuto e dalle norme dl attuazione ed in particolare proprio dal decreto legislativo ora citato, risulta in modo chiaro che il sistema delle relazioni tra lo Stato da una parte, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano dall'altra, risulta in toto determinato, sia quanto al rapporto tra atti normativi che quanto al rapporto tra atti amministrativi, nei termini espressi dalle fonti ricordate, e che nessuno spazio rimane per l'anomala introduzione di ulteriori poteri da parte di leggi ordinarie di settore. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'onere di ulteriore notifica dei regimi di aiuto di cui al comma 10 dell'art. 2. Su un diverso piano si colloca la contestazione, da parte della ricorrente provincia, del disposto del comma 10 dell'art. 2, ai sensi del quale "i regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare, entro quindici giorni dalla approvazione di quest'ultimo sono notificati alla Commissione delle comunita' europee, e costituiscono il riferimento in ordine a quanto stabilito dagli artt. 87 e 88 del Trattato che istituisce la comunita' europea". L'onere di notifica dei regimi di aiuto, infatti, e' in quanto tale ovviamente fuori discussione: lo e' talmente, che esso viene gia' adempiuto al momento stesso della approvazione delle leggi che li prevedono. Quello che e' qui in discussione e' invece il riferimento di tale onore ai "regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare". In effetti, anche a prescindere dall'impugnazione dell'intero meccanismo di programmazione vincolante ed unitaria, sopra prospettato, non esistono ne' possono esistere regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare che non siano gia' prima specificamente previsti dalle leggi regionali, e nella specie dalle leggi della provincia autonoma di Trento. Si tratta di una ovvia conseguenza del principio di legalita', e su di essa non occorre soffermarsi ulteriomente. Va invece sottolineato che, proprio per il fatto di essere previsti dalle leggi, le quali poi vengono attuate in via amministrativa, l'onere di notifica viene soddisfatto in modo compiuto al momento dell'approvazione della legge, che non viene promulgata e non entra in vigore sino a quando non sia intervenuta la verifica prevista dagli artt. 87 e 88 del Trattato comunitario. La previsione del comma 10 non solo sembra prevedere, incostituzionalmente, una obbligatoria fase di ulteriore verifica di tali regimi di aiuto, ma ne dispone la centralizzazione in un sistema unitario, e persino in un documento unico. Si vuol dire che, se anche in ipotesi in attuazione della normativa comunitaria si dovesse provvedere ad ulteriore notifica di regimi di aiuto gia' in vigore, in quanto previsti dalle leggi della ricorrente provincia, anche per tale ulteriore notifica ipoteticamente necessaria dovrebbe seguirsi la via ordinaria, ad iniziativa ed opera della stessa Provincia individualmente intesa. Cio' non impedisce, ovviamente che lo Stato presenti in sede comunitaria, ove lo ritenga opportuno o ne sia richiesto, documenti di sintesi, anche compilati con la collaborazione delle regioni e province autonome ma a tali documenti non puo' certo legittimamente attribuirsi il valore giuridico di unico e necessario tramite delle notifiche. Il sistema previsto dal comma 10 costituisce d'altronde una ulteriore riprova del carattere che l'art. 2 della legge n. 499 del 1999 assegna al "Documento programmatico agroalimentare", quale atto statale che sostanzialmente ed innovativamente verrebbe a disciplinare l'attivita' amministrativa della ricorrente provincia, persino sostituendosi alla legislazione provinciale: con evidente violazione delle regole statutarie e di attuazione, quali in particolare definite dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, come gia' sopra argomentato.
P. Q. M. Chiede all'ecc.ma Corte costituzionale di dichiarare l'illegittimita' costituzionale, nei termini sopra illustrati dell'art. 2, commi 1, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, della legge n. 499 del 1999, per violazione dei principi e regole costituzionali, statutari ed attuativi indicati in premessa, in quanto: l'art. 2, comma 1, in connessione con il comma 5, assoggetta i programmi provinciali relativi alla politica agricola ad un meccanismo di programmazione nazionale unitario e vincolante; l'art. 2, comma 4, assoggetta la provincia autonoma di Trento ad un potere di indirizzo e coordinamento generico ed innominato, affidandone in piu' l'esercizio all'amministrazione statale di settore; l'art. 2, comma 5, in connessione con il comma 7, prevede l'inserimento dei programmi regionali nel Documento programmatico agroalimentare, e la presentazione di questo da parte del Ministero al CIPE per l'approvazione; l'art. 2, comma 6, prevede gli stessi poteri di approvazione quanto all'aggiornamento del Documento, per di piu' senza iniziativa e partecipazione della provincia autonoma di Trento; l'art. 2, comma 9, prevede un arbitrario potere di sostituzione del Ministero alla provincia autonoma di Trento nell'elaborazione dei programmi provinciali di politica agricola; l'art. 2, comma 10, impone la duplicazione della notificazione dei regimi di aiuto alla Commissione europea, e in ogni modo vincola le notificazioni all'inserimento dei programmi nel Documento programmatico agroalimentare. Padova-Roma, addi' 27 gennaio 2000. Avv. prof. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi 00C0164