N. 77 ORDINANZA 8 - 22 marzo 2000

Ordinanza 8-22 marzo 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Ordinamento  penitenziario  -  Misure  alternative  alla detenzione -
Detenzione  domiciliare  -  Concessione ai condannati per determinati
reati  (elencati  nell'art.  4-bis  della legge n. 354 del 1975) alle
medesime   condizioni   previste  per  l'accesso  alle  altre  misure
alternative  -  Preclusione  - Lamentata irragionevole violazione del
principio  di pari trattamento di situazioni tra di loro assimilabili
nonche'  del  principio  della  finalita'  rieducativa  delle  pene -
Difetto  di  motivazione  sulla rilevanza della questione - Manifesta
inammissibilita'.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-ter, comma 1-bis.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.14 del 29-3-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo
CHIEPPA,   Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 47-ter comma
1-bis  della  legge  26 luglio  1975,  n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario  e  sull'esecuzione delle misure privative e limitative
della  liberta'),  come  inserito  dalla legge 27 maggio 1998, n. 165
(Modifiche  all'art. 656  del codice di procedura penale e alla legge
26 luglio  1975,  n. 354  e  successive  modificazioni), promosso con
ordinanza  emessa il 4 dicembre 1998 dal Tribunale di sorveglianza di
Venezia  sulle  istanze  proposte  da  L.  D., iscritta al n. 214 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che il Tribunale di sorveglianza di Venezia, chiamato a
decidere  su  di una istanza di detenzione domiciliare di un detenuto
condannato,  tra  l'altro,  per  il  reato  di  rapina  aggravata, ha
sollevato  con ordinanza in data 4 dicembre 1998, in riferimento agli
artt. 3   e   27   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale del comma 1-bis dell'art. 47-ter della legge 26 luglio
1975,  n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione
delle   misure  privative  e  limitative  della  liberta'),  inserito
dall'art. 4,  comma 1, lettera a), della legge 27 maggio 1998, n. 165
(Modifiche  all'art. 656  del codice di procedura penale e alla legge
26 luglio  1975,  n. 354  e successive modificazioni), nella parte in
cui  dispone  che la forma di detenzione domiciliare ivi disciplinata
non possa essere concessa ai detenuti condannati per i reati elencati
nell'art. 4-bis  della  legge n. 354 del 1975, anziche' prevedere che
tali soggetti possano essere ammessi alla misura alternativa in esame
alle  medesime  condizioni stabilite dall'art. 4-bis per l'accesso ai
permessi  premio  e  alle  altre  misure  alternative alla detenzione
disciplinate dal Titolo I, Capo VI, della stessa legge;
        che  il  rimettente,  premesso  di  avere  con una precedente
ordinanza  in data 8 settembre 1998 respinto una istanza del medesimo
condannato  volta  ad  ottenere  l'affidamento  in  prova al servizio
sociale   e  dichiarato  inammissibile  una  contestuale  istanza  di
semiliberta',  rileva  che  -  in assenza delle condizioni soggettive
previste  dall'art. 47-ter  comma 1, dell'ordinamento penitenziario e
delle gravi condizioni di salute di cui al comma 1-ter della medesima
norma  -  la  detenzione  domiciliare  potrebbe  eventualmente essere
concessa  solo ai sensi del comma 1-bis dell'art. 47-ter e, cioe', se
la  pena  detentiva  inflitta  non  e' superiore a due anni, anche se
costituente  parte  residua  di maggior  pena,  se  non  ricorrono  i
presupposti  per  l'affidamento  in  prova al servizio sociale, se la
misura  e'  idonea  ad evitare il pericolo che il condannato commetta
altri  reati,  se  non  si  tratta  di  condannati per i reati di cui
all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario;
        che,  pur  essendo la pena che l'istante deve ancora scontare
inferiore  a  due  anni  (per la precisione, pena inflitta pari a due
anni  e  giorni venti di reclusione, eseguita a partire dal 19 maggio
1997 e con scadenza il 7 giugno 1999), nel caso di specie la condanna
per  il  reato  di  rapina  aggravata,  compreso  tra quelli elencati
nell'art. 4-bis  dell'ordinamento  penitenziario,  e'  ostativa  alla
concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare;
        che tale disciplina, ad avviso del rimettente, si porrebbe in
contrasto:  con l'art. 3 Cost., in quanto la preclusione prevista per
i  soggetti  condannati  per  i  delitti  contemplati dall'art. 4-bis
dell'ordinamento   penitenziario  determinerebbe  "una  irragionevole
discriminazione di situazioni tra di loro assimilabili, in violazione
del  principio di ragionevolezza e uguaglianza": il condannato per un
delitto    ricompreso    tra    quelli    elencati    dall'art. 4-bis
dell'ordinamento  penitenziario  puo'  infatti  essere  ammesso,  ove
sussistano  le condizioni previste in tale norma, ai permessi-premio,
alla   semiliberta',   alla   detenzione   domiciliare   disciplinata
dall'art. 47-ter  comma  1, dell'ordinamento penitenziario, e persino
alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, mentre gli
e'   radicalmente  precluso  l'accesso  alla  detenzione  domiciliare
prevista    dal   comma   1-bis   dell'art. 47-ter   dell'ordinamento
penitenziario,  "senza  che cio' trovi giustificazione nella concreta
pericolosita'  sociale del condannato o comunque in una condotta allo
stesso addebitabile";
        con   l'art. 27   Cost.,  perche'  la  norma  censurata,  nel
precludere   ai   condannati   per  i  reati  di  cui  all'art. 4-bis
dell'ordinamento  penitenziario  l'accesso  alla particolare forma di
detenzione domiciliare prevista per le pene detentive inferiori a due
anni   di   reclusione,  non  riserva  alcun  rilievo  alla  concreta
pericolosita'  del  soggetto  desumibile  dalla  sua condotta o dalla
sussistenza  di  collegamenti  con la criminalita' organizzata, cosi'
violando  il  principio  della  finalita' rieducativa della pena e il
principio della progressivita' del trattamento, quale affermato dalla
giurisprudenza della Corte costituzionale;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, eccependo in via principale l'inammissibilita' della questione
per difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti
per   la   concessione   della   misura  richiesta  e,  segnatamente,
l'idoneita'  della misura ad evitare il pericolo della commissione di
altri  reati  e,  alla  stregua della prospettiva fatta propria dallo
stesso  rimettente,  la  mancanza  di  elementi tali da fare ritenere
sussistenti   i   collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata  o
eversiva,   e   concludendo,  comunque,  per  la  infondatezza  della
questione.
    Considerato   che   il   rimettente   contesta   la  legittimita'
costituzionale  del  comma  1-bis  dell'art. 47-ter  dell'ordinamento
penitenziario nella parte in cui preclude di concedere la nuova forma
di  detenzione  domiciliare ivi prevista ai soggetti condannati per i
reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario;
        che di conseguenza il giudice a quo chiede a questa Corte una
pronuncia in base alla quale tale misura alternativa, in presenza dei
presupposti    stabiliti    dal    comma    1-bis    dell'art. 47-ter
dell'ordinamento  penitenziario,  possa essere concessa alle medesime
condizioni  previste  nel  comma  1  dell'art. 4-bis dell'ordinamento
penitenziario,  in  particolare, trattandosi nel caso di specie di un
soggetto condannato per il reato di rapina aggravata, alla condizione
che  non  vi  siano  elementi  tali  da  far  ritenere  sussistenti i
collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva (ultima parte
del citato comma 1);
        che,  con  riferimento  ai  profili  di  ammissibilita' della
questione,  risulta  che  il  giudice  rimettente,  prima di emettere
l'ordinanza  con la quale era stata respinta l'istanza di affidamento
in prova al servizio sociale, aveva tra l'altro disposto accertamenti
in  ordine  alla  sussistenza  della condizione di cui all'art. 4-bis
comma    1,   ultima   parte,   dell'ordinamento   penitenziario,   e
successivamente  ha disposto ulteriori specifici accertamenti ai fini
della   decisione   sull'istanza   di   ammissione   alla  detenzione
domiciliare;
        che  il  rimettente  avrebbe  quantomeno  dovuto  compiere le
necessarie  valutazioni  in ordine all'incidenza di tali accertamenti
sulla    rilevanza    della   dedotta   questione   di   legittimita'
costituzionale;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  comma 1-bis dell'art. 47-ter della
legge  26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione  delle misure privative e limitative della liberta'),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal
tribunale di sorveglianza di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 marzo 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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